La mammografia PDF

Title La mammografia
Course Programma Corso integrato di Fisiopatologia clinica 
Institution Università degli Studi di Udine
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La mammografiaIl tumore alla mammella e lo screeningIl tumore alla mammella è una patologia sempre più frequente, tant’è che risulta essere la prima causa di morte nel sesso femminile in una fascia d’età compresa tra 35 e 60 anni. La diagnostica in ambito senologico rappresenta una parte importante ...


Description

La mammografia Il tumore alla mammella e lo screening Il tumore alla mammella è una patologia sempre più frequente, tant’è che risulta essere la prima causa di morte nel sesso femminile in una fascia d’età compresa tra 35 e 60 anni. La diagnostica in ambito senologico rappresenta una parte importante della diagnostica radiologica poiché la mammografia ha avuto ed ha ancora oggi un ruolo importantissimo nella diagnosi precoce del tumore della mammella e nella riduzione della mortalità. La frequenza di tale patologia è notevole e l’impatto sulla mortalità è tutt’ora rilevante, anche se c’è stata una netta riduzione della mortalità non solo grazie alle terapie migliori ma soprattutto grazie alla diagnosi precoce. La mammografia viene effettuata principalmente in un programma di screening, poiché il tumore alla mammella risulta essere estremamente frequente nella popolazione e, in questo modo, più facilmente rintracciabile già in fasi precoci. Il rapporto costo/beneficio viene così portato a favore del beneficio, riducendo drasticamente la mortalità di tale tumore. L’obiettivo è, quindi, quello di studiare una popolazione sana, in presenza di una certa probabilità di patologia (in base a dati epidemiologici), per trovare tale patologia in una fase il più precoce possibile (fase pre-clinica) affinché si possa cominciare a trattarla al più presto con terapie adeguate, aumentando così la possibilità di guarigione. Si dice che nell’arco della vita circa 1/8 – 1/9 donne rischi di ammalarsi di tumore alla mammella.

I tumori (in giallo nell’immagine) nascono da alcune cellule che si replicano, determinando un graduale e, nelle fasi iniziali, mediamente lento aumento di volume della massa. A questo incremento corrisponde però parallelamente anche un’accelerazione dei tempi di crescita (più cellule ci sono, più velocemente il tumore cresce). Il tumore cambia quindi di stadio, fino a determinare un aumento dell’aggressività con lo spostamento delle cellule da quella sede in altri organi: nel caso della neoplasia mammaria le metastasi interessano principalmente i linfonodi locoregionali ed eventualmente qualsiasi altro organo target. Da ciò si evince quanto sia importante la scoperta precoce di tale problematica, in quanto intervenire quando il tumore è piccolo è molto più facile e si ha una maggior probabilità di guarigione. La terapia comprende una miscellanea di opzioni che spaziano dall’asportazione chirurgica (divenuta con il passare degli anni più conservativa possibile) a terapie accessorie quali la cura ormonale, la chemioterapia e la radioterapia. N.B.: Se il tumore viene trattato in una fase precoce, quando esso è piccolissimo e i linfonodi sono negativi (N-), la sopravvivenza dopo oltre 10 anni dall’esordio è stimata al di sopra del 90%.

Efficacia della mammografia Nonostante ci siano varie metodiche utili per evidenziare un tumore alla mammella, la radiografia risulta essere lo strumento più efficace poiché esso è caratterizzato da una alta risoluzione spaziale, che permette di trovare la patologia in uno stadio precoce. L’efficacia della mammografia è stata dimostrata in un trial clinico eseguito in Svezia anni fa dal radiologo e anatomopatologo Laszlo Tabar: nel 2000 egli pubblicò uno studio randomizzato durato 20 anni dove mise a confronto due gruppi molto ampi di popolazione femminile, con simile età (tra i 50 e i 70 anni), simili fattori di rischio (in rapporto anche a morte per altre malattie) e asintomatiche, in cui un gruppo veniva regolarmente invitato a fare la mammografia (ogni 2 anni) mentre l’altro era il gruppo di controllo. Nei primi cinque anni non si riscontrarono molte differenze nelle curve di mortalità dei due gruppi, mentre dopo i primi cinque anni tali curve cominciarono a divergere sempre di più fino ad un valore che poi si manteneva costante: le donne del gruppo che facevano la mammografia avevano una mortalità ridotta di circa il 20-30% rispetto al gruppo di controllo. Inoltre questa differenza era dovuta anche alla progressione del tumore stesso, che portava ad exitus la donna dopo parecchi anni dallo sviluppo della malattia. Ciò non vuol dire che coloro che andavano a fare la mammografia non morivano, ma che avevano una maggior probabilità di sopravvivenza in quanto il loro tumore veniva diagnosticato e trattato prima. Questo ed altri studi riuscirono quindi a dimostrare l’importanza e l’efficacia dello screening mammografico. Ci sono tanti fattori in gioco (età delle donne, ecc..) ma la diagnosi precoce è fondamentale per ridurre la mortalità. Chiaramente nessun esame è perfetto, ma complessivamente ad oggi la mammografia è lo strumento migliore e l’unico efficace disponibile in tale verso. La mammografia è infatti un esame semplice che richiede pochi minuti, minimamente fastidioso, di rapida e facile esecuzione (viene effettuato dal personale tecnico1, mentre il medico radiologo viene interpellato solo nel caso in cui fossero necessari ulteriori approfondimenti e un incontro con la donna). È un esame altamente sensibile e specifico, con un rapporto costo/efficacia favorevole e usa apparecchiature ampiamente disponibili sul territorio (molti ospedali spoke effettuano questo esame, senza richiedere ai pazienti dei lunghi spostamenti).

Altre metodiche di indagine Per diagnosticare il tumore alla mammella ci sono anche altre indagini: 

Esame obiettivo: in primis ci deve essere un reperto palpabile, e quindi già uno stato avanzato della patologia, ed inoltre non sarebbe molto economico, poiché richiederebbe tempo ‘medico’ in quanto l’esame verrebbe effettuato dal medico stesso. L’autopalpazione fatta dalla donna è sì una possibilità, ma non è un metodo preciso come l’esame eseguito dal medico.



Ecografia: non utilizza raggi X (utilizza infatti ultrasuoni) per cui non c’è alcun danno biologico (tant’è che vengono utilizzati in ostetricia per le diagnosi di gravidanza) ma ha la problematica che non è in grado di vedere le microcalcificazioni. Essa è quindi uno strumento complementare alla mammografia, che ha il vantaggio, rispetto all’ecografia, di rilevare il tumore in fasi più precoci.

1 generalmente di sesso femminile

L’ecografia non è quindi utile per la diagnosi precoce, però ci può aiutare nello studio di mammelle dense. Viene utilizzata per le donne giovani o in gravidanza e durante le biopsie per fornire una guida in tempo reale all’operatore. I tumori identificati grazie a questa metodica di screening (mammografia) nella maggior parete dei casi presentano una prognosi favorevole perché sono piccoli, mentre se la diagnosi è più tardiva la prognosi è meno favorevole. La mammografia risponde a due quesiti di base:  

Identificare in una fase più precoce possibile le lesioni maligne; Differenziare tali lesioni da altre lesioni benigne che possono essere presenti nella mammella (es fibroadenomi).

Inoltre consente di avere una sensibilità vicina al 100% per le mammelle adipose.

Anatomia della mammella Essa è così costituita da:   

tessuto adiposo; tessuto ghiandolare (ghiandola mammaria); tessuto fibro-connettivale.

La percentuale del tessuto ghiandolare dipende dagli ormoni e varia con l’età: si sviluppa durante la pubertà, si riduce dopo la menopausa ma in generale possiamo affermare che in età fertile è circa il 10% della mammella. Il tessuto ghiandolare è bianco, opaco e assorbente i raggi X. In realtà quando abbiamo una mammella tutta bianca non è soltanto tessuto ghiandolare, essendo solo il 10%, ma è soprattutto tessuto fibro-connettivale: quest’ultimo è un tessuto di sostegno che può essere più abbondante in alcune persone e meno in altre. Sicuramente il tessuto fibro-connettivale è più abbondante in età giovanile e varia un po’ con il ciclo mestruale, però tendenzialmente diminuisce con il progredire dell’età. Ovviamente vi sono delle eccezioni dal momento che vi sono donne che a 80 anni hanno mammelle molto dense, se la componente fibro-connettivale è molto rappresentata, o esistono donne di 40 anni con mammelle molto adipose. THM: La composizione della mammella è legata ad età, stato ormonale e anche a stato costituzionale. A questo punto possiamo affermare che la composizione della mammella è molto eterogenea nelle donne e questo è un parametro di cui tener conto in MG. Per alcuni reperti il contrasto può essere buono: ricordiamo che per le micro-calcificazioni il contrasto in generale è sempre abbastanza buono, poiché sono piccoli oggetti ad alto contrasto; per le opacità, per i noduli o per altri aspetti con cui possono presentarsi altre lesioni maligne, il contrasto nella mammella con bassa densità, ossia quella con meno tessuto fibroconnettivale, è buono, mentre è peggiore per mammelle che presentano un maggior quantitativo di tessuto fibroso. A tal proposito uno studio condotto anni fa ha individuato le percentuali di riconoscibilità e sensibilità su mammelle diverse e si è ottenuto che: 

nella mammella quasi prevalentemente adiposa la percentuale è quasi del 100%;



nella mammella completamente densa è bassissima.

(sono casi limite, in mezzo ci sono tutta una serie di situazioni intermedie)

Domanda: c’è un maggior rischio di sviluppare tumore in relazione alla densità della mammella? Risposta: dati vecchi dicevano che le mammelle dense hanno un maggior rischio di sviluppare tumore, mentre dati recenti mostrano che sono più a rischio le mammelle dense più vascolarizzate. I fattori di rischio per lo sviluppo della patologia sono:    

Sesso femminile; Familiarità (sia materna che soprattutto paterna); Alterazioni genetiche (BRCA); Radioterapia al mediastino in età giovanile (per esempio per trattare linfomi).

Elementi identificabili dalla mammografia Un pregio della mammografia è la sua alta risoluzione (20 coppie di linee per mm), che permette di identificare precocemente le lesioni maligne differenziandole da altre patologie: per esempio riesce ad evidenziare e identificare le microcalcificazioni (nell’immagine si vede un particolare di mammografia ingrandito: la parte chiara è tessuto fibro-ghiandolare, la parte scura è tessuto adiposo; i punti bianchi al centro sono microcalcificazioni). Se le microcalcificazioni sono raggruppate in cluster, si ha un segno sospetto di patologia maligna in stadio iniziale. Queste microcalcificazioni possono essere allungate, tonde, ramificate e misurano decine/centinaia di micron, quindi sono molto piccole; da ciò deriva la necessità di utilizzare un’apparecchiatura con un’alta risoluzione spaziale come appunto la mammografia (l’ecografia non le vede, e nel caso in cui riuscisse a vederle non potrebbe definirne la morfologia), che è in grado anche di dare un grado di sospetto. Successivamente, per poter dire con certezza che è un tumore (potrebbe trattarsi anche di una patologia benigna, come ad esempio un fibroadenoma), è necessario fare un prelievo e valutarlo. Per ogni mammella vengono fatte due proiezioni anche in mammografia digitale perché, come nella radiologia tradizionale, noi abbiamo un volume che dobbiamo studiare con una metodica bidimensionale; tali proiezioni vengono chiamate craniocaudale e mediolaterale obliqua (ortogonale).

Da tenere presente è che durante l’esame la mammella deve essere compressa e tirata al fine di unificare lo spessore per evitare che in posizione sternale ci sia molto più tessuto che in prossimità del capezzolo. Per riassumere: la mammografia si utilizza per:  raggiungere diagnosi precocemente  per definire, una volta identificata la patologia, il bilancio di estensione in modo da comprendere il quadro e permettere a chi interverrà successivamente di sapere cosa fare.  Nell follow up delle pazienti che hanno avuto il tumore alla mammella (persone predisposte maggiormente alla patologia).

Dalle slide, riassunto: la mammografia risulta essere quindi il gold standard dell’imaging radiologico della mammella perché:  È semplice  È di rapida esecuzione  È altamente sensibile e specifica  Ha un rapporto costo/efficacia favorevole sia in termini biologici (bassa esposizione per ridurre al minimo il rischio di danno a lungo termine), sia in termini economici (sia per il macchinario che per il personale – è richiesto solamente un tecnico-).  È ampiamente disponibile sul territorio

Mammografia analogica I raggi X “convenzionali” (ovvero della stessa gamma di energie utilizzate per visualizzare torace, ossa, mediastino ecc.) non vanno bene per studiare la mammella: dato che quest’ultima presenta una gamma di assorbimento dei raggi X diversa da quella degli altri tessuti, la vedremmo tutta bianca e l’esame sarebbe inutile. La prima mammografia venne eseguita su una mammella asportata da un chirurgo americano già nel 1913. Le prime apparecchiature dedicate alla mammografia furono costruite a metà degli anni ’70 grazie al contributo del radiologo francese Charles Gros, il quale adattò uno strumento radiologico digitale allo studio specifico della mammella (utilizzando di conseguenza una gamma di raggi X differente dal solito). Fino agli anni 2000 veniva effettuata la mammografia analogica, cioè con un apparecchio radiologico che, come rivelatore dell’immagine (detettore), utilizzava un sistema schermo-pellicola, composto da una pellicola radiografica, simile alle pellicole fotografiche di Röngten, contenente granuli d’argento e sensibile ai raggi X (emessi con un range più ridotto in kV e mAs, calibrati ad hoc per lo studio della mammella) e alla luce che doveva essere contenuta dentro un contenitore al cui interno c’era anche un supporto, chiamato schermo, che aiutava a rinforzare l’effetto dei raggi X in arrivo. La mammografia analogica presentava però dei limiti: 

      

il contrasto dell’immagine era abbastanza limitato e fisso [nei tessuti molli della mammella il contrasto tra il tumore e il tessuto mammario fibro-connettivale è molto basso], per le caratteristiche intrinseche del macchinario stesso; se c’era qualche problema nella sviluppatrice non si otteneva nessun’immagine; se l’esposizione, cioè i kiloVolt (l’energia e la capacità di penetrazione) e i mAs (intensità e numero di fotoni), non era stata impostata correttamente dal tecnico l’esame poteva non essere leggibile; avere una copia era impossibile e l’immagine si deteriorava nel tempo. erano richiesti spazi di archiviazioni enormi e pericolosi dal punto di vista della sicurezza, poiché si trattava di materiale infiammabile. Dalle slide: latitudine di esposizione modesta Dalle slide: trattamento: anello debole della catena Dalle slide: la duplicazione è difficile e non buona

Dalle slide: in relazione all’anatomia della mammella bisogna quindi anche considerare che essa è un organo a basso contrasto intrinseco per le piccole differenze tra i coefficienti di attenuazione dei tessuti normali e quelli neoplastici, il che comporta una scarsa visibilità delle lesioni piccole. Uno dei limiti della mammografia analogica tradizionale è che essa presenta uno scarso contrasto, il range di esposizione utile è modesto.

Caratteristiche ideali per la mammografia 



alta efficienza di assorbimento dei raggi X: quando i raggi X emessi dalla macchina hanno attraversato l’oggetto e vanno a portare l’informazione sul detettore, questo dovrebbe assorbirli tutti (non è ancora stata raggiunta tale soglia, qualcosa viene sempre perso); risposta lineare su un ampio intervallo di esposizione: più espongo il detettore ai raggi X, più aumenta il contrasto, con un rapporto lineare. Il rapporto tra l’esposizione e l’opacità ottenuta nella mammografia tradizionale non è una curva rettilinea, ma c’è una zona iniziale e finale non lineare ma piatta. Se l’esposizione è troppo bassa non ottengo un’immagine mentre se è troppo alta l’immagine è completamente bianca; il concetto è che nel range intermedio della curva ottengo una bassa opacità pur variando l’esposizione. Questo è dovuto sia all’anatomia della ghiandola, sia alle caratteristiche tecnologiche del detettore.



basso rumore intrinseco: se c’è un segnale c’è sicuramente anche del rumore. Per questo un buon mammografo deve avere il minor rumore possibile; è un segnale inevitabile, dovuto ad esempio alla radiazione diffusa.



elevata risoluzione spaziale (nella mammografia digitale è minore rispetto alla mammografia analogica, ma comunque abbastanza elevata rispetto ai primi mammografi digitali); essa rappresenta la capacità di vedere dei dettagli molto piccoli, ed è più elevata che in qualsiasi altro settore della radiologia: infatti gli apparecchi mammografici hanno delle differenze rispetto all’apparecchio radiologico convenzionale (anche per le dimensioni della macchia focale, che dovrebbe essere più piccola possibile). La più piccola macchia focale che abbiamo si usa appunto nei mammografi e misura 0,3 mm x 0,3 mm e può arrivare fino a 0,1 mm x 0,1 mm. Le dimensioni della macchia focale determinano infatti le dimensioni del fascio di raggi X e questo determina a sua volta la capacità di risolvere un oggetto piccolo (altrimenti se il fascio è più grosso si uniforma ad un altro oggetto contiguo ad esso). Quindi c’è un’elevata risoluzione spaziale non solo del fascio ma anche del rilevatore dell’immagine (quindi del detettore), perché se ho la potenzialità di avere un’informazione fine ma il detettore non la registra non potrei comunque vederla.



superficie totale di 18x24 cm2: permette di valutare la maggior parte delle mammelle. È da sottolineare però come le dimensioni medie delle mammelle varino nelle diverse aree del mondo: in certe zone le donne tendono ad avere mammelle voluminose per cui potrebbero avere bisogno

di più proiezioni e quindi esposizione ad una maggior dose di raggi (per questo oggi in realtà si è arrivati ad un detettore ancora più grande di 24x30 cm²) e in altre, come in Cina, c’è una prevalenza di mammelle piccole ed estremamente dense; 

tempo di esposizione breve, sotto al secondo.

Mammografia digitale Alla fine del 900’ venne introdotta una nuova tecnologia, in formato digitale. Già la mammografia analogica era riuscita ad ottenere le caratteristiche ideali, tutte ad eccezione del secondo punto (risposta lineare su un ampio intervallo di esposizione), che venne raggiunto solo grazie a quella digitale. Il punto di forza dei sistemi analogici (che i sistemi digitali non sono ancora riusciti ad eguagliare) riguarda però l’elevata risoluzione spaziale, ottenuta grazie alla struttura stessa della pellicola radiografica. La pellicola infatti sulla sua superficie presentava dei Sali di argento che precipitavano in argento metallico in seguito all’esposizione ai raggi X. Dopo lo sviluppo della pellicola (con mezzi chimici) si aveva la comparsa di un’immagine, in cui i punti scuri erano tanto più scuri quanto più argento era precipitato. L’unità spaziale era quindi rappresentata proprio dal granulo dei Sali d’argento, mentre i detettori digitali sono microtransistors miniaturizzati, ma non piccoli come questi granuli. In ogni caso la mammografia digitale è comunque migliore rispetto alla mammografia analogica. La mammografia (MG) digitale sostituisce il sistema schermo-pellicola con un rivelatore digitale posizionato al di sotto rispetto a dove viene adagiata la mammella.

Vantaggi della mammografia digitale e confronto con mg analogica  





l’immagine digitale non si può perdere; consente di superare le difficoltà di contrasto del tessuto mammario, perdendo però in risoluzione spaziale (nell’analogico grazie ai cristalli di argento si arrivava anche a 20 paia di linee per millimetro, con il digitale si arriva al massimo a 10 paia di linee/mm); l’acquisizione, la registrazione e la visualizzazione sono tre momenti indipendenti e possono essere singolarmente ottimizzati; in quella analogica invece questi momenti erano tutti intrinseci alla pellicola: l’acquisizione dell’immagine avveniva nella pellicola, che la registrava e su cui poi si andava a vedere (se si danneggiava la pellicola si perdeva tutto). Dalle sl...


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