Nozioni DI Metrica Italiana PDF

Title Nozioni DI Metrica Italiana
Author Alessandra Tonella
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Siena
Pages 13
File Size 248.3 KB
File Type PDF
Total Downloads 40
Total Views 152

Summary

riassunto esauriente, organizzato e sistematico dei contenuti del libro. può essere usato per uno studi completo ma anche per il ripasso....


Description

NOZIONI DI METRICA ITALIANA -COMPENDIO MINIMO-

METRICA → necessaria per comprendere la poesia: non aggiunge significato al testo ma fornisce informazioni nuove (periodo di composizione, stile, tematiche). In campo filologico essa è utile per individuare le modifiche apportate durante le numerose copiature (ciò non sarebbe possibile con la poesia del 900 in quanto caratterizzata da una metrica ibera). METRO → insieme delle regole e degli elementi che definiscono un modello. VERSO → unità minima del discorso poetico. Deriva dal latino vertere, tornare indietro. Il verso non è determinato da scansioni sintattiche o semantiche ma da elementi fonici (sillabe), il cui numero ne stabilisce il tipo. SILLABA → unita ritmica dell’enunciato (è un’unita di tempo) su cui si basa la versificazione. La lingua italiana è infatti caratterizzata dall’isosincronismo sillabico (la lunghezza di una parola non si basa sul numero di lettere ma sul numero di sillabe che la compongono). Per determinare il tipo di verso non è sufficiente il computo sillabico, ma è necessario ricordare, nel contare le sillabe, di considerarne l’uscita piana, anche nel caso il verso sia tronco o sdrucciolo. 

Piano (una sillaba atona dopo la vocale tonica)



Sdrucciolo (2 sillabe atone dopo la vocale tonica)



Tronco (ultima sillaba tonica)

Un ulteriore distinguo è stato introdotto da dante, il quale considera i versi parisillabi come inadatti alla poesia elevata, la quale dovrebbe contemplare soltanto versi imparisillabi.

ISOSILLABISMO → la versificazione italiana è tradizionalmente isosillabica, tutti i versi, cioè, hanno lo stesso numero di sillabe. ANISOSILLABISMO → in poesia antica l’isosillabismo convive con l’anisosillabismo, per il quale si tollera una certa variabile del numero delle sillabe dal verso base (raramente più di una), continuando a considerare i versi come dello stesso tipo. Ciò succede in quanto in questa poesia, nella gerarchia degli elementi metrici prevale la rima sul computo sillabico. VERSOIPERMETRO → verso che eccede, solitamente di una sillaba, la misura prevista. VERSO IPOMETRO → verso che non raggiunge, solitamente per una sillaba, la misura prevista.

RITMO → disporsi di elementi significativi nel tempo. È determinato dal posizionamento degli accenti sulle sillabe del verso nel componimento. METRO → insieme delle regole che determinano il ritmo accentuativo nella versificazione. Queste regole servono anche a definire la forma metrica di un componimento. PROSODIA → insieme delle regole riguardanti la quantità delle sillabe e la loro successione all’interno di un componimento. ACCENTO → conferisce maggiore forza alla sillaba su cui cade (sillaba tonica). L’accento ritmico non coincide necessariamente con l’accento grammaticale. Tale mancata coincidenza avviene adeguando l’accento della parola a quello del verso e facendo assumere ad essa la sua accentazione latina o provenzale (ictus). 

Diastole (spostamento in avanti dell’accento)



Sistole (spostamento indietro dell’accento)

Anche iati e dittonghi possono adeguarsi alle esigenze della versificazione:  Dieresi (due vocali consecutive all’interno di una parola, le quali formerebbero un dittongo, vengono considerate come due sillabe distinte.)  Sineresi (due vocali consecutive, le quali formerebbero uno iato, vengono considerate come una sola sillaba.)  Dialefe (la vocale finale e quella iniziale di due parole contigue vengono contate come sillabe distinte)  Sinalefe (la vocale finale e quella iniziale di due parole contigue vengono considerate appartenenti ad un’unica sillaba.) È considerata forma normale la sinalefe, mentre si considera eccezione la dialefe. L’autore, comunque, può decidere di evitare l’incontro tra le due vocali sopprimendo quella finale della prima parola ( elisione) o quella iniziale della seconda ( aferesi). Raro è il fenomeno della crasi, ovvero la fusione delle vocali. Necessarie alla versificazione sono spesso anche l’apocope e l’epitesi, le quali permettono rispettivamente la creazione di versi sdruccioli e di versi piani, rimuovendo o aggiungendo una vocale in finale di parola. Ugualmente utile al mantenimento dell’isosillabismo tra i versi è la sincope, ossia la caduta di una vocale interna alla parola. Tradizionalmente, alcuni versi hanno accentazione variabile, altri accentazione fissa. Hanno accentazione fissa: 

Dodecasillabo (3°, 6° e 9° sillaba)



Novenario (2°, 5° e 8° sillaba)



Ottonario (3° e 7° sillaba)



Esametro (2° e 5° sillaba)

Hanno accentazione variabile: 

Endecasillabo (10° e 4° o 6° sillaba.)



Settenario (6° e una delle prime quattro sillabe)

Per determinare la posizione degli accenti variabili si possono considerare le parole che verrebbero cosi accentate. Secondo Marco Pranloran: Sono parole atone: 

Articoli



Preposizioni



Congiunzioni



Pronomi personali di una sillaba seguiti dal verbo.



Ausiliari di una sillaba seguiti dal participio.

Sono parole variabilmente atone: 

Ausiliari di due sillabe



Non, se in posizione non enfatica



Gli aggettivi di una sola sillaba

CESURA → in trattatistica latina era chiamata cesura quel limite di parola che cade all’interno dell’unità metrica. In poesia italiana è venuta ad indicare la divisione del verso in due emistichi. STROFE → struttura intermedia della poesia, non è necessariamente presente in ogni componimento. Può essere determinata da: 

Schema metrico



Susseguirsi regolare di versi



Spazio bianco (dopo il 900)

RIMA → è l’identità di suono (omofonia) della parte finale di due parole, evidenziandole e ponendole in reazione fra loro. Concorre a determinare le forma metrica del componimento.

La parola rima deriva dal latino ritmus, con cui si indicavano le forme di poesia romanze, ovvero le quali non seguivano più la metrica quantitativa tradizionale ma quella fondata sul computo sillabico. Per secoli la rima è stata la caratteristica denotativa della poesia in volgare, tanto da non poter essere omessa (in sua assenza il verso non era detto infatti senza rima, ma con rima irrelata.)

SCHEMI DI RIME 

Rima baciata (AA BB CC)



Strofa monorima (AAAA)



Rima alternata (ABAB CDCD EFEF)



Rima incrociata (ABBA CDDC EFFE)



Rima incatenata (ABA BCB CDC)



Rima replicata (ABC ABC)



Rime invertite o retrogradate (ABC CBA)



Rima costante (aaaX bbbX cccX)

IDENTITÀ FONETICHE 

Rima perfetta (identità di tutte le lettere dell’ultima tonica)



Assonanza (identità delle vocali dell’ultima tonica)



Consonanza (identità delle consonanti dell’ultima tonica)

RIME TECNICHE 

Rima difficile (parole che rimano con poche altre.)



Rima facile (parole che rimano con molte altre, come la rima desinenziale.)



Rima ricca (coinvolge lettere precedenti all’ultima tonica.)



Rima derivativa (contiene l’intera parola con cui rima.)



Rima grammaticale



Rima equivoca (tra parole identiche foneticamente ma diverse nel significato)



Rima franta (due o più parole compongono il suono che costituisce la rima.)



Rima per l’occhio (c’è identità grafica ma non fonetica.)



Rima in tmesi (la parola è spezzata tra due versi, cosi da formare la rima.)



Rima ipermetra (una parola piana rima con una parola sdrucciola.)



Rima al mezzo (la parola a fine verso rima con la parola finale del primo emistichio)



Rima interna (la parola a fine verso rima con una parola all’interno del ver4so successivo)

 Rima sineretica (rima interna o al mezzo in cui la forma bisillabica di un nesso di vocali in fine verso rima con la forma monosillabica posta all’interno)  Rima apocopata (la sillaba finale rima con la stessa sillaba in forma apocopata, ovvero mancante dell'ultima vocale.)

FORME METRICHE → schemi di versi e strofe che si sono codificati nel tempo. In base alla rigidità delle regole che le definiscono, esse possono essere:  Regolate (ovvero aventi precise regole strutturali, le quali lasciano un certo margine di libertà all’autore.)  Fisse (aventi uno schema di regole fortemente vincolante, nel qual è preordinata la dimensione totale del testo.) 

Libere (forme senza schema, con rime liberamente disposte)



Discorsive (forme lunghe della poesia narrativa, epica e didascalica)

FORME REGOLARI DELLA POESIA LIRICA 

CANZONE  strutturata in stanze (normalmente 5) che si ripetono secondo uno schema, cui segue in conclusione una stanza ridotta, la quale assume il nome di congedo. Lo schema della stanza può essere creato appositamente per il componimento stesso o seguendo modelli autorevoli. Solitamente intervallando due tipi di verso, spesso endecasillabi e settenari, i più diffusi in metrica italiana. Ogni stanza è articolata in due parti: fonte e sirma. La fronte è ulteriormente divisibile in due piedi, la sirma è indivisibile. Nel duecento si afferma anche una canzone quadripartita, con la fronte articolata in due piedi e la sirma in due volte. Sporadicamente la fronte può essere indivisibile e la sirma divisa in due volte, benché questo sia un caso del tutto insolito. La divisione principale tra fronte e sirma prende il nome di diesis. La stanza indivisa, seppur rara, è presente nella poesia italiana, in particolare nella sestina lirica.

Se lo schema di versi si ripete sempre uguale, stessa cosa non si verifica in relazione alle rime. Le stanze con innovazione di rime sono dette stanze divise. Il numero di versi che compongono ogni piede è variabile, alla chiusura del secondo piede tutti i versi devono aver rimato (fa eccezione la stanza indivisa, dove nessun verso rima internamente alla stanza stessa, ma tutti hanno corrispondenza nella stanza successiva). Solitamente l'ultimo verso della fronte (o del secondo piede) rima con il primo della sirma, tale rima prende il nome di concatenatio. Dopo Dante tale forma è prevalente, insieme alla consuetudine di non riprendere alcun’altra rima utilizzata nei due piedi all’interno della sirma. Tuttavia questa non è una regola assoluta, nemmeno in Petrarca. Lo schema della sirma è libero, benché alcune forme siano più frequenti di altre come ad esempio la rima incrociata (la cui combinazione più diffusa la vede composta da tre endecasillabi e un settenario al terzo posto) o la rima baciata finale (combinatio) raccomandata da dante. Nella poesia più antica è frequente anche l’uso di una serie di distici a rima baciata, posti dopo la concatenatio. Dante ammette anche che uno o due versi della sirma non rimino all’interno della stanza stessa, trovando corrispondenza nelle altre stanze, dando a questa figura il nome di chiave. Altre forme di collegamento fra stanze sono: a)

La coblas capcaudatas (l’ultimo verso della stanza rima con il primo della successiva.)

b) La coblas capfinidas (il primo verso di una stanza riprende una parola o un’espressione usata nell’ultimo verso di quella precedente.) c) La coblas capdenals (il primo verso di ogni stanza presenta marcate analogie con i primi versi delle altre.) 

STANZA → la struttura della stanza, isolata, può costituire un componimento indipendente (coblas esparsa). Questa comunque è poco utilizzata in Italia, dove in sua vece è preferito il sonetto.



DISCORDO → forma dei trovatori provenzali, ebbe una fortuna limitata nel periodo delle origini. È caratterizzata da più stanze di diverso schema, aventi ognuna forme di simmetria interna.



SESTINA → nata in Italia con dante su modello di uno schema di Arnauld Daniel, la sestina lirica è una forma di canzone a stanze indivisibili, divenuta dal quattrocento una forma fissa e codificata da precise regole: a) Nessun verso rima all’interno della stanza, ma tutti trovano corrispondenza nelle altre. b) Le rime consistono esclusivamente in parole-rima, i versi che rimano fra loro, dunque, finiscono sempre con la stessa parola. c) La posizione delle rime è invertita di strofa in strofa, cominciando, secondo il principio della coblas capcaudatas, (ABCDEF FAEBDC …)

d) Il congedo, pur avendo lunghezza di soli tre versi, riprende tutte le parole-rima del componimento, ponendone tre di esse come rime al mezzo. 

CANZONE (o ODE) PINDARICA → sistema metrico ispirato alle odi di Pindaro: a una strofe e a un’antistrofe aventi stesso schema di versi e rime, segue un epodo con schema diverso. L’insieme di queste tre parti, detta triade, può essere ripetuta più volte.



CANZONE-ODE → canzone semplificata elaborata nel 500 su modello dell’ode oraziana in strofe da quattro versi. è caratterizzata d a stanze brevi di endecasillabi o endecasillabi e settenari. In particolare si afferma l’uso della quartina di endecasillabi con rima ABBA o ABAB.



ODE-CANZONETTA → sono compresi in questa categoria testi leggeri e “cantabili” ma anche di stile e tema alti, cui ci si riferisce come odi. Come la canzone-ode, la caratteristica principale dell’odecanzonetta è il testo strofico; essa si distingue pero dalla forma precedente in quanto può comprendere testi scritti in versi (generalmente brevi) diversi dall’endecasillabo e dal settenario, anche con la commistione di parisillabi e imparisillabi. Le rime sono normalmente anche tronche e sdrucciole, con i versi sdruccioli lasciati irrelati. Le strofe non hanno partizione interna, anche se dal seicento entra nell’uso la possibilità di utilizzare due strofe diverse, che vengono ripetute in coppia come se si trattasse di una strofa bipartita. Sottogenere molto diffuso è quello della quartina savioliana in settenari sdruccioli non rimati, alternati a settenari piani rimati.



ARIA → genere di poesia per musica, si può presentare isolato o all’interno della struttura del melodramma o della cantata. La sua struttura corrisponde generalmente a quella dell’ode canzonetta, solitamente limitata a due stanze collegate fra loro.



SONETTO →forma metrica italiana, creata in ambito siciliano, probabilmente da Giacomo da Lentini, assolve quella che nella poesia provenzale è la funzione ricoperta dalla coblas esparsa, ovvero dalla stanza di canzone isolata ed indipendente (come testimoniato dal suo uso come metro tipico della tenzone e dall’impiego antico di esso come strofa vera e propria all’interno di componimenti più ampio) Frequentissimo in tutte le epoche, è stato utilizzato per i generi più diversi. Nella forma normale esso è composto da 14 endecasillabi ed è diviso in due parti, rispettivamente di 8 e 6 versi. La prima sezione è ulteriormente divisibile in due quartine o, più anticamente, in quattro distici, la seconda in due terzine. Le varianti principali alla struttura del sonetto consistono in un suo ampliamento: a) Il sonetto reinterzato è un sonetto rafforzato dall’inserzione di versi settenari dopo ogni verso dispari dell’ottava e dopo il primo e il secondo verso delle due terzine; ogni settenario rima con l’endecasillabo che lo precede (rima reinterzata). Dante adotta una variante che non prevede l’inserimento del settenario dopo il primo verso delle terzine, ma soltanto dopo il secondo; questo tipo di componimento è chiamato anche sonetto doppio. b) Il sonetto ritornellato, prevede invece l’aggiunta di un’appendice ai 14 versi tradizionali, costituita da un solo verso (ritornello) o da un distico (ritornello doppio). c) Il sonetto caudato è la forma più importante di ampliamento del sonetto, che avviene aggiungendo alla forma normale un settenario in rima con l’ultimo verso delle terzine e un distico a rima baciata. Il sonetto caudato ha avuto la sua più ampia diffusione nel contesto

della poesia comico- realista. La coda può essere replicata a piacere; in caso di innumerevoli code il componimento può assumere il nome di sonettessa. Altra possibile variante del sonetto è il sonetto minore, i cui versi sono minori dell’endecasillabo. Presente in maniera molto minoritaria in poesia antica esso ha un rilevante successo nel settecento. 

BALLATA → originariamente forma di poesia per musica, è composta da strofe o stanze e caratterizzata dalla presenza della ripresa ovvero di un ritornello che precede il testo e che, nella sua esecuzione musicale è ripetuto tra una stanza e l’altra e a fine componimento. La ripresa a fine componimento può essere sostituita da un testo diverso, avente però stesso schema, in questo caso detta replicazione. All’interno del componimento tutte le stanze terminano con la stessa rima, benché frequentemente la ballata sia composta da un’unica strofa.



ZAGIALESCA → forma di ballata derivante dalla romanza strofa zagialesca, ampiamente diffusa nel medioevo e a sua volta derivata forse dallo zejel, un metro arabo (un sistema strofico corrispondente è utilizzato anche nell’innologia medio-latina, è dubbio neanch’esso sia derivato dalla strofa araba o se costituisca una fonte alternativa ad essa). Essa è caratterizzata da una ripresa di due versi a rima baciata e da strofe di quattro versi, con i primi tre in rima fra loro e il quarto in rima con il distico della ripresa.



BALLATA ANTICA (o ITALIANA) → forma con canzone e sonetto il canone tipico delle forme liriche del ‘200. Nella sua forma profana di stile elevato essa applica la stessa limitazione di versi presente nella canzone, utilizzando soltanto endecasillabi e settenari (cin numerose ballate di soli endecasillabi); nella lauda sono invece possibili anche altri tipi di verso, comprese forme di anisosillabismo. La stanza della ballata si presenta bipartita: mentre la prima parte è ulteriormente divisibile in due piedi o mutazioni, consistenti ognuna in 2, 3 o 4 versi, dello stesso tipo e nello stesso ordine, variamente rimati, ma sempre in maniera tale da non lasciare versi irrelati; la seconda parte, avente stesso schema di versi e di rime della ripresa, prende invece il nome di volta. Solitamente il primo verso della volta rima con l'ultimo della seconda mutazione. In base al tipo e al numero di versi della ripresa, è possibile distinguere più sottogeneri: a) La ballata grande, con ripresa di 4 versi b) La ballata mezzana, con ripresa di 2 endecasillabi + 1 settenario c) La ballata minore, con ripresa di 2 versi d) La ballata piccola, con ripresa di un solo endecasillabo e) La ballata minima, con ripresa di un solo verso La ripresa può contenere versi che rimangono irrelati all'interno della stessa; se ad essere irrelati, è l'ultimo verso esso non risulta tale all'interno dell'intero testo, in quanto rima con il verso finale di ogni stanza. Se ad essere senza rima corrispettiva è invece il primo verso, esso rimane irrelato.



BARZELLETTA →ballata pluristrofica di ottonari o settenari, di destinazione musicale, diffusa nel 300 e nel 400 con schema xyyx ababbccx, dove spesso la volta riprende non soltanto l’ultima rima della ripresa ma le ultime 3 (risultando quindi xyyx ababbyyx.)



MADRIGALE TRECENTESCO → forma breve di poesia per musica, costituita da un numero variabile (da 2 a 5) di terzine, concluse solitamente da un distico, da un verso isolato o da una coppia di distici. Gli schemi delle rime sono vari, i ...


Similar Free PDFs