Lettera a castelli, riassunto del libro PDF

Title Lettera a castelli, riassunto del libro
Course storia della scienza
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Summary

il riassunto è stato fatto in seguito alla lettura attenta del libro stesso. sono solita studiare dai riassunti fatti da me. spero possa essere utile...


Description

UNA SCOPERTA INATTESA Si pensava che di Galileo si conoscesse ormai quasi tutto e che quindi fosse quasi impossibile trovare nuovi documenti, invece il 2 agosto 2018 la Royal Society Library di Londra ha ritrovato l'autografo della "Lettera di Galileo a Benedetto Castelli" del 21 dicembre 1613 che rappresenta un breve trattato in forma epistolare dove Galileo espone le proprie idee riguardo i rapporti tra scienza e religione difendendo il sistema copernicano dalle accuse di inconciliabilita con la Sacra Scrittura e rivendica la necessita di rendere autonoma la ricerca scientifica rispetto alla giurisdizione dell'autorita teologica. Il lavoro era iniziato come una ricerca sulla ricezione di Galileo nell'Inghilterra del XVII secolo quando Salvatore Ricciardo si accorse dell'autografo riportato sull’esemplare in possesso della Royal Society Library. à La lettera era in buono stato di conservazione e perfettamente leggibile, vi erano solamente delle pagine con macchie di umidita, alcune lacerazioni e segni di una piegatura in quattro parti, inoltre vi era la particolarita di numerose cancellature e correzioni sempre di Galileo; tuttavia, l'autografo è considerato sicuro poichè venne confrontato con molti esempi. Durante il lavoro dell'autenticazione i ricercatori erano occupati nella stesura di un breve saggio accademico per presentare i primi risultati e furono contattati da Allison Abbott (giornalista di "Nature") che venne informata da Paolo Galluzzi (direttore del Museo Galileo di Firenze e autorita mondiale negli studi galileiani) con cui avevao condiviso la scoperta e che stava seguendo il loro lavoro; a conclusione dell'intervista durata quasi 10 giorni comunic8 loro che la rivista aveva deciso di pubblicare un suo articolo con un dettagliato resoconto della storia della scoperta. 

Il 21 settembre 2018 la giornalista invi8 il link di "Nature" dove sulla prima pagina online vi era la riproduzione di un frammento della Lettera a Castelli insieme all’articolo. Da questo momento la notizia venne ripresa da quasi tutti i media e in poche ore cattur8 un'attenzione praticamente mondiale che port8 alla richiesta di continue interviste e dichiarazioni; che fecero prevalere l’incredulita poiché nessuno immaginava che la scoperta avrebbe potuto suscitare un tale interesse al di fuori della cerchia degli studiosi di Galileo.

Molto probabilmente la scoperta ebbe una tale risonanza poiché rappresentava uno dei primi manifesti laici sulla liberta della scienza ed il suo valore derivava dalla difesa che Galileo fece dell'autonomia della moderna ricerca scientifica da ogni tipo di tutela ed ingerenza, di conseguenza era un'eredita culturale non considerata come prerogativa degli storici di professione. Proprio per questo l’obiettivo era raggiungere tutti coloro che volevano conoscere il contesto storico in cui nacque la Lettera a Castelli.

UN MISTERO DIETRO L’ALTRO L'autografo raffigura non solo la genesi e la struttura del testo ma anche la storia della sua ricezione e dei rapporti di Galileo con la curia romana; infatti, questa Lettera si trova all'origine della serie di eventi che portarono al decreto del 5 marzo 1616 da parte della Congregazione dell'Indice della falsita della "dottrina pitagorica" della mobilita della Terra e dell'immobilita del Sole.La Congregazione dell'Indice interpell8 i consultori del Sant’Uffizio il 24 febbraio 1616 che giudicarono la tesi dell'immobilita del Sole "stolta e assurda dal punto di vista filosofico e formalmente eretica" in quanto non conciliava con la Scrittura ed il 25 febbraio Paolo V ordin8 al cardinale Bellarmino di convocare Galileo e di "ammonirlo ad abbandonare" la teoria copernicana, Galileo non ebbe altra scelta se non accettare (elementi delle sue idee sono riportati sia nella Lettera a Castelli sia nella Lettera a Cristina di Lorena). Ci chiedemmo cosa ci facesse una lettera del 1613 nella biblioteca di un'istituzione fondata ufficialmente nel 1662, ma comunque il complesso e lungo percorso compiuto dalla Lettera,

data la distanza sia cronologica sia geografica, non è di per sé strano o inspiegabile in quanto nella seconda meta del XVII secolo ci furono relazioni scientifiche tra membri della Royal Society e dell'Accademia del Cimento (1657), fondata per dare una rinnovata visibilita all’eredita galileiana. Nonostante le indagini ci abbiano portati ad indizi promettenti non abbiamo potuto stabilire né il tramite né quando l'autografo della Lettera fu acquisito dall'istituzione inglese, certo è per8 che ne entrarono in possesso poco dopo la fondazione. Il secondo mistero riguarda, invece, il fatto che nessuno sembra essersi accorto della Lettera per moltissimo tempo ed è strano poiché era stata segnalata nel 1840 in un catalogo a stampa delle “Early Letters” redatto da Schuckard, che ne aveva errato la datazione, ma a colpire è che nessuno si sia mai preoccupato di verificarne il contenuto. Fino a quel momento, il testo della Lettera a Castelli era, infatti, conosciuto solamente attraverso alcune copie manoscritte, ovvero i dodici testimoni identificati ed usati da Antonio Favaro nell'edizione critica del 1895 pubblicata nel quinto volume dell’“Edizione Nazionale delle Opere di Galileo”.

MICROSTORIA DI UNA LETTERA Benedetto Castelli, che nel dicembre 1613 era diventato da poco lettore di matematica nello Studio di Pisa, aveva conosciuto Galilei a Padova tra il 1603 ed il 1604 quando si era trasferito nel monastero di Santa Giustina da quello di S. Faustino Maggiore di Brescia dove era entrato nell'ordine benedettino cassinese nel 1595. Per questo ideale allievo Galileo prov8 una tale ammirazione e fiducia da confidargli in conversazioni private la propria adesione alla cosmologia copernicana e l'elaborazione di una nuova fisica. o

L'incontro con Galileo lo port8 a sostenere le idee fino a farne una missione culturale: infatti, fu uno dei maggiori sostenitori e promotori delle scoperte astronomiche galileiane e, inoltre, quando Galileo venne richiamato a Firenze dal granduca di Toscana Cosimo II nel settembre 1610, Castelli decidera di ragiungerlo l'anno seguente.

La testimonianza di Castelli riguardo il clima di Pisa, ovvero il fatto che Arturo Pannocchieschi d’Elci (provveditore delloStudio) gli avesse consigliato di non occuparsi delle tesi sostenute da Copernico, fa comprendere la presenza di quelle ostilita nei confronti di Galileo che si erano gia manifestate a Firenze. La reazione antigalileiana aveva preso avvio dal principe don Giovanni de’ Medici e dall’arcivescovo Marzimedici: infatti, 1) Tra la fine del 1610 e gli inizi del 1611 Delle Colombe (filosofo aristotelico) scrisse "Contro il moto della Terra" dove elencava numerosi passi biblici contrari alla dottrina galileiana (testo annotato dallo stesso Galileo) 2) Nel 1611 Sizzi (aristotelico) pubblic8 il “Dianoia astronomica, optica, physica” dove attaccava le scoperte astronomiche di Galileo 3) Il 2 novembre 1612 Lorini (predicatore domenicano) biasim8 Galileo per le sue convinzioni copernicane considerate incompatibili con la "Divina Scrittura" durante una conversazione con un gruppo di intellettuali fiorentini. Culmine fu il pranzo alla corte del granduca di Pisa del 12 dicembre 1613 di cui Castelli raccont8 in una lettera a Galileo il 14 dicembre. Al pranzo erano presenti Cosimo II, la consorte Maria Maddalena d'Austria, Cristina di Lorena (granduchessa madre), Castelli, Cosimo Boscaglia (professore dello Studio di Pisa) ed altri due notabili, che stavano discutendo del cannocchiale e dell'osservazione degli "Pianeti Medicei” (satelliti di Giove). 

Al termine del pranzo Castelli venne convocato nella stanza di "Madama Serenissima" (Cristina di Lorena) che port8 argomentazioni contro con la Sacra Scrittura e Castelli rispose alle sue domande riuscendo a difendere il sistema copernicano e a convincere non pochi dei presenti. Tutti questi particolari sarebbero, po, stati riferiti ad Arrighetti

(cerchia dei suoi discepoli) che comunichera il tutto Galileo quando lo and8 a trovare il 20 dicembre 1613. La discussione a questo pranzo fu la conferma del fatto che l'ostilita anticopernicana, basata solamente su motivazioni di ordine religioso, si era diffusa talmente tanto da svilupparsi anche all'interno della famiglia regnante. 

Galileo decise di intervenire sul tema in prima persona scrivendo la Lettera a Castelli avente una linea argomentativa talmente rigorosa e coerente che sembra fosse una meditazione gia avviata da tempo: era, infatti, la sua risposta alle obiezioni di coloro che sostenevano che l'astronomia copernicana costituiva una minaccia sia all'interpretazione tradizionale della Bibbia sia all'intero edificio della teologia cattolica.

Egli articolera il suo ragionamento in due parti dove, nella prima, riporta considerazioni in termini generali "circa il portar la Scrittura Sacra in dispute di conclusioni naturali" e, nella seconda, esamina il luogo preciso dove Gesù ordin8 al Sole di fermarsi (passo citato dalla granduchessa madre a pranzo). Galileo inizia dicendo che la Bibbia non sbaglia mai, ma precisa che questo principio non vale per i suoi interpreti i quali, invece, possono errare in modo particolare qualora "volessero fermarsi sempre nel puro significato delle parole", attribuendo a Dio caratteri antropomorfici e sentimenti; non possono essere quindi presi alla lettera ed è necessario che "i saggi espositori" ne chiariscono il vero senso. o

Secondo il filosofo/matematico, infatti, La Sacra Scrittura e la natura procedono entrambe dal "Verbo Divino", ma con la differenza che la Scrittura deve adattarsi "all'intendimento universale" (capacita di comprensione di ogni essere umano), mentre la natura è "inesorabile e immutabile” e ha dentro di sé un ordine che certamente è stabilito da Dio ma non necessita di alcuna mediazione interpretativa a differenza della Scrittura.

Galileo sosterra questa posizione anche nella Lettera a Cristina di Lorena, dove esporra le proprie argomentazioni in forma più estesa avvalendosi di numerose citazioni di autorita teologiche, come Sant’Agostino. Afferma, inoltre, che, poiché le due verita della natura e della Scrittura "non possono mai contrariarsi", è compito dei teologi trovare un'interpretazione che tenga debito dei risultati ottenuti tramite il "senso manifesto" o le "dimostrazioni necessarie”. Galileo è convinto, pertanto, che la Sacra Scrittura abbia solamente l'obiettivo di indicare agli uomini quelle verita che sono necessarie alla loro salvezza (proprio per questo nei testi sacri riguardo l'astronomia vi è una parte talmente piccola che non nomina neppure i pianeti). 

Successivamente, prendendo in considerazione il passo di Giosuè (Dio fa fermare il Sole per prolungare il giorno) dimostra, quasi a mo’ di sfida, agli avversari che interpretandolo alla lettera risulta (il passo) più conforme alla dottrina copernicana che al vecchio sistema aristotelico-tolemaico.

Infatti, in questo sistema l'alternarsi del giorno e della notte è un effetto del moto del "primo mobile", sfera più esterna che con il suo moto innesca la rotazione di quelle più interni, e quindi Dio avrebbe dovuto arrestare il primo mobile e non il Sole (gli compete soltanto il moto annuo); Galileo non sta cercando un sostegno scritturale alla dottrina copernicana, ma reinterpretando il passo di Giosuè, in termini copernicani, sottolinea le contraddizioni a cui si va incontro attraverso una spiegazione letterale.

DUE CODICI A CONFRONTO: RS E PR 

Galileo scrisse la Lettera (a castelli) per chiarire la propria posizione davanti i suoi mecenati cercando di impedire che la granduchessa madre potesse orientare la politica culturale della corte in una direzione anticopernicana. Proprio per questo giunse a specificare quali fossero i confini tra discorso scientifico e discorso teologico.

Evidente è il fatto che fosse pensata per essere diffusa e lo fu ampiamente tra i sui discepoli. Una delle copie, per8, raggiunse anche i suoi avversari provocandone una violenta reazione: Lorini, infatti, invi8 una riproduzione della Lettera a Camillo Sfrondati (prefetto della Congregazione dell'Indice) il 7 febbraio 1615 che la trasmise a Giovanni Garcia Millini (cardinale e segretario del Sant’Uffizio) che la sottopose al parere di un qualificatore. L’esemplare che Lorini invi8 a Roma si trova nell’Archivio Segreto Vaticano e contiene alcune espressioni (teologicamente compromettenti) assenti nel resto della tradizione manoscritta, ma Favaro appront8 la sua edizione critica della Lettera sulla base degli altri testimoni considerando l'esemplare in Vaticano (disegnato con la sigla PR) come lontano dalla "lezioni genuina”, ossia dal codice G. Favaro pens8 che Lorini avesse interpolato il testo della Lettera per rendere Galileo più attaccabile dal punto di vista teologico ed infatti Galileo il 16 febbraio 1615, venuto a conoscenza di questa iniziativa, fece recapitare al suo amico Monsignor Pietro Dini a Roma una versione "nel modo giusto che l'ho scritta io" accompagnata dalla motivazione àfece questo cercando la mediazione del prelato per far conoscere la sua "genuina" posizione sui rapporti tra scienza e fede sia a Grienberger sia al cardinale Bellarmino; Dini conferm8 di aver ricevuto la "versione corretta" della Lettera il 21 febbraio comunicando a Galileo il 7 marzo di averle fatte fare "molte copie" consegnandole ad entrambi. Galileo, inoltre, chiedeva a Dini di mettere in circolazione questa versione della Lettera a Castelli per contenere e, forse scongiurare, le possibili conseguenze della denuncia di Lorini. 

L’autografo racconta, tuttavia, una storia diversa che capovolgere i termini della ricostruzione: infatti Lorini non manipol8 il testo della Lettera a Castelli e questo viene dimostrato dal fatto che la stesura autografata (RS) corrisponde alla coppia che invi8 a Roma, ovvero il codice PR; Galileo elabor8 la sua "versione corretta" (con revisioni apportate) dopo essere stato avvertito della denuncia il 7 febbraio 1615 e non più tardi dell'invio a Dini del 16 febbraio.

Diverse correzioni che Galileo apport8 erano sostituzioni teologicamente meno censurabili à le introdusse poiché era consapevole che le espressioni usate nella stesura originale (es. la bibbia contiene molte proposizioni false à cambiato in: molte proposizioni hanno aspetto diverso dal vero) potevano apparire molto azzardate ai censori ecclesiastici; pertanto, era necessario proteggere la sua reputazione di scienziato cattolico da chi lo voleva additare come pericoloso eretico. Infatti, l'anonimo qualificatore che venne chiamato a valutare la copia PR della lettera dal Sant’Uffizio si concentr8 proprio sulle due frasi che Galileo cambi8.

ALL A RICERCA DEL TESTO ORIGINALE Il Sant’Uffizio cerc8 di venire in possesso del testo originale della Lettera quasi subito, infatti il cardinale Millini chiese il 27 febbraio 1615 a Francesco Bonciani (arcivescovo di Pisa) di procurarsela ed il 7 marzo Marzari (Inquisitore di Pisa) gli scrisse per rassicurarlo che lui e l'arcivescovo la stavano esaminando ed il giorno successivo l’arcivescovo stesso scrisse a Millini per informarlo dell'esito del colloquio con Castelli, ovvero che gli avrebbe inviato la copia poiché l'aveva restituita a Galileo. 

Castelli, infatti, chiese più volte a Galileo di restituirgli l'originale della Lettera e lo fece gia il 12 marzo nella missiva in cui gli raccontava del colloquio avuto con l'arcivescovo di Pisa. Sei giorni dopo gli fece nuovamente la richiesta in quanto incalzato da Bonciani e glielo richiese forse per l'ultima volta il 25 marzo senza per8 alcun risultato.

Questa ostinata ricerca mostra quanta importanza gli venisse attribuita dal Sant’Uffizio ed il suo ritrovamento porta sviluppi nella ricostruzione e nell'interpretazione degli eventi successivi alla sua stesura, soprattutto per quanto riguarda il biennio 1615-1616....


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