Lezione 1 Meyer PDF

Title Lezione 1 Meyer
Course Storia dell’arte contemporanea
Institution Università degli Studi di Macerata
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Lezione numero uno di Storia dell'arte contemporanea con la prof.ssa Meyer
Corso di Storia dell'arte contemporanea - Scienze dell'Educazione UNIMC...


Description

Storia dell’arte contemporanea – Susanne Adina Meyer Lezione 1

Il corso riguarda l'arte contemporanea che va dagli ultimi anni del 700 fino agli anni 80-90 del 1900 cioè fino alla caduta del Muro di Berlino. La produzione artistica di questo periodo è estremamente variegata ed esplora tecniche, modalità e materiali sempre nuovi puntando, di volta in volta, su rotture radicali, tentativi di rinnovamento o sulla ricerca di tradizioni perdute. Per strutturare questa vasta esperienza la storia dell'arte ricorre molto spesso alle categorie periodizzanti come Neoclassicismo, Romanticismo, Avanguardie eccetera. Queste categorie sono molto utili per individuare i tratti essenziali delle diverse correnti e dei diversi movimenti ma vanno utilizzate con cautela e senso critico. Infatti verranno affrontati considerando che solo alcuni sono realmente esistiti; altri sono delle invenzioni fatte a posteriori dagli storici, i quali hanno dato i vari nomi alle categorie sulla base di astrazioni. Per dare un senso ai materiali è molto utile fare riferimento ai dati storici e ai dati della storia politica e sociale. Il corso utilizzerà i cosiddetti "Fili Rossi" ovvero dei temi che servono per comprendere, domande che dobbiamo porci. Un primo “filo rosso”, cioè una prima tematica importante sulla quale interrogarsi, è il rapporto tra arte e società. Ci si deve chiedere quale ruolo ha avuto un determinato evento politico per la creazione di una specifica opera. Un altro “filo rosso” è rappresentato dal mutare del ruolo dell'artista nella società: cosa cambia nel tempo? Cosa invece rimane costante nel rapporto tra artista e società di riferimento? Quale immagine di sé usa l'artista per affermarsi? Altro filo è invece il ruolo del pubblico, nuovo e sempre più determinante attore nel mondo dell'arte dal 700 in poi. Catturare l'attenzione del pubblico attraverso la critica, l'esposizione il mercato è una delle ricerche più importanti che effettua l'artista. Altro filo importante riguarda il rapporto tra Arte e Industria. L'epoca contemporanea si contraddistingue proprio per la forte industrializzazione. L'arte ha molte declinazioni per riflettere sul rapporto tra lavoro artigianale e industriale, prodotto artistico e serialità della produzione industriale. Un altro filone importante riguarda la riflessione sulla questione del senso dell'Opera che passa attraverso l'analisi degli elementi e dei personaggi, dell'organizzazione degli elementi e dei materiali. Ci si deve chiedere se il senso è intrinseco o meno e questo aspetto sarà molto forte soprattutto nell'arte astratta. Bibliografia: - Carlo Bertelli Invito all'Arte. Edizione gialla. 3. Dal Neoclassicismo a oggi Pearson Bruno Mondadori, Milano, 2017 Questo manuale può essere sostituito con: 1

- P. De Vecchi, E. Cerchiari, Arte nel tempo, vol. 3.1 Dall’età dell'Illuminismo al Tardo Ottocento e vol. 3.2 Dal Postimpressionismo al Postmoderno, Bompiani [tutto, escluso le “Schede”]

- G. Cricco, F. Di Teodoro, Itinerario nell'arte, vol. 3 Dall’età dei Lumi ai giorni nostri, Zanichelli Tenere sempre in considerazione che è necessario partire dallo studio delle immagini che vanno comprese prima del testo. È molto importante memorizzare e comprendere il legame tra le opere in quanto gli artisti si ispirano sempre ad altri artisti. È importante anche comprendere il legame dell'arte con il contesto storico ed anche geografico. Testi utili per approfondire e curiosare (… e non annoiarsi troppo) - Federica Rovati, L’ arte dell’Ottocento, Torino, Einaudi, 2017 - Federica Rovati, L’ arte del primo Novecento, Torino, Einaudi, 2015 - Alessandro Del Puppo, L'arte contemporanea Il secondo Novecento, Torino, Einaudi, 2013.

L’ARTE NELL’ETÀ DELLA RAGIONE E DELLE RIVOLUZIONI O L’ARTE ALL’EPOCA DELL’ILLUMINISMO (1750-1815)

Partiamo da una domanda: "Che cosa è l'Illuminismo"? Per Kant, uno dei maggiori filosofi tedeschi del 700, l'Illuminismo è “l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l'incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell'illuminismo”. Per servirsi della propria intelligenza ci vuole coraggio. L’I. nasce tra la seconda metà del 700 e i primi anni dell’800 ed investe il campo delle scienze, la filosofia etc. È denominato anche NEOCLASSICISMO. Un monumento fondamentale dell’I. è l’Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, pubblicato sotto la guida di Diderot e d’Alambert tra il 1751 e il 1780. Si tratta di un tentativo di ricondurre tutto il saper umano entro basi scientifiche e laiche. L’I. fu un movimento transnazionale, europeo, con molti centri diversi tra loro ma in contatto, capaci di creare reti culturali che superavano quelle delle corti e che creavano un tessuto di rapporti interculturali del sapere che non era più collegato all’autorità della religione ma laicizzato. La SCIENZA è l’unico modo per studiare la Natura.

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Sul piano filosofico, un tema centrale è la TOLLERANZA che, secondo la definizione dell’Encyclopedie, richiama la coscienza come supremo giudice dell’agire umano. «Regola generale: rispettate inviolabilmente i diritti della coscienza in tutto ciò che non turba la società. Gli errori speculativi sono indifferenti allo Stato». La LIBERTA’ della COSCIENZA è un altro tema fondamentale dell’I. Verranno seguiti tre filoni o proposte di lettura, che sono: -La riscoperta dell’antico (il Neoclassicismo) -La polemica conto l’arte barocca e quindi la ricerca di un’arte laica - Inquietudini e indagini dell’irrazionale (Sturm und Drang e Sublime)

La «riscoperta» dell’antico tra Bello ideale e molteplicità dell’antico - Il laboratorio di Roma “Il Bello ideale è la riunione delle parti più belle scelte dagli individui più belli. La natura non dà mai un tutto perfettamente bello: frammischia sempre, fra le parti belle, altre meno belle, e anche delle brutte o per eccesso o per difetto. L’artista sceglie le più belle e ne fa un tutto compiutamente bellissimo. Questo è il bello ideale” secondo la definizione di Francesco Milizia, 1797. La natura non propone mai il bello ideale ma è l’artista che, scegliendo, lo propone. Il bello ideale quindi non esiste, è l’artista che lo sceglie ed è un concetto propriamente artistico. Va raggiunto mediante un percorso intellettuale e pratico di scelta. Questo percorso di scelta passa anche attraverso la FORMAZIONE ARTISTICA in quanto, a partire dalla seconda metà del 700 si va da una formazione prevalentemente artigianale fatta nella bottega del maestro ad una formazione di tipo accademico. Le ACCADEMIE sono moderne istituzioni statali che hanno il compito di fornire le competenze necessarie per prepararsi al mestiere di artista. Vengono fondate in quasi tutte le capitali, piccole o grandi, in Europa sull’esempio delle famose Accademie di Firenze, Roma e Parigi e creano una fondamentale condivisione del processo formativo su scala internazionale. La formazione dell'artista si basava sullo studio della natura ed in particolare del nudo, sullo studio della cultura antica (copiare sculture antiche) e sul copiare la pittura moderna da Raffaello in poi. Nella slide sono presenti due esempi di disegni di Pompeo Batoni che sono due studi accademici. Il primo rappresenta un esercizio tipico di nudo maschile. In questo continuo confronto con la natura e l’antico gli artisti cercavano di trovare la capacità di selezionare la natura per trovare il bello ideale. Del ritrovato fascino per l'arte antica fanno parte gli scavi archeologici di Ercolano, a partire dal 1738 e Pompei, dal 1748 che portano alla luce i primi esempi di pittura antica: fino a questo momento la pittura antica non si conosceva, erano note soltanto la scultura e l'architettura. Solo con Pompei ed Ercolano vengono alla luce i primi esempi di pittura antica. In questo clima di ritrovato fascino dell'antico, la pratica del Grand Tour (viaggio di formazione in Italia soprattutto a Roma, Napoli, Pompei ed Ercolano) permetteva ai viaggiatori aristocratici, intellettuali ed artisti di vedere, toccare, sperimentare, sentire 3

le emozioni provocate dai resti del mondo antico, di ammirarli, studiarli e copiarli. In questo periodo c'è un aumento continuo di viaggiatori provenienti da tutti i paesi europei che attraversano l'Italia visitando le maggiori città d'arte per arrivare, alla fine del viaggio, a Roma. Per i più ricchi e facoltosi, questo viaggio finiva con grandi ritratti, detti appunto “ritratti del Grand Tour” o “ritratti souvenir” (nella slide è presente il ritratto del Generale Gordon, di Pompeo Batoni, specialista internazionale in questo tipo di ritrattistica). Nel ritratto del Generale Gordon vediamo appunto il nobile inglese davanti alle rovine del Colosseo con accanto la dea Roma, un albero e il cielo che rappresentavano il paesaggio e la natura mediterranea. Abbiamo dunque un tipo di ritratto che celebra il fatto di aver toccato con mano, aver visto le meraviglie dell'antico, di essere stato a Roma; e quindi una specie di souvenir, una " quasi fotografia" che documenta questa esperienza. Roma diventa in questi anni un vero e proprio laboratorio di esperienze e di studio dell'antico nei suoi diversi aspetti. Da ricordare a tal proposito la fondazione del museo del Campidoglio nel 1738, il primo museo pubblico dedicato all'esposizione di una ricca collezione di sculture antiche e primo museo aperto al pubblico, non di proprietà di un singolo ma del comune.

Un altro luogo simbolico, centrale, di elaborazione intellettuale e culturale di questi anni è la famosa Villa Albani costruita tra il 1756 è il 1763 dall'architetto Marchionni, per incarico del Cardinale Alessandro Albani, nipote di Papa Clemente XI, per esporre la sua ricca collezione di sculture antiche provenienti in gran parte da Villa Adriana, a Tivoli. La villa e il giardino non sono finalizzati ad essere abitazione ma luogo di presentazione ed esposizione delle collezioni delle famiglie papali. Gli Albani, con questa villa, creano uno degli ultimi e più alti esempi di edificio costruito appositamente per custodire ed esporre opere, in questo caso sculture antiche. L'architettura di Villa Albani è razionale, limpida e chiara. Ha un ampio giardino sul davanti che si conclude con una serra e rappresentava un tentativo di ricreare uno spazio architettonico in cui le sculture potessero trovare un luogo degno alla loro importanza. Villa Albani diventa molto presto un luogo di incontro e un circolo di artisti e intellettuali provenienti da diverse zone dell'Europa che fanno di questo spazio un vero e proprio laboratorio e una vera e propria culla di un linguaggio artistico. Tra i protagonisti di questo movimento possiamo ricordare almeno Carlo Marchionni (architetto), Mengs (pittore), Winkelmann (antiquario e studioso di arte antica) e Giovan Battista Piranese (incisore veneziano). Winckelmann, studioso di storia antica, e proveniente dal nord della Germania visita da giovane la galleria di Dresda e rimane folgorato dalla ricca collezione dei Granduchi Di Sassonia, una delle più importanti in quel periodo in Germania. Scrive così i 4

“Pensieri sull'imitazione delle opere greche in pittura e scultura”, un piccolo volume che diventa presto una sorta di vademecum nella ricerca di un rinnovamento artistico e culturale, basato appunto sull'imitazione delle opere greche. Per Winkelmann la scultura greca è l'apice assoluto e irripetibile dell'arte nella storia umana. Come si legge nel suo trattato, l'unica via per noi di diventare grandi ed insuperabili è l'imitazione degli antichi, l'arte greca in particolare (che tuttavia, secondo Winckelmann va studiata a Roma, unico luogo, in quel preciso momento storico, in cui era possibile studiare le opere attraverso delle copie). Non si tratta quindi di una esperienza diretta di studio dell'arte greca ma di un avvicinarsi. Nel 1764, grazie all'esperienza di curatore della collezione Albani, in qualità di antiquario e bibliotecario del Cardinale, Winkelmann scrive un secondo testo altrettanto famoso che è "Storia dell'arte nell'antichità ”: il testo rappresenta il primo tentativo di scrivere una storia dell'arte che parte dall'osservazione dell'opera e dall'analisi stilistica, non dai testi degli autori antichi. Dunque si tratta di un testo che scrive la storia in base ad un'analisi formale e stilistica e che guarda alle opere utilizzando come unico strumento l'occhio e l'osservazione, in grado di giudicare e classificare le opere in base agli elementi formali e stilistici, senza l'autorità del testo scritto. Anche in questo senso l'opera di Winkelmann è pienamente ascrivibile nel movimento illuminista. Nel lavoro, Winkelmann è affiancato dal suo amico Mengs, pittore che proprio a Villa Albani dipinge l'opera più rappresentativa del Neoclassicismo. Si tratta del Parnaso che decora la volta della Sala principale, il piano nobile della villa. Sotto le pareti decorate ci sono sculture antiche e stucchi dorati con cui proporre un radicale e profondo rinnovamento pittorico che a noi, a prima vista, non è facilmente visibile. La critica del tempo, acquisibile da lettere, diari, giornali eccetera accoglie quest’opera con stupore e non poche critiche. Osservando l'opera, possiamo notare la poca profondità della scena. Mengs raggruppa le singole figure in piccoli sezioni o gruppi, quasi isolati gli uni dagli altri. Si tratta delle allegorie delle Muse che adorano il Dio Apollo, secondo la iconografia classica del Parnaso. I gruppi non sono presentati in profondità bensì allineati uno accanto all'altro, quasi come se si trattasse di un fregio (ricorda i fregi dei sarcofagi antichi). Il paesaggio si apre a cannocchiale sullo sfondo, dando però una grande luminosità all'opera. Nelle slide successive ci sono le fonti a cui Mengs si ispira per la sua opera. La prima opera è il Parnaso di Raffaello, collocato nelle stanze vaticane. La copia è evidente soprattutto nella parte superiore dell'affresco. La somiglianza è poi evidente sia nell'ambientazione di tipo naturale sia nel raggruppamento delle Muse 5

intorno al Dio Apollo. Dio Apollo che, nell'affresco di Mengs, è una copia dell’Apollo del Belvedere, scultura antica conservata nel museo Vaticano e ritenuta da Winckelmann (e da tutti gli intellettuali della cultura e dell'arte in generale) il più bell’ esempio di scultura antica. Quindi l'Apollo di Mengs si confronta direttamente con l'apollo antico ed abbiamo dunque il riferimento a Raffaello (e dunque alla pittura moderna) e alla scultura antica. Un altro elemento che possiamo individuare è la citazione delle due Ninfe laterali, copiate da una scoperta fresca di quegli anni: le ninfe danzanti provenienti dalla villa di Cicerone a Pompei che vengono riproposte nel Parnaso da Mengs, in chiave moderna.

Gli aspetti sui quali si basava la critica: la scelta di utilizzare per la decorazione della volta il cosiddetto QUADRO RIPORTATO. Esemplificativo a tal proposito è il confronto tra la “Loggia di Amore e Psiche” di Raffaello (e scuola) a Roma, e il che rappresentano due prototipi di decorazione delle volte in contrapposizione tra loro.

Nella “Loggia di Amore e Psiche”, Raffaello finge che nella costruzione delle ghirlande che fanno intravedere il cielo, siano appesi dei tappeti che raffigurano le cene dello sposalizio degli Dei in occasione delle nozze di Amore e Psiche. Non si tratta di figure scorciate, non sono illusionistiche ma sono come quadri da parete appesi sulla volta che non portano ad una deformazione dei corpi e delle architetture. Pietro da Cortona sceglie (e poi ne diventerà un esempio, un punto di riferimento per la pittura barocca romana) di “sfondare la volta” cioè immagina un'architettura che va oltre l’architettura esistente e che rompe illusionisticamente la volta, coinvolgendo lo spettatore nella visione e suggerendo, appunto, di vedere aperture di cieli non esistenti nella realtà. Egli presenta “figure scorciate” cioè viste “da sotto in su” e quindi deformate, per essere viste correttamente dal basso. Mengs rifiuta la posizione illusionistica di Pietro da Cortona sostenendo che non è possibile scorciare le figure giacchè lo scopo principale della pittura è “cercare il bello ideale” che non sopporta scorci e deformazioni di alcun tipo. In questo stesso contesto possiamo collocare un altro protagonista dell’indagine e ricerca sull'antico che è Giovan Battista Piranese, giovane incisore veneziano. Egli 6

si inserisce rapidamente nell'ambiente romano, entrando subito in contatto con gruppo di Villa Albani. Nel corso delle sue ricerche affiancherà alla ricerca del bello ideale e alla scultura greca, una ricerca sull'arte romana, affrontata anche nei suoi aspetti tecnici. Si concentrerà molto sul modo in cui i Romani hanno costruito, esaltando la grandezza degli stessi Romani contro la grandezza dei greci. Inoltre amplia la conoscenza di artisti che possono essere studiati e copiati, includendo tra i modelli del mondo antico anche l'arte etrusca e soprattutto l'arte egizia. Dunque assistiamo man mano che si va avanti in questo laboratorio, all'individuazione dell'arte e della scultura greca e romana come apice assoluto dell'arte umana; dall'altro lato c’è anche una maggiore conoscenza del mondo antico che porta alla consapevolezza che l'antico non è un unico linguaggio: esso si articola a sua volta in una pluralità di linguaggi da cui attingere.

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