La mente del viaggiatore PDF

Title La mente del viaggiatore
Author Peronica Verico
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Summary

Riassunto esaustivo e completo...


Description

E. Leed, La mente del viaggiatore. Dall’Odissea al turismo globale. Capitolo Primo: Partire

Viaggi eroici antichi Nella letteratura di viaggio occidentale la prima partenza raccontata nei particolari, quella di Gilgamesh verso il Libano, avviene per ordine divino. Gilgamesh (re) ed Enkidu (servo del re). Quest’ultimo, profezia -> Gilgamesh sarebbe morto -> Lo spinge al viaggio. Questo testo rivela le motivazioni più antiche dei viaggiatori eroici: -

La fama: per i re e aspiranti re, l’aggiramento della morte con la realizzazione di estensioni spazio-temporali del soggetto.

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La libertà: per i servi.

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Il sollievo dalle oppressioni dello stato: per i sudditi del re.

Inoltre ci sono una serie di caratteri, di essenze della partenza nei viaggi eroici: -

Scissione di una componente dal corpo sociale -> costruzione dell’individuo in quanto entità sociale autonoma ed indipendente.

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Distruzione dei legami che costituiscono l’identità di un individuo -> cerimonie di addio. o In questa compaiono una sequenza di lamentazione, disperazione e lutto che gli psicoanalisti hanno definito «angoscia del distacco». Poi il distacco, come forma di protezione del sé di fronte al dolore. C’è una forma di somiglianza tra la partenza e la morte che porta a mettere in questione il motivo per cui qualcuno decida di affrontare una partenza, abbandonando così quei legami che ne costituiscono l’identità. Proprio per questo il dolore legato alla partenza suscita nel lettore un senso di pietà. -> Non è possibile capire una partenza senza considerare la sequenza specifica che la collega alle partenze precedenti, sia a livello di storia individuale che di storia collettiva.

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La partenza è sempre una rottura, una fine e un inizio, che evoca un passato e proietta un futuro.

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Scorpora (Gilgamesh, in questo caso) da i rapporti che lo rendono una persona identificabile; e incorpora e istituisce il corpo viaggiante, l’organismo sociale trasportabile che servirà da armatura (a Gilgamesh) ovvero permettendo di mantenere il suo essere 1

sociale (di Re). -

Spedizione armata, spesso mossa dal desiderio di fama di un singolo, era anche un mezzo per stabilire i confini della civiltà e del mondo.

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È una partenza che prevede un ritorno (forme circolari dei viaggi antichi).

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È volontaria.

Viaggio non eroico (Es. Adamo ed Eva) Ma c’è anche una forma di viaggio non eroico, intrapreso da nomadi, esuli, profughi, prigionieri, schiavi ecc. In cui i caratteri della partenza e del viaggio stesso sono differenti: -

Dà luogo ad un viaggio che è sofferenza e penitenza.

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Spesso non è circolare, ma di sola andata.

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Può essere meritata, ma non è scelta, è un destino imposto, un rifiuto, l’inizio di uno stato di esilio permanente.

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Rende problematica ed ambigua l’identità del viaggiatore, in quanto costituisce uno stato permanente di sradicamento.

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Ciò che viene perso con essa crea il punto di vista con cui viene intrapreso il viaggio. Noi vaghiamo in un vasto mare, sospinti da un estremo all’altro, sempre incerti e fluttuanti. Ogni termine al quale pensiamo di ormeggiarci e di fissarci vacilla e ci lascia… nulla si ferma per noi. È questo lo stato che ci è naturale e che, tuttavia, è più contrario alle nostre inclinazioni. [Pascal]

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Stato solitario e senza dimora è il prodotto di molte partenze e rotture di legami che non potranno mai essere riannodati.

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Perdita dell’identità sociale -> sensazione di non esserci più in quanto non esiste l’identità senza l’altro.

Ambiguità: La separazione dalla casa = occasione per ricostruire la propria identità e diventare un’altra persona, ad es. Pietro della Valle. Può essere quindi anche fonte del godimento moderno del viaggio come fuga e libertà. È necessario sottolineare che in epoca premoderna, i distacchi dalla famiglia preindustriale non erano per forza dolorosi. Anzi, questo permette di evitare di applicare l’ottica moderna a concetti premoderni, deformandoli.

I viaggi cavallereschi (moderni, ma comunque eroici) [es. citato è quello di Ywain] : 2

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Volontari.

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Spesso in segreto, senza cerimonie.

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Compiuti per scelta in solitudine -> il viaggiatore moderno, il cavaliere, compie un viaggio di individuazione e lo intraprende non come membro, ma come entità autonoma, separata, staccata.

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Identità mutevole.

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Non implica un ritorno.

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Nella partenza totale assenza di segni dei legami, tutto dipende dall’esito del viaggio.

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Modo per raggiungere una condizione sociale.

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La voce, il linguaggio usato per descrivere la sua partenza -secondo Auerbach- è strategica, fredda, oggettiva, stranamente dissociata.

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Viaggio diviene un’attività intrinseca alla figura eroica e che la definisce: il cavaliere si identifica con la sua mobilità ed è un uomo a cavallo.

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Questi viaggi divengono dei modi per essere qualcosa.

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Amore come misura di un valore che si misura con gli esiti dei viaggi per cui non può abbandonarli senza cessare di essere un cavaliere -> viaggio infinito.

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Seconda partenza ha come conseguenza la divisione dell’io.

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Viaggio medievale -> a volte caratteristica di essere un viaggio altruistico, al solo scopo di dimostrare il carattere della persona.

Differenze tra i viaggi eroici antichi e quelli medievali -

valutazione positiva del rischio e dei pericoli del viaggio, viene visto in quanto potenziale e possibilità.

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Ricerca ciò che l’antico sopporta: L’inatteso, il nuovo, il diverso.

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Questo è anche un veicolo di mobilità sociale: chi voleva elevarsi alla condizione di uomo libero poteva riuscirvi attraverso il viaggio solitario, compiuto senz’altro scopo che l’avventura e la dimostrazione del proprio valore.

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Viaggiatore medievale: altruismo e disinteresse della vera avventura, che è sempre affrontata o per il bene di altri o per se stessa -> trascendere la necessità materiale e riceve una connotazione filosofica.

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Le partenze moderne Le partenze moderne presuppongono un mondo stabile, articolato, una civiltà pienamente sviluppata. La partenza contemporanea trae gran parte del proprio significato da ciò che viene lasciato alle spalle quando il viaggiatore entra in una situazione morale e psichica contrastante. Concezione della partenza come fuga dalla civiltà (es. Kinglake): -

Kinglake: fuga da un ordine igienico = cristianità, rispettabilità e macchine e ingresso in una zona di inquinamento e malattia -> passaggio che avviene con sollievo e senso di liberazione. o Fuga in un passato europeo più libero. o Fuga nella differenza. o Rifiuto della coerenza. Ma Europa da cui egli fugge non è tanto uno stato fisico quanto uno stato mentale da cui non si può fuggire.

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Arabi e deserto, per inglesi e francesi = metafora della libertà, di una terra senza legge, di mobilità che rendeva pulita l’anormalità (nel caso di Kinglake, l’omosessualità).

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Per i tedeschi: libertà nell’indiano americano.

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Nella partenza di Kinglake: insistenza caratteristicamente europea e moderna sull’elemento della libertà. Fuga da un apparato ideologico costrittivo che però egli si porta con sé e quindi la sua fuga fallisce. Dovunque l’uomo vaghi, egli rimane sempre legato alla catena che lo collega alla sua gente.

Una storia delle partenze Grazie a questi quattro viaggi stabilire i parametri di una storia delle partenze: -

La partenza è sempre una separazione, il distacco di un individuo dal contesto che lo definisce.

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Qualunque luogo può diventare una matrice d’identità per coloro che raggiungono una qualche coesione con esso.

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Il livello di tale coesione si misura sull’intensità della malinconia del distacco.

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L’essenza della partenza è la separazione nell’angoscia che l’accompagna, come nella divisione del soggetto che deriva dalle partenze, cioè nella sensazione di avere lasciato un’identità localizzata.

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Dove c’è una situazione di insediamento stabile e di radicamento nel luogo di nascita la partenza ha conseguenze sociali, psichiche e intellettuali osservabili. 4

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Con la separazione da un contesto di riconoscimenti, l’identità sociale del viaggiatore diventa ambigua.

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Dal punto di vista psicologico la partenza produce una specie di alienazione che può essere: terapeutica (Kingslake), definizione identità (Ywain), sofferenza e punizione (Adamo ed Eva), occasione di oggettivizzazione di sé (Gilgamesh).

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Dal punto di vista intellettuale -> similitudini con l’alienazione marxiana (reificazione)

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Gibson: quando uno è al di fuori di qualcosa, quel qualcosa diventa una sostanza; quando invece uno vi è dentro è un mezzo. Molti viaggiatori sperimentano questa transizione come una valutazione improvvisamente obiettiva della propria casa. -> differenza tra lo sguardo del viaggiatore e quello dell’indigeno (Goethe).

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Ovviamente, esperienza di alienazione può essere vissuta in maniera positiva e negativa. Tanto che nel seicento considerata anche componente di un viaggio educativo, una sorta di perfezionamento morale del viaggio che permetteva di abbandonare certi vizi del carattere. Anche forma di purificazione e denudamento.

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Questo spostamento dell’accento dalle perdite ai benefici della partenza ebbe luogo nel medioevo -> cavaliere -> posizione sociale ricompensa dell’accettazione altruistica del rischio (come i soldati delle crociate)

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Vera e propria pratica di esportazione dell’anomalie all’esterno, giustificata dal fatto che sarebbe stato un modo per fare del bene ad una comunità sempre più cristallizzata e a loro stessi. -> codificata nell’immagine del cavaliere libero e autonomo, trasformata così in un’ideale culturale.

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Nasce, culturalmente e storicamente, l’idea di libertà = mobilità. -> separazione non sofferenza, ma conquista del mondo e nascita dell’individuo.

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Ogni partenza è significativa come ricapitolazione di una storia personale e culturale, capace di dissipare il disgusto provocato da ciò che è troppo familiare.

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Tuttavia, nei viaggi moderni il mondo si è familiarizzato, la differenza è stata ridotta in familiarità. Per questo il viaggiatore si rende conto che alla modernità non si sfugge e che non esiste più una periferia tra il mondo civile e quello non civilizzato. Per cui, incontra soltanto cose «inquinate» e desacralizzate dall’impronta della modernità.

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La realtà del fatto che alla modernità non si sfugge si impone e richiede la proiezione del topos tradizionale fuori dal mondo, in fantasie di viaggi nello spazio ecc. Capitolo secondo: Transitare

Esempio: Dampier. Nel 700 -> pratica del diario di bordo: un giovane navigatore ambizioso che desiderasse acquisire la dignità dell’osservatore doveva registrare ogni giornata di viaggio sul diario di bordo. Manca nella descrizione l’essenza dello spostamento, il movimento nello spazio. Il testo si fissa su punti di riferimento. Tutti i vari movimenti mancano, sono lasciati alla nostra immaginazione. L’assenza di testi che descrivano la traversata è una lacuna significativa di questa letteratura: 5

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Ma perché lo spostamento senza difficoltà non può essere descritto? Frustra la narrazione e forse persino il linguaggio. Perché?

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Il transito costituisce la fase del viaggio che sembra essere fine a se stessa. Le interpretazioni standard che postulano la funzionalità del comportamento, visto come mezzo per realizzare fini, ad esso intrinseci, non si applicano in questo caso. Coloro per cui il fine e la motivazione del viaggio stanno nello spostamento, che si fissano in uno stato di transitorietà, sono spesso i membri marginali di società insediate, che non hanno una casa sola.

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Possiamo trovare i segni del transito nel «carattere» del viaggiatore, in quella serie di caratteristiche dello «spirito» che sembrano indotte dall’esperienza del transito. Infine, è possibile che certi piaceri non derivino dal movimento stesso, ma dalla struttura dell’esperienza imposta dalle condizioni del movimento.

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Obiettivo: acquisizione di un’immagine accettabile della forza e del potere esercitati dalla mobilità territoriale sulla psiche umana.

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Il viaggio ed in particolare il transito è vero e proprio mutamento. Per questo si deve comprendere come questo mutamento di rapporto con il mondo operato dal viaggio influenzi le mentalità, le personalità, i rapporti dei viaggiatori.

Le caratteristiche del transito: -

Il movimento diventa il mezzo di percezione, esso guida la soggettività del viaggiatore, che diventa più consapevole di sé come spettatore o osservatore.

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È una sequenza di movimento che produce trasformazioni del carattere e persino dell’identità, nella misura in cui è scelto ed è scelto per se stesso, non per scopi o mete estrinseche.

Lo spirito del viaggiatore non deriva da un’impronta impressa da una forza esterna sull’essere senziente, durante il transito, ma dal modo in cui il viaggiatore utilizza le idee, le impressioni e le percezioni raccolte mentre è in movimento. L’esperienza del movimento viene ridotta a esperienza di un’ambiguità strutturale, all’essere senza luogo, tra. Ma, invece, il transito non è semplicemente l’esperienza di una zona interstiziale, ma ha una struttura, una logica e conseguenze proprie. Idea antica che il viaggio potenzi l’intelligenza del viaggiatore -> nel mondo antico la situazione del transito era considerata propria dei filosofi. Ma che cosa sta al fondamento di questa idea? La troviamo anche nel Rinascimento in cui veniva visto come un mezzo di istruzione piacevole. Esso amplia l’esperienza del viaggiatore su una gamma più vasta di differenza. Ma in che modo questo ulteriore ampliamento dell’esperienza altera la coscienza, fonte di continuità all’interno dell’identità? Idea che le trasformazioni intellettuali = risultato dello sviluppo della capacità d’osservazione da esso provocato. Inoltre, la fonte degli effetti intellettuali si può trovare anche nei limiti che il transito impone alle percezioni del soggetto e nel tentativo di superarli e controbilanciarli: la mobilità riduce a brevi 6

istanti la visione del mondo del viaggiatore. Distinzione tra viaggiatore trascurabile (che non registra) e quello serio, ma comunque accusato di superficialità. Tuttavia, superando i distanziamenti del transito il viaggiatore “serio”, che viaggia per appropriarsi del mondo conoscendolo, deve sviluppare tecniche di lettura che gli permettano di cogliere, attraverso la superficie delle cose e delle persone, la loro interiorità, i rapporti, le funzioni e i significati. Forse la totalità e i sistemi appaiono come tali solo dall’esterno e questo è il valore della visione del viaggiatore.

Nel ventesimo secolo L’immagine del viaggiatore ha acquisito una connotazione sociologica più precisa: è l’estraneo, la persona liminale o marginale; ma ha comunque le caratteristiche del viaggiatore “filosofo”: osservatore oggettivo e descrittore del mondo. Secondo Simmel ha quattro caratteristiche: la libertà, l’oggettività, la generalità e l’astrazione (è puramente umano, privo delle caratteristiche comuni ai membri del gruppo sociale in cui si trova situato), tutte viste dal punto di vista degli indigeni. Non tiene conto del fatto che libertà e oggettività però sono dovute all’assenza di rapporti e che questo abbia conseguenza l’emarginazione del viaggiatore, definito dal suo essere tra comunità, obbligato a mantenere una certa agilità mentale e ad adattarsi di continuo. Spesso nelle analisi moderne delle conseguenze del viaggio si trovano termini come alienazione, estraniazione, emarginazione. Situazione negativa di mancanza di luogo, ambiguità strutturale, non appartenenza, anomalia. Oppure, l’estraniazione del viaggiatore e la sua emarginazione sono considerate funzione delle condizioni dell’arrivo, di un’integrazione incompleta in un gruppo insediato. Tuttavia, una figura così connotata risulta essere, più che un attore, un agito.

Le conseguenze del transito In che misura queste caratteristiche che da tanto tempo vengono attribuite alla mentalità dei viaggiatori sono conseguenze dell’attività del viaggiatore nelle situazioni del transito? Il viaggio non è che una forma particolare del movimento umano in generale, e gli effetti di giorni o settimane di transito differiscono solo nel grado e non nel genere dagli effetti percettivi del recarsi in macchina da casa al luogo di lavoro o dell’attraversare una stanza. James Gibson: idea della percezione come attività mobile «dobbiamo percepire per muoverci, ma dobbiamo anche muoverci per percepire». Egli identifica il movimento come mutamento continuo nel quale divengono evidenti le permanenze, le persistenze, gli elementi invarianti e prevedibili. Questi elementi invarianti, percepiti in un contesto di variazioni continue, rappresentano il contenuto appreso dal viaggiatore. 7

Gli elementi invarianti o le variazioni prevedibili nel campo visivo valgono come informazioni su oggetti e sui loro rapporti. Gli elementi invarianti all’interno delle condizioni della percezione, le persistenze nei contesti che occludono, gli schermi e i veli delle percezioni valgono come informazioni sul soggetto, l’io. Nel viaggiatore prende il sopravvento un io viaggiatore mobile, osservatore che si sostituisce all’io sociale, osservato. Nell’esperienza del movimento i processi dell’oggettivazione del mondo e della soggettivazione dell’individuo che osserva sono reciprocamente l’uno causa dell’altro. L’oggettività non deriva solo dal distacco dal contesto, ma dalle situazioni del movimento e dalla distanza che queste creano tra osservatori e osservati.

Astrazione e generalità Il viaggiatore è facilitato a distinguere la forma delle cose dalla sequenza in cui avvengono e quindi familiarizza l’osservatore con l’apparenza astratta di un fenomeno che persiste attraverso una gamma di contesti (James, legge della dissociazione per concomitanze variabili). La forma delle cose indipendente dal loro contesto particolare viene padroneggiata attraverso un confronto continuo, incessante dal cosmopolita, il viaggiatore esperto (James). È una tecnica molto comune ai racconti di viaggio, che stabilisce un rapporto tra l’ignoto o il nuovo e il noto e familiare. Può essere anche una forma di difesa dalle realtà strane e insolite. Così, per il cosmopolita, tutto l’ignoto può diventare a sua volta il terreno del familiare, la base dei confronti futuri. In una vita di viaggi la base originaria di confronto può venire assorbita e rimpiazzata da una coscienza generalizzata di forme universali e generali delle quali ogni cosa specifica è un esemplare. Il viaggio crea il comparatista e il relativista. Il processo di generalizzazione si manifesta in seguito a una serie di viaggi come perdita di assoluti, diminuzione del senso di santità della propria casa, del luogo d’origine. Il viaggiatore comprende la generalità dell’altro, in quanto umano; e la propria generalità, cioè quello che ha in comune con l’altro. Il viaggio mostra che i termini specifici dei...


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