Le scelte di struttura dei costi PDF

Title Le scelte di struttura dei costi
Author Simone del Rosso
Course Economia aziendale e gestione delle imprese
Institution Università LUM Jean Monnet
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I volumi prodotti e l’economicità Il modello che utilizziamo per indagare le relazioni fra volumi effettivi, costi e risultato economico è noto come modello costi-volumi-risultati. Questo modello è utile anche per analizzare l’impatto sull’equilibrio reddituale delle diverse scelte aziendali che possono modificare la struttura di costo o di ricavo. I fattori che determinano il risultato economico conseguito dalle imprese in un determinato periodo possono essere ricondotti a tre classi fondamentali:   

Gli elementi strutturali; Il livello dei prezzi-costo e dei prezzi-ricavo; I volumi;

Gli elementi strutturali Fattori come la capacità produttiva, l’esperienza, la specializzazione, l’estensione verticale e orizzontale possono essere definiti determinanti strutturali dei costi in quanto il loro configurarsi determina la struttura e le modalità di funzionamento dell’azienda. Se si vuole intervenire sulle economie di tipo strutturale occorre apportare variazioni alla struttura aziendale: a. Maggiori economie di scala possono essere conseguite aumentando la CP dell’impianto di produzione. b. Il conseguimento di economie di esperienza implica modifiche continue nel modo in cui l’azienda opera. c. L’ottenimento di maggiori economie di scopo implica la necessità di allargare la gamma dei prodotti e servizi offerti. I ricavi totali, i costi totali e i risultati reddituali saranno legati soprattutto al configurarsi di due classi di fattori: 1. I prezzi ricavo e i prezzi costo; 2. I volumi effettivamente prodotti e venduti nel periodo considerato; Il livello dei prezzi È determinato da elementi interni:   

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La politica dei prezzi decisa dall’impresa; La forza del marchio; Premium price (il prodotto viene venduto ad un prezzo più elevato rispetto al prezzo medio praticato dalla concorrenza. Ottenere un premium price indica che il prodotto offerto presenta qualità superiori e contenuto tecnologico superiore rispetto ai sistemi di prodotto della concorrenza); Volumi acquistati; Potere contrattuale della politica di approvvigionamento dell’impresa.

È determinato da elementi esterni:    I volumi

Presenza di concorrenti; Andamento del mercato di sbocco; Situazione competitiva dei settori di approvvigionamento dell’impresa.

La principale determinante dei costi di breve periodo è rappresentata dai volumi. Data una certa CP e dati i costi fissi e variabili a questa associati, l’effettivo ammontare dei costi che l’impresa dovrà sostenere sarà infatti legato ai volumi effettivamente prodotti, ovvero al grado di saturazione della CP predisposta. a. I volumi influenzano sia l’ammontare dei costi totali, sia i costi unitari effettivi dei beni prodotti, in quanto al variare dei volumi varierà la quota dei costi fissi da imputare alle singole unità prodotte. b. I volumi, oltre ad influenzare il livello effettivo dei costi, determinano il livello effettivo dei ricavi e il reddito operativo conseguito dall’impresa. I prezzi di vendita che l’impresa ha deciso di praticare influenzano sia i volumi venduti sia la possibilità di conseguire certe economie strutturali. c. I volumi effettivamente prodotti in un dato periodo influenzano le economie di esperienza, cumulandosi ai volumi realizzati nei periodi precedenti; la CP dell’impresa determina l’intervallo entro il quale si possono collocare i volumi effettivamente realizzati. L’analisi dei costi-volumi-risultati Consente di illustrare le relazioni che esistono fra i volumi di beni effettivamente prodotti e venduti da un’impresa e i risultati operativi da questa conseguiti. Gli effetti delle molteplici azioni che si possono intraprendere per migliorare il risultato di una attività economica possono essere classificati in tre grandi categorie:   

Variazione nei volumi Variazioni nei costi Variazioni nei prezzi di vendita

Tipologie di costo Costi variabili. Si definiscono variabili i costi direttamente e strettamente correlati al volume di produzione e vendita (provvigioni di vendita/consumi di materie prime/lavorazioni esterne). Fra volumi e costi variabili esiste una relazione lineare. In realtà variazioni molto consistenti nei volumi implicano variazioni nei costi variabili unitari e una relazione non lineare fra volumi e costi variabili totali.  Costi fissi. Si definiscono fissi, tutti i costi che non risultano direttamente e strettamente correlati al volume di produzione e vendita (affitti, quote di ammortamento, pubblicità, consulenze legali e amministrative). L’analisi costi-volumi-risultati assume l’ipotesi che i costi fissi rimangano costanti, qualsiasi sia il volume realizzato. In realtà anche i costi fissi tendono ad aumentare di fronte ad aumenti consistenti dei volumi, ovvero in corrispondenza di aumenti nei volumi che richiedono aumenti nella CP. Tuttavia i costi fissi sono asimmetrici rispetto a variazioni dei volumi. I costi fissi di gestione caratteristica possono essere ricondotti a due tipi: a) Costi fissi di struttura. Si tratta di costi fissi strettamente connessi alla CP in essere dell’azienda in un certo momento. Ridurre questi costi significa ridurre la CP, ossia i volumi di produzione e di vendita realizzabili nel breve periodo (costi del lavoro/manutenzioni/affitti). Una particolare categoria di costi fissi di struttura è rappresentata dagli ammortamenti delle immobilizzazioni che contribuiscono allo svolgimento delle attività di gestione caratteristica. b) Costi fissi di sviluppo. Si tratta di costi che sono fissi in quanto non variano direttamente in relazione al variare dei volumi di produzione e di vendita. Sono costi che non dipendono dalla CP, ma sono destinati a sostenere l’attività corrente e a porre le condizioni per lo sviluppo futuro dell’azienda (costi di ricerca e di sviluppo/di formazione del personale/di marketing e ricerche di mercato). Questi costi, non essendo collegati alla CP, possono essere variati più facilmente rispetto ai costi si struttura. Questi costi non rientrano nei costi variabili perché non sono direttamente correlati ai volumi di produzione e di vendita. I costi di sviluppo, poiché sostengono i ricavi 

dell’azienda nel corso di più esercizi, potrebbero essere considerati come immobilizzazioni immateriali e imputati ai diversi esercizi ai quali contribuiscono attraverso quote di ammortamento. Spesso le imprese preferiscono imputare tali costi interamente all’esercizio nel quale sono stati sostenuti. Eventuali tagli ai costi di sviluppo non avrebbero ripercussioni sull’attività dell’azienda nel breve periodo, permettendo il miglioramento del risultato reddituale con la riduzione dei costi fissi totali. Ma la conseguenze negative si manifesterebbero nel medio lungo periodo, quando cominceranno a farsi sentire gli effetti del mancato impegno nello sviluppo aziendale: perdita di immagine, mancanza di nuovi prodotti, riduzioni delle vendite e inefficienza nella produttività. Costi totali e unitari Sommando costi fissi e variabili otteniamo i costi totali di gestione caratteristica. Dal punto di vista grafico, la retta dei costi totali ha un punto di minimo pari all’ammontare dei costi fissi e la stessa inclinazione della retta dei costi variabili. Dividendo i costi totali per il volume di beni prodotti e venduti, si ottiene il costo totale unitario. Analizziamo due fenomeni: a. All’aumentare dei volumi i costi variabili totali aumentano, mentre i costi fissi rimangono invariati; b. All’aumentare dei volumi i costi variabili unitari restano invariati, mentre diminuisce la quota unitaria di costi fissi e, di conseguenza, diminuisce il costo totale unitario. Questo avviene in quanto lo stesso ammontare di costi fissi viene suddiviso su di un numero sempre più elevato di unità prodotte. Legge dei rendimenti decrescenti. Il punto di pareggio in volumi (ammontare di vendite che consente di coprire tutti i costi aziendali) QP = punto di pareggio espresso in quantità R = ricavi totali Ru x QP = CVu x QP + CF

QP = CF/(Ru – CVu)

MARGINE DI CONTRIBUZIONE  

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La differenza tra ricavi unitari e costi variabili unitari viene denominata margine di contribuzione unitario MDCu, per cui Q = CF/MDCu Il margine di contribuzione unitario può essere definito come il contributo che la vendita di ogni unità di bene prodotta e venduta porta alla copertura dei costi fissi di gestione caratteristica e alla formazione del reddito operativo. Il margine di contribuzione complessivo può essere calcolato moltiplicando il margine unitario per i volumi prodotti e venduti. Al fine di ottenere un indicatore relativo, è utile esprimere il margine di contribuzione in % dei ricavi. Il margine di contribuzione percentuale può essere ottenuto in due modi: 1. Il rapporto tra margine di contribuzione unitario e ricavi unitari; 2. Il rapporto tra margine di contribuzione totale e ricavi totali. Il margine di contribuzione percentuale può essere utilizzato per calcolare i ricavi di pareggio. Il punto di pareggio in fatturato si calcola dividendo il totale dei costi fissi per il margine di contribuzione percentuale dei ricavi: RP = CF/MDC%

L’analisi del grado di rischio operativo

Il rischio operativo di un’azienda è espresso dalla probabilità più o meno elevata di subire risultati reddituali particolarmente negativi o positivi in relazione al fluttuare dei volumi di produzione e vendita. Il rischio operativo è legato a due elementi della struttura economica delle imprese:  

Il livello del punto di pareggio. Il punto di pareggio rappresenta il volume raggiunto il quale i ricavi coprono tutti i costi. Il grado di elasticità operativa. È rappresentata dall’ampiezza della forbice fra ricavi e costi totali prima e dopo il punto di pareggio.

L’elasticità operativa di una azienda è legata all’incidenza dei costi variabili sui ricavi . Maggiore è tale incidenza più stretta risulterà la forbice, in quanto all’aumentare dei volumi aumenteranno rapidamente anche i costi variabili e ridotto sarà il margine lasciato per la copertura dei costi fissi . Se la forbice fra ricavi e costi è molto stretta prima del punto di pareggio, lo sarà anche oltre tale punto simmetricamente. a. Le aziende che presentano una struttura dei costi molto rigida (forbice tra ricavi e costi totali molto ampia), reagiscono male a diminuzioni nei volumi in quanto hanno limitate possibilità di comprimere i costi. In compenso questo tipo di azienda trae grande vantaggio da aumenti nei volumi, in quanto, al crescere di questi, i costi aumentano, ma in misura contenuta. b. Le aziende che presentano una struttura dei costi molto flessibile (forbice molto stretta), non risentono in modo pesante di eventuali riduzioni nei volumi in quanto sono in grado di comprimere in misura significativa i costi. Questo tipo di aziende vede migliorare i propri risultati economici molto lentamente all’aumentare dei volumi, in quanto registra, insieme all’aumento dei ricavi, un rapido aumento dei costi. In genere i due elementi del rischio operativo risultano legati, in quanto le imprese che presentano un elevato punto di pareggio tendono anche ad avere une elevato grado di rigidità operativa, mentre quelle che hanno un punto di pareggio basso in genere sono più flessibili. Questo avviene perché esiste correlazione negativa fra costi fissi e costi variabili: aumentando i costi fissi è possibile ridurre l’incidenza dei costi variabili sui ricavi. Sebbene le imprese operativamente rigide in genere presentino un punto di pareggio più elevato rispetto alle imprese flessibili, non bisogna confondere la misura del punto di pareggio con quella del grado di flessibilità operativa. Il punto di equilibrio reddituale La formula del punto di pareggio può essere adattata al fine di ottenere il volume di vendite che consente di coprire sia i costi di gestione caratteristica, sia quelli finanziari e fiscali e, quindi, di ottenere un risultato reddituale netto pari a zero. È anche possibile determinare il volume di vendite che consente sia di coprire tutti i costi sia di ottenere l’equilibrio reddituale. A questo fine, occorre aggiungere ai costi fissi il reddito operativo desiderato, nella formula del punto di pareggio. Tale reddito deve essere calcolato in modo tale da coprire i costi extra gestione tipica e da costituire l’utile netto desiderato. L’analisi degli scostamenti Il modello costi-volumi-risultati può essere utilizzato anche per rappresentare i programmi di un’impresa riferiti, ad esempio, ad un anno. Fatte le scelte di dimensionamento della CP e di combinazione dei costi fissi e variabili, l’impresa ipotizza un certo prezzo e un certo volume di vendita; il programma di un certo anno può essere rappresentato in uno schema che quantifica:   

I volumi da produrre e da vendere; I prezzi unitari medi da applicare ai clienti; I ricavi totali previsti;

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I costi fissi previsti; I costi unitari variabili previsti; Il reddito operativo della gestione caratteristica previsto....


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