marketing dei beni di lusso - le basi PDF

Title marketing dei beni di lusso - le basi
Author Eleonora Lucetti
Course marketing
Institution Scuola Superiore per Mediatori Linguistici Carlo Bo
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Summary

Definizione di lusso, piramide del lusso di Allérès, brand heritage, consumatori del lusso, definizioni di marketing e bisogni del consumatore...


Description

MARKETING DEI BENI DI LUSSO: I beni di lusso → sono quelli che mostrano particolare attenzione verso design e materiali di qualità ed hanno elevata capacità comunicativa (il lusso nasce in opposizione a normalità, convenzione e a tutto ciò che è accessibile alla massa) Attraverso tali beni si manifesta lo status sociale → l'acquisto di un bene di lusso diventa un traguardo per raggiungere un'affermazione sociale (concetto collegato anche a quello di bisogno) BENE DI LUSSO → prodotti e servizi appartenenti a diverse categorie merceologiche che spesso non coincidono; I settori di origine da cui derivano tradizionalmente i beni di alta gamma sono: – abbigliamento e calzature, cosmesi, gioielleria, orologeria, pelletteria, profumeria, occhialeria A questi otto settori, legati al sistema moda, si possono aggiungere alcuni settori emergenti: – settore automobilistico e nautico, hotel e ristorazione, arte e beni culturali, vino e alimentari, ma anche crociere, servizi culturali ecc.. Una delle rappresentazioni che meglio descrive il luxury business è “La piramide del lusso” di Allérès: più ci si muove verso il vertice, più aumenta rarità ed esclusività del bene o servizio. -EXTRA LUSSO: beni che si distinguono per tradizione ed

unicità (custom made); il concetto di unicità prende forma anche nella difficoltà di reperimento del bene (distribuzione limitata e disponibilità ristretta a punti di vendita selezionati); ci sarà sempre futuro per il lusso inaccessibile poiché sempre sopravviverà una nicchia di lusso che vuole rimanere tale -LUSSO INTERMEDIO: beni di livello qualitativo notevole, elevato prezzo e distribuzione selettiva, ma con produzione su più larga scala e non risultano custom made → beni destinati a consumatori sensibili alla marca che, pur non potendo spendere cifre troppo elevate, sono disposti a un sacrificio economico per avere prodotto di tendenza appartenente a brand originariamente appartenente a lusso inaccessibile -LUSSO ACCESSIBILE: beni prodotti in serie e distribuiti su larga scala che, pur avendo contenuto stilisticamente alla moda presentano range di prezzo più contenuto → prodotti che possiedono vocazione di lusso ma prezzo accessibile al cliente medio; l'ampliamento della produzione e l'allargamento della gamma dei prodotti ha dato origine ai cosiddetti prodotti mastige che si posizionano tra il livello più alto del mass market e quello più basso del prodotto di lusso; → il PRODOTTO ICONA: è sostanzialmente un'immagine che sintetizza una marca (esempio: l'iconico zaino in nylon di Prada): il prodotto in questo caso racconta una storia, mette in evidenza un tema emotivo che è più forte del tema funzionale; BRAND HERITAGE → Il Brand Heritage è parte della brand identity e consiste nel rendere unico

il marchio valorizzando il patrimonio storico dell'impresa, per comunicare valori e identità del brand; è particolarmente importante nel settore del lusso, quando il patrimonio storico crea un collegamento tra passato e presente. Nel Made in Italy il brand heritage va spesso a legarsi con il concetto di impresa familiare, artigianalità e qualità del prodotto; gli strumenti utilizzati per valorizzare il patrimonio storico di un'azienda sono diversi, ad esempio il museo d'impresa, gli archivi, le mostre, le performance ed altre forme di storytelling (online o offline);

IL BRAND HERITAGE: Lo Storytelling Lo storytelling è una tecnica utilizzata per aumentare il coinvolgimento del consumatore ripercorrendo il cammino e le esperienze che hanno reso unica l'impresa e distintivi i suoi prodotti; valorizzare la storia di un'azienda permette ai brand di differenziarsi e creare un vantaggio competitivo, comunicare i propri valori, creare una connessione emozionale con il consumatore. Lo storytelling ha rappresentato un imperativo per l'industria di lusso per diverso tempo e non sorprende che questo sia diventato anche un processo digitale (l'80% delle vendite in ambito di lusso sono influenzate da quello che i clienti vedono online) → i brand del lusso devono trovare il giusto equilibrio fra mantenimento dell'eredità culturale e modernizzazione con canali digitali. Esempio storytelling offline → Gucci Garden: situato in Piazza della Signoria (Firenze), il Museo attraversa la storia del brand ma anche quella del gusto e dello stile italiano, osservando i mutamenti storici attraverso abiti ed accessori: l'esposizione si suddivide in sale a tema ispirate ai motivi iconici e ai simboli del brand; inoltre, per la campagna Cruise 2020, Gucci ha celebrato la sua eredità italiana con una serie di video in cui diversi personaggi celebri hanno interpretato la sua vision e i suoi valori. I CONSUMATORI NEL LUSSO: I consumatori dei settori del lusso possono essere suddivisi in 3 categorie principali: – ELITARI: sono portatori di una visione tradizionale nei confronti del lusso, considerandolo compatibile solo con una ristretta élite di privilegiati; credono che il lusso sia prerogativa esclusiva di persone con elevato capitale culturale per poter apprezzare complessità estetica delle opere d'arte; per loro il lusso deve essere inaccessibile dal punto di vista del prezzo e incompatibile con produzione di massa (per loro le marche di lusso devono essere costose per definizione e reperibili solo in ristretto numero di negozi selezionati).Essi costituiscono il target privilegiato delle prime linee delle collezioni. – DEMOCRATICI: per loro il lusso deve essere accessibile e non devono essere necessarie particolari risorse economiche per poterne fruire; i democratici sono destinatari di quelle categorie che consentono ai marchi di lusso di generare volumi di vendita tramite politiche di brand extension; queste estensioni di linea (pur perseguendo una strategia di premium price) comportano livelli di spesa accessibili al consumatore medio e quindi compatibili con il mercato di massa → sono consumatori disposti a pagare un premium price all'interno di una categoria merceologica dai prezzi relativamente contenuti per accostarsi a marchi normalmente inaccessibili ed affacciarsi al ricco immaginario del lusso; → brand extension: strategia di marketing con la quale un brand si espande in un segmento diverso da quello in cui si è consolidata la sua notorietà; in sostanza, avviene quando un'impresa utilizza uno dei propri nomi di marca per un prodotto migliorato o un nuovo prodotto; → premium price: strategia di marketing che si basa su fissazione di un prezzo di vendita più alto rispetto alla concorrenza sul mercato; i prezzi premium si applicano ai prodotti e ai brand leader sul mercato, ritenute dai consumatori non facilmente sostituibili con prodotti o marche concorrenti (essi in genere compensano elevati costi di innovazione e marketing) – DISTANTI: si contraddistinguono per una visione negativa e per scarso interesse nei confronti del lusso; per loro il lusso rappresenta una realtà lontana a cui non possono o non desiderano appartenere → di conseguenza, possono nutrire atteggiamenti positivi nei confronti dei prodotti contraffatti. COS'E' IL MARKETING? Secondo Kotler, “Il marketing è il processo sociale e manageriale mediante il quale una persona o un gruppo ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri bisogni e desideri creando, offrendo e scambiando prodotti di valore con altri. E' l'arte di individuare, creare e fornire valore per soddisfare le esigenze di un mercato di riferimento, realizzando un profitto.”

Così Philip Kotler definisce il marketing nella sua rinomata opera “Marketing Management”. La diffusione del noto concetto delle 4 P del marketing mix (Product, Price, Place, Promotion) si deve proprio a Kotler, anche se colui che l'ha introdotto a inizio anni '60 è stato Jerome McCarthy. Altre definizioni: – “L'insieme delle attività che mirano ad influenzare una scelta del consumatore o del cliente.” Russel Winer – “Processo di produzione, promozione, distribuzione e determinazione del prezzo di beni, servizi o idee al fine di porre relazioni soddisfacenti con il cliente.” William Pride O.C.Ferrel – “Una funzione organizzativa e un insieme di processi volti a creare, comunicare e trasmettere un valore ai clienti e a gestire i rapporti con essi in modo che diano benefici all'impresa ed ai suoi portatori di interesse.” American Marketing Association – “L'insieme delle operazioni messe in atto da un'azienda (marketing strategico e operativo) per assicurarsi la preferenza del cliente al fine di garantire all'impresa introiti maggiori.” Jean-Jacques Lambin I bisogni: Secondo KOTLER Il marketing non è in grado di creare bisogni, che già esistono e sono legati al vivere di ciascuno di noi, ma può creare una domanda per i beni e servizi che permettono di soddisfare un particolare bisogno; a tal proposito è utile analizzare la distinzione fatta da Kotler: – bisogno generico: sensazione di mancanza provata rispetto ad una condizione di soddisfazione generale legata alla natura umana – desiderio: un modo particolarmente chiaro di esplicitare un bisogno – domanda potenziale: un desiderio accompagnato da un potere o una volontà d'acquisto → bisogni generici e derivati: – un bisogno generico (Kotler) è un problema che un consumatore cerca di risolvere acquistando prodotti e servizi – un bisogno derivato (Abbott e Levitt) è una specifica risposta tecnologica ad un bisogno generico e rappresenta l'oggetto del desiderio del consumatore Esempio: un'auto è un bisogno derivato al bisogno generico di trasporto individuale autonomo; allo stesso modo il voler possedere un'auto lussuosa può portare il bisogno derivato a bisogno generico di riconoscimento sociale → un ruolo importante del marketing strategico consiste dunque nel favorire l'adattamento dell'impresa all'evoluzione dei bisogni Secondo KEYNES Approfondendo l'analisi dei bisogni generici, Keynes ha applicato un'ulteriore distinzione: – bisogni assoluti (sentiti a prescindere dalla situazione di altri soggetti) – bisogni relativi (la loro soddisfazione è dipendente da confronto con condizioni di altri) → in sostanza, i bisogni assoluti sono quelli saturabili, mentre i bisogni relativi sono insaziabili poiché più sale il livello generale, più andranno oltre (“Il lusso degli altri diventa per ognuno irrinunciabile necessità”, Cotta) Comprendere i bisogni dei clienti non è sempre facile, occorre dunque un'ulteriore distinzione: – bisogni latenti → quelli di cui il potenziale cliente non è consapevole; non sono meno reali dei bisogni espressi, semplicemente si attivano in determinate circostanze: sono bisogni universali, esistono in ogni consumatore e il ruolo del marketing è quello di scoprirli, renderli espressi e analizzare la potenziale redditività; Secondo MASLOW: Maslow propone un ordinamento gerarchico dei bisogni secondo cui un individuo cercherà di soddisfare per primi i bisogni di livello inferiore e poi i successivi; vengono così individuati tre livelli di bisogni: primari, secondari e terziari.

Nel marketing è importante essere consapevoli del ruolo dei beni non solo dal punto di vista funzionale, ma anche per i valori emozionali e simbolici che portano con sé; si suddividono in:



– fisiologici: sono quelli che una volta soddisfatti cessano di essere fattori importanti di motivazione e non influenzano più il comportamento – di sicurezza: intesa come sicurezza fisica, psicologica, bisogno di protezione e stabilità – sociali: l'uomo,animale sociale,necessita di integrarsi in un gruppo,amare ed essere amato – di stima: bisogno di stima di sé, dignità personale, fiducia nelle proprie capacità, percepire valore dei propri obiettivi, bisogno di essere rispettati e avere status sociale di autorealizzazione: in cima alla piramide: sono realizzazione di sé e la crescita personale

L'EVOLUZIONE DEL MARKETING: Il cliente non compra più ciò che viene prodotto, pretende di essere ascoltato e vuole prodotti utili; alle origini del marketing (1920-1940) non c'erano imprese, l'offerta non riusciva a soddisfare tutta la domanda, carenza di materie e scarsa offerta di prodotti di prima necessità. Durante il suo sviluppo vi fu la cosiddetta Rivoluzione Copernicana: infatti mentre prima il mercato ruotava introno alle imprese, in seguito la situazione si ribaltò e nacque il concetto di marketing strategico, in cui nell'area marketing (che studia i consumatori) vengono concepiti i prodotti. – marketing 1.0: focalizzato sul prodotto – marketing 2.0: incentrato sul cliente – marketing 3.0: marketing umanistico, che mira ad umanizzare i brand attraverso l'attribuzione di qualità antropomorfe – marketing 4.0: approfondimento del marketing umanistico, content marketing (possibilità di instaurare conversazioni con i clienti), marketing omnichannel per incrementare le vendite, customer engagement nell'era digitale ORIENTAMENTI DEL MARKETING: Kotler sposta il focus dell'impresa dal prodotto al mercato (o al cliente), ribaltando la direzione tradizionale del processo di marketing: non più dall'interno dell'impresa verso l'esterno ma al contrario. Con lui si sancisce il passaggio da un'azienda production oriented (dove la cosa più importante è è organizzare la produzione in modo che il prodotto sia efficiente), ad un'azienda marketing oriented (capace di ascoltare il mercato, individuare bisogni ancora insoddisfatti e rispondere con un'offerta di valore adeguata e competitiva). Per Kotler il marketing non è un processo lineare ma circolare, in cui ascolto, comprensione dei bisogni e progettazione di output (in grado di rispondere alle nuove opportunità individuate) si susseguono, interagendo e modificandosi continuamente. Un'impresa può adottare vari orientamenti per gestire la sua offerta:

l'orientamento alla produzione è tipico delle imprese che ritengono che i consumatori sono disposti ad acquistare qualsiasi tipo di bene sia disponibile (i prodotti si vendono da soli) – l'orientamento alle vendite è tipico delle imprese che puntano a vendere ciò che producono senza pensare prima a produrre ciò che saranno in grado di vendere – l'orientamento al marketing pone più attenzione a bisogni del cliente: lo scopo non è quello di trovare clienti giusti per il prodotto ma il prodotto giusto per i clienti – l'orientamento al mercato (o al cliente): le imprese si concentrano su costante raccolta di informazioni sui bisogni dei clienti,sfruttate poi per creare il giusto output. Il cliente deve essere al centro dell'interesse di un'azienda, che deve spostare il suo interesse dalla creazione del prodotto al mantenimento del cliente stesso → successo delle imprese= essere market-driven Gli obiettivi del marketing aziendale sono: A. creare e trasferire valore per i suoi clienti (attuali e potenziali) → la soddisfazione del cliente è una condizione necessaria per il successo del marketing aziendale B. creare valore per l'impresa stessa (in termini di redditività e competitività) → la soddisfazione dell'impresa è l'obiettivo di fondo del marketing aziendale (in relazione al quale viene valutata la sua efficacia) VALORE PER IL CLIENTE= differenza tra ciò che il cliente può trarre dal possesso e/o dall'utilizzo di uno specifico output (bene o servizio) offerto da una specifica impresa (“beneficio”) e ciò che dà come contropartita (“sacrificio”). Il valore per il cliente è: – multidimensionale → il beneficio può comprendere sia elementi funzionali sia gratificazioni psicologiche, sociali, esperienziali. Il sacrificio (oltre al prezzo) può comprendere costi di apprendimento, dispendio di tempo per informarsi ecc. – soggettivo → il valore per il cliente varia da soggetto a soggetto, a seconda delle sue esigenze, aspettative, potere di acquisto – differenziale → valore relativo dell'output, ossia rapportato a quello che offrono i diretti concorrenti – percepito → il marketing ha il ruolo di selezionare gli elementi che possono migliorare la percezione del valore dell'offerta – sperimentato → il valore percepito per il cliente può variare a seguito dell'esperienza di acquisto e di consumo CREAZIONE DI VALORE PER L'IMPRESA: -VALORE SCAMBIO= prezzo netto di cessione di uno specifico output da parte dell'impresa -VALORE COSTO= valore monetario degli input (acquisiti da terzi ed interni all'impresa) impiegati per realizzare e commercializzare gli output. → la soddisfazione dell'impresa è quantificabile come differenza tra valore di scambio (da cui derivano i ricavi) ed il costo dei propri output → il marketing deve contribuire ad accrescere la redditività e competitività in prospettiva di medio periodo; per soddisfare l'impresa, gli output devono avere un valore di scambio superiore al valore di costo –

Marketing delle piccole imprese → Le forme di marketing possono variare al variare delle dimensioni delle imprese, delle risorse umane e finanziarie coinvolgibili. In particolare, la gestione delle piccole imprese (anche quelle orientate al mercato) è diversa rispetto a quella riferibile alle medie e grandi imprese; nel contesto italiano sono prevalenti le micro e piccole imprese: – micro impresa: numero di dipendenti inferiore alle 10 unità e che realizza un fatturato o un bilancio annuo uguale o inferiore ai 2 milioni di euro – piccola impresa: meno di 50 occupati e un fatturato o bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro

Il marketing delle piccole imprese: caratteristiche – scarsa disponibilità di risorse (umane, finanziarie) da destinare alle ricerche di mercato ed alle azioni di marketing – gestione guidata dalla vision dell'imprenditore basata su intuizioni e apprendimento acquisito da esperienze operative della sua impresa – organizzazione semplice, distribuzione dei compiti di carattere non specialistico: si allontanano quindi dal modello di marketing manageriale e si configurano come una particolare forma di marketing imprenditoriale – gli imprenditori dovrebbero utilizzare una struttura organizzativa ibrida, nella quale le loro intuizioni e le loro conoscenze derivanti dall'esperienza e dalle relazioni dirette con i clienti possono tradursi, con l'ausilio di uno o pochi manager specialisti, in procedure più sistematiche – le strutture ibride caratterizzavano le piccole imprese guida dei distretti industriali, una parte delle quali sono divenute imprese eccellenti, specializzate e presenti in peculiari nicchie dei mercati esteri LUSSO MADE IN ITALY: Le 100 più grandi aziende di beni di lusso al mondo hanno generato vendite per 281 miliardi di dollari nel 2019, con una crescita di 15 miliardi di dollari rispetto all'anno precedente. E' quanto emerge dallo studio annuale di Deloitte (la società fa parte delle cosiddette Big Four cioè le quattro più grandi aziende di revisione, insieme a Pwc, EY e KPMG), che classifica i 100 top player del settore Fashion&Luxury a livello globale, sulla base delle vendite nell'anno in esame. Per il terzo anno consecutivo, il quartetto dei migliori player del lusso è composto dai colossi Lvmh, Kering, Estée Lauder e Richemont. Come negli anni precedenti, il made in Italy si conferma leader nel settore, posizionando ben 22 aziende tra le 100 che costituiscono la graduatoria. EssilorLuxottica, il gruppo Prada e Giorgio Armani (a seguire Max Mara Fashion Group, Moncler, OTB, Dolce e Gabbana, Salvatore Ferragamo ecc) risultano essere i tre principali player italiani in classifica e, in forma aggregata, rappresentano quasi la metà delle vendite di beni di lusso realizzate nell'anno fiscale del 2019 dalle aziende italiane presenti nel ranking. Le dimensioni del marketing: – DIMENSIONE ANALITICA: analisi dell'ambiente competitivo, analisi del consumatore, SIM (Sistema Informativo di Marketing) e ricerche di mercato – DIMENSIONE STRATEGICA: segmentazione, value proposition, posizionamento competitivo, strategie di base e vantaggio competitivo – DIMENSIONE OPERATIVA: Leve del marketing mix → politiche di prodotto, di prezzo, di distribuzione, di comunicazione La marca: → “Un nome, un termine, un segno, un simbolo, un disegno o una loro combinazione che identifica un prodotto o servizio di un venditore e che lo differenzia da quello del concorrente”(Kotler, 1980) → componente identificativa, percettiva, fiduciaria LE POLITICHE DI PRODOTTO: E' l'insieme delle decisioni che l'impresa deve assumere con riferimento ai singoli prodotti ed alla composizione del portafoglio → PRODOTTO: qualsiasi output produttivo che, a motivo ...


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