Riassunto LE BASI DEL Diritto DEI Contraatti Pubblici PDF

Title Riassunto LE BASI DEL Diritto DEI Contraatti Pubblici
Course Diritto amministrativo
Institution Università degli Studi di Palermo
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Riassunto LE BASI DEL DIRITTO DEI CONTRAATTI PUBBLICI (Fantini – Simonetti) CAP.1 La vicenda storica dei contratti pubblici 1. Procedimento e contratto. Pubblico e privato. Siamo abituati a scindere la vicenda dei contratti pubblici in due parti: la prima che chiamiamo di evidenza pubblica (a validare la credenza che sia di natura pubblicistica, retta cioè dal giudice amministrativo) antecedente alla formazione del contratto e alla scelta del contraente privato e la seconda, che crediamo essere retta dal diritto privato e dunque dal giudice civile, in cui il contratto è stato già firmato ove l’amministrazione committente e l’appaltatore privato devono assurgere ai propri compiti. L’affermazione della netta distinzione tra diritto pubblico e diritto privato non è corretta nella sua assolutezza perché, come scrisse Cammeo “il diritto pubblico regola gli atti di diritto privato della P.A. durante il procedimento della loro formazione. Il diritto privato li dispiclina dopo che essi si sono formati”. Il fatto che gli atti precedenti la stipula del contratto siano atti amministrativi serve ad assicurare una forma di tutela ai partecipanti alla gara pubblica. Alla voce enciclopedica “Contratto amministrativo” di Bonomi di fine ottocento emergono due ragioni che spiegano il perché il contratto sia avvolto da atti amministrativi preordinati alla stipula del contratto: 1. Garanzia del patrimonio e del denaro pubblico; 2. Imparzialità declinata in chiave di tutela della concorrenza. Dato che gli strumenti del diritto pubblico sembravano più idonei a combattere le collusioni occulte tra gli uffici delle amministrazioni e i fornitori, gli appaltatori e i somministratori delle P.A., si sono imposti procedimenti del contratto come l’asta pubblica al fine di assicurare una corretta concorrenza. 2. La nascita dell’evidenza pubblica. Le fonti normative. Le prime leggi sui contratti della P.A. risalgono al Regno di Sardegna con la l. 23 marzo del 1853, n.1483 collocate tra quelle sull’amministrazione del patrimonio dello Stato. Le norme successive transitarono da lì sino al r.d. del 1923, n.2440 3 al relativo regolamento dell’anno successivo n.827. La regolazione della materia prevedeva inoltre il disciplinare tutti i procedimenti di gara e l’oggetto di un singolo contratto. La legislazione sull’evidenza pubblica era una legislazione orientata a garanzia della “moralità” delle pubbliche amministrazioni, piuttosto che della concorrenza tra i potenziali contraenti privati, giustificava le singole decisioni della P.A. Dopo il 1889 e l’istituzione della IV sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato, ci fu un’iniziale coesistenza tra il giudice civile e quello amministrativo nel sindacare la prima fase, quella dell’evidenza pubblica, per poi registrare, a partire dagli anni ’30 del novecento, la presenza del secondo. Questo quadro normativo durò sino agli anni ’70 del novecento, sino al recepimento delle prime direttive comunitarie. 3. Teorie e pratiche dell’evidenza pubblica. Cammeo nel 1937 osservava come l’attività della P.A., durante il procedimento di formazione del contratto fosse disciplinata dal diritto amministrativo. Nei casi di incompetenza e violazione di legge l’autore non dubita della possibilità per la P.A. di utilizzare i rimedi amministrativi della revoca e dell’annullamento d’ufficio, senza limiti di tempo, e che i loro effetti si ripercuotano sul contratto già concluso. Con Giannini, anni ’60 e ’70, i contratti ad evidenza pubblica sono considerati come contratti regolati dal diritto privato, “con appena qualche norma del diritto speciale”. La specialità attiene per lo più alla loro fase di formazione (deliberazione e conclusione). Nell’ambito della gara pubblica Giannini annovera i seguenti atti: o Deliberazione di contrattare o Bando di gara o Offerta del partecipante o Esclusione

o Aggiudicazione Tutti atti privatistici ad eccezione dell’aggiudicazione che ha natura di provvedimento amministrativo di accertamento, sempre secondo Giannini. Tuttavia si riteneva che tutti questi atti dessero luogo a un procedimento amministrativo. 4.Le concessioni tra ideologia ed economia Un discorso a parte deve essere fatto per le concessioni (anzitutto dei servizi pubblici). Nei primi anni dello stato unitario ebbero una qualificazione privatistica, a fine ottocento, inizi del novecento divennero sempre più pubblicistiche. La natura delle concessioni è inoltre connaturata a una rilevanza economica che è il comune denominatore di tutte le vicende di concessioni (vedi le ferrovie). Giorgio Giorgi individua nelle concessioni “un intreccio di due caratteri assai differenti, cioè la permissione autoritaria e il corrispettivo contrattuale”. Da qui nasce la teoria della concessione-contratto, accolta dalla giurisprudenza della Cassazione nel primo decennio del novecento, da cui deriva ad esempio il diritto all’indennizzo nella generalità dei casi di revoca della concessione. Sul finire degli anni ’30 la giurisprudenza distingue tra revoca per pubblico interesse (giudice amministrativo) e quella per inadempimento (giudice ordinario). 5.Le prime direttive comunitarie e la tutela della concorrenza Il primo tentativo di attuare un coordinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di appalti di lavori, per gli appalti di importo superiore all’allora 5 milioni ECU, si ebbe con la direttiva 71/305 del Consiglio. Il fondamento giuridico di questa direttiva come le altre fu la libertà di stabilimento (art. 52), la libera prestazione dei servizi (art. 59), l’eliminazione delle restrizioni alle importazioni (art.30) e il divieto di discriminazione in base alla nazionalità (art. 7). L’intento era che l’operatore economico residente in un qualsiasi stato membro potesse candidarsi a contrattare con un’amministrazione appartenente a un qualsiasi altro stato membro; inoltre le singole amministrazioni fossero slegate dal prendere decisioni in base a considerazioni sulla nazionalità o a qualsiasi altra ragione che non fosse economica. L’applicazione della norma era diretta alle “amministrazioni aggiudicatrici”: lo Stato, gli enti pubblici territoriali e le persone giuridiche di diritto pubblico enunciate nell’allegato I; risultavano esclusi dall’applicazione i seguenti settori: trasporti, acqua, energie e telecomunicazioni. La seconda direttiva fu la n.77/62 sugli appalti di forniture. Con l’Atto Unico Europeo del 17 febbraio del 1986 venne introdotto nel Trattato di Roma un richiamo agli appalti pubblici nazionali (art.130F) data la rilevanza del fenomeno anche sul piano economico. Successivamente le direttive 89/440 e 88/295 modificano le prime due e ne ampliano l’ambito di applicazione, introducendo la nozione di “organismo di diritto pubblico”. La direttiva 90/531 coordinava le procedure nei settori esclusi e la direttiva 92/50 relativa agli appalti di servizi. Nel 1993 furono emanate delle direttive di “consolidamento” che assunsero come modello di riferimento la disciplina sui lavori pubblici, definendo per la prima volta la nozione di “impresa pubblica” con la n.38. sin dalla prima direttiva l’obiettivo era l’armonizzazione delle procedure nazionali di aggiudicazione attraverso l’imposizione di obblighi di pubblicità (a garanzia della corretta concorrenza), il divieto di prescrizioni tecniche che potessero discriminare, l’aggiudicazione degli appalti. Nell’insieme le direttive mutuano dal modello francese dell’evidenza pubblica la preferenza per le procedure formalizzate di gara. Nasce dalle stesse direttive l’esigenza di una fase preparatoria in cui gli atti fossero giustiziabili ed annullabili. Le direttive 17 sui cd. settori esclusi e 18 sugli appalti di lavori servizi e forniture del 2004 riordinano la materia. Il diritto dell’Unione Europea si occupa dei contratti delle P.A. più importanti ma data l’applicabilità dei sui principi (non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza) si espande ai contratti sotto soglia e alle concessioni di servizi. 6. Il recepimento delle direttive da parte delle fonti nazionali: dalla Merloni al Codice De Lise e oltre.

Le direttive europee sono state adottate e recepite con molto ritardo. Il primo Codice dei Contratti ancora le norme relative alla procedura di gara e alla fase dell’evidenza pubblica, alla materia trasversale della “tutela della concorrenza” mentre la stipulazione e l’esecuzione del contratto alla materia “ordinamento civile”, entrambe riservate alla competenza esclusiva statale. Sono privilegiate le soluzioni più formali e meccaniche come l’aggiudicazione sulla base del prezzo più basso. Il privato non partecipa realmente alla formazione del contenuto contrattuale ma si limita a indicare il corrispettivo in denaro, unica cosa rimasta in bianco nello schema dell’amministrazione appaltante. L’ipertrofia normativa e il formalismo procedurale costringono spesso le amministrazioni ad affidamenti diretti, soluzione più rapida permessa dalla giustificazione: vige un’urgenza! La fuga dalla gara, quando non originata da favoritismi o da condotte criminali, è data dalla percezione che l’amministrazione sia percepita indebolita da asimmetrie informative rispetto ai concorrenti, che meglio conoscono le caratteristiche della prestazione richiesta; il che rende difficile la redazione del bando, la valutazione delle qualità delle offerte e il controllo nell’esecuzione del rapporto. La giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in materia di contratti pubblici inizialmente assecondò soluzioni di natura formale al contenzioso, perché pensava che il lavoro delle stazioni appaltanti più fosse dotato di meccanismi rigidi più assicurasse la par condicio tra i concorrenti; di recente invece attraverso il soccorso istruttorio mostra un ripensamento. 7. Contratti pubblici, legalità e controllo della spesa pubblica La prima legge Merloni del 1994, fu condizionata dai fatti di tangentopoli e da una sfiducia verso gli amministratori pubblici di cui cercava di ridurre la discrezionalità, irrigidendo le procedure. Dalla legge 190 del 2012 al decreto legge 90 del 2014 il cui art.19 ha condotto alla soppressione dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici e alla devoluzione delle sue funzioni alla nuova Autorità anticorruzione non si fa altro che accentuare una logica pan-penalistica dei contratti pubblici. Contratti pubblici hanno 3 caratteristiche base: 1. La legalità; 2. La concorrenza; 3. L’efficienza della spesa pubblica Si coglie però il sentimento di sfiducia in materia dei contratti pubblici. Il codice dei contratti del 2006 si componeva di 257 artt. E il regolamento attuativo di 359 artt. Il nuovo codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, di cui al d.lgs. n. 50 del 2016, si compone di 220 articoli molti dei quali però articolati in numerosi commi e molto lunghi. Dato il formalismo emerge il problema della capacità amministrativa e della frammentazione delle regole di gara. I fenomeni corruttivi hanno condotto alla scelta di assegnare la vigilanza sui contratti pubblici all’Autorità nazionale anticorruzione. La lotta alla corruzione negli ultimi tempi è stata allargata anche fuori la gara con metodologie preventive, vedi i protocolli di legalità, le white list o rimedi di diversa natura come le interdittive antimafia e il commissariamento delle imprese. Importante l’art.213 del nuovo Codice dei contratti, dedicato all’Autorità nazionale anticorruzione e sue funzioni: 1. Indirizzo e regolazione; 2. Vigilanza e controllo; 3. Segnalazione e sanzionatorio; 4. Gestione del contenzioso. L’ANAC regola, vigila, punisce e giudica soprattutto le pubbliche amministrazioni. 8. Contratti pubblici e antitrust Il ruolo che svolge l’Autorità garante per la concorrenza e per il mercato (Agcm) può svolgerlo anche nel settore dei contratti pubblici: quale autorità che a tutela del mercato apre procedimenti per intese restrittive o abusi di posizione dominante, esercitando poteri come l’adozione di misure cautelari o poteri di advocacy nei confronti dei pubblici poteri, ad esempio inviando segnalazioni

laddove ricorrono distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato con l’adozione di atti regolamentari o amministrativi a carattere generale. Tuttavia il bilancio di questi poteri di advocacy è stato insoddisfacente a causa della forte resistenza delle amministrazioni destinatarie delle critiche dell’Agcm. Date le diverse lacune viene introdotto, con il d.l. n. 201 del 2011, il potere di impugnazione in giudizio dell’Agcm di atti amministrativi generali, regolamenti e provvedimenti “che violino norme a tutela della concorrenza e del mercato”. 9. Le direttive del 2014 e il loro recepimento con il nuovo codice dei contratti del 2016 Le ultime direttive europee sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (2014/23), sugli appalti pubblici (2014/24), e sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali (2014/25), segnano il punto di arrivo del processo di armonizzazione. Accanto all’obiettivo di sviluppare la concorrenza tra le imprese, le procedure di gara ora tutelano interessi diversi come quelli ambientali, sociali e del lavoro, nonché moralità, sicurezza pubblica, salute, vita umana e animale. Trovano posto forme di cooperazione verticale e orizzontale, una semplificazione nella preparazione del contratto e nella qualificazione delle imprese. Come anche le procedure di scelta del contraente, i criteri di aggiudicazione e l’esecuzione del contratto, in cui ci si occupa per la prima volta delle modifiche in corso d’opera. Il nuovo codice si applica alle procedure bandite successivamente la sua entrata in vigore: 19 aprile 2016 col d.lgs. n.50....


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