Leggere il canzoniere - sintesi manuale PDF

Title Leggere il canzoniere - sintesi manuale
Author Giada Trotta
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Siena
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sintesi manuale...


Description

Capitolo 1 Petrarca è il primo essere umano della storia di cui abbiamo un gran numero di testimonianze e chiavi d’accesso che ci derivano direttamente da lui, grazie a ciò che scrisse in lettere o scritti di altro genere. Per la prima volta ci è arrivato l’autografo di un Capolavoro, il Canzoniere ( i Rerum vulgarium fragmenta). Al momento della sua morte probabilmente stava lavorando al De viri illustribus, ma sicuramente fino alla fine continuò a scrivere con dedizione la sua raccolta di rime, trascrivendo, correggendo, spostando i testi lasciando preziose tracce dei suoi interventi su 72 fogli di pergamena contenenti i 366 frammenti del Canzoniere che non erano ancora legati fra loro quando P. morì. Questi fogli andarono poi a costituire il codice vaticano latino 3195. Importante è la conservazione di un gruppo di fogli ( di carta) che riuniti insieme dopo la morte del poeta costituirono il codice vaticano latino 3196 noto come codice degli abbozzi; si tratta di “carte sparse” che testimoniano fasi di scrittura diverse per un numero limitato di rime del Canzoniere e per qualche passo dei Trionfi. Viene chiamato codice degli abbozzi perché si trovano in quelle carte i veri e propri primi abbozzi, le prime stesure dei testi, in questo modo possiamo assistere alla nascita di liriche famosissime e seguirne l’affascinante processo di elaborazione fino alla versione definitiva attraverso il Labor limae del poeta, processo che per la prima volta nella storia ci arriva documentato dalla sua propria mano. Si può assistere dunque al farsi della sua poesia dalla mano stessa di Petrarca, passo dopo passo. I 72 fogli del 3195 presentano i componimenti non numerati ma organizzati in due sezioni

- prima parte son. voi che ascoltate in rime sparse il suono — fino al son. 263 Arbor victoriosa tiumphale - Seconda parte can. 264 I’ vo pensando, e nel penser m’assale — fino alla canzone conclusiva Vergine bella, che, di sol vestita (366). La rubrica di titolo apre il manoscritto con “ Francisci Petrarche laureati poete Rerum vulgariunm fragmaenta” Petrarca non assegna nome alla prima e alla seconda parte che tradizionalmente sono state indicate come “in vita” e “in morte” di Laura. Senza che tale titolazione sia stata fondata sulla volontà dell’autore ne su una reale corrispondenza con i contenuti delle rime. Il testo è suddiviso in “parte prima” e “parte seconda” nelle edizioni godere. Nel codice i primi 263 componimenti sono divisi dai successivi 103 con alcuni fogli bianchi. Il manoscritto sobrio ed elegante presenta i componimenti in pagine spaziose. C’è spazio tra la scrittura e il bianco del foglio. La prima lettera del primo componimento della prima e della seconda parte sono miniate. Il fogli conclusivi della prima sezione mostrano in modalità di scrittura meno distese una maggiore condensazione della scrittura nella disposizione in versi, una presenza du piccole correzioni e di minime indicazioni d’autore. Giovanni Malpaghini, giovane di straordinario ingegno nell’autunno del 1366 era copista presso Petrarca che in quegli anni si spostava fra Venezia, Padova e Pavia. Petrarca lo aveva assunto affinché trascrivesse le Lettere familiari un’ora che in 24 libri riuniva gran parte delle sue lettere. Il copista, di cui Monica Berté mette in discussione l’identità, porto a compimento il lavoro con grande diligenza, così P. gli affidò il compito di mettere in bella copia le poesie volgari. Dall’ottobre del 1366 al gennaio o aprile del 1367 il copista si dedicò al quello che sarebbe diventato il vat. lat. 3195. La copia procedeva in parallelo nella prima e nella seconda parte del testo. Il lavoro giunse fino al testo 190, mentre la seconda parte dalla canzone I’ vo pensando non ancora numerata fino al son. 318. Per questa porzione il manoscritto del Canzoniere si definisce idiografo, scritto da terzi ma comunque su precise indicazioni dell’autore. Non sappiamo cosa sia successo nel rapporto tra i due ma successivamente la mano di P. sostituì quella del copista. È certo che P. Trascrisse i testi dal 191 al 263 nella prima parte e dal 319 alla 366 nella seconda e che intervenne correggendo e modificando anche quelli inseriti dallo scriba.

Il lavoro di P. Su codice iniziò nell’autunno del 1367 e prosegue fino alla data di morte nel 1374. Gli ultimi interventi sul codice sono particolarmente significativi, riguardano la sostituzione di un testo che viene eraso con la 264 e la trascrizione dei numeri dal 256 al 263 ovvero i son che costituiscono il ciclo del presentimento per la morte di Laura. L’estrema azione del poeta ormai anziano sul codice riguarda la riordinazione degli ultimi 31 componimenti attraverso l’unica numerazione presente in tutto il componimento. Si trattava di raccontare con fragmenta lirici non autonomi dal punto di vista del contenuto l’epilogo della sua storia d’amore e la sua conversione—> con questo ordine dei testi conclusivi entra in gioco il senso più profondo del libro di una vita. Il codice degli abozzi (detto anche vat. Lat. 3196 o codice degli “scartafacci”) è costituito dai pochi fogli superstiti del lavoro in fieri di Petrarca attorno alla saìua poesia in volgare. Si tratta di 20 arte che contengono 54 rime del C. in vari stati di elaborazione, 11 componimenti che non furono accolti nel libro, 4 sonetti di corrispondenti di P. e parti di due capitoli dei Trionfi. Queste carte non costituivano un quaderno, non c’è continuità fra loro se non per numerati casi. Queste carte sono state unite insieme dopo che vennero ritrovate nello studio del poeta. Nella storia della trasmissione di questo codice (come anche per il vai lat 3195) ha avuto un ruolo decisivo Pietro Bembo. Entrambi i codici entrarono in suo possesso, passando poi dalla sua biblio a quella vaticana: sul codice autografo 3195 Bembo potè preparare la sua edizione delle Cose Volgari uscita uscita nel 1501 e detta “aldina” perché pubblicata a Venezia da Aldo Manuzio, la prima della sua edizioni italiane in corsivo. Le carte del 3196 sono di tempi anche molto remoti attestano l’attività su alcune rime sin dalla metà degli anni ’30. Il primo nucleo è databile al bienni 36-38 e testimonia il fatto che il poeta si impegnò per 40 anni intorno alle rime del libro. Questo codice è molto particolare perché contiene inoltre un corredo di annotazione di Petrarca a datare, commentare, dare indicazioni di sé stesso in merito al lavoro in corso e da compiersi. Si tratta di postille marginali che sono anche di difficile lettura spesso a causa dell’usura del materiale di supporto e lo sbiadimento dell’inchiostro. comunque permettono di capire modi e tempi in cui Petrarca ha iniziato a pensare di aggregare rime sparse in sequenze ordinate secondo criteri raffinati. Da “rime sparse” i frammenti diventano tasselli lirici che strutturano una narrazione. Dietro alla trascrizione infatti c’è la logica del libro, ormai ideato, che inizia a prevalere. I componimenti seguono un ordine preciso, pensato. Sul verso della carta 9 sopra la stesura dell’attuale sonetto 34, Apollo, s’ancor vive il bel desio abbiamo una data di inizio del lungo percorso di costruzione di questo libro, infatti il poeta scrive: “ ho iniziato da qui, proprio da qui” e aggiunge data e ora: a mezzogiorno del 21 agosto del 1342 le rime sparsi si trasformano in una raccolta ordinata. Le carte del vat. Lat. 3196 furono studiate da monsignor Federico Ubaldini con il testo del quale nasce la filologia d’autore, branca che si concentra sull’elaborazione dei testi basandosi sulle carte degli autori. Quindi la storia del Canzoniere come libro ha inizio in una data ben precisa che conosciamo grazie alla postilla situata sopra il sonetto 34 nel cod. vat. Lat 3196 (abbozzi). Bembo si impossessa di queste carte e comincia a interrogarle per rimettere insieme il testo —> la “ critica delle varianti”, degli scartafacci, chiamati così da in modo dispregiativo, nasce con Bembo. Tutte le postille, gli appunti di P. sono scritti in latino, infatti utilizza il volgare solo per la poesia. Lo studio di questi cimeli è estremamente funzionale per comprendere la portata della poesia petrarchesca per la conoscenza della storia del C. fino al perfezionamento finale; in assenza di testimonianze il farsi della poesia rimane sconosciuto, basti pensare a Dante di cui non conosciamo nemmeno la grafia. Il codice degli abbozzi ci suggerisce un’altra data 29 nov. 1357 che documenta un altra fase in cui P. ha allestito un libro per farne dono al signore di Parma Azzo Correggio. La forma Correggio trascritta da un copista di nome Gerolamo contiene i testi dall’attuale numero 1 alla sestina 142 e dalla canzone 264 al sonetto 292, per un totale di 171 componimenti.

Questa raccolta di rime risalente al 1356/58 è la prima forma di cui è soddisfatto; si può affermare che la forma Correggio è la prima vera forma di Canzoniere. I due pilastri fondamentali restano il son 1 e la canzone 264 grazie ai quali le altre porzioni e numeri possono cambiare senza che l’impianto subisca alterazioni. - 1 —> spiega come leggere il C. - 264 —> spiega come leggere la seconda parte. Dalla prima raccolta di riferimento alla forma Correggio passano 20 anni e nel frattempo la donna cantata nel Canzoniere muore. Santagata ritiene che a questa altezza cronologica non ci sia una reale bipartizione del libro. Il libro invece è sicuramente bipartito nella forma Chigi, denominata così perché questa ci è trasmessa materialmente da un codice del fondo chiniamo della Biblioteca Vaticana che grazie agli studi di Domenico De Robertis è stato riconosciuto come autografo di Giovanni Boccaccio. Petrarca conosce Boccaccio nel 1350 e i due diventeranno sempre più amici e sempre più intimi, i rapporti tra i due sono in crescita fino alla fine dei loro giorni, attraversando momenti di crisi. Nel 1363 Boccaccio soggiorna da P. A Venezia e spinto da Petrarca a leggere il suo libro di rime, Boccaccio ne trae una copia per sé. La forma Chigi del 1363 copiata per mano di Boccaccio, presenta delle aggiunte alla fine della prima parte e alla fine della seconda rispetto alla forma Correggio; essa presenta una prima parte dal son. 1 al son 189 e da una seconda parte che arriva al son 304. Le due parti sono separate da delle carte bianche. Da fine 1366 o inizio 67, la storia del libro si può seguire sul vat. lat. 3195: la forma detta “di Giovanni” è quella che corrisponde per la prima parte alla porzione 1-190 e per la seconda da 264 a 318. Da questo momento in poi sono stati ricostruiti vari passaggi degli interventi di Petrarca che si snodano fra i testi preparati sulle carte degli abbozzi e il codice in pulito. Tra la forma di Giovanni e la redazione Vaticana finale, all’inizio degli anni ’70 P. fa allestire un altro codice per il signore di Pesaro Pandolfo Malatesta: questa forma di è arrivata grazie al codice quattrocentesco il XLI 17 della biblio Laurenziana di Firenze. Abbiamo cognizione di importanti aspetti di questa redazione grazie a una lettera e alcune postille che corredano i testi, aumentati in numero ma ancora non giunti a 300 componimenti. Nella lettera datata al gennaio del 1373 Petrarca dice a Pandolfo di aver fatto lasciare nel codice allestito dei “Bona Spatia” fra prima e seconda parte, affinché Pandolfo potesse integrare successivamente alcuni testi che gli sarebbero stati inviati da Petrarca. Sono documentate su questo codice (laurenziano) alcune giunte, e la canzone alla Vergine in posizione finale (366). Dopo tanti tentativi P. aveva trovato il testo conclusivo perfetto.

Capitolo 2 Il primo sonetto del canzoniere si colloca al di fuori della storia è un flash back, un appello alla “speranza “ pronunciato fuori dal tempo. È un’apostrofe al lettore al quale si chiedono pietà e perdono: compassione a chi s’intende d’amore, ovvero a chi grazie alla propria esperienza di amore possa accogliere e capire le parole del poeta che vengono presentate come espressione necessaria del dolore sofferto. Viene chiesto perdono per la vanità di quell’esperienza passata, superata ed in parte giustificata dall’essere stato il protagonista di quell’amore solo perché preda di un errore giovanile. Era un uomo in parte diverso da chi si trova a raccontare e che a distanza di tempo giudica la sua propria storia. Vanità e vergogna sono chiavi di interpretazione proposte per la sua esperienza passata. L’essersi pentito è il risultato ottenuto, la condizione che mette il soggetto in grado di prendere le distanze e di esprimere un giudizio morale su sé stesso ma anche su “quanto piace al mondo”. Viene effettuata una distinzione tra io personaggio delle rime sparse e io narrante che le ha raccolte. La tipologia del proemio della raccolta di rime amorose già appartenente alla tradizione classica con Properzio, Orazio, Ovidio prevede l’appello all’ascolto e una captatio benevolentiae viene riproposto insieme al richiamo alle prime parole bibliche dell’Ecclesialete: “ vanità delle vantita, ogni cosa è vanità” che ricordano all’uomo quanto ogni cosa terrene sia priva di valore.

Il sonetto unisce più mondi: quello della lirica d’amore, romanza e italiana di cui si ripropongono moduli e forme, quello classico elegiaco e pagano e quello cristiano dei testi sacri, posti a breve contronto nello spazio di un sonetto. Si tratta di una posizione complessa dovuta ad una mutatio animi non ancora del tutto riuscita in cui il lettore è invitato ad assistere passo passo col leggere i testi che ne mostreranno fin li il percorso nel suo privo svolgimento. Il sonetto propone un percorso nella vita prevedente verso un presente coincidente con quello di chi ora scrive e che ha riordinato le tessere della sua vicenda per proporle a mo’ di confessione, consapevole infine di quanto l’uomo che era stato avesse sbagliato. Il son 1 quindi presenta l’autore come auctor e agens ma non solo, esso infatti fornisce anche informazioni più tecniche sulla raccolta costituita in rime sparse, dedicate d una dolorosa esperienza d’amore giovanile che in un vario stile raccontano i sospiri e i pianti causati da tale esperienza. La dispersione delle rime richiama anche i fragmenta del titolo che era stato assegnato dall’autore, che indica la natura irrelata dei testi mentre l’altro titolo “ Canzoniere” che tradizionalmente come termine punta sull’idea di collezione, “testi raccolti in un libro” ma con e per Petrarca verrà utilizzato come termine proprio per sottolineare il collegamento tra i componimenti. Quella che viene narrata nel canzoniere è infatti una vera e propria storia d’amore con principio e un evento centrale, la morte della donna amata. Sulla scorta di quello petrarchesco il genere del canzoniere avrà sempre più fortunata soprattutto quello di tematica amorosa —> libro-raccolta di individui lirici compiutamente autonomi organizzati secondo una logica di svolgimento narrativo. Il primo sonetto è bipartito: - 1 parte / quartine —> riconoscere l’errore, esperienza colpevole ma umana - 2 parte / terzine —> saggezza consapevolezza e aspirazione al perdono, lucida consapevolezza di quell’esperienza Il microcosmo del sonetto proemiale riflette il macrocosmo dell’opera, infatti anche il C. stesso è bipartito. I sonetti 2 e 3 danno inizio alla narrazione: nel 2 viene circostanziato il giovanile errore, sono introdotti causa efficiente, casa finale, modo dell’innamoramento mentre nel 3 viene definito il tempo dell’innamoramento. I sonetti 4 e 5 forniscono informazioni relative alla donna, causa della passione tuttavia sono allusioni al valore emblematico della nascita di lei in un contesto umile non indicazioni geografiche di provenienza. Fra il 5 e il 6 son. c’è uno stretto legame tematico, il lauro, con cui venivano coronati i poeti di cui venne cinto P. stesso nel 1341 a Roma, con Laura che ne è simbolo vivente, viene dichiarato argomento sia del testo che dei sospiri. I son. 6-10 costituiscono ciò che Santagata chiama il “prologo allargato”, vi compaiono nuove presenze: - Apollo —> dio della poesia a cui è sacro l’alloro, alter ego dell’autore, colpito dalla freccia d’Amore; entrambi sono innamorati della stessa donna — Dafne, greco per Laura — destinati a cantarla, quasi fossero perpetuamente in gara tra loro. La qualità del desiderio di Apollo è colpevole e traviata, amore dei sensi che porterà Dafne alla fuga; allo stesso modo è connotato l’amore di Petrarca che si conforma a quello mitologico sin dal son. 6 tot. dedicato alla pulsione erotica. - amici e protettori di Petrarca —> i son. 7-10 sono dedicati ai Colonna; subito Petrarca inserisce altri personaggi e argomenti diversi rispetto al tema amoroso. - Corruzione morale —> son 7, il tema in questione viene affrontato a favore di un “gentil spirito” esortato a seguire la via della virtù dello studi. Nel son 8, nella fictio prende la parola una voce diversa, quella delle prede di caccia inviate in dono a in personaggio storico che raccontano il loro triste destino di morte dovuto a chi ora fa omaggio della loro vita, lo stesso che però a sua volta è prossimo alla morte per amore.

- Son 9. occasione e omaggio verso ignoto - Son 10 dedicato a una gloriosa colonna forse pseudonimo per il patriarca della famiglia colonna o l’amico Giacono compagno di studi a Bolo. La prima porzione del libro si dispiega lungo un ventaglio di temi, presenze storiche di molto rilievo ma trascurato nella lettura antologica del testo. Si tratta di un avvio mondano che colloca l’homo vetus descritto nel sonetto proemiale in una dimensione sociale. L’elemento che lo struttura è la divisione in due parti. La canzone 264 da inizio al secondo tratto e marca in modo, anche formalmente, (canzone = metro più alto per Dante l’unico adatto ai magnalia) rilevato l’intento di una svolta. Nella canzone il poeta parla di un altro lagrimar cui il protagonista è condotto dal pensiero, un pianto non più d’amore ma si contrizione, di confessione di errori a sé stesso. La canzone dunque propone un bilancio degli errori del passato e propositi per il futuro nella consapevolezza connaturata mutevolezza dell’animo. Varie istanze dell’io vengono poste in conflittuale dibattito. È intimamente legata al sonetto incipitario e molto probabilmente ne condivide i tempi di scrittura, essi infatti rappresentano come già detto sopra i cardini sui quali poggia l’architettura del libro. Il son. 1 viene scritto nei primissimi anni 50 e a quella data è collegata essendo immediatamente successiva, quella del 1348 anno dell’epidemia di peste che ebbe un grande significato storico ma anche simbolico perché in quell’anno muore la donna amata dal poeta che nonostante la piangere continuerà a cantarla nei testi a seguire. Petrarca decise di non far coincidere la morte di Laura con la seconda parte del libro, egli infatti pretende che la svolta ideologica e morale del secondo segmento del suo libro sia indipendente dal destino che avrebbe potuto sottrargli anche le ragioni del canto d’amore con Laura. Egli vuole che la canzone sia indipendente dai fatti contingenti e non la conseguenza di una morte accidentale. L’uomo antico, nella prospettiva del son 1 sta per intraprendere la seconda tappa del percorso di consapevolezza e di parziale mutatio animi che dovrà condurlo a coincidere con l’uomo nuovo che ha aperto la raccolta. La novitas di cui il testo è portatore sarebbe ribadita secondo un’interpretazione numerologica della raccolta, al suo numero d’ordine: considerando il testo proemiale coincidente al giorno dell’innamoramento, 6 aprile, e i 365 consecutivi corrispondenti a i giorni di un anno, la canzone 264 dovrebbe corrispondere, secondo anche quanto sostenuto da santagata, al 25 dicembre, giorno di Natale che era il primo giorno dell’anno secondo l’indizione romana o pontificia; al primo giorno dell’anno corrisponderebbe il primo testo del rinnovamento. Queste sono considerazioni di carattere materiale, Petrarca negli ultimi mesi tra l’altro lascia aperta la possibilità di un ulteriore ampliamento nella porzione intermedia del libro che scardinerebbe i numeri d’ordine. Inoltre è poco attendibile che una strutturazione calendariale cosi complessa e articolata si sia presentata così tardi alla mente di P. il quale ha inserito solo poco prima della morte i sonetti centrali che portano la quantità complessiva di componimenti a 366. Bisogna anche tener presente l’impronta ideologica del testo, non sono mai state attestate in ...


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