Leibniz - Riassunto Filosofia PDF

Title Leibniz - Riassunto Filosofia
Author Marinella Spinelli
Course Storia Della Filosofia 1 
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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Summary

riassunto accurato e dettagliato del pensiero di Leibniz, tratto dal testo di riferimento....


Description

 Gottfried Wihelm Leibniz (1646-1716) La grande ambizione del pensiero di Leibniz è quella di cogliere la razionalità che governa l’Universo e di cui la ragione umana è esemplificativa. Egli parte dalla scoperta che la sorgente della meccanica sta nella metafisica: al contrario di tutti i meccanicisti, che considerano la realtà governata da leggi geometriche intellegibili, senza alcuna finalità, Leibniz sostiene che esista una “vita” che anima dall’interno la materia universale. Attraverso la metafisica cambia l’ordine del mondo: non più corpi che occupano una certa estensione nello spazio e che si muovono, ma “forze” elementari, grazie alle quali il mondo si manifesta come pura energia, la quale sta al fondo di ogni sostanza e che Leib chiama “monade” , così ogni singolo individuo è capace di rispecchiare l’ordine divino dell’universo. Il fatto che tutto si tenga insieme nella sua filosofia, è legato al fatto che ogni singolo aspetto è intrecciato con gli altri, e si poggiano tutti sulla logica, intesa come procedimento argomentativo della mente umana.  La sostanza come forza: l’individualità della sostanza in una lettera del 1669 Leib afferma di aver trovato maggior veridicità nella fisica aristotelica che nelle meditazione di Cartesio: questa affermazione riapre lo squarcio della disputa tra moderni e scolastici tipico della sua contemporaneità. Leib aveva ricevuto una formazione classica che non tradirà mai, ma che sottoporrà continuamente alla verifica delle istanze scientifiche moderne, in particolar modo del cartesianesimo: proprio lo studio di Cartesio lo porta a maturare l’esigenza di approfondire la radice metafisica della fisica, attraverso un ripensamento della forma sostanziale. Aristotele sosteneva che le sostanze sono sempre enti individuali, fatti dell’unione di materia e forma, di cui la forma è ciò che determina ciò che una cosa è -> la forma non è mai qualcosa di separato dalla materia, ma allo stesso tempo è la materia a distinguere due sostanze l’una dall’altra -> in altri termini la forma è universale e indivisibile, per questo noi diciamo che sotto un’univa specie sono compresi più individui particolari, tuttavia nel nostro mondo, sempre sensibile, la forma non esiste mai al di fuori della materia ma è sempre unita ad essa. Dunque l’obiettivo di Lieb sarà quello di ripensare in modo più radicale il rapporto tra la forma e la materia sostanziale, cioè tra individuale ed universale, e darà a questa unità il nome di “monade”. Esistono, storicamente, due soluzioni al problema, quella di Tommaso d’Aquino e quella di Duns Scoto: Tommaso sosteneva che il principio di individuazione delle realtà corporee consiste nella quantità di materia da cui esse sono contrassegnate di volta in volta, mentre per le realtà spirituali (gli angeli) non vi è differenza tra specie e individuo; Duns Scoto, invece, riteneva che il principio di individuazione fosse il medesimo per ogni tipo di realtà, materiale o spirituale, e che non riguardasse né materia né forma, ma quella che lui chiama hecceitas, cioè nel fatto che la materia e la forma fossero sempre questa materia e questa forma. La soluzione di Lieb parte dalla critica che Duns muove a Tommaso, in linea con Suarez, per cui il principio di individuazione di una cosa coincide con la sua “entità intera”, quindi con l’unità inscindibile di materia e forma -> nella materia di una cosa è incarnata la sua forma che non è più pensata come comune a ad altre cose della stessa specie, ma unica ed individuale -> l’universale non sarà più pensato da Leib come opposto all’individuale, ma come la sua immanente realtà.

 Il concetto di forza e i fenomeni del mondo fisico Partendo da questa concezione della sostanza Leib giunge a concepire la materia dei corpi fisici non più come un sistema statico e geometrico ma come forza immanente a tutto ciò che esiste -> in altre parole, l’estensione di un corpo nello spazio non coincide più con la stessa sostanza del corpo, ma rappresenta un suo fenomeno, cioè il modo in cui esso si presenta alla nostra percezione, questo vuol dire che sia le qualità secondarie, come odore o colore, sia le qualità primarie, come peso o impermeabilità, sono legate al modo

con cui noi lo percepiamo. Questo, però, non vuol dire che tali qualità vadano ridotte a conoscenze soggettive: infatti esse sono fenomeni fondati nella natura, per cui chi considera l’estensione di un corpo deve presupporre la sostanza nascosta che si manifesta attraverso di essa. Infatti, qualora si volesse identificare la sostanza di un corpo con la sola estensione, non si potrebbe spiegare né la coesione delle sue parti, tanto meno la sua inerzia -> si dovrà considerare, allora, che ogni fenomeno dipende da un principio vitale, movimento esterno ed interno ad ogni corpo, e che lo stesso meccanismo si fonderà su una metafisica della natura. Nella “breve dimostrazione di un errore memorabile di Cartesio” del 1686, Leib rigetta la teoria cartesiana sulla conservazione del movimento nella natura, poiché nella fisica cartesiana ciò che si conserva è la sola qualità del moto di un corpo e il suo cambiamento di posizione nella spazio, poiché riconducibili alle matematiche. Secondo Leib per spiegare un effetto come il moto si deve risalire alla sua causa adeguata, cioè un’azione immanente al corpo stesso: e questa può essere solo la forza viva cioè l’energia cinetica -> è solo da questa forza, o conatus, che si genera il movimento dei corpi. In virtù di questo concetto di sostanza intesa come forza Lieb afferma che l’estensione è solo una qualità fenomenica -> allo stesso modo spazio e tempo non sono enti assoluti ma ordini di relazione: lo spazio è l’ordine della coesistenza ed il tempo l’ordine delle successioni -> è solo grazie alla forza e all’energia dell’Universo, cioè le sostanze individuali, che esistono spazio e tempo.

 Logica e metafisica: l’universo delle monadi: il fondamento logico della metafisica A partire dalla nozione di sostanza intesa come ente individuale dotato di una propria forza immanente si svilupperà la concezione metafisica del mondo e la teoria della conoscenza di Lieb. Se la fisica richiede la metafisica, quest’ultima necessiterà di essere esposta a partire dalla struttura logica del nostro pensiero -> bisogna partire sottolineando che la logica costituisce un universo ordinato in base alle leggi del nostro pensiero e fa da struttura ad ogni nostro ragionamento -> ma è nel rapporto con l’ontologia che la logica si esprime meglio. Secondo Leib la sostanza metafisica e il soggetto logico sono parte di una medesima realtà e quindi le leggi del pensiero coincidono con la struttura ontologica del mondo . Dunque in senso logico una sostanza individuale è un unico soggetto a cui vengono attribuiti molti predicati e che, a sua volta non è predicato di nient’altro -> ora dobbiamo capire come giudicare la verità delle cose e per Lieb ci sono due principi che reggono ogni ragionamento umano: il primo è il principio di non contraddizione per cui giudichiamo falso ciò che implica contraddizione e vero ciò che è opposto o contraddittorio al falso (A non è non-A) -> esso a sua volta si basa sul principio di identità con il quale si verifica la coincidenza piena di soggetto e predicato (A è A) -> così una proposizione di inerenza o conclusione si risolve in una proposizione reciproca, in cui i due termini sono assolutamente identici (il triangolo è il triangolo). Però, se l’attributo di una cosa è contenuto nella cosa stessa, si dovrà utilizzare il criterio analitico: solo mediante un’analisi del concetto del soggetto si potranno ricavare i suoi predicati -> il problema sorge quando, questo criterio, si applica non solo ai concetti di geometria ma anche agli uomini e alle loro azioni -> si verifica che nell’uomo siano inclusi i suoi predicati, o in maniera esplicita cioè espressamente, oppure in maniera implicita cioè virtualmente, ad esempio possiamo dire che ad Alessandro Magno si attribuisce la qualità di re, nel primo caso, nel secondo diremo che Alessandro Magno, tra le altre cose, è vincitore nella battaglia contro Dario -> è chiaro, in questa prospettiva, che ci sia stata la necessità di un secondo metodo ove quello di non contraddizione non fosse sufficiente, questo secondo principio è il principio di ragion sufficiente: nulla si fa senza una ragione sufficiente, cioè nulla accade senza che sia possibile darne una ragione che spieghi perché è andata così piuttosto che in un altro modo -> tale principio fornisce la ragione metafisica degli eventi contingenti, cioè degli eventi che accadono nella storia del mondo -> una ragione che sia metafisica, dunque, non si limita a spiegare le cose, si spinge a spiegare il motivo esauriente per cui le

cose esistono anziché non esiste e tale ragione è da individuarsi in Dio -> tale principio, dunque, non si limita a indicare l’essenza ma ne indica l’esistenza. A questi due principi, come logica conseguenza, se ne deve aggiungere un terzo: il principio di identità degli indiscernibili: ogni sostanza ha una sua identità propria unica e irripetibile, di modo che in natura non esisteranno mai due enti perfettamente sovrapponibili.

 Verità di ragione e verità di fatto Come sono due i principi in base ai quali ragioniamo saranno due le specie possibili di verità: le verità di ragionamento sono necessarie ed il loro opposto è impossibile; le verità di fatti sono contingenti ed il loro opposto è possibile. Il criterio del primo tipo di verità è chiaro: se una verità è necessaria se ne può trovare la ragione mediante analisi, per giungere alle verità primitive, cioè non bisognose di prova -> ma tale criterio non è applicabile alle verità di fatto. Leib cerca di ricondurre le verità di fatto a quelle di ragione, per questo motivo bisogna mostrare che nella stessa essenza di una cosa siano inclusi non sono gli attributi necessari, il cui contrario è impossibile, ma anche gli attributi contingenti, il cui contrario è possibile. C’è una ragione sufficiente per cui questi attributi ineriscano al loro soggetto? Leib tenta due risposte: 1. La prima è che la verità di fatto di una realtà stia nel “decreto”, ossia nella libera decisione di Dio che ha fatto sì che accadesse -> tale decisione non è da intendere in senso volontaristico, Dio ha voluto che la cosa fosse così perché questa è la migliore possibilità -> l’ipotesi metafisica è che Dio faccia accadere sempre ciò che è meglio, per la regola dell’ottimo , e così anche l’uomo sceglie liberamente ciò che gli appare meglio -> in questo modo ciò che è contingente arriva ad acquisire una necessità ipotetica quasi accidentale. Questa conclusione non vuol dire che ciò che non accade realmente cessi di essere possibile -> il motivo per cui non accade non è, difatti, la sua impossibilità, ma la sua imperfezione -> ciò che non accade è possibile in un altro mondo, ovvero è incompossibile con il mondo esistente: per esistere non basta che una cosa sia possibile in sé, serve che essa sia compossibile con l’insieme del mondo reale, secondo l’ordine di congiunzione più perfetto tra tutti i fenomeni -> anche la libertà dell’azione umana dev’essere sempre pensata in relazione ai criteri di scelta divini, cioè seguire l’ordine di un’armonia tra gli eventi che sia prestabilita come la più perfetta. La ragione sufficiente di quello che accade è determinabile solo in riferimento alle possibilità che il soggetto potrebbe realizzare, e poiché queste possibilità sono infinite, l’analisi degli attributi inclusi o inerenti al soggetto non giungerà mai alla fine -> questa serie infinita può essere vista a fondo solo da Dio, perché solo Dio conosce a priori le verità contingenti. 2. Quest’ultima affermazione ci conduce alla seconda risposta inerente all’analisi infinita, pensata in analogia al calcolo infinitesimale -> questo sviluppa in termini matematici l’idea filosofica per cui l’unità non può mai raggiungere l’infinito, solo tramite le funzioni, ossia i rapporti tra le grandezze, essi potranno tendere senza mai raggiungere¸ allo zero. In questo modo il finito, o contingente, non è più pensato come punto di arresto e, l’infinito, non è più pensato come negazione del finito: il contingente resta finito ma è pensabile come infinitesimo, cioè cume il punto in cui il finito tende a trasformarsi in infinito, e il contingente in necessario, senza che possa mai avvenire se non in una prospettiva infinita -> il passaggio tra le due grandezze resta invisibile all’uomo, solo Dio può vederlo, ma tre i due estremi non c’è cesura.

 Le monadi Monade è il nome del fulcro della speculazione di Lieb, cioè ciò che indica la sostanza reale delle cose. Il termine è di origine greca, monas, e vuol dire unità o ciò che è uno ed indica la sostanza individuale

considerata come soggetto che contiene in sé tutti i suoi predicati, vengono chiamate anche entelecheia, ad indicare ciò che ha il suo inizio e la sua fine in sé stesso. Le monadi costituiscono punti metafisici inestesi, i veri atomi della natura che danno origine ai cosiddetti composti: esse non possono avere un inizio naturale, poiché altrimenti sarebbero composte, e non possono perire naturalmente, cioè per decomposizione: sono state create tutte simultaneamente insieme all’universo e possono perire solo per annichilimento; per la medesima ragione non possono né aumentare né diminuire di numero, possono solo subire trasformazioni. Non possedendo estensione non hanno nemmeno parti, né hanno una figura determinata, si distinguono per le rispettive qualità interne; pur essendo punti ultimi di unità, semplici ed indivisibili, possiedo una pluralità di stati e di rapporti: queste qualità costituiscono il principio del loro dinamismo -> in altre parole sono principio di unità e di attività. L’attività delle monadi non dipende da cause meccaniche esterne e tanto meno esse possono comunicare tra loro dall’esterno -> ciò non vuol dire che non abbiano rapporti con altre sostanze o con l’esterno, ma solo che tali rapporti nascono dal loro interno, in un modo autonomo che le rende fonti delle loro stesse azioni e quindi sufficienti a sé stesse. E’ solo dall’interno che avviene il cambiamento delle sostanze semplici che è dovuto alla facoltà della monade di avere rappresentazioni: il grado minimale di queste rappresentazioni è la percezione, attraverso cui la monade si rappresenta il composto esterno cui appartiene; e dall’ appetizione, cioè la tendenza che la spinge a passare da una percezione all’altra. La percezione non può essere spiegata tramite ragione meccanica, essa è una sorta di forza viva che agisce anche se non è avvertita: questo è il caso della piccola percezione, quella percezione che si dà al di sotto della coscienza e di cui si accorgono solo le monadi capaci di sensazione, ossia la percezione accompagnata da memoria -> in questo caso ci riferiamo alle monadi dotate di anima, cioè i viventi: quando una monade giunge alla coscienza o conoscenza si dice che è dotata di appercezione -> quest’ultima non la posseggono tutte le anime e non è data sempre alla stessa anima, ma solo a quelle dotate di ragione e nei momenti in cui si rappresentano in maniera cosciente la totalità dell’universo.

 Una natura piena di vita Tutte le monadi presenti nell’universo sono dotate di percezione, dunque c’è vita ovunque, anche nei corpi inorganici; esiste, però, una gerarchia delle monadi, data dal grado di percezione, sensazione e appercezione presente in ognuna di esse. In virtù di una dinamica metafisica, l’organizzazione del mondo dipende dalle rappresentazioni sempre più distinte ed estese che le monadi si producono. Ora sarà necessario spiegare come dalla monade, che è attività semplice, inestesa e indivisibile, derivi un aggregato composto come la realtà; e ancor più si dovrà dar conto della base materiale del mondo che deriva dalla vita spirituale della monade. Leib parte dal principio che la sostanza è di per sé pura attività, così anche i corpi materiali non vanno mai intesi come totalmente inerti. Se è vero che lo stato interno della monade è costituito dalla sua percezione, vuol dire che, per quanto sia inestesa, essa percepisce sempre una sorta di materialità in sé stessa -> cioè la materia prima della percezione non è esterna alla monade, ma è la sua stessa potenza passiva primitiva che è l’altra faccia della medaglia della sua forza ed energia -> nel momento in cui una pluralità di monadi si aggrega a formare un composto, si crea una materia seconda che costituisce un ente per aggregazione e può consistere o in un accumulo di parti, oppure nell’organizzazione di singole parti attorno ad una monade dominante: questo è il caso dei corpi organici dominati dall’anima sensitiva e di quelli dominati dall’anima razionale, cioè gli uomini. Tutte le sostanze create si connettono tra loro, e non perché siano state generate da un unico creatore che le abbia pensate, ma perché questo legame non è esterno, ma immanente a ciascuna delle monadi.

 L’armonia prestabilita

Dio ha creato il mondo come una “macchina divina”, cioè come un insieme connesso e adattato di corpi viventi: ogni parte di questa macchina è composta da altre macchine viventi e così via, senza mai giungere ad elementi primi, poiché la materia è divisibile all’infinito e le infinite sostanze semplici che la compongono sono, a loro volta, specchi dell’infinito -> per questa ragione Lieb suppone che il creatore sia un ente infinito e che ogni monade creata è infinita, per rispecchiamento, al suo interno. Questo risolve, secondo Lieb, il problema lasciato insolto da Cartesio, riguardo l’unione o conformità dell’anima e del corpo organico -> però, non è il caso di parlare di influsso reciproco tra i due, come facevano gli scolastici, tanto meno di un intervento occasionale da parte di Dio per regolare l’”orologio” del corpo su quello dell’anima come faceva Malebranche; secondo Lieb, ognuno segue le sue regole e s’incontrano in virtù dell’armonia prestabilita tra tutte le sostanze, poiché tutte sono rappresentazioni di uno stesso universo -> Dio ha fatto sì che ad ogni moto dell’anima corrispondesse un moto del corpo, così come risultano armoniche tra loro le leggi della causa finale che governano l’anima, e le leggi delle cause efficienti o moti che governano il corpo -> in ultimo si compie l’armonia anche tra le anime razionali e la monade suprema, Dio, perché gli spiriti, oltre a rispecchiare in sé l’universo, sono immagine della stessa divinità. L’insieme delle anime razionali forma la città di Dio, cioè lo “stato più perfetto che sia possibile sotto il monarca più perfetto” -> questa monarchia veramente universale costituisce l’armonia tra il regno fisico della natura ed il regno morale della grazia, oltre che l’armonia tra causa efficiente e finale -> Dio farà coincidere la sua grazia con l’ordine stesso della natura.

 La dinamica del conoscere: le idee come espressioni del mondo Leib ha sempre mostrato interesse per le teorie nominaliste, che egli semplifica in questo modo: in base alla regola principale per cui non si devono mai moltiplicare gli enti oltre il necessario, ogni cosa in natura può essere spiegata facendo completamente a meno degli universali e delle formalità reali, di modo che, ad eccezione delle sostanze singolari, tutto si riduce a meri nomi -> in altre parole, gli universali non sono cose, ma puri nomi, ed in quanto tali essi costituiscono solo entità mentali, ed esistono enti singolari. Tuttavia apporta una significativa modifica con l’ingresso in scena dei probabili: è chiaro che la verità non può essere ridotta a solo linguaggio, come rischia di accadere con la teoria nominalistica, per cui sosterrà che la verità, pur essendo espressa tramite il linguaggio, non dipende da esso, a riprova il fatto che, attraverso sistemi linguistici differenti si arriva alla medesima verità. Questa posizione determina la teoria del conoscere di Leib: innanzitutto parte dal presupposto che le nostre idee sono qualcosa che si trova nella nostra mente e non dipendono dall’azione delle cose esterne sul nostro cervello. -> non possiamo neanche pensarle come semplici atti di pensiero, esse consistono nella stessa facoltà di pensare, e tale facoltà è da intendersi come naturale disposizione della nostra mente -> anche se non abbiamo in noi l’idea come con...


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