La figlia del capitano di aleksandr sergeevic puskin PDF

Title La figlia del capitano di aleksandr sergeevic puskin
Course Lingue, civiltà e scienze del linguaggio
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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Riassunti capitolo per capitolo de "La figlia del capitano" di Puskin ...


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La figlia del capitano (Капитанская Дочка) di Aleksandr Sergeevič Puškin – 1836

RIASSUNTO CAPITOLO I – IL SERGENTE DELLA GUARDIA Pëtr Andreevič Grinëv è il figlio di Andrej Petrovič’ Grinëv, un nobile ufficiale a riposo e di Avdotja Vassiljevna Ju., figlia di un nobile povero. La famiglia vive a Simbirsk. Il capitolo si concentra sull’istruzione di Pëtr, affidata inizialmente allo staffiere di famiglia Savelic’ (il quale gli insegnò a leggere e scrivere) e in seguito al “mossiè” precettore francese Beaupré (mal visto e odiato da Savelic’), che doveva iniziarlo al “tedesco, al francese e a tutte le scienze“, ma che in realtà imparò il russo da Pëtr e non gli insegnò nulla. Egli era dedito all’alcol e alle belle donne e venne cacciato dal padre di Pëtr perché accusato di aver approfittato di due giovani serve. Con la sua cacciata si concluse l’istruzione di Pëtr. Al compimento dei sedici anni, il padre decide che è giunto il momento che Pëtr prenda servizio. Inizialmente entusiasta, poiché la sua maggiore aspirazione era divenire ufficiale della guardia a Pietroburgo, il suo atteggiamento cambia quando il padre lo manda a servire sotto gli ordini di un suo ex camerato e amico a Orenburg. Inizia così il viaggio di Pëtr, che, accompagnato da Savelic’, inizialmente pernotta a Simbirsk, dove conosce il capitano di un reggimento degli ussari Ivan Ivanovič Zurin, che gli insegna a giocare a biliardo e Pëtr perde e deve pagargli cento rubli, cosa che scatena una discussione con Savelic’, che è contrario, ma che alla fine acconsente al pagamento.

CAPITOLO II – LA GUIDA Dopo aver lasciato Simbirsk e aver fatto pace, i due si rimettono in cammino, ma vengono sorpresi da una bufera di neve e vengono salvati da un uomo, che li conduce a una locanda. Durante il viaggio verso questa, Pëtr fa un sogno in cui, tornato a casa, trova suo padre a letto sul punto di morte, ma quando gli si avvicina scopre che questi non è suo padre, bensì un contadino che inizia a brandire una scure e a uccidere tutti quelli nella stanza. Il mattino dopo Pëtr vuole ringraziare l’uomo dandogli dei soldi, ma Savelic’ si oppone, poiché guarda l’uomo con sospetto. Alla locanda, l’uomo racconta al locandiere dello Jaik (riferimento alla rivolta dei cosacchi nel circondario del fiume Jaik, fatto realmente accaduto; Pëtr sul momento non capisce però a cosa si riferisce l’uomo). Pëtr decide comunque di donargli il suo pellicciotto di lepre e l’uomo lo saluta dicendo che mai si dimenticherà della sua bontà. Pëtr e Savelic’ giungono finalmente a Orenburg, dove incontrano il generale. Questi (dallo spiccato accento tedesco) lo manda alla fortezza di Bielogorsk, ai confini dell’Impero, al servizio del capitano Mironov. Pëtr è infelice all’idea (qui vengono mandati soprattutto soldati rei di atti di insubordinazione o delitti; vedi Švabrin), ma deve partire e giunge infine alla fortezza.

CAPITOLO III – LA FORTEZZA Il capitolo si apre con la descrizione della fortezza, che è in realtà un villaggio circondato da un recinto. Nella fortezza, Pëtr fa la conoscenza di Vassilissa Jegorovna, la moglie del capitano, e di

Švabrin, ufficiale escluso dalla guardia a causa di un duello, con il quale Pëtr trova subito una certa intesa. Il giorno dopo, a pranzo, Pëtr fa conoscenza del resto della famiglia: il capitano Ivan Kuzic’ e sua figlia Mar’ja Ivanovna (Maša), ragazza debole e fifona. Inizialmente Pëtr prova per lei indifferenza, ma questo sentimento è destinato ben presto a cambiare.

CAPITOLO IV – IL DUELLO Pëtr inizia ad apprezzare la vita nella fortezza, si dedica alla letteratura e viene promosso a ufficiale. Anche i sentimenti di Pëtr per Maša iniziano a mutare, al punto che questi scrive dei versi dedicati a lei senza tuttavia nominarla esplicitamente. Li legge poi a Švabrin, il quale, compreso che sono versi dedicati a Maša, li critica pesantemente, arrivando a criticare Maša stessa, cosa che spinge Pëtr a sfidarlo a duello. I due si danno appuntamento l’indomani e Pëtr si rivolge al tenente Ignatic’ chiedendogli di fargli da padrino. Ignatic’ tenta di dissuaderlo, ma Pëtr si presenta comunque al duello l’indomani. I due sfidanti vengono però fermati da alcuni emissari che gli comunicano che debbono recarsi dal capitano, che, deluso per quel comportamento, decide di mettere sotto chiave le spade di entrambi. Pëtr e Švabrin fingono di riconciliarsi, ma decidono segretamente di fare lo stesso il duello non appena si fossero calmate le acque. Nel frattempo, Maša, scoperta la storia del duello e sospettando di esserne il motivo, si reca da Pëtr e gli rivela che ella rifiutò Švabrin quando questo la chiese in moglie. Questo spiega il risentimento di Švabrin nei confronti di Maša. Pëtr e Švabrin finalmente si sfidano a duello e Pëtr, distraendosi per l’arrivo di Savelic’ che lo chiama a gran voce, viene ferito e perde i sensi.

CAPITOLO V – L’AMORE Pëtr riprende i sensi dopo alcuni giorni e scopre che al suo fianco c’è sempre stata Maša. Appena risvegliatosi, Pëtr chiede a Maša di sposarlo, ma questa gli dice di aspettare di essersi ripreso. Alla fine acconsente, a patto però di ottenere la benedizione dai genitori di Pëtr che, speranzoso, decide di scrivere una convincente lettera al padre. Ben presto riceve la risposta (negativa) a causa della rabbia del padre, che ha scoperto del duello. Pëtr incolpa subito Savelic’, ma scopre poi che anche lui ha ricevuto una lettera in cui il padre è adirato perché non gli ha comunicato del duello. Non ricevuta la benedizione dal padre, Maša dice a Pëtr che non potrà sposarlo.

CAPITOLO VI – LA RIVOLTA DI PUGAČËV Il capitolo si apre con un excursus storico sulla situazione di Orenburg nel 1773. La regione era abitata da popoli semiselvaggi, in maggioranza cosacchi, popolazioni irrequiete e pericolose, che spesso davano vita a veri e proprio disordini. Una sera del 1773 al capitano Mironov arriva la notizia che il cosacco Jemelian Pugačëv, autoproclamandosi imperatore Pietro III, alla volta di un consistente numero di uomini ha preso alcune fortezze, perpetrando omicidi e saccheggi, e che si accinge a espugnare anche la fortezza di Bielogorsk. Il capitano capisce subito che sono in inferiorità numerica e che nelle sue file rientrano anche dei cosacchi. Dà comunque alcune disposizioni per la difesa e intima a tutti di mantenere il segreto. Allontana inoltre la moglie e la figlia, spingendole a fare visita al “pop”. Questo tuttavia non serve a tenere la notizia segreta alla moglie, che viene ben presto a conoscenza della situazione. Nel

frattempo, la rivolta si avvicina e nella fortezza cresce l’inquietudine. Viene catturato e torturato (come scrive un Puškin all’epoca la tortura era la prassi; come puntualizza poi poco dopo all’epoca dello zar Alessandro – regno caratterizzato da mitezza, progresso e civiltà – questo non sarebbe stato nemmeno lontanamente accettabile) un baschiro che faceva propaganda cosacca. Alla fortezza giunge anche un proclama di Pugačëv (scritto in cosacco semianalfabeta) in cui si intima di deporre le armi, riconoscerlo come sovrano e non opporre resistenza. Constatata la probabile disfatta, viene deciso di mandare Maša lontano, a Orenburg, mentre Vassilissa decide di restare e morire col marito. Pëtr e Maša si dicono addio.

CAPITOLO VII – L’ASSALTO I cosacchi attaccano la fortezza prima del tempo, di notte; Maša è quindi costretta a rimanere nella fortezza, ma viene allontanata dal campo di battaglia dalla madre. Pugačëv e i suoi iniziano l’assalto, incontrando poca resistenza e riuscendo a penetrare. Nella piazza viene eretta una forca e tutti sono invitati a riconoscere Pugačëv quale imperatore; quelli che si rifiutano vengono impiccati. Il capitano si rifiuta e viene impiccato; così pure Ignatic’, mentre Vassilissa viene uccisa con la spada. Al momento del giuramento di Pëtr, Savelic’ supplica Pugačëv di impiccarlo al posto del suo padrone. Questi concede la grazia ad entrambi, avendoli riconosciuti come i due che aiutò nella tempesta e che gli diedero il pellicciotto di lepre.

CAPITOLO VIII – L’OSPITE NON INVITATO Pëtr scopre dalla domestica Palaska che Maša è viva e che si nasconde da Akulina Panfilovna, moglie del “pop”. Raggiunge quindi la dimora di questa, dove trova Pugačëv e i suoi che stanno banchettando. Da Akulina scopre che ha presentato a Pugačëv Maša come una sua nipote malata e che quindi questa è salva. Pëtr si ritira nei suoi alloggi, dove trova Savelic’ e dove passa la notte. La mattina seguente un emissario cosacco gli comunica che Pugačëv lo vuole vedere. Pranza quindi con Pugačëv e alcuni cosacchi che poi li lasciano soli quando decidono di parlare. Pugačëv gli chiede se lo riconosce come gran sovrano, Pëtr riesce abilmente a non rispondere direttamente e gli dice anzi che egli ha giurato fedeltà all’imperatrice e che se l’imperatrice gli ordinerà di marciare contro di lui lo farà; gli comunica inoltre di voler andare a Orenburg e Pugačëv, colpito dalla sua fedeltà alla zarina, acconsente, dicendogli però di avvertire dell’imminente arrivo e intimando quindi la fortezza alla resa.

CAPITOLO IX – LA SEPARAZIONE Pugačëv lascia la fortezza in mano a Švabrin, suo seguace, e se ne va. Prima di partire, però, Savelic’ presenta al falso sovrano una lista delle cose che i suoi hanno rubato a Pëtr, denaro che Pugačëv decide inizialmente di non pagare, deridendo anzi il vecchio. Pëtr scopre che Maša si è ammalata e decide di partire per Orenbùrg per affrettare la liberazione della fortezza e lascia l’amata alle cure di Akulina. Appena prima di partire, un cosacco consegna a Pëtr un cavallo e una pelliccia, doni da parte di Pugačëv, che ha quindi deciso di pagare parte del suo debito.

CAPITOLO X – L’ASSEDIO DELLA CITTA’ Pëtr arriva a Orenburg, dove viene coinvolto in un consiglio militare affinché possa raccontare com’è la situazione, visto che l’ha vissuta personalmente. Il consiglio deve decidere se adottare una tattica militare offensiva o difensiva. Pëtr propone di andare all’assalto, ma non gli viene dato credito e si opta per la difesa. L’esercito di Pugačëv arriva a Orenburg, dando il via ad un lungo assedio e a un duro periodo per la popolazione, che soffre a lungo la fame. Pëtr si annoia, esce ogni tanto in missione contro i cosacchi e in una di queste incontra Maksimic’, l’ex sottoufficiale cosacco della fortezza di Orenburg, che gli dà una lettera da parte di Maša. Nella lettera Maša è disperata, perché Švabrin la vuole costringere a sposarlo, minacciandola se non accetta di portarla da Pugačëv e di svelare a questi la sua vera identità (figlia del capitano anziché nipote del “pop”), mettendola così in pericolo. Maša chiede aiuto a Pëtr, che vuole partire subito per liberarla, ma incontra l’opposizione del generale quando gli chiede uomini per liberare la fortezza.

CAPITOLO XI – IL QUARTIERE DEI RIBELLI Pëtr decide a questo punto di partire lo stesso per Bielogòrsk e chiede a Savelic’ di dargli il suo argento. Savelic’ non riesce a dissuaderlo, quindi parte con lui. I due vengono presi dai cosacchi e portati al cospetto di Pugačëv e due suoi “ginarali”, cui Pëtr racconta che la sua fidanzata è oppressa da uno dei suoi uomini, Švabrin. Pugačëv gli promette di aiutarlo, nonostante l’iniziale opposizione dei suoi generali. Il mattino dopo Pugačëv, Pëtr e Savelic’ partono per Bielogorsk. Nel viaggio, Pugačëv dice a Pëtr che non è un “bevitore di sangue” come tutti lo dipingono, in quanto ha mostrato pietà a Pëtr e Savelic’ che erano stati pietosi con lui. Fa inoltre trasparire la sua preoccupazione per il suo “esercito”, che potrebbe consegnarlo a Mosca da un momento all’altro.

CAPITOLO XII – L’ORFANA Arrivati a Bielogorsk, Pëtr, Savelic’ e Pugačëv vengono accolti da Švabrin. Pugačëv chiede di vedere la ragazza (che Švabrin presenta come sua moglie) e Švabrin inizialmente rifiuta (dice che è malata), ma poi non ha scelta se non accettare. Si scopre che Maša vive quasi come una schiava e Pugačëv si adira con Švabrin, decidendo però alla fine di graziarlo. Švabrin rivela però che Maša non è la nipote del “pop”, ma l’orfana del capitano e Pëtr è costretto ad ammettere che è la verità. Pugačëv gli permette comunque di partire e di portare con sé la ragazza. Pëtr ottiene da Švabrin un lasciapassare per tutte le barriere e le fortezze a lui soggette, permettendogli così di portare la futura moglie nella tenuta in campagna. Prima di partire, i due vanno dal “pop” e dalla moglie, dove Pëtr chiede ancora una volta a Maša di sposarlo e dove ancora una volta Maša rifiuta perché non hanno ottenuto la benedizione dai genitori di Pëtr. I due, salutati il “pop” e la moglie lasciano per sempre Bielogorsk.

CAPITOLO XIII – L’ARRESTO Pëtr, Maša e Savelic’ sono in viaggio verso casa di Pëtr, cioè a Simbirsk. Vengono fermati da un reggimento e Pëtr viene portato al cospetto di Zurin, che lo convince a non sposarsi e a riprendere il servizio per l’imperatrice. Pëtr sente in effetti questo dovere e decide di mandare Maša e Savelic’

a Simbirsk, mentre lui continua la lotta in nome dell’imperatrice. Pugačëv nel frattempo libera Orenbùrg, raccoglie nuove bande e prende Kazan, minacciando di marciare su Mosca. In seguito, l’esercito finisce in un villaggio vicino a casa dei genitori di Pëtr e questi, impaziente di rivedere la famiglia e l’amata, decide di partire subito, facendosi in seguito raggiungere da Zurin e i suoi. Attraversando il fiume, Pëtr vede una zattera con sopra una forca e riconosce in uno degli impiccati un suo servo. Arrivato a casa, Pëtr scopre che è in corso una rivolta dei servi e che i suoi genitori e Maša sono stati chiusi nel granaio e ammanettati. Pëtr raggiunge la famiglia, che è felice di rivederlo. Arrivano al villaggio Švabrin e i suoi uomini. Pëtr ordina a Savelic’ di prendere il cavallo e di andare incontro al reggimento di Zurin per avvertire del pericolo. Švabrin intima a Pëtr di arrendersi, ma quando questo rifiuta dà fuoco al granaio. Maša vuole consegnarsi per risparmiare la famiglia di Pëtr, ma questo glielo vieta. La famiglia riesce comunque ad uscire e, con l’aiuto dell’esercito finalmente giunto alla proprietà, riescono a sconfiggere Švabrin, che viene preso prigioniero. I servi implorano perdono per l’insurrezione e il capofamiglia decide di perdonarli. Pëtr saluta di nuovo la famiglia e l’amata e torna a prestare servizio. Pugačëv, che aveva tentato la fuga verso Astrachan, viene ucciso e Pëtr potrebbe finalmente tornare a casa, ma Zurin gli presenta una nota che intima a chiunque abbia visto Pëtr di arrestarlo. Dovendo seguire gli ordini, Zurin arresta Pëtr.

CAPITOLO XIV – IL GIUDIZIO Pëtr viene portato a Kazan e rinchiuso in prigione in attesa del giudizio. Scopre che a denunciarlo è stato Švabrin, che ha denunciato il suo rapporto di “collaborazione” con Pugačëv. Pëtr non vuole coinvolgere Maša, quindi decide di non nominarla. Il suo nome non viene pronunciato neanche dal nemico Švabrin, quindi Pëtr viene giudicato un traditore. A casa, anche il padre lo giudica un traditore ed è molto arrabbiato con lui, lo rinnega quasi, mentre la madre piange di nascosto e Maša capisce che non ha voluto dire il suo nome per non coinvolgerla. Decide quindi di partire per Pietroburgo per chiedere all’imperatrice Caterina La Grande la grazia. Nei giardini del palazzo incontra una signora con un cagnolino alla quale confida il motivo della visita all’imperatrice raccontandole tutta la storia. Viene in seguito chiamata a corte, dove scopre che la signora era proprio Caterina, la quale decide di concedere la grazia a Pëtr. A questo punto s’interrompe il racconto di Pëtr e si apre quello dell’autore, che ci fa sapere che nel 1774 Pëtr venne rilasciato per decreto sovrano, assistette all’uccisione di Pugačëv (che lo riconobbe tra la folla e gli fece un cenno) e sposò Maša.

PERSONAGGI Pëtr Andreevič Grinëv: protagonista del racconto, è un soldato coraggioso e fedele alla zarina Caterina II. Sfida la morte per amore di una donna. Inizialmente vive a Simbirsk con la sua famiglia, ma al compimento dei sedici anni viene mandato a prestare servizio a Orenburg. Andrej Petrovič Grinëv: padre di Pëtr, un nobile ufficiale. Avdotja Vassiljevna: madre di Pëtr, figlia di un nobile impoverito.

Savelic’: stalliere della famiglia e primo precettore di Pëtr. Fedele a Pëtr. Beaupré: precettore francese di Pëtr, amante del vino e delle belle donne. Ivan Kuzʹmič Mironov: capitano a capo della fortezza di Orenburg. Vassillissa Jegorovna: moglie del capitano. Donna forte. Mar'Ja Ivanovna Mironova, detta Maša: figlia del capitano, di cui Pëtr si innamora. E’ inizialmente debole e timida. Švabrin: ufficiale escluso dalla guardia a causa di un duello che è stato inviato ad Orenburg. Nemico di Pëtr, in quanto suo rivale in amore. Maksimic’: sottoufficiale cosacco della fortezza di Orenburg. Recapiterà a Pëtr la lettera di aiuto scritta da Maša. Akulina Panfilovna: moglie del “pop”. Lei e il marito aiutano Maša, a scampare all'uccisione da parte dei rivoluzionari fingendo che sia loro figlia. Palaska: serva della famiglia del capitano. Jemelian Pugačëv: cosacco che si mette a capo di una ribellione di cosacchi proclamandosi Pietro III. Rivoluzionario spietato perché assetato di potere e gloria ma riconoscente col protagonista, ha un ruolo principale nel racconto perché salva più volte Pëtr. Nel romanzo non viene descritto come un “bevitore di sangue” come lo descrivono invece le cronache ufficiali, ma come un uomo onesto. Ammira molto Pëtr per la sua fedeltà incondizionata alla zarina. Ivan Ivanovič Zurin: comandante che all’inizio del romanzo sfida Pëtr a bigliardo, facendogli perdere molti soldi. In seguito consegnerà Pëtr alle autorità. Caterina II La Grande: la zarina, che dopo aver ascoltato la storia di Maša, decide di concedere la grazia a Pëtr. Personaggio magnanimo.

CONTESTO STORICO Cosacchi: abitanti nomadi, di stirpe tatara, delle steppe della Russia meridionale. Sono avventurieri, guerrieri, briganti che costituivano società libere nelle zone di frontiera dell’impero russo, dove i controlli erano più incerti. Sono organizzati in società militari e si caratterizzano per l’odio per il sistema politico e sociale moscovita. I più famosi sono i cosacchi del Don (la cui sede è la Seč′) e quelli degli Urali. Quando, nel 1569, entrarono nell’orbita della monarchia di Polonia, questa si sforzò di limitarne il numero attraverso la ‘registrazione’: i cosacchi non registrati dovevano tornare alla condizione di servi della gleba dei magnati polacchi. In seguito alla ribellione di Pugačëv (1773) la zarina Caterina II ne limita l’autonomia, abolisce la Seč’, impone controlli più ferrei e sposta numerosi cosacchi sulle rive del Kuban’ come difesa nelle pianure a nord del Caucaso.

Ribellione di Pugačëv: scoppiò nel 1773, a seguito di un lungo periodo di turbolenze politicosociali dei cosacchi, scontenti per le sempre più rigide imposizioni economiche e politiche decise dal governo centrale che portarono ad un forte impoverimento nelle campagne. La rivolta ebbe inizio nel settembre di quell’anno tra i cosacchi del circondario del fiume Jaik per poi diffondersi a Orenburg, agli Urali, alla zona del fiume Kama e alla Siberia occidentale, per poi espandersi verso

ovest, arrivando a interessare al suo culmine ampi settori della Russia europea orientale e arrivando a minacciare la stessa Mosca. Pugačëv era un cosacco del Don che si proclamava Pietro III (defunto marito della zarina Caterina II e quindi legittimo sovrano; credendosi lo zar legittimo, creò una cor te parallela a quella moscovita, annunciò lo sterminio dei funzionari e dei proprietari terrieri, l’affrancamento dalla servitù della gleba e il pagamento delle imposte per il popolo) e si pose alla guida di questo movimento che arrivò ben presto ad interessare settori sempre più ampi della popolazione dell'Impero russo, dai contadini asserviti ai lavoratori delle industrie degli Urali, alle tante diverse nazionalità presenti nella zona (baschiri, tartari, minoranze finniche ecc.), tutti accomunati dal desiderio di rovesciare il sistema moscovita. La rivolta si diffuse senza incontrare particolari resistenze perché le truppe della zarina Caterina erano occupare n...


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