La Transavanguardia Italiana PDF

Title La Transavanguardia Italiana
Course Storia dell'arte
Institution Accademia di Belle Arti di Brera
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Appunti libro La transavanguardia italiana - Achille Bonito Oliva...


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La transavanguardia Italiana 1. Preistoria, storia e post-storia L’arte degli anni ’60 ha attraversato molte prove, anche in rapporto ai fenomeni legati e attinenti alla politica, alle lotte del movimento giovanile e femminista, partecipando ad elaborare una mentalità diversa e alternativa. Il desiderio di destrutturazione che presiede le trasformazioni degli anni ’60 è presente chiaramente nelle opere di molti artisti. Ora all’idea sperimentale degli ultimi anni è subentrata una diversa mentalità, più legata alle emozioni intense e dell’individualità e di una pittura che ritrova il suo valore all’interno dei propri procedimenti. La sensibilità dell’arte degli anni ’80, rappresentata dal lavoro della Transavanguardia, tende a riportare il lavoro creativo verso la pittura fuori da ogni omologazione internazionale a favore di una ricerca individuale e non di gruppo. Gli artisti che hanno operato e operano dal metà degli anni ’60 producono con continuità opere che hanno la particolarità di essere formate anche da materiali fuori della tradizione pittorica (esigenza di appropriarsi della materia del reale); l’ottica è tesa ad ampliare il senso dell’opera mediante il tentativo di coglierne il procedimento interno: ogni opera richiede molti scatti, spostamenti di campo e sensibilità mentale. L’ideologia dell’effimero permanente è la matrice di pensiero che anima il panorama delle arti figurative negli anni ’60: il tentativo individuale di liberare lo spazio della propria esistenza, l’esigenza di vivere in trasparenza le motivazioni che muovono il fare arte. Tutto ciò è impossibile in un contesto storico in cui tutto decade a merce, e il gesto dell’artista viene percepito solamente nel suo affiorare spettacolare; l’artista agisce a scarto permanente, attraverso una serie articolata di anti-poetiche, in cui trova individualmente uno spazio intatto e autentico, attraverso l’assunzione consapevole della poetica dell’esclusione (volontariamente si esclude dalla competizione del mercato, non partecipando più con un prodotto finito e continuo. Lo spaccato degli anni ’60 documenta una posizione comunemente operativa in cui l’artista si esprime attraverso un puro procedimento che non può essere interrotto dal decoro della forma. Dopo la verifica sociologica della Pop Art sul tessuto della città e dopo l’operazione riduttiva-concreta delle strutture primarie e minimali, questi artisti hanno superato anche l’ultimo margine di separatezza e si sono risolti a operare in una dimensione totale: questa generazione di artisti ha cercato di superare la mentalità di un’arte come zona privilegiata di linguaggi, nel senso di produzione di oggetti estetici svolti soltanto secondo l’evoluzionismo linguistico delle forme; ha scoperto che producendo oggetti separati, questi subiscono una deviazione dalla violenza del mercato e vengono spostati in una dimensione completamente ribaltata rispetto a quella dell’autore. Il vitalismo dell’arte processuale e l’esattezza dell’arte concettuale nascono anche dalle specifiche connotazioni del contesto storico, segnato da un’ottimismo produttivistico, da un’euforia espansionistica dell’economia che consente all’arte di conservare la speranza di un riscatto, di un futuro migliore; l’arte diventa strumento che progetta attraverso l’immaginario, spazio di fruizione della sensibilità individuale e sociale, in antagonismo speculare con la realtà. Diversamente alcune ipotesi critiche, come l’arte povera, hanno una connotazione moralistica, repressiva e masochista: sviluppano una strategia culturale tesa al recupero del sociale come valore indiscutibile (dichiarazione di povertà nei riguardi di un contesto, quello selle società occidentali, teso all’opulenza e al consumismo). Da qui l’arte recupera un naturalismo, a volte ingenuo e didascalico: la natura come luogo originario e verginale contro il luogo del sociale corrotto ed eccessivamente strutturato. L’arte si nasconde dietro una maschera drammatica, frontale specularità con il credo politico: si riveste di indeterminatezza (opere “senza titolo”), accentuando una sua preferenza per il linguaggio astratto, che permette all’artista di sentirsi al riparo dalla mentalità utilitaristica del mondo. L’arte degli anni ’70 si orienta invece verso un recupero del modulo figurativo: avvia un processo di deideologizzazione, supera l’idea dell’esperienza creativa come eterno processo sperimentale, assumendo un tono più mediato; le opere ritornano ad avere un titolo e non hanno più paura di trovare un rapporto di comunicazione con il mondo. L’arte nella sua figuratività tende ad avere una maggiore articolazione culturale, e quindi a diventare autonoma rispetto alla forte politicizzazione. Successivamente alcuni avvenimenti storici importanti modificano il tessuto precedente improntato all’ottimismo e all’espansione economica: crolla la prospettiva di progresso, accentuata da uno stato di indeterminazione politica che non permette più un orientamento certo e il senso confortante di una direzione. A questa situazione non tutti gli artisti sono stati capaci di dare risposta: alcuni sono rimasti ancorati alla visione di sviluppo lineare, tipico delle neoavanguardie del secondo dopoguerra (fedeltà ai modelli linguistici e ideologici delle avanguardie storiche> sicurezza e riparo); altri, preso atto della modificazione del tessuto storico, sono rimasti ancorati a vecchie certezze ormai svincolate dalle condizioni in cui sono state prodotte. Atteggiamento di apertura è stato invece compiuto da giovani artisti dalla mentalità disponibile. L’arte culturale in cui opera l’arte degli anni ’80 è quella della Transavanguardia, che considera il linguaggio come uno strumento di transizione, di passaggio da un’opera all’altra, da uno stile all’altro. La transavanguardia opera fuori dalle linee fisse delle avanguardie, seguendo un atteggiamento nomade di Pagina 1 di 6

reversibilità di tutti i linguaggi del passato. La smaterializzazione dell’opera e l’impersonalità esecutiva degli anni ’70 trovano superamento nel ripristino della manualità, nel piacere di un’esecuzione che reintroduce nell’arte la tradizione della pittura: la transavanguardia ribalta l’idea di un progresso dell’arte tutto teso verso l’astrazione concettuale. Recupero non significa identificazione ma capacità di citare la superficie dei linguaggi ripresi. Gli artisti della transavanguardia operano con un’attenzione policentrica e disseminata, che non si pone più in termini di contrapposizione frontale ma di attraversamento incessante di ogni contraddizione e luogo comune: è un’area indefinita che accumuna gli artisti, non per tendenze e affinità linguistiche, ma per atteggiamento e filosofia dell’arte, che punta sulla propria centralità e sul recupero di una sua ragione interna (diversa dalla coscienza felice dell’arte precedente). La transavanguardia non vanta il privilegio di una genealogia a senso unico, ma di una invece aperta a ventaglio su antenati di diversa estrazione e provenienza storica (avanguardie, culture minori, pratica artigianale delle arti minori etc.). La seconda metà degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 vivono sotto il segno di tale mentalità, di un’arte costruita con molti mezzi espressivi, specialmente con la pittura e gli strumenti legati al linguaggio del segno e del colore. Questi linguaggi sono attraversati da una cifra di soggettività, che non va intesa come sintomo autobiografico e privato, ma come risposta dell’arte a motivi individuali, espressi in modo consapevole e controllato. Le immagini prodotte sono diversissime, legate d una prativa che non è mai ripetitiva: assumono i travestimenti della figurazione, del segno astratto, l’opulenza della materia e del colore senza mai assestarsi in una cifra standardizzata. L’opera non ha volutamente carattere, non ha atteggiamenti eroici, non rimanda a situazioni esemplari, bensì presenta piccoli eventi legati alla sensibilità individuale e circoscritti a peripezie che vivono sempre sotto il segno dell’ironia e del sottile distacco: acquista l’arbitrio di essere capriccio, descrizione di stati interni della sensibilità, che non significa però condizione psicologica. L’opera si presenta come un risultato volutamente disomogeneo, aperto al colore, alla materia, al segno figurativo come a quello astratto. L’opera è il luogo di una rappresentazione opulenta che non gioca più aò risparmio ma allo spreco, non riconosce più una riserva privilegiata a cui attingere. La continuità di stili diversi produce una catena di immagini operanti tutte sullo spostamento e sulla progressione, mai progettata ma fluida, a balzi e scarti improvvisi. L’immagine oscilla fra invenzione (contiguità e accostamento imprevedibile di differenze linguistiche e assonanze contrastanti) e convenzione (recupero del segno, assunzione di un linguaggio come stile). Il significato viene stordito, attuato, reso relativo, relazionato ad altre sostanze semantiche che galleggiano dietro il recupero degli innumerevoli sistemi di segni. L’arte degli anni ’60 operava sulla presentazione di materiali reali, come immagine di energia e riferimento alla natura; quella degli anni ’70 sommando presentazione e rappresentazione come incrocio tra natura e cultura; ora l’arte ha scelto definitivamente l’ambito della rappresentazione, abolendo il riferimento concreto a dati reali o sostituendo alla naturalezza dei materiali l’artificio di materiali strettamente pittorici. La rappresentazione diventa lo strumento attraverso cui l’arte attuale, con felice umiltà, prende atto dell’esaurimento storico di ogni pretesa, quella di darsi come progetto e unità di misura volutamente astratta di ogni possibile operare, che la tradizione delle avanguardie nascondeva ancora come speranza. L’artista della transavanguardia opera nel ritrovamento di una naturale incertezza, svincolato da ogni centralità, fuori dalla superstizione di riferimenti ancorati a una sicura tradizione. La rottura degli equilibri della storia è avvenuta senza preavvisi: ora occorre allargare gli spazi della creazione, dilatando l’ottica di revisione della cultura e ribadendo la specificità operativa dell’arte. La transavanguardia è ora l’unica avanguardia possibile, in quanto permette di tenere il suo patrimonio storico dentro il ventaglio di scelte preventive dell’artista, accanto ad altre tradizioni culturali che ne possano vivificare il tessuto (avanguardie> no distruggere il loro glorioso passato, dimostrarne l’inadeguatezza nella presente condizione storica). Il manierismo nel ‘500 ha dimostrato in maniera esemplare che è possibile utilizzare ecletticamente la tradizione del Rinascimento, attraverso un uso laterale: la citazione della prospettiva rinascimentale. Un uso frontale avrebbe avuto il significato di una nostalgia e un desiderio di restaurazione antropocentrica, in un momento storico che invece aveva messo in crisi la centralità della ragione, esaltata proprio dalla precisione geometrica della prospettiva; l’artista manierista invece ne fa un uso obliquo e arrovellato, mediante una citazione che ne decentra il punto di vista privilegiato. L’ideologia del traditore presiede l’opera manierista, nell’arte e negli altri campi della creazione culturale e scientifica, un’ideologia che privilegia la laterali e l’ambiguità. La transavanguardia riprende questo tipo di sensibilità, riprendendo i moderni mezzi linguistici senza citarli nella loro purezza iniziale, ma attraverso una contaminazione che ne evita ogni tono celebrativo e apologetico, che significherebbe identificazione e impossibile regressione. L’opera della transavanguardia oscilla tra comico e tragico, tra piacere e pena. Il nichilismo è la giusta posizione di partenza dell’artista, ma un nichilismo attivo, che attraverso il suo scivolare senza ancorarsi, aumenti il potere di contaminazione dell’opera. La transavanguardia italiana e americana nelle sue differenze ha sviluppato una strategia che passa attraverso l’internazionalismo delle avanguardie storiche e delle neoavanguardie e attraverso i territori di culture nazionali e regionali. L’artista attuale non intende perdersi dietro l’omologazione di un linguaggio Pagina 2 di 6

uniforme, quanto recuperare anche un’identità corrispondente al Genius loci che abita la sua particolare cultura. Rimasticare il passato ma senza gerarchie: questi artisti riconoscono gli influssi della società in cui vivono, attraversata dalla produzione di massa dei mass media e contaminano frequentemente vari livelli della cultura nel tentativo di unificare i livelli scollati, ti portare a combustione completa le separatezze; l’opera acquista un ventaglio di possibilità espressive, una ricchezza di motivi che la portano verso una complessità sperimentale. L’arte macina innesti inediti e diverse dislocazioni dei linguaggi rispetto alla loro collocazione storica. Come l’artista, nella sua quotidianità, vive una situazione all’incrocio di molte possibilità e potenzialità esistenziali, così l’opera, conseguenza del suo lavoro, si realizza mediante un intreccio di riprese e rimanti che frantumano la superba e purista unità di una visione d’insieme dell’arte e del mondo. Dagli anni ’60 in avanti, la ripresa dell’espressionismo (lingua di lacerazione e bisogno di emergenza soggettiva) ha costituito un segnale forte di un’arte che si costituiva come resistenza morale in Germania, la transavanguardia tedesca (contro la divisione del muro di Berlino), e in Italia negli anni ’80 come riemergendo dell’Io contro le ragioni burocratiche del Noi, la transavanguardia italiana. L’arte della transavanguardia tedesca si pone sulla linea di un recupero dell’identità nazionale, mortificata dal realismo politico derivante dalle logiche della seconda guerra mondiale (divisione in due ideologie antagoniste): gli artisti tedeschi delle ultime generazioni hanno assunto verso queste vicende una posizione capace di tramutarsi in tensione creativa. L’arte tenta di riparare una ferita storica, restituendo unità al corpo lacerato della cultura tedesca attraverso la riattivazione di una radice culturale e linguistica come l’espressionismo (lingua pittorica unitaria e nazionale). L’arte tedesca della transavanguardia trova in Baselitz, Lüpertz, Kiefer, Immendorff, Penk e Polke i suoi antesignani. Penk è vincolato a un lavoro strettamente pittorico, teso alla ripresa di segni elementari ed evocativi (sensibilità dal linguaggio animistico). Immendorff realizza cicli di affreschi sul tema della relazione dell’artista con il mondo che lo circonda: tendono a dare un’idea di totalità, ma sempre attenuata da un’ironia che distanza il patema dalla rappresentazione. Lüpertz trova il suo equivalente letterario nella figura di Dioniso, metafora della rigenerazione, della ciclicità della vita e della natura stessa, presa come campo di metamorfosi e trasformazione perenne. In Kiefer disegno e pittura si mescolano, testimoniando una tensione e un conflitto irrisolvibili: l’arte non pacifica i conflitti, ma si esprime nella tensione che nasce dall’energia di questi. Baselitz accetta i moduli di una pittura figurativa, capace di restituire il segno dell’individualità; se l’arte precedente, anche quella tedesca, si era mossa in termini di oggettività e impersonalità, ora ritrova il percorso figurativo per esprimere la dimensione del soggetto. Polke usa una pluralità di linguaggi, tutti tesi all’introduzione di un senso del comico dentro un’immagine che proviene da universi linguistici massificati: l’ironia stabilisce una presa di contatto con il livello inespressivo dell’immagine. La citazione diventa il procedimento che ispira la ripresa di modelli culturali con i quali l’artista non può identificarsi: non c’è proiezione ma strumentalizzazione, ripresa di modelli che vengono variati (perdita di aura e sacralità). Gli artisti della transavanguardia operano sulla pelle di queste categorie culturali, e sulla pelle della pittura, strumento privilegiato per questa ripresa, effettuata soprattutto per mezzo dell’ironia (Goethe: ironia> passione che si libera nel distacco). Le immagini non sono costruite secondo un’economia riduttiva e composte con schemi fissi e prestabilito, ma secondo un’economia dello spreco, dell’accumulo e dell’eclettismo, capaci di fondate uno stile che lavora sulla frantumazione (decomposizione dell’unità figurativa e stilistica> astratto/figurativo, disegno/colore, oggetto/pittura si mescolano liberamente). La transavanguardia si sviluppa anche come fenomeno americano. L'arte americana ha due epicentri culturali, New York e la California, con connotazioni diverse legate ai due differenti contesti. New York legata a un tessuto antropologico all'incrocio di molte culture, quasi tutte di derivazione europea, dovute all immigrazione, mischiate tra loro in maniera aperta, con una prevalenza di quella anglosassone, col suo moralismo puritano incentrato su Un attivismo produttivo molto accentuato. Da qui l’esasperata indifferenza dell’artista alle condizioni politiche entro cui l’arte agisce. L’arte americana newyorkese negli ultimi due decenni ha operato sulla linea dell’impersonalità e della riflessione concettuale sugli strumenti della produzione artistica. Con le modificazioni culturali, politiche ed economiche anche l’arte inverte la sua linea aprendosi al recupero di istanze più libere e fantastiche, fuori dall’ottica fenomenologica delle immagini urbane (Pop Art), degli interventi sul territorio (Land Art), sulla qualità mentale dei materiali e della interna misura dell’arte (Minimal e Conceptual Art): questi artisti hanno recuperato l’inattualità della pittura, riportandola verso l’opulenza dell’espressione figurativa e di una febbrile manualità, su un tono narrativo e fabulatorio. A monte di tale svolta troviamo artisti solitari come Frank Stella e Cy Twombly, che in modo differente hanno sempre praticato il versante della pittura: Stella dopo un viaggio in India sposta la geometria verso la decorazione (casualità manuale, costruzione dell’impianto del quadro secondo oggetti e volute ornamentali); Twombly prosegue un’espressione pittorica liberamente segnica, con una manualità vibrante e aperta agli influssi di una scrittura elementare. Mutazioni del contesto storico e sociale come la crisi d’identità politica, la guerra del Vietnam e quella del Kippur, influiscono sui giovani artisti segnando uno spostamento verso una maggiore resa dell’elemento soggettivo e personale: recupero di pattern visivi, Pagina 3 di 6

ripetizione, ornamentazione, astrazione mista a recupero della figura, con una vena ironia e senso del gioco sconosciuti nell’arte minimale e concettuale. Salle annulla il ricordo della materia, lasciando prevalere il segno e il disegno di figure riprese da tradizioni pittoriche provenienti da contesti linguistici più aperti all’onirico e all’ornamentale, una sorta di surrealismo depurato da un trattamento della superficie pittorica che ricorda Warhol (elementi figurativi distribuiti con leggerezza, spazialità aperta e appena accennata, immagini accavallate come riflesso di un procedimento visivo assimilabile alla velocità digitale, che alleggerisce le distanze semantiche). Schnabel crea un intreccio di figurazione e decorazione: un moto totalizzante che macina i riferimenti e le citazioni in un’idea amalgamante di spazio che riprende l’opera di Morley e Rauschenberg (New Dada> recupero del senso slittante e mobile della superficie e delle relazioni). Il figurativo si accompagna all’astratto, alla superficie bidimensionale: la narrazione viene accostata e sistemata con altri elementi che non cercano fra loro un’integrazione ma la precarietà di associazioni leggere ed eclettiche. Basquiat proviene da esperienze alternative legate ai graffiti metropolitani, tracce libere lasciate anonimamente sui muri di New York: ora riporta sulla tela la forza astratto-figurativa di questa esperienza, il carattere dichiarativo e narrativo, la forza esplicita e didascalica, lo stato di confusione e aggregazione spontanea di elementi visivi (diversi rimandi> De Kooning: taglio figurativo delle immagini; Twombly: grafia elementate; Pollock: furore del segno). La transavanguardia nel suo multiculturalismo ha sfidato al globalizzazione del linguaggio che era stata prodotta dall’epoca delle avanguardie fino agli anni ’80: il tema dell’identità si staglia sul centralismo cosmopolita degli anni precedenti. La ripresa del concetto di genius loci amplia il panorama dell’art internazionale con u...


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