Pietro Beltrami- LA Metrica Italiana PDF

Title Pietro Beltrami- LA Metrica Italiana
Author Salvatore Oliveri
Course Filologia romanza
Institution Università degli Studi di Catania
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Summary

manuale di metrica italiana a cura di P.G. beltrami ...


Description

VERSO, VERSO LIBERO, PROSA La metrica si occupa della versificazione cioè di tutti i discorsi espressi in versi. Ciò non significa che senz'altro che l'oggetto della metrica sia la poesia: “versificazione” è infatti un concetto tecnico riguarda i tipi di discorso dotati di certe caratteristiche formali mentre “poesia” è un concetto estetico. La versificazione è una forma di organizzazione del discorso che prescinde da ciò che questo comunica mentre la poesia è una qualità del discorso nella sua totalità di “forma” e “contenuto”: contenuti comunicati (denotazione) e contenuti significati (connotazione). Il cui riconoscimento è un fatto culturale. Il verso si distingue dalla prosa perché ha regole proprie o, viceversa, la prosa si distingue dal verso perché libera. Entrambi, però, dipendono dalla stessa arte del dire ovvero dalla retorica. La versificazione libera (ormai da più di un secolo la forma più normale della poesia) è quel genere di poesia che fa a meno della metrica e che si esprimerebbe in quella che è stata definita da Guiraud nel 1970 in una “prosa cadenzata” o “prosa lirica” . Questo per ovviare a quei problemi di generalizzazione che spesso la versificazione libera ha prodotto. Specie quando si deve comunque evidenziare una marcata differenza tra poesia e prosa che comunque restano ben distinte. Ecco come l'elemento distintivo tra le due forme espressive sia proprio la versificazione. Volendo generalizzare, una possibile proposizione dalla quale si può partire è la seguente: il discorso in prosa è sentito come la forma di discorso propria della normale comunicazione umana mentre il discorso in versi è sentito come il polo marcato che si attribuisce una qualche forma di strutturazione estranea al discorso in prosa. Manichetti (1984) definisce il suddividersi del discorso in unità versali come “principio di segmentazione”. Questo principio nel caso della versificazione libera è reso percepibile al destinatario da indici grafici, primo fra tutti l'a capo tipografico che non è un fatto metrico ma in assenza di elementi strutturali diversi alla pura divisione in versi (cioè in assenza di regolaritò nel numero delle sillabe o nella disposizione degli accenti) è indispensabile per la comprensione del ritmo. Funziona perciò come uno spartito musicale. In conclusione, il verso è l'elemento minimo della versificazione che può costituire un discorso in versi compiuto: “d'altri ulivi una colomba ascolto” Ungaretti. Un verso costituito da un endecasillabo ma non corrisponde a nessun modello stilistico. METRO E RITMO Il ritmo è il disporsi nel tempo di elementi riconoscibili e significativi: alternanze (regolari o meno) di sillabe toniche e atone, ritorno a una certa distanza di suoni uguali (rima, assonanza, allitterazione secondo uno schema particolare oppure senza nessuno schema). Per ritmi s'intende dunque ciò che si alterna regolarmente. Il Metro significa misura. E' dunque l'unità di misura del verso ed è la forma entro la qual il ritmo si realizza. Ora, nella poesia libera non sempre è facile descrivere il ritmo in rapporto al metro. es. Parini o d'oro e d'onor brame ---> settenario (5 e 6 sillaba rarissimo) si legge : o d'oro e d'onòr bràme ( con pausa tra onor e brame) oppure: o d'oro e d'ònor bràme ----> settenario (4 e 6 sillaba) Come vedremo nell'endecasillabo tale rapporto è più complesso.

L a Prosodia riguarda le relazioni tra i suoni nella catena parlata: accento, intonazione, quantità vocalica, e dunque il trattamento degli elementi di suono che formano il verso (sillabe, accenti) e lo mettono in relazione con altri versi (rima). La prosodia dipende in parte dalla lingua, in parte dal contesto storico e quasi per niente da iniziative individuali. Diverso invece è il discorso delle forme metriche dove l'iniziativa individuale è molto più rilevante: non a caso si parla di invenzione del sonetto e di invenzione della sistina. - MISURE DELLA VERSIFICAZIONE COMPUTO DELLE SILLABE Il concetto di metro comporta quello di “misura”. Il verso italiano è definito dal numero delle sillabe, in altre parole due versi sono dello stesso tipo se hanno lo stesso numero di sillabe. La nozione di sillaba può risultare complessa ma al tempo stesso può risultare intuitivamente chiara ai parlanti. La sillaba è un'unità ritmica della catena parlata, nella quale è l'elemento minimo che in condizioni normali può essere pronunciato da solo. Al suo centro ha una vocale (apice sillabico o nucleo) preceduta o seguita (non obbligatoriamente) da fonemi non sillabici cioè che da soli non costituiscono una sillaba. La caratteristica dell'italiano è che le sillabe sono percepite come se fossero tutte uguali per durata (isocronismo sillabico). Due parole sono sentite lunghe “uguali” se composte dallo stesso numero di sillabe e non lo stesso numero di fonemi. es. cosa – costo – strambo : 2 sillabe, diversi fonemi, lunghezza avvertita uguale. In italiano dunque, sillaba, si presta dunque in maniera quasi naturale ad essere usata come unità di tempo. Il computo delle sillabe nella versificazione si distingue da quello adoperato nella prosa. Quando due vocali sono consecutive fra due parole o all'interno della parola, la lingua poetica italiana ammette che esse valgano per una o per due sillabe con una scelta che il lettore deve interpretare. La libertà di questa scelta varia attraverso le epoche, i generi e gli stili. INTERNO DI PAROLA Si dice infatti dieresi il caso in cui, entro una parola, un nesso di due vocali normalmente monosillabico è usato come bisillabo. Es. Ub bi dï e nte (5 sillabe). Si dice infatti sineresi il caso contrario in cui un nesso bisillabico è usato come monosillabico. Es. Ub bi die nte (4 sillabe). PAROLE DIVERSE Si dice dialefe quando vocale finale di parola e vocale iniziale della parola successiva valgono per due sillabe. Es. Son animali al mondo de sì^altera. (si e al due sillabe) Si dice sinalefe quando vocale finale di parola e vocale di inizio parola successiva vanno contate come un'unica sillaba. Es. Ma pur s ì äspre vie né sì selvaggie. ( si-a una sola sillaba). Sinalefe molto presente in Petrarca. Per conoscere il numero di sillabe presenti in un verso bisogna prima individuare l'ultimo e contando sempre una sillaba in più rispetto a questo. Non dimenticare che un endecasillabo (per es.) può avere come ultima sillaba tronca (e quindi non un decasillabo) o uscita sdrucciola. Ma sempre endecasillabo è.

SCHEMA ACCENTUATIVO POSIZIONE TONICA: endecasillabo: 4° 7° e 10° a minore 4° 8° e 10° a minore 6° e 10° a maiore decasillabo:

3° 6° e 9°

novenario:

2° 5° e 8°

ottonario:

3° e 7°

settenario: a parte alcune restrizioni particolari è un verso di accentazione libera. Vale la regola: In una delle prime quattro sillabe e 6° senario:

2° e 5°

quinario:

1°o 2° e 4°

quanto al quadrisillabo è difficile parlare di una tonica pertinente oltre quella che definisce la misura. PARISILLABI ED IMPARISILLABI Dante nel suo primo trattato di metrica italiana il De vulgari eloquentia è il primo a stabilire una distinzione tra versi imparisillabi (num sillabe impari) e versi parisillabi (numero sillabe pari). Raccomannda lo stile elevato degli imparisillabi (su tutti l'endecasillabo) ad eccezione del novenario (dichiarato fastidioso per via della rigidità della posizione degli accenti come nei parisillabi) e dichiara di scarso valore i parisillabi. Questo perché gli imparisillabi hanno ritmo più vario, contro la tendenza dei parisillabi ad avere accenti sempre sulle stesse sillabe. Dichiara inoltre che parisillabi e imparisillabi non possono essere mescolati nello stesso testo. Anche in Francia si è opposto l'imparisillabo ricco di possibilità ritmiche a parisillabo come monotono e ripetitivo. Anche se in francese spesso gli imparisillabi italiani sono parisillabi e viceversa. Diventa dunque canonico e quindi di stile elevato non solo l'uso di imparisillabi ma una propensione nella scelta dell'endecasillabo e del settenario. Più avanti, Pascoli, si diletterà nella mescolanza tra parisillabi ed imparisillabi. METRICA ITALIANA E TERMINOLOGIA CLASSICA Come abbiamo detto è la posizione dell'ultimo accento che definisce il numero di sillabe di una serie. Dalla disposizione degli accenti nel verso dipendono poi la riconoscibilità metrica e la configurazione stilistica del ritmo. PIEDE: si chiama così perché in origine, nella metrica classica, il ritmo si batteva con il piede ed era formato da un gruppo di due o più sillabe brevi e lunghe. Nella metrica italiana rappresenta invece due o più sillabe toniche e atone. Il mantenimento del nome si deve all'uso nel Cinquecento di versificare in rapporto alla metrica latina. Il verso dunque si misura in piedi. In particolare un piede è un gruppo ritmico intorno ad una sillaba tonica.

I tipi di piede: ALTROCHEO: tonica+atona (lat. Lunga + breve) ALGIAMBO: atona + tonica (lat. Breve + lunga) DATTILO: tonica + atone (lat. Lunga + 2 brevi) ANAPESTO: 2 atone + tonica ( lat 2 brevi + lunga) “Endecasillabo dattilico” è dunque quello con accento su 4° e 7°. Ecco dunque perché il piede dà ritmo al verso. TRA METRICA E LINGUISTICA Va precisato che in Metrica le regole non sono assolute ma storiche; possono dunque cambiare. Per es. Dieresi e Sineresi , Diafele e Sinefele cambiano da Petrarca e Dante. Dunque un vero manuale di metrica dovrebbe essere simile a quelli di linguistica : descrittivo e storico. Tuttavia una trattazione storica non può rinunciare ad un orientamento normativo. Non nel senso di proporre delle regole ma di accertare quali fossero le regole in base alle quali un poeta avrebbe giudicato il suo testo sbagliato dal punto di vista della forma metrica. E' dunque, quello normativo, un punto di vista necessario. Si può includere la metrica entro la teoria linguistica? In Linguistica e poetica Jackobson descrive la funzione poetica: essa è quella in cui il messaggio (l'enunciato) è considerato per sé. L'asse della combinazione in cui gli elementi della catena parlata si uniscono per formare il messaggio è messa in rapporto di equivalenza con altri elementi della stessa catena e selezionati fra varie possibilità della lingua chiamata asse della selezione Es. io non so ben dir com'i' v'intrai e non vi sono entrato..... Ecco per Jakobson la funzione poetica proietta il principio d'equivalenza dell'asse della selezione all'asse della combinazione. L'equivalenza è promossa al grado di elemento costitutivo della sequenza. Diverso per Jakobson è il concetto di struttura del verso assunto dalla metrica generativa (ispirata alla grammatica generativa di Chomsky). Il punto affrontato è la mancata corrispondenza fra il computo delle sillabe nella lingua e nella metrica (dieresi, sineresi, dialefe, sinelefe) e della distinzione fra l'accento del normale parlato e quello che vale per il verso. Si concentra dunque sul fatto che alcune sillabe atone possano portare l'accento metrico. Particolare attenzione a questo punto meritano la posizione degli ictus : un fenomeno prosodico che sottolinea posizioni (forto o semiforti) a danno di altre (deboli). es. purg. XVII v.55 "Questo è divino spirito, che ne la” : ne= decima sillaba accentata perché endecasillabo. Quindi ictus su 10° sil. Ma nel parlato non si accenta.

Il punto critico della grammatica generativa e dunque di questo tipo di approccio e che questa si pone il compito di descrivere con regole esplicite di tipo deduttivo (intuizioni dei parlanti sull'accettabilità o grammaticalità o meno) degli enunciati. Io vado a scuola è corretto. Io andiamo a scuola no. E' possibile attuare lo stesso approccio con gli enunciati metrici? Forse. A patto che il giudizio metrico si applichi ad una lingua seconda, altra, e non ad una lingua materna come la linguistica. Cornulier nel 1982 pone il problema della riconoscibilità al primo colpo d'occhio dell'isosillabismo ovvero dell'uguaglianza del numero delle sillabe. Sostiene che si riconosce l'irregolarità di misura tra due serie di sillabe se il numero non supera 8. E' questa percezione dell'isosillabismo che permette di riconoscere il verso.

Partendo da questo spunto e applicandolo alla metrica italiana, si noterà che anche qui c'è una misura al di sopra e al di sotto della quale i versi si sovrappongono dal punto di vista della riconoscibilità. Fino al settenario i versi sono riconoscibili per il solo fatto di essere dello stesso numero di sillabe (a prescindere dalla posizione degli accenti). Dall'ottonario in su, per riconoscere che due versi sono di lunghezza uguale fra loro (es. due ottonari) è necessario l'aiuto della disposizione degli accenti. Dall'ottonario in su, la posizione dell'accento è condizione senza la quale non si percepisce se i due versi sono dello stesso numero di sillabe. Problemi per l'endecasillabo: gli accenti che hanno funzione metrica devono corrispondere ala normale accentazione della lingua? Cioè si devono ipotizzare certe sillabe toniche anche se non lo sono nella lingua parlata? La varia configurazione degli accenti nel verso, secondo la lingua, è un fatto ritmico e stilistico, del quale non si da regola ma che si può descrivere con spoglie statistiche al fine di essere poi confrontabili tra loro. Per esempio il fatto che nell'endecasillabo la 4° e la 6° non siano quasi mai entrambe atone risulta un fatto statistico che dopo un certo periodo di assestamento sembr apoi essersi affermato. METRO E LINGUA: ACCENTO, RIMA E SINTASSI La versificazione delle lingue romanze si fonda sul numero delle sillabe e sull'accento, e questa è una conseguenza della perdita dell'opposizione di quantità sillabica che era invece propria delle lingue classiche. Come abbiamo appena visto, la versificazione sillabico-accentuale fa si che il numero di sillabe di una serie dipenda dalla posizione dell'accento finale della serie stessa. E che nei versi da 8 sillabe in sula posizione di certi accenti è determinante per riconoscere se due versi sono della stessa misura. L'ACCENTO. Con accento obbligatorio si intende il fatto che una determinata sillaba del verso deve essere tonica. Co n accento principale si intende che l'accento su alcune sillabe del verso è più importante e caratterizzante per definire il metro o il ritmo. Possono infatti ricadere sulla 4° o sull'8° sillaba. E questo non a caso: è infatti in quella porzione di segmento metrico che l'andamento del verso acquista la sua specifica fisionomia ed è proprio in quell'area che maggiormente agiscono il richiamo del verso. Dall'ottonario e all'endecasillabo non vi è accento obbligatorio ma solo principali. Per questo l'individuazione del metro può non risultare immediata e siamo a volte costretti di contare a ritroso il numero delle sillabe affinché ritornino. L'accento principale invece non incide sulla conformità del verso ma caratterizza i tipi principali del ritmo. Vi possono essere anche accenti secondari che sono tutt'altro che meno importanti. Es. l'endecasillabo leopardiano che dà risalto ai secondari: Sèmpre càro mi fù quest'èrmo còlle fù è la sesta sillaba con accento principale. Eppure l'enunciazione delle altre sillabe dagli accenti secondari attenuano l'accento principale dando al verso un'intonazione diversa, che porta alla contemplazione, insieme a lui, dell'infinito. Nell'endecasillabo è obbligatorio l'accento sulla 4° o sulla 6° (oltre che all'obbligatoria 10°). Se sono toniche entrambe l'accento obbligatorio dipende dall'interpretazione ritmica del verso. Ok, ma perché? Perché l'endecasillabo è l'adattamento italiano del decasillabo galloromanzo.

In definitiva, un verso è conforme al metro se ne è possibile una lettura che ponga l'accento dove deve cadere un accento obbligatorio. Questa lettura è quella da adottare e può anche essere incompatibile con l'intonazione normale del parlato e non essere adottata in nessun'altra circostanza. La presenza di due sillabe accentate contigue avviene solo quando abbiamo una parola accentata seguita o preceduta dall'accento obbligatorio. es. recitò male? Caffé caldo latte caldo in questi casi l'accento necessario è quello obbligatorio. Marcare o meno gli altri dipende da una scelta di lettura. Se nessuno dei due accenti a contatto invece è quello obbligatorio il problema non si pone: marcare entrambi interponendo una lieve pausa, o uno solo o nessuno dei due dipende esclusivamente dall'interpretazione ritmica del verso. LA CESURA la cesura è la separazione in due di un verso o più versi come accade nei doppi settenari. E' una pausa di intonazione. Nell'endecasillabo ne determina una parte iniziale ed una finale. A differenza di due versi distinti, nonostante rappresenti una pausa, possiamo incontrare casi di elisione e sinalefe. LA RIMA Ogni lingua possiede gruppi di parole che condividono una porzione sonora più o meno ampia. L'allitterazione per esempio consiste nella ripetizione di suoni. Es. dal primo giorno ch'i' vidi il suo viso in questa vita, infino a questa vista. La v è un'allitterazione. Tali figure diventano fatti metrici in relazione con la struttura del verso. Ma la figura di relazione fra segmenti sonori più importante è la Rima. Essa è l'identità dei suoni della parte finale di due parole a partire dalla vocale tonica compresa. Es. V ita- smarrita; oscuradura. Normalmente la rima mette in relazione due o più versi. Può capitare che la rima sia interna al verso. In questo caso mette in relazione un primo emistichio con la fine del verso stesso o di un altro verso o fra loro due emistichi di due versi distinti. Nel caso di rima meno estesa e riguardare solo le vocali a partire dall'ultima tonica. In questo caso avremo un'assonanza: dIcE – venIssE. Assonanza che può essere limitata alla sola vocale tonica: fAre- fAtto. Oppure riguardare solo le consonanti: veNTo- taNTa. O consonanti e vocali: bevENDO-bANDO. In questi casi avremo una consonanza. Assonanza e consonanza costituiscono la rima imperfetta. FUNZIONI DELLA RIMA La rima ha funzione demarcativa, strutturante, associativa e ritmica. La f. demarcativa consiste nel nel fatto che la rima è associata regolarmente al limite dell'unità metrica e ne rinforza la percezione con il suo ritorno (sia essa verso o emistichio). La f. strutturante: la rima non determina la struttura del verso che di per sé è determinato da numero di accenti e sillabe ma la sottolinea. Per funzione strutturante s'intende la disposizione delle rime come elemento della costruzione di strutture strofiche tramite lo schema delle rime. Abbiamo dunque rima baciata AA BB, alternata AB AB, continua AA AA, la sesta rima AB AB CC, la rima incrociata AB BA AB BA (forma tipica del sonetto), la terza rima dantesca ABA BCB CDC, rima replicata ABC ABC o rime invertite ABC CBA. La f. ritmica in quanto la ripetizione di segmenti sonori in posizioni chiave è un elemento rilevante del testo stesso. E' al tempo stesso associativa perché associa tra loro più parole ponendo inevitabilmente tra loro funzione sintattica e loro significato.

METRO E SINTASSI Le norme metriche non sono fatti sintattici. Un verso non sarebbe un verso se fosse esclusa la possibilità di interrompere tra un verso e l'altro dei nessi sintattici. Questa anzi è l'unica caratteristica che distingue il verso libero dalla prosa. Sono fatti stilistici non vincolati da regole ma rapportabili all'uso che è diverso secondo gli autori, i generi e le epoche. Lo studio di questi rapporti è perciò significativo per descrivere lo stile di autori e testi. La maggiore attenzione riguarda il rapporto fra metro sintassi è sempre attirata dalla coincidenza o non coincidenza fra limite del verso e limite di frase o giunture sintattiche. Questa mancata coincidenza si chiama enjembement o accavallamento per indicare la parte più breve o meno autonoma dell'unità sintattica spezzata dal limite di verso. METRICA E TESTO Il duecento non ci ha lasciato nessuna trattazione teorica sulla versificazione italiana. Poche testimonianze nel Trecento e nel Quattrocento. Anche nel Cinquecento non abbiamo testi in grado di rispondere alle domande della ricerca metrica moderna. La fonte principale della conoscenza delle regole metriche e dell'uso stilistico degli autori è perciò lo studio dei testi. E' dunque indispensabile valutare se e fino a che punto il testo che si esamina corrisponda a quello...


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