La Celestina - Lezione 13 - 14 Letteratura Spagnola I PDF

Title La Celestina - Lezione 13 - 14 Letteratura Spagnola I
Author Motoclub Mola
Course Letteratura spagnola 2
Institution Università telematica e-Campus
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Annoscia Giuseppina - matr. 648037 Lezione 13 – 14 -

17/18.11.2015

La Celestina: è un'opera letteraria attribuita a Fernando de Rojas, pubblicata anonima a Burgos probabilmente nel 1499 in una prima forma e ampliata attorno al 1502. È annoverata tra i capolavori della letteratura spagnola. La Celestina nasce prima come Comedia de Calisto y Melibea, un'opera suddivisa in 16 atti, che poi verrà nel tempo modificata dall'autore attraverso delle aggiunte ed interpolazioni, e portata a 21 atti nel 1502, recando in questo nuovo cambiamento il titolo Tragicomedia de Calisto y Melibea. La prima traduzione fuori dalla Spagna di questa seconda edizione è quella italiana realizzata da Alfonso Ordóñez, stampata per la prima volta a Roma nel 1506: questo rappresenta anche il più antico esemplare dell'opera completa esistente, di un anno anteriore a quello spagnolo di Saragozza del 1507, e fu la base per successive traduzioni come quella ebraica, tedesca o francese. Anche la parola Celestina appare per la prima volta nel titolo in Italia, nella stampa di Venezia del 1519, ed è così che la tragicommedia diverrà famosa in futuro. Opera di frontiera, dalla natura ibrida, ravvisabile anche nella stessa forma, incerta tra romanzo e opera teatrale, almeno da un punto di vista contenutistico La Celestina trova un precedente nell'adespota Pamphilus (XII secolo), prodotto del filone della commedia elegiaca, fiorito nella letterarietà mediolatina in versi. L’opera si presenta come una parodia dell'amor cortese: Calisto corteggia Melibea, fallendo, e poi, tradendo lo stile cortese, i due si posseggono carnalmente. Il finale è drammatico: Calisto muore cadendo mentre scende le scale che l'hanno portato nel giardino della sua bella amata, mentre Melibea si suicida buttandosi dal balcone della sua residenza. Nella prima uscita dell'opera, la storia si incentrava sull'amore tra Calisto e Melibea ma dopo, nelle varie modifiche che sono state apportate, la storia metterà a fuoco la figura della Celestina, la fattucchiera della storia, colei che cerca di favorire l'amore tra Calisto e Melibea, ma soltanto per scopi personali. Per molto tempo, la critica si rifiuta di definire l'opera come teatrale: verrà poi chiamata da Moratín novela dramatica("romanzo drammatico") e da Aribau novela dialogada ("romanzo dialogato"). In realtà quest'opera ha un forte potenziale drammaturgico, che nella trascrizione da una versione all'altra però, si è perso molto; ciò che rimane è l'elemento magico, incentrato nella figura della Celestina. A differenza di Autos De Los Reyes Magos (opera teatrale medioevale in versi, scritta nel XII secolo, in lingua spagnola castigliana), nella quale si trovava un solo registro linguistico dato dai personaggi tutti uguali, ossia tutti pastori, ne La Celestina troviamo una stratificazione sociale dei personaggi e vari linguaggi in contrapposizione: quello elevato dei nobili in contrasto con gli argots urbanos ("parlate popolaresche") delle mezzane, delle prostitute, dei servitori. Personaggi:  Celestina: è una figura di basso livello sociale che pensa solo al proprio profitto personale. Si serve di tutti coloro che possano tornarle utili per i suoi fini senza soffermarsi troppo sulle conseguenze che potrebbero derivarne, infatti sarà proprio la sua poca lungimiranza che la ucciderà.  Calisto: giovane nobile, rappresenta la parodia dell'eroe cavalleresco, presentandone le caratteristiche ma non le qualità. È il desiderio carnale che fa funzionare il suo amore e non il sentimento amoroso puro e purificato raggiungibile solo tramite l'amore platonico. Egli rappresenta la figura dell'antireligioso poiché, vedendo la sua amata Melibea come dea, va contro la religione Cattolica. Inoltre, l'amore lo rende menefreghista nei confronti della morte dei suoi servi Parmeno e Sempronio e della prostituta Celestina, attirando su se stesso l'astio da parte di Elicia e Areusa.

Calisto

Melibea

Annoscia Giuseppina - matr. 648037  Melibea: bella e desiderata rappresenta come Calisto la parodia della tipica figura femminile delle opere di

cavalleria e di amor cortese. Dopo il rifiuto iniziale, infatti, non impiega molto tempo a lasciarsi travolgere dal desiderio fisico e dalla passione verso Calisto, perdendo ogni pudore e la sua verginità. Incarna la figura della peccatrice, che inganna la sua famiglia e che si concede, prima del matrimonio e per mezzo di un "amore illecito", al suo amato.  Sempronio: elemento corrotto, anche lui pur di ottenere un ricavo personale tradisce il proprio padrone affidandolo a Celestina, con la quale ha rapporti di puro interesse.  Parmeno: antieroe per diverse ragioni. Innanzitutto è figlio di una fattucchiera, quindi appartiene ad un basso livello sociale. Non sappiamo niente della sua origine o provenienza. Altro fatto da considerare, è il cambiamento da servo fedele a traditore del suo padrone perché verrà corrotto da Celestina, con la promessa di un appagamento carnale da parte di Areusa (ragazza che lavora per la mezzana), della quale è innamorato.  Tristan e Sosia: dopo la morte dei servi Sempronio e Parmeno, diventano i nuovi servi di Calisto. Non si hanno molti riferimenti alla loro vita passata o presente durante la vicenda, ma sappiamo che Sosia viene ingannato da Areusa, che usa la sua sensualità e la sua bellezza per estorcergli la verità sugli incontri di Calisto e Melibea. La linea che collega gli amanti non è più retta come nei romanzi cortesi ma tortuosa e spezzata, molti altri personaggi entrano in gioco nel corteggiamento, anche di bassa estrazione sociale. Tutti si muovono su di uno sfondo urbano e vorticoso. La fine tragica dell'opera simboleggia la fine dell’universo medievale e l’inizio di un nuovo mondo eterodosso. La società descritta è dominata dall’idea dell’onnipotenza del denaro e viene messa in contrasto con il mondo cavalleresco, dove non conta il denaro ma l’onore e la stirpe. I personaggi sanno che, con le monete d'oro, possono avere quello che vogliono, anche l’amore. La mezzana Celestina è la rappresentanza terrena del denaro, un'entità che tutto può dietro adeguato compenso.

copertina della Celestina.

Ritratto di Fernando de Rojas.

È una delle opere maestre della letteratura spagnola. È un’opera che si colloca a metà tra il teatro e la novela (l’opera narrativa) ma non è né l’una né l’altra cosa; È, di fatto, un’opera a sé che ha una scrittura dialogata, ma che difficilmente veniva rappresentata, quindi l’autore sfrutta, sì, una serie di dinamiche e di strategie tipiche dell’attività teatrale, ma è un’opera che piuttosto veniva letta a più voci o da una voce che modulava l’alternarsi tra i vari personaggi. È stata più volte rimaneggiata dallo stesso autore.

Annoscia Giuseppina - matr. 648037 L’autoría (chi è l’autore?): l’autore è Fernando de Rojas, ma lo è per una parte e non del 100% dell’opera. Della sua biografia si sa molto poco, oltre quello che lui stesso dice nei versi acrostici. Si sa che è nato nel Pueblo de Montalban, in provincia di Toledo intorno al 1470, che si è laureato in legge ottenendo il titolo di Bachiller en Legis a Salamanca; nel 1525 il suo nome è inserito nelle carte di un processo dell’inquisizione in cui veniva accusato, come anche i suoi avi, di essere un converso (discendente da ebrei convertiti al cristianesimo). [Dal ‘400 in poi, in Spagna, ci si trova difronte al problema della limpieza de sangre; poter dimostrare di essere discendente di cristiani originari era estremamente importante; se, invece, in questa discendenza si collocavano elementi di “corruzione” impuri, come antenati ebrei, per quanto convertitisi al cristianesimo, questo era percepito come una macchia sull’onore.] Questo aspetto è importante perché la critica ha letto determinati aspetti dell’opera anche attraverso il filtro di questa prospettiva. Esercitò tutta la vita il mestiere di giurista e fu anche Alcalde (sindaco) di Talavera de la Réina (provincia di Toledo). Non risulta che abbia scritto altre opere oltre la Celestina. Morì nel 1541. Il titolo: Celestina non è il titolo originario. Il primo titolo, dell’edizione in 16 atti di Burgos del 1499, fu Comedia de Calisto y Melibea. Il secondo titolo, dell’edizione di Toledo in 21 atti del 1502, fu Tragicomedia de Calisto y Melibea. Avrà un successo talmente immediato e straordinario che già nella prima metà del XVI sec. una delle edizioni porterà come titolo Celestina, nome di uno dei personaggi che ha un valore ed una intensità straordinaria, tanto da sostituire i due protagonisti nel titolo dell’opera e da diventare, negli anni, nome comune per designare quel genere di persona, ancora fino ad oggi. Cronologia: le prime edizioni che si conservano della Comedia de Calisto y Melibea furono pubblicate alla fine del ‘400. Concretamente disponiamo dell’edizione di Burgos del 1499 in 16 atti (conservata all’ Spanish Society di New York) che è la stampa più antica di cui si ha conoscenza (al limite dell’epoca medievale si colloca quest’opera che rivoluzionerà il panorama letterario in modo sostanziale); dell’anno successivo, quindi 1500, è l’edizione a stampa in 16 atti di Toledo e del 1501 l’edizione a stampa in 16 atti (autos) di Siviglia. Ogni auto è introdotto da un breve riassunto, che sintetizza le vicende in esso contenute. L’edizione di Burgos (la più antica), però, è mancante dei preliminari (il paratesto) che sono tutti quegli elementi testuali, non appartenenti all’opera, che però la completano, la introducono (per es. un prologo in cui l’autore spiega perché ha deciso di scrivere l’opera; una dedicatoria; dei componimenti poetici encomiastici di altri autori nei confronti dell’’autore dell’opera). La prima edizione ad includere il paratesto è quella del 1500 di Toledo (edizione completa in 16 atti) che comprende:  una Carta del autor a un amigo suyo (lettera ad un suo amico), fondamentale perché spiega cosa lo ha spinto a comporre l’opera e quali sono le fasi della redazione della stessa. In essa dichiara di essere uno studente di Legge presso l’università di Salamanca e soprattutto afferma di aver trovato casualmente il primer auto dell’opera, manoscritto e anonimo, e di averlo letto e apprezzato a tal punto da volerla continuare. Dichiara qui di averla conclusa in soli 15 giorni. Non si sa, però, la data di composizione dell’opera, ma da grazie ad alcuni elementi si pensa che sia stata scritta durante le vacanze di pasqua che, nell’anno accademico all’epoca, duravano due settimane. Si potrebbe anche non credere alle parole dell’autore (tanti autori hanno usato l’espediente del manoscritto ritrovato), ma la critica, che si è interrogata sulla veridicità di questi aspetti, ha subito preso per veritiere le parole di Fernando de Rojas perché, effettivamente, ci sono una serie di elementi di carattere stilistico, di carattere puristico, che saltano all’occhio e che differenziano in modo sostanziale il primer auto da quelli composti di suo pugno da Fernando de Rojas. Quindi l’autore del primer auto rimane anonimo, anche se lo stesso Fernando de Rojas sospetta che si tratti di Juan de Mena o di Rodrigo Cota de Maguaque (autore del ‘400);  alcune ottave (coplas) acrostiche, in cui l’autore segue l’iter classico della composizione di un’opera, cioè il canone che prevedeva che ci fosse una composizione poetica introduttiva che avesse determinate caratteristiche di dedica e di offerta dell’opera; la cosa più interessante di queste strofe è che componendo l’iniziale di ogni verso abbiamo in nome dell’autore (che si trova solo qui) e alcune altre informazioni su di lui, come il suo ruolo e quale mestiere esercitasse. Ci dice in questo modo di essere originario del Pueblo de Montalban;  l’argomento, che è il riassunto dell’opera;  dei versi, alla fine dell’opera, di un altro autore, Alonzo de Proaza. Tra il 1501 e il 1502 appare una versione ampliata dell’opera che viene pubblicata in 21 atti, cioè con 5 atti aggiuntivi (tutte le aggiunte successive saranno riportate in corsivo nell’antologia) che si inseriscono a metà del 15° atto (che precedentemente era il penultimo) e con alcune interpolazioni e varianti negli altri atti (anch’esse riportate in corsivo nella antologia) e persino nel titolo che diventerà Tragicomedia de Calisto y Melibea (decisione dell’autore dovuta anche tenendo in conto il finale tragico dell’opera per rimarcare la cosa nei confronti di quella parte del pubblico poco avvezzo alle questioni letterarie che si chiedeva il perché si chiamasse Comedia avendo un finale tragico), ma questo non vuol dire che il finale sia diverso: il finale è tragico tanto nella prima quanto nella seconda edizione, e

Annoscia Giuseppina - matr. 648037 soprattutto, è identico (il termine Comedia è generico e ci colloca in un ambito teatrale, ma non necessariamente indica il genere tragico o comico del testo, quanto piuttosto, secondo il canone classico, la presenza nell’opera di personaggi di bassa estrazione sociale che tradizionalmente avevano un registro comico, a differenza delle tragedie, i cui protagonisti erano sempre nobili). Anche questa seconda edizione è fornita di un prologo in cui l’autore spiega cosa è cambiato e anche il perché delle varianti apportate, comunicando che il tutto è frutto dell’insistenza dei lettori (che evidentemente dovevano essere parecchi, altrimenti lui non si sarebbe scomodato tanto) e dei suoi amici i quali chiedono che la storia narrata aumenti, soprattutto che in una determinata fase si racconti più nel dettaglio e si prolunghino gli incontri amorosi tra Calisto e Melibea (il che lascia supporre che il pubblico fosse prevalentemente femminile). In ogni caso l’impostazione generale rimane invariata nel passaggio da una edizione all’altra. Di questa terza edizione in 21 atti del 1502 non sono ci pervenuti esemplari della prima stampa. L’esemplare più antico a noi pervenuto dell’edizione in 21 atti in lingua spagnola risale al 1507, però, in realtà, la versione più antica che ci è giunta dell’edizione in 21 atti è del 1506 ed è in italiano. Quest’ultima ha un ruolo importante perché è precedente all’edizione del 1507 ed è il più antico esemplare dell'opera completa esistente e il fatto che sia stata tradotta in italiano fa capire la diffusione che aveva raggiunto l’opera già nel 1506.

Argomento: sviluppa la storia d’amore particolarmente travolgente tra Calisto e Melibea, entrambi appartengono all’aristocrazia o comunque all’alta borghesia (non è ben specificato ma si intuisce dal testo) di una città di cui non viene detto il nome (altro enigma dell’opera)[molti critici propendono per collocare l’opera nello spazio della Salamanca di fine ‘400, altri ipotizzano che si tratto di Siviglia, ma non c’è nulla di certo al riguardo]. Il tratto più importante non è il luogo fisico in cui si volge l’opera, ma il contesto che in essa viene descritto (essendo un’opera dialogata) attraverso quello che dicono, come si muovono i personaggi. Non ci sono descrizioni. È un dialogo dall’inizio alla fine tra i vari personaggi, che, però, ci aiutano a capire, poiché si muovono all’interno di un contesto che, quindi, ci appare molto ben delineato, tanto da poterlo immaginare, anche se non è descritto in maniera tradizionale. Calisto si innamora di Melibea. Sull’inizio ci sono alcune perplessità, poiché non viene detto dove si incontrano. Solo in una versione successiva, nell’argumento, si dice che il primo incontro avviene nel giardino di Melibea. Il giovane Calisto, durante una battuta di caccia, inseguendo il suo falcone, capita nel giardino di Melibea, la vede e se ne invaghisce. Anche qui il luogo ha, evidentemente un suo significato, poiché il giardino è il Locus amenus per eccellenza dove gli innamorati della tradizione cortese si incontravano, e quindi ha tutto un suo significato, esattamente come il simbolo del falco. Ma tutto questo non ci viene detto direttamente. L’opera parte già con il dialogo in cui Calisto subito manifesta il suo ardore a Melibea. Anche qui, come nella Carcel de Amor (tradizione della Novela Sentimental), compare il Galardón (il premio della tradizione cortese) usato da Calisto nello stile dei cavalieri cortesi, ma le sue intenzioni sono decisamente meno edulcorate di quelle di Leriano. Melibea percepisce subito le sue intenzioni e lo rifiuta cacciandolo via a male parole. Questo getta Calisto nella disperazione e angoscia più profonde, che, vedendosi rifiutato, in preda allo sconforto, decide di svelare la propria disperazione al suo fidato servo Sempronio, il quale, vedendo il grado di disperazione e la reazione esagerata di Calisto (che è fin dall’inizio ridicolizzato nella dimostrazione esasperata dei suoi sentimenti: piange, si strappa i capelli, si chiude nella sua stanza al buio, non vuole vedere nessuno. Calisto è dipinto come un personaggio sopra le righe), suggerisce a Calisto di rivolgersi a Celestina, della quale offre un ritratto sintetico ma preciso. Celestina è una ruffiana che gestisce intrallazzi nella città, con un ruolo piuttosto negativo (è descritta fin dall’inizio come personaggio moralmente discutibile), proprio per i suoi traffici: lei traffica e fa dell’amore e della passione il proprio lavoro e quindi trae guadagno da essi. La reazione di Calisto è di richiedere un incontro immediato con Celestina, poiché lui, fin dall’inizio, ha un unico obbiettivo che è conquistare Melibea con qualunque mezzo, persino entrando in contatto con una persona come Celestina. Sempronio è il tramite attraverso cui Calisto e Celestina entrano in contatto; viene di fatto

Annoscia Giuseppina - matr. 648037 stipulata una contrattazione che prevede il pagamento di una catena d’oro da parte di Calisto a Celestina, la quale dovrà guadagnarsi la fiducia di Melibea e procurare a Calisto un secondo incontro con lei, che si spera sia più favorevole del primo. Calisto ha anche un altro servo, Parmeno, che è un buon servo, all’inizio; consiglia il suo padrone e cerca di evitare che commetta degli sbagli e si metta in situazioni disonorevoli; è il servo leale (servus fidus) della comedia latina. Parmeno, tuttavia, è un ostacolo tanto per Calisto, quanto per Celestina perché con i suoi consigli intralcia il lavoro di Celestina che ha come obbiettivo di portare a casa il proprio guadagno, quindi di fare quanto richiesto da Calisto per ottenere in cambio il compenso pattuito. È, dunque, tutta una questione di interessi; ogni personaggio ha un proprio tornaconto personale. I 2 servi, inizialmente molto diversi tra loro, alla fine si alleeranno. Una delle caratteristiche di questa vecchia mezzana (strega, fattucchiera, ruffiana ed ex-prostituta), è quella di riuscire sempre a trovare un modo per manipolare le persone a proprio vantaggio attraverso la dialettica grazie a cui capisce la psicologia dei suoi interlocutori. Così, progressivamente, con Parmeno (che non è uno sprovveduto, anzi sa perfettamente chi è Celestina) riesce a trovare il suo punto debole che è, anche in questo caso, la passione amorosa che Parmeno prova per Areusa, una delle prostitute che lavorano per Celestina. Facendo leva su di essa, Celestina ha gioco facile nel portare Parmeno dalla sua parte, il quale, da essere il servus fidus, passa ad essere, come Sempronio, il servo che si approfitta della situazione per un guadagno personale. Interesse di Sempronio e Parmeno è avere anche loro una parte del compenso pattuito tra Calisto e Celestina, che dovrà essere diviso in parti uguali tra loro 3, poiché i due servi collaborano con lei. Celestina, con l’aiuto della sua dialettica, e forse anche della magia, come suggerisce lo stesso Fernando de Rojas, riesce ad ottenere, attraverso una serie di incontri, la fiducia di Melibea che, quindi, si dice disposta ad incontrare nuovamente Calisto. Da questo momento in poi gli avvenimenti si succedono molto più rapidamente e precipitano verso una fine molto tragica, perché ognuno dei personaggi è mosso da una passione (amore, denaro, ambizione) e tutti perseguono un obbiettivo tralasciando tutto il resto e non vedendo quale sia il pericolo in cui potrebbero imbattersi. Questo produce una serie di eventi tragici che caratterizzano l’assetto tragico della Celestina, che è un’opera estremamente comica, ma anche estremamente tragica (per questo il titolo fu cambiato in Tragicomedia…).

Gl...


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