L'impianto produttivo di età romana ad Albinia (Grosseto) PDF

Title L'impianto produttivo di età romana ad Albinia (Grosseto)
Author Claudio Calastri
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Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Dipartimento di Archeologia SCOPRIRE. SCAVI DEL DIPARTIMENTO DI ARCHEOLOGIA Catalogo della Mostra Bologna, S. Giovanni in Monte 18 maggio-18 giugno 2004 a cura di Maria Teresa Guaitoli-Nicolò Marchetti-Daniela Scagliarini ESTRATTO Volume realizzato con il...


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L'impianto produttivo di età romana ad Albinia (Grosseto) Claudio Calastri

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Le fornaci di Albinia (GR) e la produzione di anfore nella bassa valle dell’Albegna. Mat eriali per P… Claudio Calast ri

Le fornaci di Albinia (GR) e la produzione di anfore nella bassa valle dell'Albegna Laurence Benquet , Fanet t e Laubenheimer Ricerche t opografiche ad Albinia (Grosset o) Claudio Calast ri

Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Dipartimento di Archeologia

SCOPRIRE. SCAVI DEL DIPARTIMENTO DI ARCHEOLOGIA Catalogo della Mostra Bologna, S. Giovanni in Monte 18 maggio-18 giugno 2004

a cura di

Maria Teresa Guaitoli-Nicolò Marchetti-Daniela Scagliarini

ESTRATTO

Volume realizzato con il contributo di: Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna

Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna

Comune di Bologna – Assessorato alla Cultura

Organizzazione della mostra: Maria Teresa Guaitoli, Nicolò Marchetti, Daniela Scagliarini Aula Multimediale: Antonio Gottarelli Progetto grafico: Francesco Corlàita Composizione dei pannelli presso TEMPLA: Massimo Bozzoli, Pietro Baldassarri, Ivano Devoti, Federica Proni, Massimo Zanfini

© 2004 Ante Quem piccola società cooperativa a r. l. © 2004 Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna

Ante Quem piccola società cooperativa a r. l. Via C. Ranzani 13/3, 40127 Bologna tel. e fax +39 051 4211109 sede legale: Strada Maggiore 46, 40125 Bologna www.antequem.it

redazione e impaginazione: Marco Destro, Flavia Ippolito impianti: Color Dimension, Villanova di Castenaso (Bo)

ISBN 88-900972-6-4

IndIcE Prefazione di Pier Ugo Calzolari, Rettore dell’Alma Mater Studiorum Presentazione di Giuseppe Sassatelli-Sergio Pernigotti-Daniela Scagliarini Corlàita

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La struttura e le risorse I. II. III. IV. V.

TEMPLA, laboratorio informatico Antonio Gottarelli Laboratorio per lo studio dei materiali archeologici Chiara Mattioli-Luisa Mazzeo Saracino Laboratorio di rilievo di strutture archeologiche Enrico Giorgi Centro di ricerche di Archeobotanica Laura Cattani Museo Archeologico “Luigi Fantini” di Monterenzio - Bologna Annachiara Penzo-Stefania Vellani

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Scavi in Italia VI.

VII. VIII. IX. X. XI. XII. XIII.

La città etrusca di Marzabotto (Bologna) (Resp. Giuseppe Sassatelli) Annamaria Brizzolara-Elisabetta Govi-Chiara Mattioli Annalisa Pozzi-Federica Sacchetti-Giuseppe Sassatelli La necropoli etrusco-celtica di Monterenzio Vecchio (Bologna) (Resp.li Daniele Vitali-Thierry Lejars-Stéphane Verger) Anna Bondini-Nicola Bianca Fabry-Thierry Lejars-Stéphane Verger-Daniele Vitali Gli scavi nel porto di Classe (Ravenna) (Resp. Andrea Augenti) Andrea Augenti-Enrico Cirelli Il territorio Decimano (Ravenna) (Resp. Andrea Augenti) Andrea Augenti-Nicola Mancassola-Valentina Manzelli Le ricognizioni nei Castelli della Romagna (Resp. Andrea Augenti) Andrea Augenti La villa di Teoderico a Galeata (Forlì-Cesena) (Resp. Sandro De Maria) Riccardo Villicich Le domus di Piazzale Matteotti a Pesaro (Resp.li Gabriele Baldelli-Pier Luigi Dall’Aglio) Paolo Campagnoli-Marco Destro-Enrico Giorgi La villa romana e la chiesa di S. Cristoforo “ad Aquilam” di Colombarone (Pesaro) (Resp. Pier Luigi Dall’Aglio) Pier Luigi Dall’Aglio-Ilaria Di Cocco-Cristian Tassinari

37 51 59 65 69 71 75

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XIV.

La città romana di Suasa (Castelleone di Suasa, Ancona) (Resp.li Pier Luigi Dall’Aglio-Sandro De Maria) Paolo Campagnoli-Marco Destro-Enrico Giorgi XV. Le ricognizioni sul territorio di Suasa e nelle valli del Misa e del Cesano (Ancona) (Resp. Pier Luigi Dall’Aglio) Enrico Giorgi XVI. La chiesa altomedievale di Corinaldo (Ancona) (Resp.li Pier Luigi Dall’Aglio-Sandro De Maria) Andrea Baroncioni XVII. L’impianto produttivo di età romana di Albinia (Grosseto) (Resp. Daniele Vitali) Claudio Calastri-Elena Cottafava-Fanette Laubenheimer-Daniele Vitali XVIII. Lo scavo della Via Appia a Itri (Latina) e la scoperta del Tempio di Apollo Fundanus (Resp. Lorenzo Quilici) Lorenzo Quilici XIX. Fare ricerca a Pompei oggi: il progetto “Insula del Centenario” (Napoli) (Resp. Daniela Scagliarini Corlàita) Antonella Coralini-Daniela Scagliarini Corlàita XX. La carta archeologica della Valle del Sinni (Potenza-Matera) (Resp. Lorenzo Quilici) Lorenzo Quilici XXI. La carta archeologica di Pantelleria e il sito protostorico di Mursìa (Trapani) (Resp.li Maurizio Cattani-Maurizio Tosi) Maurizio Cattani-Barbara Cerasetti-Alberto Monti

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97 101 105

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Gli scavi in Europa XXII.

L’oppidum celtico di Bibracte in Borgogna (Francia) (Resp. Daniele Vitali) Erica Camurri-Rosa Roncador-Luca Tori XXIII. La Missione Archeologica a Phoinike (Albania Meridionale) (Resp. Sandro De Maria) Sandro De Maria-Enrico Giorgi-Giuseppe Lepore-Riccardo Villicich XXIV. Creta: scavi della basilica in località Mitropolis a Gortyna (Grecia) (Resp. Raffaella Farioli Campanati) Raffaella Farioli Campanati

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Gli scavi in Africa XXV.

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Le città tolemaico-romane di Bakchias e Soknopaiou Nesos nel Fayyum (Egitto) (Resp. Sergio Pernigotti) Sergio Pernigotti

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Gli scavi in Asia XXVI. La cittadella regale di Tilmen Höyük. Palazzi, templi e fortezze del II millennio a.C. in un’antica capitale in Anatolia sud-orientale (Turchia) (Resp. Nicolò Marchetti) Nicolò Marchetti XXVII. La chiesa dei SS. Sergio, Bacco e Leonzio di Bosra (Siria) (Resp. Raffaella Farioli Campanati) Raffaella Farioli Campanati XXVIII. I siti dell’età del Bronzo nel Delta del Murghab (Turkmenistan) (Resp. Maurizio Tosi) Maurizio Cattani-Barabara Cerasetti XXIX. Le ricerche nelle steppe dell’Asia Centrale (Kazakhstan) (Resp. Maurizio Cattani) Maurizio Cattani XXX. La carta archeologica della media Valle dello Zeravshan (Uzbekistan) (Resp. Maurizio Tosi) Gian Luca Bonora-Agnese Cavallari-Barbara Cerasetti-Francesca Franceschini Simone Mantellini-Bernardo Rondelli XXXI. La Missione Archeologica Italiana in Oman (Resp. Maurizio Tosi) Maurizio Cattani-Fabio Cavulli Tavole

191 197 203 209

213 225 233

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XVII. L’ImpIanto (Grosseto)*

produttIVo dI età romana dI

aLbInIa

Claudio Calastri-Elena Cottafava-Fanette Laubenheimer-Daniele Vitali

XVII. 1. aLbInIa, Loc. torre saLIne, fornacI romane XVII. 1. 1. aLbInIa e L’AgEr CosAnus Il territorio dell’antica città romana di Cosa occupa l’estremo lembo meridionale della Maremma toscana, pochi chilometri a nord del confine con il Lazio. La colonia, di diritto latino, fu dedotta nel 273 a.C. in seguito alla sconfitta delle armate etrusche di Vulci e Volsinii da parte di Roma; per la sua costruzione fu scelto l’odierno promontorio roccioso di Ansedonia, sito tatticamente privilegiato per il presidio dei territori appena confiscati alla metropoli vulcente e per il controllo delle rotte navali del medio Tirreno. La città, costruita ex novo, fu dotata di possenti mura difensive in opera poligonale, proprio per il carattere militare e strategico della piazzaforte1. L’entroterra orientale del promontorio cosano, la fertile piana della Valle d’Oro, e la valle del fiume Albegna furono suddivisi, forse già al momento della prima deduzione coloniaria di III secolo a.C., in ampi lotti centuriati, secondo un modulo rettangolare di 16 x 32 actus (circa 568 x 1136 m)2. Le ipotesi avanzate in seguito alle ricerche territoriali dell’Università di Siena, dirette negli anni Ottanta da A. Carandini3, indicano la probabile presenza, per la prima deduzione coloniaria, di circa 4000 coloni, ai quali toccarono lotti di ampiezza variabile, sino ad un massimo di 6 iugeri di terra. Di poco posteriore (241 a.C.) è probabilmente una delle prime sistemazioni della via costiera Aurelia, che collegava Roma con i porti del litorale tirrenico. Alleata di Roma nel frangente della guerra annibalica ma prostrata dalle vicende belliche, Cosa fu ricolonizzata da 1000 unità nel 197 a.C., aprendo il periodo di maggiore benessere e fervore architettonico della sua storia, contrassegnato dalla costruzione del grande Capitolium nell’arce urbana e dall’apprestamento delle strutture del porto in località Tagliata di Ansedonia. Esauritosi progressivamente il ruolo strategico-militare di controllo del territorio mediotirrenico, il centro urbano di Cosa subisce un lento ma inarrestabile declino, che troverà il suo culmine nei decenni centrali del I secolo a.C., quando la città verrà abbandonata in seguito ad una distruzione violenta. La crisi della città è specchio di un evidente cambiamento nelle dinamiche economiche ed insediative del territorio cosano: a partire dagli ultimi decenni del II secolo a.C. la piccola proprietà contadina scompare, soppiantata dal nascere delle villae produttive, edifici in parte residenziali ed in parte rustici deputati alla gestione di aree coltive di medio-grandi dimensioni ed alla produzione vitivinicola4. * 1 2 3 4

Resp. Daniele Vitali. Per quanto riguarda gli scavi dell’Accademia Americana a Roma nel sito urbano di Cosa si veda ancora l’opera complessiva di BROWN 1980. Per la centuriazione cosana rimane fondamentale lo studio di CASTAGNOLI 1956. L’edizione definitiva delle ricerche territoriali cosane in CARANDINI-CAMBI 2002. Sulla lunga stagione di studi riguardante il fenomeno delle villae produttive nell’Italia romana

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scoprire. scavi del Dipartimento di Archeologia

Questo nuovo modello di azienda agricola, prevalentemente a conduzione schiavile, trova il fulcro territoriale nell’entroterra cosano della Valle d’Oro e nella vasta piana della valle del fiume Albegna; nella Valle d’Oro una serie di edifici accomunati da tratti architettonici simili, le ville con fronte a torrette, occupano l’antico territorio centuriato rispettandone i limites ma accorpando i piccoli fondi di III e II secolo a.C. Nella valle dell’Albegna le villae riutilizzano invece in gran parte le vecchie fattorie, ampliandole e ristrutturandole, per l’impianto delle nuove aziende produttive5. Almeno due famiglie senatoriali si propongono in questo momento come soggetti economici di spicco dell’area cosana, probabilmente suddividendo il territorio in due distinti settori di influenza economica e sociale: i Sestii, proprietari nella Valle d’Oro della monumentale villa di Settefinestre e delle altre circostanti con fronte a torrette, i cui commerci vinari fanno capo allo scalo del Portus Cosanus della Tagliata, e i Domizi Enobarbi, di cui si può identificare la base operativa nella grande villa marittima di S. Liberata al Monte Argentario, la Domitiana Positio nota dall’Itinerarium Maritimum, e lo scalo commerciale di riferimento nel porto fluviale e marittimo di Albinia6. Con l’avvento della proprietà imperiale nell’area cosana e la crisi del vino italico, il sistema economico delle villae entra progressivamente in crisi, sino alla scomparsa di gran parte degli insediamenti dell’entroterra a favore della grandi ville marittime, preludio economico e sociale alla tarda antichità. (C.C.-E.C.)

XVII. 2. aLbInIa, GLI ImpIantI produttIVI L’area pianeggiante, compresa tra la riva sinistra dell’Albegna, la Via Aurelia, il tracciato della ferrovia Pisa-Roma e il centro abitato di Albinia, è stata oggetto, dal 1999, di sistematiche ricerche di terreno da parte del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna nel quadro di un programma di ricerca italo-francese nato dai nostri scavi a Bibracte e interessato agli aspetti della produzione e diffusione del vino romano in area gallica. Dopo la segnalazione di inediti impianti produttivi di anfore romane repubblicane in Italia da parte di D.P.S. Peacock (1977), nell’area di Albinia si sono avute alcune ricognizioni di superficie dell’Università di Siena e scavi sistematici della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, che mostravano l’ampiezza e la complessità dell’insediamento antico di Albinia, dotato di strutture portuali, di aree di servizio e di strutture produttive in corrispondenza dello sbocco in mare dell’Albegna. L’eccezionale potenziale informativo della zona, che sembrava occupata principalmente da impianti artigianali destinati alla produzione di anfore vinarie, non era adeguatamente sfruttato e valorizzato; mancava anche una precisa collocazione topografica dei resti di fornaci che, dopo le segnalazioni di G. Ciampoltrini e di D.P.S. Peacock, apparivano separati dalla via Aurelia e lasciavano intravvedere una pluralità di strutture produttive nell’ambito di uno stesso centro antico.

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si vedano, tutti con ampia bibliografia CELUZZA-REGOLI 1982; CARANDINI 1985; CARANDINIRICCI 1985; CARANDINI-CAMBI 2002. CARANDINI-CAMBI 2002, p. 145. Sulla presenza delle due famiglie senatoriali nell’agro di Cosa e sui Domizi Enobarbi in particolare si vedano i lavori di D. Manacorda: MANACORDA 1980; ID. 1981. Sugli scavi di Albinia CIAMPOLTRINI 1997, con bibliografia; OLMER-VITALI-CALASTRI 2002.

L’impianto produttivo di età romana di Albinia

La nostra attenzione si è dunque concentrata nell’area segnalata da Peacock prima con raccolte di superficie (1999), poi con un programma di prospezioni geofisiche che intendevano registrare la magnetizzazione termoresidua di strutture ad argilla cotta o riscaldata oltre 650-700° (2000), e infine con l’avvio del “Progetto Albinia - Ricerche Archeologiche” che da tre anni ci vede presenti in un programma di scavo che è rimasto, come all’origine, internazionale, ma ciononostante molto povero di risorse finanziarie. Dal 2001 al 2003 si sono svolte tre campagne di scavo per complessive 15 settimane di attività sul terreno, che hanno messo in luce un ampio settore artigianale dedicato alla produzione di vasellame, principalmente anfore, ma anche altri manufatti, dai laterizi (mattoncini, mattoni) fino al vasellame ordinario (Fig. 1). Una struttura muraria di contenimento in blocchi di calcare, rinforzata da contrafforti esterni quadrangolari, ingloba i resti di due grandi fornaci affiancate e parallele, a pianta rettangolare, destinate alla cottura di anfore di età tardo-repubblicana (Dressel 1). Le ripetute arature hanno compromesso i livelli superiori delle strutture antiche, delle quali è completamente perduto l’alzato. Le due fornaci rientrano in un tipo assai diffuso, a pianta quadrangolare, a corridoio centrale e a sviluppo verticale: la camera di cottura è sovrapposta alla camera di combustione e ne è separata per mezzo di un piano forato detto suola. Un corridoio di ingresso (praefurnium), delimitato longitudinalmente da muretti in mattoni e da una copertura a volta formata da una sequenza continua di arcate sempre a mattoni, immetteva nella camera di combustione (furnium) entro la quale era immesso e bruciava il combustibile ed un camino per il tiraggio all’estremità della camera, formato da un’appendice quadrangolare. Il forno si presenta come un canale rettilineo lungo circa 6 m e largo 1,20 m circa, e accuratamente pavimentato con mattoni quadrati, sui due lati sono disposti a pettine dei muretti, contrapposti due a due (9 per la fornace 1; 7 per la fornace 2) che in origine erano raccordati da arcatelle, che avevano la funzione di sorreggere il piano forato di cottura e che vennero demolite nell’antichità dopo l’abbandono dell’attività dei forni, per far posto a nuove funzioni. Le due fornaci (lunghe in totale 8 m e larghe 3,50 m) hanno il perimetro della struttura delimitato da un muro in mattoni, all’esterno del quale, è ancora conservato uno strato spesso e molto ordinato di frammenti di anfore e di argilla, distesi e compressi, con la funzione di colmare l’intercapedine che si veniva a creare tra muro interno e muro perimetrale, per accumulare e irradiare il calore, uno strato di refrattario essenziale per il buon rendimento del fuoco. Il camino per il tiraggio, si presenta con due varianti: nella fornace 2 è presente un diaframma centrale a mattoni che è assente nella fornace 1. Tra il primo e il secondo contrafforte esterno al muro nord-occidentale, nel 2003, è stata scoperta una piccola fornace per la cottura di vasellame ceramico di uso comune. Questa piccola fornace che probabilmente si affianca ad altre ancora sotto terra, viene attivata quando le due fornaci grandi sono ormai fuori uso ed anzi dell’edificio che le inglobava erano stati recuperati o spoliati tutti gli elementi laterizi dell’alzato. La piccola fornace si imposta su muri ormai rasati e per la propria struttura riutilizza alcuni materiali delle strutture precedenti. Lo scavo ha permesso di individuare tutti gli elementi costitutivi della nuova struttura produttiva lunga meno di due metri: una fossa di scarico sub-circolare che 107

scoprire. scavi del Dipartimento di Archeologia

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1. Pianta delle parti basali delle due fornaci affiancate, per anfore e laterizi. Tra i due contrafforti, in basso,piccola fornace per ceramiche (rilievo C. Calastri)

L’impianto produttivo di età romana di Albinia

si apre davanti al praefurnium, costituito da un corridoio lungo 35 cm, che immette nella camera di combustione a pianta quadrata (1,40 x 1,40 m). Di questa si conserva il piano originale, regolarizzato con una spalmatura di argilla ora molto cotta, nella quale sono inglobati o si inseriscono alcuni elementi di sostegno per il piano forato che portava il carico da cuocere: si tratta in particolare di una coppia di pilastrini formati da mattoni quadrati, e di una coppia di colonnette, ciascuna delle quali è costituita da un collo d’anfora entro la quale è conficcato un tubulo in terracotta. Le osservazioni stratigrafiche (parziale sovrapposizione della struttura al primo contrafforte) e lo studio preliminare dei materiali di scarto contenuti nei riempimenti che obliterarono la fornace (anforette ad imitazione della morfologia di anfore Dressel 2/4) indicano che il funzionamento del forno fu successivo alla chiusura delle fornaci gemelle. Nel 2003 l’ampliamento dello scavo verso ovest ha portato in luce un grande vano interrato che è in linea col muro di contenimento delle fornaci gemelle (Fig. 2): delimitato da robusti muri in pietra e malta, e bipartito in senso longitudinale da un muro interno, sembra interpretabile, a causa della sua notevole profondità e della sua vicinanza alla falda naturale, come un vano per la decantazione o più in generale per la preparazione dell’argilla. A una trentina di metri da quest’ambiente, con andamento parallelo al suo lato occidentale, è stato intercettato un lungo muro in pietra, già intravisto nel 2001, che sembra un muro di chiusura del complesso edilizio con fornaci e grande vasca. In due settori tra loro opposti, tra la vasca e questo muro di chiusura e alle spalle delle due fornaci, si ha una regolare distribuzione di basi di pilastro quadrate, che devono essere riferire a strutture coperte simili a tettoie, spazi accessori e necessari per lo svolgimento delle attività produttive quali la modellazione delle anfore, la loro essiccazione, il loro stoccaggio dopo la cottura. La fragilità del terreno circostante, a matrice argillosa, richiese molteplici interventi di consolidamento con frammenti di anfore o di mattoni distesi più volte: l’inefficacia di queste soluzioni che vedevano di volta in volta affondare il materiale solido nel sottofondo di argilla fece sì che venisse realizzata una bonifica, di un tipo per ora unico ad Albinia: a partire dal filo esterno del muro ovest della vasca fino a raggiungere il muro esterno furono deposte moltissime anfore (di tipo Dressel 1) organizzate su uno stesso piano, di sabbia, in file parallele e compatte; in ogni fila le anfore erano state incastrate l’una nell’altra con una modalità costante: il puntale della seconda risultava infilato nella bocca o nella parte superiore...


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