La Poesia Comico-realistica di P. Orvieto PDF

Title La Poesia Comico-realistica di P. Orvieto
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Firenze
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Riassunto della prima parte del saggio di Paolo Orvieto...


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LA POESIA COMICO-REALISTICA 1) PREFAZIONE La poesia si sviluppa su due linee: la poesia d’amore (aulica) e quella popolare (espressiva e realistica), le quali convivranno per secoli ma avranno un successo differente. La prima sarà destinata alla fama, mentre la seconda sarà relegata ai margini della letteratura; tuttavia, nonostante lo scarso successo, sono molti gli autori che si sono cimentati in questo tipo di poesia comica, sia come esercizio tecnico sia come campo prediletto per la loro scrittura. Per farne una forma di successo, si è dovuta reimpostare la forma del riso, distiguendola dal comico e dal carnevalesco: il riso è visto come un qualcosa di livello letterario alto, colto, nonostante sia mascherato da un linguaggio popolare. In questo testi si vogliono andare ad analizzare i topoi tipici di questo nuovo linguaggio: l’avarizia della donna, la misogenia del poeta, l’omosessualità, il sesso e il cibo. 2) LA POESIA D’AMORE E IL SUO ROVESCIO. I VITUPERIA E LE TENZONI POETICHE. Nel Medioevo, la poesia in volgare era di due tipi: la poesia aulica e tragica da un lato e quella popolare e comica dall’altro. Si tratta di due contenitori squilibrati fra di loro quantitativamente, in quanto abbiamo molti più esempi di poesia aulica che di poesia comica, ma non qualitativamente, in quanto è capitato che nei codici, insieme alla poesia aulica, fosse posto anche il controcanto comico. Un poeta, per essere considerato tale, doveva essersi esercitato con entrambi i tipi di poesia; anche Dante, infatti, aveva sperimentato entrambi gli stili, sia la poesia aulica che quella comica, quest’ultima ritrovata nella Tenzone con Forese Donati e nel Fiore, ma anche nel capolavoro della Commedia (i tratti bassi, popolari e comici si ritrovano soprattutto nei Canti delle Malebolge dell’Inferno). Il comico per Dante, e così anche per i suoi colleghi, è il contrario dell’aulico, il caos che si contrappone alla razionalità e alla ragione, la percezione di una realtà degradata. Il comico si presenta nei poeti con la sua faccia bifronte: da un lato abbiamo il seguire delle regole normative stilistiche (nella metrica), dall’altro vediamo questo tipo di poesia come uno strumento di attacco e denuncia (vituperio). La componente principale della poesia comica medievale è la satira, la quale deve sì far divertire, ma deve anche cercare di sconfiggere le ostilità. I canzonieri dei poeti stilnovisti sono invece più ludici: si pensa che gran parte della loro poesia comica sia andata persa in quanto, solitamente, affidata all’oralità e soprattutto perché, il più delle volte, sono i poeti stessi a non rivendicare la paternità di questo tipo di poesia giocosa (si parla spesso di pluriattribuzione). - I Sonetto di Guido Guinizzelli (p.125): la donna del desiderio è Lucia (il nome, a differenza dei poeti stilnovisti, è citato), che viene ironizzata. Vediamo come il comico cerchi sempre di rappresentare il reale e il quotidiano (mentre l’aulico l’ideale). Il lessico rispecchia, anche sonoramente, la parlata del popolo. Si nota come il poeta comico conosca molto bene la poesia aulica, in quanto la prende per ribaltarla completamente nei valori e nei registri; attraverso la lettura dei giullari questo tipo di poesia arriva ad un pubblico poco acculturato. Nel sonetto, Lucia, satireggiata, viene posta in contrapposizione alla figura della madonna stilnovistica, così come l’amore del poeta viene posto in contrapposizione con l’amore cortese, in quanto nel sonetto ciò che si ricerca è l’intento sessuale forzato. - II Sonetti di Guido Guinizzelli (p. 126): si tratta di un vituperio in cui il poeta si augura che una donna vecchia venga travolta e spazzata via. Il genere del vituperio della vecchia è stato affrontato nel Tre-Quattrocento dai più grandi autori comici italiani, ma le sue origini risalgono all’antichità (si utilizzava il vituperio per offendere un nemico): affiancato all’immagine della vecchia vuole andare a rovesciare tutte le descrizioni della bellezza fisiche fatte dagli stilnovisti. Abbiamo la vecchia, puzzolente e laida, come antitesi della donna angelo, giovane e bella (sia Beatrice che Laura muoiono giovani: non dovevano essere sciupate dalla vecchiaia).

-Sonetto di Rustico Filippi (p. 115): uno dei modelli più importanti di vituperio della vecchia. In questo caso abbiamo il paragone con una volpe, animale considerato sudicio e puzzolente. -Sonetto di Guido Cavalcanti (p. 131): il poeta sta facendo una parodia dell’immagine angelicata della donna. Notiamo fin da subito le rime che connotano quasi tutta la poesia comica, in –uzza/i/o. viene data subito la descrizione della bruttezza della donna. Cavalcanti parodizza l’atteggiamento del poeta cortese che, sofferente d’amore, si prostra. In questo sonetto notiamo come la poesia comica condivida, a volte, con la poesia aulica alcuni topoi: troviamo la malinconia (l’esempio più celebre è il sonetto di Cecco Angiolieri), che nell’antichità era associata ad uno stato di follia, ma anche ad uno stato di eroismo. Quindi possiamo vedere la malinconia sia come uno stato in cui il poeta che ci incombe è attratto dalle azioni più sfrenate, sia come uno stato di depressione cosmica (non è triste per le stesse ragioni del poeta cortese, depresso per amore, ma perché non ha soldi per soddisfare i suoi piaceri). Il comico viene utilizzato nel momento in cui il poeta decide di confrontarsi con la realtà quotidiana, quando i destinatari diventano i parenti e gli amici; Cavalcanti costruisce molti sonetti indirizzati ai suoi amici, che vengono, in questo caso, ironizzati e con cui egli instaura una sorta di botta e risposta. -Sonetto di Muscia da Siena (p. 163): siamo sempre nell’ambito del vituperio della vecchia. Nel Medioevo si aveva la scelta fra il vituperio e l’elogio, due generi che comportavano livelli di scrittura e gradi socioculturali diversi: la scelta dell’argomento è di vitale importanza per iniziare a scrivere. Il vituperio della vecchia, l’invettiva contro ella, si codifica già a partire dagli antichi manuali di retorica e poetica: le descrizioni dei tratti fisici e poi caratteriali avevano largo spazio (lo faceva già Matteo di Vendome ed anche Boncompagno da Siena, il quale aveva adottato una tecnica di elencazione basata sui sinonimi) e dovevano giocare costantemente sull’alternanza fra lode e vituperio, bello e brutto. Il vituperio non è solamente dedicato all’offesa della vecchia, ma anche alle offese verso i nemici, sia perché ostili sia perché si vuole trionfare poeticamente. Un esempio di questo scambio di battute lo troviamo nella Tenzone fra Dante e Forese Donati: nel primo sonetto, Dante accusa Forese di essere un impotente e uno sciagurato, perciò, nella sua risposta, Forese controbatte accusando anche il padre di Dante. Nella risposta di Forese è come se si stesse parodizzando la Commedia, in quanto anche Forese sta compiendo un viaggio tra i morti; sarà poi nella Commedia stessa che Dante inserirà una nuova tenzone, fra Adamo e Sinone. La tenzone, come genere letterario, viene ripresa poi nel ‘400 con Burchiello e Luigi Pulci. -Tenzone fra Burchiello e Leon Battista Alberti: siamo nei primi anni del ‘400. Alberti propone a Burchiello, definito “barchetta sgangherata”, alcuni indovinelli. Alberti deride Burchiello, affermando che la sua poesia si sta sfasciando e che lui non sa più cosa e come scrivere. Il sonetto è pieno di metafore oscene e sessuali. A questo primo sonetto, Burchiello risponde con 4 sonetti, in cui nel primo afferma che anche lui non stima Alberti come poeta. Nel secondo sonetto, Burchiello propone alcuni indovinelli ad Alberti, il cui finale prevede sempre metafore falliche. -Tenzone fra Pulci e Matteo Franco (prete): il secondo voleva cercare di sconfessare la posizione di poeta ufficiale alla corte di Lorenzo dei Medici assunta da Pulci. Abbiamo sia offese ed ingiurie recate da entrambi ai loro parenti, sia occasioni in cui si notano registri espressionistici propri di Firenze. 3) LA DONNA NELLA POESIA COMICO-REALISTICA. L’ANTIMORALE CORTESE. LA POESIA MISOGENA. Il tema principale a cui gira intorno la poesia Medievale è la contemplazione della donna, da una parte quella idealizzata ed angelica e dall’altra quella degradata e vecchia; tra queste due versioni, nel mezzo, sta Becchina di Cecco Angiolieri, donna sensuale, furba e che pensa solo al su

tornaconto. Nella poesia cortese, quindi, troveremo la lode della donna angelica, che diviene disinteressata in quanto si tratta di voler raggiungere qualcosa che non si può; Dante, prima di arrivare alla contemplazione di Beatrice, scrive (forse) il “Fiore”, una sorta di poemetto in 232 sonetti che vuole andare ad imitare la seconda parte del “Roman de la rose”, poemetto francese di fine 1200 scritto da Jean de Meun. In questa seconda parte, a differenza della prima, si ha una concezione più bassa e materialistica dell’amore: la storia narra delle avventure di Amante che alla fine riuscirà a cogliere il fiore, metafora che sta ad indicare il possesso sessuale della donna, grazie all’aiuto di alcuni personaggi (Amico e la Vecchia), che gli consigliano come raggirare la donna amata. Amante si trova di fronte a due manuali d’istruzione, uno maschile, fatto da Amico, e uno femminile, fatto dalla Vecchia ed indirizzato alla donna: con il primo, egli impara a scrivere una lettera d’amore, comprende che la donna ama ricevere doni, specialmente soldi, che sono l’unica virtù a cui la donna comica aspira; con il secondo, la Vecchia consiglia alla giovane donna di approfittare adesso della sua giovinezza per soddisfare tutti i suoi appetiti sessuali, di non legarsi ad un solo uomo (in modo tale da possedere poi più soldi) e soprattutto di non essere ami troppo generosa. La vecchia poi consiglia anche qualcosa per l’aspetto, che, se brutto, deve essere migliorato con i cosmetici (la cosmesi era considerata una pratica illegale, in quanto andava contro la volontà di Dio che aveva creato una donna in quel modo): in questo la poesia comica va contro al topos dell’amore cortese che vuole la donna al naturale e soprattutto il rapporto uomo-donna descritta nel Fior è più veritiero rispetto a quello descritto dalla poesia cortese (la donna non è una schiava, ha una propria libertà ed autonomia). Tuttavia, la poesia comica è prettamente misogina (avversione alla donna): la donna è vista, fin dall’antichità, come un diavolo e viene definita “femmina”, non donna. Viene derisa soprattutto se “moglie”, in quanto l’uomo si pente di essersi maritato e di portarsi con sé per il resto della vita quella croce (di ciò scrive Pieraccio Tedaldi). Molti hanno scritto sulla misoginia: Cecco Angiolieri, Antonio Pucci e anche Nicolò de’Rossi. In particolar modo vengono derise le donne fiorentine, a cui Sacchetti ha dedicato una canzone. 4) IL COMICO COME PARODIA E COME RISPECCHIAMENTO SOCIALE. Gli scritti comici medievali possono essere considerati, da un lato una ripetizione dei modelli tematico-lessicali già costituitesi nel passato, mentre dall’altro lato una caricatura parodica di essi. Avremo quindi un modello ufficiale e il suo ribaltamento, ottenuto attraverso la parodia: i bersagli possono essere vari, come la poesia dei siculo-toscani o degli stilnovisti. Alcune volte il testo che viene parodiato è dichiarato in modo esplicito (un esempio sono gli scritti sui mesi di Folgore da San Gimignano che vengono parodiati da Cenne de la Chitarra). Fino al ‘500, quindi, avremo di fronte due filoni: da un lato un monolinguismo, che trova in Petrarca il suo esponente cardine, e dall’altro un plurilinguismo, che sfocia anche nei dialettalismi. I temi che vengono utilizzati, sia dalla poesia cortese sia dalla poesia comica, sono ripresi dalla tradizione letteraria, ma vengono allo stesso tempo aggiornati e modificati per stare dietro alle nuove esigenze letterarie del tempo. La poesia cortese, secondo Kholer, gravita intorno alla nozione di “joven”, che comprende un insieme di qualità sia fisiche che morali, le uniche in grado di attrarre la donna. La gioventù viene quindi vista come il regno della poesia cortese, mentre di contro la vecchiaia come il regno del comico e del realismo: nella poesia comica si vuole quindi andare a eliminare quella convenzione che è stata creata fra giovani e vecchi, belli e brutti. La poesia comica assume, inoltre, un carattere comunale e municipale, cittadino, ed è destinata ad una nuova fascia della popolazione: la nuova borghesia, che cerca di accumulare denaro in ogni modo. Tra i comuni più fortunati ci sono quelli del centro-nord, in particolar modo Firenze e Siena.

5) IL GRAN MAESTRO E PRECURSORE DEL RITRATTO SATIRICO: RUSTICO FILIPPI. ILCOMICO TRA SATIRA E IMPEGNO CIVILE E POLITICO. Rustico Filippi (o il “Barbuto”) è il primo grande poeta comico della nostra tradizione; nasce a Firenze, di fazione ghibellina. Il suo canzoniere, fatto di 58 sonetti, risulta diviso in due sezioni: 29 sonetti amorosi e aulici e 29 comici, a cui si deve la sua fama. Egli riesce a maneggiare bene l’invettiva, produce caricature e satire eccelse: questo suo talento si deve alla sua conoscenza della letteratura latina ma soprattutto trobadorica. I suoi sonetti trovano riscontro nella cronaca cittadina, pettegola e scandalosa, animata da fazioni politiche (i poeti comici avevano un loro preciso pensiero politico) ed espressione della nuova borghesia (i personaggi si riconoscono poco però). Siamo nell’ambito della poesia comica che si basa sull’impegno civile e politico: un poeta che di ciò ha scritto molto fu Pietro dei Faitinelli, il quale derise gli uomini fiorentini affermando che questi avevano molte doti, tranne quelle militari. La poesia comica punta quindi al monolinguismo e tratta del solo amore per la donna angelicata (o madonna), mentre la poesia comica si connota per un plurilinguismo e tratta sia il divertimento letterario (vituperio) sia temi politici propagandistici (una poesia importante è quella di Francesco d’Altobianco degli Alberti che si scaglia contro l’accentramento del potere politico nella città di Firenze). Dobbiamo considerare che lo scrittore di professione si ha dopo il ‘200: il poeta è soprattutto un cittadino, coinvolto nella politica del suo tempo. I sonetti giocosi di Rustico, a cui si deve la sua fama, sono però assimilabili a quelli che trattano di politica, in quanto in entrambi i tipi viene descritta la realtà cittadina del tempo: emergono, molte volte, piccoli scandali (si ricorda il sonetto in cui viene descritta Mita e il suo aborto). I temi che Rustico tratta maggiormente sono l’elogio del corpo e del materiale, che sfociano in avvenimenti sessuali e osceni (anche nel linguaggio si ritrova ciò). Rustico pone in evidenza un mondo di anti-eroi che, in un certo senso, anticipano il mondo di Boccaccio: donne amorali e mogli bugiarde ed infedeli, ladri, bulli, ingannatori, puttane (contro di queste le invettive sono molto velenose e violente). 6) BEATRICE E BECCHINA. L’ANTISTILNOVISMO DI CECCO ANGIOLIERI. LA NATURA D’AMORE. - Sonetto V di Cecco Angiolieri (p. 175): è un sonetto dialogato, in cui Cecco chiede aiuto ad un passante in quanto è appena stato derubato da Becchina, la sua amata. Abbiamo, in questo caso, una parodia della donna angelicata della poesia cortese, la quale ruba tutto al poeta che soffre innamorato; la donna è insensibile, menefreghista e ciò lo vediamo anche dal linguaggio con cui si esprime e risponde sdegnosamente al poeta. La relazione fra Cecco e Becchina è giocata sui tradimenti: Cecco, infatti, in un suo sonetto, confessa di averla tradita e così pure lei. Il poeta, però, al contrario della poesia cortese in cui l’uomo avrebbe chiesto una rivincita all’avversario, è felice in quanto ha scampato il matrimonio. Tuttavia, anche dopo il matrimonio della donna, Cecco continuerà a volere solo lei e nei sonetti posteriori continuano ad emergere gli stessi temi a lei dedicati, anche di natura sessuale (il fallo e la paura di fallare). Affiora nella sua poesia anche il tema del denaro, unica condizione che riesce sempre ad attirare le donne e che spinge la donna ad amare l’uomo; Amore è, per i comici, solo una passione brutale e carnale, che serve a soddisfare i sensi. Cecco demistifica le virtù di amore nei suoi sonetti: l’amore viene qui inteso come il riuscire a cogliere il “frutto” della donna (Cecco ci riuscirà una sola volta con Becchina). -Sonetto XX di Cecco Angiolieri (p. 194): sonetto dialogato fra Cecco e Becchina, n cui la donna si dimostra spietata e menefreghista, l’anti-donna cortese.

7) DONNE CORTESI E DONNE VILLANE. LA SEDUZIONE COMICA. IL VANTO. Le donne protagoniste della poesia comica del Medioevo sono delle “villane”, e Becchina ne è l’esempio più calzante: la “villania” è il valore contrario alla poesia aulica e tutti i personaggi comici ne sono dotati. Si tratta di personaggi caratterizzati da un certo tipo di status sociale: prima di tutto sono contadini, incolti e incivili. Il prototipo italiano di questo tipo di personaggio lo incontriamo nel componimento giullaresco di Metazone da Caligano: ci viene presentato il villano, con le sue caratteristiche principali e con la descrizione della sua nascita (nasce da un peto di un asino, per questo la sua natura è ignobile e povera), contrapposta a quella di un cavaliere (nasce dall’incrocio fra un giglio e una rosa). Questo tipo di poesia giullaresca attirava un pubblico molto ampio, che altrimenti non avrebbe avuto diritto ad ascoltare: il villano è il protagonista di questo tipo di poesia, che trasgredisce tutte le regole dell’amore cortese e che punta ad un corteggiamento sbrigativo (il fine è sempre quello di portarle a letto). A questo tema si lega quello della “pastorella”, donna di bassa estrazione sociale che si concede facilmente. In questo tipo di poesia si mischiano l’amore cortese del pretendente e la villania della pastorella: abbiamo quindi uno stile “mediano”. Questo tema ci proviene dalla Francia, dai trovatori del sud e poi a seguire: arriva poi in Italia e tocca alcuni dei più grandi scrittori, come Cavalcanti. La storia narrata è quasi sempre la stessa: un cavaliere trova una pastorella per la strada, la convince, attraverso meriti, doni e promesse, a concedersi a lui: in un primo tempo questa resiste (per la paura della vergogna), ma poi si concede (il più delle volte il cavaliere deve ricorrere alla violenza). La parte più interessante di tutti i componimenti di questo tipo è composta dalla resistenza della donna alle lusinghe del cavaliere. Il primo componimento conosciuto di questo tipo è quello di Marcabruno (1140). Questo tipo di componimento era stato ideato, in quanto comico, per far ridere i personaggi aristocratici ai danni degli umili; la figura della pastorella, però, ha anche una funzione catartica: vengono riportate in auge tutte quelle parole sessuali che erano state eliminate dalla censura religiosa. Un esempio di derivazione di questo tema lo troviamo nel Contrasto di Cielo d’Alcamo, scritto nei primi anni del ‘200 e incluso nel codice Vaticano 3793 come uno dei più antichi componimenti siciliani. Si tratta di una parodia dell’amore cortese in cui abbiamo il poeta-giullare che si rivolge alla donna chiamandola “rosa fresca aulentissima”, invitandola a concedersi a lui; la donna rifiuta e cerca di dissuadere l’uomo (cerca anche di convincerlo che lei si farà monaca). L’uomo, calmo nei primi momenti, alla richiesta di matrimonio della donna, s’infuria chiamandola “villana”. Il componimento è giocato sul contrasto fra corteggiatore e corteggiata, tra modi alti e bassi, popolari. Il genere della pastorella si amplifica nel ‘400 e raggiunge una nuova popolarità: un esempio è l’idillio rusticale di Giorgio Sommariva. A Firenze ebbero fortuna anche i “testi nenciali”, testi paragonati al genere della bucolica-rusticale, e che vedevano come poeti cardini Lorenzo de’ Medici, Poliziano e Pulci: in questi testi si concentrano tutti gli elementi già presenti nel genere comico della pastorella e nei contrasti amorosi. Un esempio calzante è la Nencia di Barberino di Lorenzo de’ Medici: vengono subito parodiati i temi dell’amore cortese (si parla dell’amore distruttivo della donna, spietata), viene messa in ridicolo la donna, vista nella sua bruttezza fisica e mentale (si utilizzano paragoni con animali rustici). I protagonisti sono Vallera, l’uomo, e Nencia, la donna. Non mancano anche in questo caso metafore ...


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