La Corporation - RIASSUNTO DI ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE PDF

Title La Corporation - RIASSUNTO DI ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE
Author Chiara Vacchieri
Course Storia dell'arte contemporanea
Institution Università degli Studi di Torino
Pages 6
File Size 59.3 KB
File Type PDF
Total Downloads 105
Total Views 149

Summary

RIASSUNTO DI ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE...


Description

La Corporation E’ una grande impresa con migliaia di azionisti che vi conferivano capitale. Tali amministratori potevano non essere proprietari delle azioni della società che amministravano. La corporation se è caratterizzata sulla base di contratti privati fra concessioni dello stato e detentori di capitale. Nel 1792 l’Assemblea Nazionale Francese eliminerà ogni sorta di Corporation cioè qualsiasi ente che si interponesse fra stato e individuo. Aggettivo pubblico, infatti Public Companies non doveva interessarsi dei benefici di un singolo individuo ma al servizio di un’intera comunità. Tali obbiettivi erano inseriti all’interno dello statuto delle singole corporation mentre lo stato visionava il controllo sull’effettiva applicazione dell’interesse pubblico. Divisione fra aziende for profit e quelle religiose no-profit. Le vere imprese private erano le società non-incorporate. Nacque una legislazione specifica per le imprese non-profit mentre si decise che quelle profit dovessero agire solamente a beneficio dei privati detentori di capitale. Il successo dell’economia americana ha spinto molti studiosi ad analizzare le caratteristiche della corporation, che divergevano sempre più da quelle dell’impresa “privata” di carattere personale che si era affermata durante la storia europea, in particolare nella 1° Rivoluzione industriale. Non è un caso che tali teorizzazioni siano tutte di origine americana, mentre a lungo in Europa permase l’idea della piccola impresa di smithiana memoria, che agiva all’interno di un mercato di concorrenza dove la singola impresa doveva sottostare a un coordinamento che era in capo a una mano invisibile livellatrice dei profitti verso lo zero. Ciò avveniva in presenza anche in Europa della moltiplicazione delle Corporation. Fu dunque negli Stati Uniti che a un certo punto risultò impossibile continuare a ignorare il gigantismo e il protagonismo di cui si stavano rendendo protagoniste le corporation americane.

E’ molto interessante notare che fu in 1° luogo un ostacolo pratico che orientò gli americani ad affrontare il problema delle corporation: -la loro tendenza alla concentrazione fino a sfiorare il monopolio. Per contrastare questi esiti, tra il 1887 e 1914 si sviluppò una legislazione che proibiva la monopolizzazione dei commerci infrastatuali, quindi i cartelli, infine i monopoli tout court, senza essere contraria alle fusione, fino alla creazione della Federal Trade Commission. A questo punto, diventava comunque cruciale chiarire la natura stessa della corporation, un’operazione che pochi anni dopo il lavoro di berle e Means venne condotta da Ronald Coase nel suo saggio The nature of the Firm, in cui sosteneva che l’impresa fosse nata per abbassare i costi di transizione del mercato attraverso la stipulazione di contratti stabili da parte dei dirigenti dell’impresa con i vari fornitori di materie prime, prodotti intermedi e lavoro. L’impresa era vista come “un nesso di contratti”, una visione poi approfondita 2 studiosi americani nel 1972. Da questi 2 fondamentali contributi si sono sviluppate altrettante linee concettuali principali: -La 1° dovuta a Oliver Williamson insiste sul concetto di costi di transizione e li analizza con dovizia di particolari. Sulla base di assunzioni come la razionalità limitata e l’opportunismo(generatore di adverse selection e moral hazard), l’autore spiega come l’impresa riesca ad abbassare i costi di transizione attraverso scelte organizzative di internazionalizzazione o esternalizzazione delle transizioni, svolgendo anche un ruolo indispensabile e insostituibile nell’abbassare gli effetti perversi dei comportamenti egoistici degli agenti economici sull’efficienza del processo produttivo. La sua teoria contrasta le logiche di mercato con quelle della struttura manageriale - La seconda si incentra sulla teoria principale/agente, che ha visto molti contributi, ma quello che spicca per le sue conseguenze sia analitiche sia

pratiche è contenuto nell’articolo di Michael Jensen e William Meckling del 1976. La relazione tra principale e agente viene definita come un contratto in base al quale una o più persone obbligano un’altra a ricoprire una data mansione per suo conto, con una delega di potere. Ma la cruciale identificazione del proprietario delle azioni con il principale produce un contrasto di interessi esclusivamente concentrato fra 2 contendenti: gli azionisti e i manager. Il modello dell’agenzia dei 2 attori ritiene ineliminabile l’opportunismo già rilevato da Williamson a causa soprattutto delle asimmetrie informative e dei contrasti incompleti, e rileva che la limitazione del conflitto e il prevalere degli interessi degli azionisti si possano solo ottenere con misure che hanno un costo. E’ soprattutto sulla base di questo modello principale agente e della concettualizzazione dell’impresa come nesso di contratti che la visione della corporation si è appiattita sul rapporto tra proprietario e manager, ambedue tesi a massimizzare la propria utilità. Se il filone teorico sommariamente tratteggiato sopra è stato quello vincente va comunque ricordato che esistono altre concettualizzazioni della corporation, più storicamente fondate e più attente agli aspetti organizzativi dell’impresa. Fra queste, la teoria della crescita dell’impresa di Edith Tilton Penrose, basata sulle risorse, specialmente quelle umane, che sono specifiche dell’impresa e ne contribuiscono a un tempo la ricchezza e il limite, dato che l’inserimento di altre risorse esterne è laborioso e richiede tempo. In questa prospettiva, la dinamica dei processi di crescita delle imprese è stata approfondita dalle teorie evolutive dell’impresa che si ispirano al secondo Schumpeter. Sempre sul versante organizzativo ma più concentrati sul tema del vantaggio competitivo si sono posizionati altri 2 grandi teorici/ storici dell’impresa: Michael Porter e Alfred Chandler.

Il secondo formatosi nel Research Center creato presso la Harvard Business School elaborò una visione sintetica della grande impresa americana. Essa era basata sull’indispensabilità delle strutture gerarchico organizzative delle imprese; che vengono modellate a seconda delle strategie perseguite dai manager. Secondo la sua visione, dunque, le strutture conseguono alle strategie e quando non risultano adeguate portano l’impresa al fallimento. Nel volume del 1990 Chandler confronta 3 versioni di capitalismo : -inglese -americano -tedesco Analizza l’applicazione in esse delle strutture: -U form -M form -H form E dei 3 tipi di investimenti per rimanere first mover e quindi godere di notevoli vantaggi competitivi per lungo tempo. Questi 3 tipi di investimenti sono: -Investimenti in impianti sufficientemente ampi da poter sfruttare l’intero potenziale delle economie di scala, di diversificazione e di rapidità, quest’ultima meglio raggiunta con le catene di montaggio -Investimenti in reti di marketing(è infatti inutile e anche svantaggioso aumentare la scala di produzione se il mercato non è recettivo e per questo motivo l’investimento in marketing è essenziale al successo della corporation)

-Investimenti in una gerarchia di manager che sovraintendono a tutte le attività necessarie alla produzione e distribuzione, pianificate a seconda delle previsioni di mercato. Come già si è notato nell’introduzione, il modello di analisi della corporation elaborato da Chandler è diventato di uso generale nella Business History, generando una convetional wisdom in base al quale Mform è non solo la forma di impresa ottimale, ma quella a cui ciascuna impresa doveva tendere se voleva essere competitiva. Nessuna considerazione veniva offerta da Chandler su possibili effetti negativi sull’economia e sulla società in seguito all’adozione generalizzata della M-form. Ciò aveva come implicazione che qualsiasi attività economica in qualsiasi paese e in qualsiasi tempo che non adottasse la M-form restava al più un second best e non garantiva un sufficiente tasso di sviluppo economico. Michael Porter ha individuato i possibili piani di azione per favorire la competività di un’azienda facendo leva sui punti di forza e limitando quelli di debolezza con strategie di attacco difensive per rispondere alle 5 sfide che si presentano: -il potere contrattuale degli acquirenti -il potere contrattuale dei soci -la minaccia dei nuovi entranti -il posizionamento dei concorrenti -la minaccia dei prodotti sostitutivi Un grande atout della corporation è : -la multinazionalizzazione che le ha permesso di presidiare molti mercati ma le ha offerto moltre altre opportunità ovvero: .pagare meno tasse spostando uffici e lavoratori in paesi a basso livello di tassazione

.spendere di meno per forza lavoro aprendo impianti ad alta intensività di lavoro Alla fine del XX secolo con il grande abbassamento dei dazi di prodotto dal Gatt prima e del Wto dopo e con la liberalizzazione del movimento dei capitali, le multinazionali si tramutarono in Transnazionali ossia in imprese senza confini che dislocavano i loro processi produttivi su scala mondiale. Anche se le grandi imprese italiane avevano teso a multinazionalizzare dalle compagnie italiane tardomedievali Concetto di PATH DEPENDENCE: è stata definita dal fatto che l’industrializzazione è stata fortemente condizionata dal concetto politico e statale. Le difformità delle Corporation asiatiche: -con l’impiego assicurato a vita l’ascesa di manager interni -prassi di total quality ossia di responsabilizzazione di ogni singolo lavoratore. -Maggiore presenza di Black Holders ossia di azionisti di riferimento(famiglia, banca e investitori) -Paesi di civil low in cui è stato facile sviluppare la corporation: .Svizzera .Giappone Di un ultimo fattore di vantaggio della corporation occorre qui fare menzione ed è quello militare. La conversione di una catena di montaggio da produzione civili a produzioni militari non è particolarmente difficile ed è così che i paesi dotati di impianti della seconda rivoluzione industriale si poterono sfidare su immensi campi di battaglia, sia perché attrezzati tecnologicamente sia perché l’innalzamento della produttività permetteva loro di garantire i consumi di base alla popolazione,...


Similar Free PDFs