Lezione art 8 cost - Approfondimento Art. 7 in relazione alla libertà religiosa PDF

Title Lezione art 8 cost - Approfondimento Art. 7 in relazione alla libertà religiosa
Course Diritto ecclesiastico
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Approfondimento Art. 7 in relazione alla libertà religiosa...


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Art.8 Cost. I comma: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”. Per questo articolo ci fu un emendamento della formula che recitava: “Tutte le confessioni religiose sono eguali davanti alla legge”. La maggioranza si oppose decisamente a questa formula perché si disse che così si andava nuocere proprio la particolare posizione riconosciuta alla Chiesa cattolica nell’art. 7 Cost . Si parla di tutte le confessioni religiose, quindi è compresa anche quella cattolica. Fondamentale

notare che l’articolo non parla di uguaglianza ma bensì di eguale libertà;

l’uguaglianza infatti non solo non sarebbe possibile

ma sarebbe anche ingiusta . Tale

uguaglianza sostanziale letta in termini di eguale libertà vuol dire “non dare a tutti le stesse cose ma a ciascuno il suo”; ossia riconoscere le differenze è necessario affinché non ci siano disparità di trattamento . II comma: “Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i loro statuti in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”. Per questo comma il vero problema fu quel limite che il costituente pose, cioè il non contrasto con l’ordinamento giuridico dello Stato. Ma l’articolo passò come lo leggiamo ora. L’interesse per quest’articolo nei primi anni successivi all’entrata in vigore della Costituzione fu molto scarso. E' stato sottolineato che con tale norma il costituente ha voluto creare una finestra aperta verso il futuro. E' stato, tuttavia, anche evidenziato che lo Stato ha concesso molto alla Chiesa Cattolica, considerata un ordinamento originario e sovrano mentre è stato molto timido nei confronti delle altre Confessioni Religiose, perché non tutte hanno alla base un ordinamento originario e sovrano. Altri autori hanno, invece, affermato che “con l’art.8 il costituente ha limitato lo strapotere dello Stato nei confronti delle confessioni religiose però, al tempo stesso ha dato enorme rilevanza al gruppo”. Il problema principale che deriva dall’art.8 è individuare il significato del concetto di confessione religiosa. Infatti il costituente parla di confessione religiosa senza indicarne gli elementi identificativi. Confessione religiosa= in passato si sosteneva che esisteva una confessione religiosa quando era presente:

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Gruppo di persone= sorge però un problema; quante persone occorrono affinché si possa parlare di confessione religiosa?



Credo comune= tutte le confessioni religiose hanno un credo comune. Lo Stato non è chiamato a “discutere” se tale credo sia giusto o sbagliato, ma l’unica cosa che può richiedere è che tale credo comune non sia contrario all’ordinamento giuridico e che non

sia

corrispondente

a

una

fattispecie

penale-criminosa

(es.

No

sacrificio=omicidio….no uso droga….ecc) 

Credenza in un essere trascendente= in realtà la dottrina lo ritiene un punto superato (ad esempio la religione buddista e Scientology non credono in un essere trascendente ma bensì in un percorso interiore e personale)



Insieme di regole morali= anche qui lo Stato non interviene a meno che esse non siano corrispondenti a una fattispecie penale

Una parte della dottrina ha fatto riferimento al fine religioso/di culto “se il gruppo persegue un fine religioso quella è una confessione religiosa. Per stabilire, inoltre, se un gruppo persegue fine di culto bisogna guardare il riconoscimento che lo Stato fa di questo gruppo. Questo criterio presenta delle evidenti difficoltà poiché di difficile identificazione ed inoltre non consente di discernere tra una confessione e un’associazione (ad es. l’Associazione Cattolica è un’associazione; la Chiesa Cattolica è una Confessione: anche l’azione Cattolica persegue un fine religioso ma non è una Confessione). Se, infatti, la qualificazione classica della ‘religione’, come ‘comunità sociale stabile con una propria organizzazione e avente una concezione originale del mondo basata sulla presenza di un Essere trascendente e tesa alla salvezza dell’anima’ poteva ritenersi soddisfacente all’interno di uno statico approccio al religioso la stessa non può risultare soddisfacente all’inquadramento dei parametri imposti dalle società aperte e multiculturali. Particolarmente seducenti ma fortemente pericolose sono, inoltre, le teorie fondate sulla autodeterminazione secondo le quali occorrerebbe valutare l’animus degli adepti e qualificare come confessione religiosa ogni movimento che sia percepito come tale dai soggetti che vi appartengono, escludendo qualsiasi forma di intervento preventivo o successivo su tale

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qualificazione. E’ evidente la pericolosità di tal approccio dogmatico, in contrasto con le esigenze di certezza giuridica. Il Parlamento Europeo ha tentato di intervenire nel dibattito stabilendo nel 1984 alcune linee guida, a contrario, definendo i movimenti che non possono essere considerati come religiosi caratterizzati dall’accoglienza dei minorenni, che non consentono un adeguato periodo di riflessione, che impongono fratture con la propria famiglia di origine e il cerchio delle amicizie personali, che escludono interventi medici in caso di malattie oltre che, naturalmente, se spingono a violazioni delle norme di legge. Gli inquadramenti sistematici del concetto, derivanti da altre scienze umane rivelano la loro inadeguatezza se trasferiti a livello giuridico nel quale tale termine non è utilizzato né definito. La religione è definibile come “sistema solidale di credenze e di pratiche relative a cose sacre, cioè separate e interdette, le quali uniscono in un’unica comunità morale, chiamata Chiesa, tutti quelli che vi aderiscono” o anche “la credenza in esseri spirituali” sottolineando che “da una parte vi sono religioni senza dei e senza spiriti; dall’altra, anche presso religioni ‘deiste’, vi sono riti completamente indipendenti dall’idea e dall’esistenza di dei o di spiriti”. Altro criterio utilizzato da altra parte della dottrina fa riferimento al criterio della comune considerazione: “se l’opinione pubblica ritiene che quel gruppo è una Confessione Religiosa, anche lo Stato deve ritenere ciò”. Adottare tale criterio comporterebbe, tuttavia, l'accettazione di un concetto molto conservatore di confessione religiosa, perché definiremmo tale quel gruppo che si riunisce in un tempio per effettuare celebrazioni,per pregare, ecc., mentre saremmo perplessi nei confronti di quel gruppo che ad es. si riunisce in un dato giorno per contemplare le stelle. Un altro criterio cui fa riferimento è il criterio del carattere costituzionale del gruppo che diventa confessione quando si dà un ordinamento, quando s’istituzionalizza. Anche norme consuetudinarie possono dar vita ad un’organizzazione. La confessione religiosa non è pensabile senza un’organizzazione. L’organizzazione è un elemento che necessariamente va a contraddistinguere una confessione religiosa. Quest’ultimo elemento è criticato da parte della dottrina perché alcuni autori fanno riferimento al II comma dell’art.8, che dice “possono organizzarsi” non “devono”. Non tutte le confessioni religiose sono dotate di un’organizzazione perché non hanno uno Statuto. Resta però da sottolineare che le confessioni religiose possono organizzarsi anche senza realizzare uno Statuto.

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Ancora si sottolinea che la confessione ha un concetto originale del mondo, ha una concezione originale dei rapporti dell’uomo-Dio, dei rapporti uomo-uomo. L’Azione Cattolica non è una Confessione Religiosa proprio perché non ha una concezione originale, ma ha la stessa concezione del mondo della Chiesa Cattolica, della Confessione Religiosa. Persegue un fine di religione. Per religione, secondo una dottrina ormai superata, si intendeva un complesso di dottrine basate sull’esistenza di un essere trascendente. Quindi: 1. la confessione religiosa è una comunità che svolge un’attività stabilmente, costantemente, 2. che ha un minimo d’organizzazione, 3. che ha una concezione originale del mondo basata su un credo comune. C’è ancora una parte della dottrina che ritiene di dover seguire un’altra strada per indicare la confessione religiosa. Bisogna considerare l’animus dell’appartenente al gruppo religioso. Se i membri del gruppo ritengono di appartenere ad una confessione religiosa allora quel gruppo va considerato tale. Questa teoria si basa dunque sull’autoqualificazione. E’ una teoria molto affascinante, ma trova però dei limiti, perché allora sulla sua base anche due sole persone potrebbero dire di aver creato una confessione religiosa e chiedere ad es. allo Stato di stipulare un'intesa. E’ vero invece che si deve lasciare un margine di discrezionalità allo Stato ed integrare tale criterio con altri. In realtà il concetto di confessione religiosa è un concetto indefinibile, perché non ci sono parametri certi (non possiamo infatti far riferimento solo ai parametri della religione cattolica). L’assunto che si segue è quindi il presente: si ha una confessione religiosa quando un gruppo si autoqualifica come tale (purché ci sia un minimo di consenso dalla dottrina) e quando c’è la percezione del gruppo di seguire i dettami di una confessione religiosa oltre alla considerazione del gruppo come religione da parte di dottrina autorevole. Il II comma afferma inoltre che “le confessioni religiose acattoliche hanno il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti”. Ciò significa che lo Stato riconosce l’autonomia istituzionale delle confessioni religiose. L’ affermazione di tale principio è servita a stabilire che, se lo Stato può intervenire modificando o abrogando gli Statuti delle associazioni di diritto comune, di fronte agli Statuti delle confessioni religiose acattoliche è impotente. La dottrina si è trovata in difficoltà di fronte a quest’articolo perché da una parte il legislatore ha detto che lo Stato non deve intromettersi nella determinazione dello Statuto, poi però pone il limite del rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico. La dottrina ha risolto il problema dicendo che lo Stato non interverrà sulla norma dello Statuto, ma sull’atto, cioè potrà intervenire solo quando la

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confessione religiosa darà risultanza alla norma dello statuto che sia in palese contrasto con le norme dell’ordinamento giuridico italiano. Prima cosa che si nota è che tale comma (a differenza del primo) parla specificamente delle confessioni religiose acattoliche (perché l’organizzazione della chiesa cattolica viene specificata nell’art. 7). Cosa fondamentale da dire è inoltre che l’articolo parla della possibilità delle confessioni religiose acattoliche di organizzarsi; questa è quindi una loro facoltà, non un diritto, non un vincolo giuridico. Possono infatti scegliere di non avere alcun tipo di statuto e vivere liberamente la professione religiosa. Ricapitolando dunque le confessioni religiose acattoliche possono (o meno, proprio perché è una facoltà e non un diritto-vincolo giuridico) organizzarsi tramite statuti; unico limite (alla loro possibilità di organizzarsi) è che i loro statuti non devono essere in contrasto con l’ordinamento giuridico italiano (questo limite non c’è per la chiesa cattolica che è indipendente e sovrana dallo stato italiano (art.7)). Tale norma però non è totalmente discrezionale in negativo per le confessioni religiose acattoliche, perché la ratio è: l’ordinamento cattolico è millenario (quindi “conosciuto” dal nostro ordinamento); mentre per le religioni acattoliche (soprattutto quelle più recenti) spesso non ci sono atti scritti e quindi le regole non sono conosciute e potrebbero essere in contrasto con il nostro ordinamento. Quando parliamo di ordinamento giuridico (che deve essere rispettato) intendiamo: 

Rispetto delle norme costituzionali: che delineano l’assetto del nostro ordinamento



Rispetto della normativa penale: la normativa penale delinea i valori della nostra società e le regole morali, alle quali non è possibile cedere. Il diritto penale infatti (più degli altri rami del diritto) interessa proprio i valori etici della società (in primis il divieto di omicidio). (Spesso le regole delle confessioni religiose entrano in contrasto con il diritto penale, basti pensare ai sacrifici o alle mutilazioni femminili; in questo caso spesso si parla di “reato culturalmente motivato” e c'è una commisurazione della pena (quindi il reato

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non è messo in discussione ma c'è una riduzione della pena quando alla base del compimento della fattispecie criminosa c'è una motivazione di tipo religioso)

Non è richiesto il rispetto dell’ordine pubblico; che è un limite difficile da individuare e soprattutto che può essere facilmente strumentalizzato nei regimi dittatoriali (il limite dell’ordine pubblico è invece richiesto quando si parla di libertà religiosa (art. 19)). III comma: I loro rapporti sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze Tutti in assemblea costituente vollero che l'art. 8 non contenesse un obbligo assoluto. Parte della dottrina ha affermato che “lo Stato non è vincolato alla trattativa, al principio di bilateralità e quindi potrebbe legiferare unilateralmente”. Altra parte della dottrina ritiene invece che “l'art.8 impone allo stato una legiferazione bilaterale”. L'affermazione più corretta dello spirito della norma è che lo Stato deve cercare di stipulare un'intesa con le confessioni acattoliche, ma resta ovviamente libero, su argomenti delicatissimi, di legiferare da solo, unilateralmente. L' art.8 indica semplicemente una strada da seguire: quella della negoziazione bilaterale che, però, è possibile abbandonare di fronte ad ostacoli seri. Tutta la questione potrebbe essere risolta, se noi guardassimo alle confessioni religiose come ad enti simili a qualunque altra formazione sociale che vive all'interno dello Stato. In questo modo la soluzione al problema sarebbe meno complesso perché tutto il processo formativo della legge è posto nelle mani esclusive dello Stato, ma su di esso incidono anche le formazioni sociali (nel nostro caso la formazione religiosa). Quindi se consideriamo la confessione religiosa come un ordinamento subordinato allo Stato, i problemi sarebbero minori rispetto al fatto di considerarle ordinamenti religiosi. In quest'ultimo caso, infatti, ci sarebbero diversi inconvenienti. Innanzi tutto lo Stato si troverebbe di fronte ad un ente che ha un ordinamento non subordinato ad esso e sarebbe vincolato alla trattativa.

Se consideriamo, invece, le

Confessioni Religiose come Formazioni Sociali che vivono all'interno dello Stato, come attualmente ritiene la dottrina dominante, questi problemi non sorgono. Lo Stato potrebbe al limite legiferare da solo, ma potrebbe sempre giungere ad una trattativa. Del resto non bisogna dimenticare che in Assemblea Costituente la proposta dell'on. De Seta che voleva vedere i rapporti Stato – Confessioni Acattoliche come i rapporti Stato – Chiesa Cattolica, fu bocciata, il che vuol dire che lo Stato ha ritenuto le Confessioni cattoliche come ordinamenti non originari.

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E' quindi preferibile ritenere che lo Stato non è obbligato a tenere una trattativa, a giungere ad un accordo ma può anche legiferare unilateralmente su questioni comuni di particolare interesse. La Confessione di fronte ad un rifiuto dello Stato può protestare ma non può obbligare lo Stato a trattare. Altro problema è quello dell'identificazione dell'interlocutore con cui concludere l' intesa, il legale rappresentante. Parte della dottrina sottolinea che se la confessione è organizzata istituzionalmente, lo Stato può concludere con essa una trattativa. Occorre però verificare che si tratti di un movimento religioso e lo Stato potrebbe utilizzare la formula “rispetto dell'ordinamento giuridico italiano” (art.8, II com. Cost) per valutare i singoli valori religiosi di quella confessione religiosa. Il secondo problema è quello della rappresentatività, che riguarda vari gruppi religiosi non strutturati come la Chiesa Cattolica (ad es. in Italia diversi gruppi si professano Confessioni Islamiche). Natura giuridica dell'intesa. Una dottrina molto datata ed ormai superata sosteneva che “le intese erano solo un presupposto politico e non giuridico”. Il più grande problema è quello della vera natura delle intese: se considerarle accordi di diritto interno o di diritto esterno. È chiaro che se si considerano le confessioni religiose acattoliche ordinamenti primari, l' intesa sarà un accordo di diritto esterno, mentre se si considerano come formazioni sociali operanti all'interno dello Stato, l'intesa è un accordo di tipo interno. In realtà dalle trattative e dal contenuto delle intese si evince che lo Stato considera le confessioni acattoliche non come ordinamenti primari, e quindi considera le intese stesse atti di diritto interno; ad es. c' è stata, da parte del governo, la periodica sottoposizione delle trattative, al Parlamento, e questa è una prassi che lo Stato non utilizza quando sta per concludere un accordo internazionale. È poi importante ricordare che lo Stato parla di leggi di Approvazione e non di Leggi di Esecuzione. Ciò è indicativo del fatto che lo Stato ritenga le intese Accordi di diritto interno. Intesa: è un accordo fra lo Stato italiano e una confessione religiosa acattolica. Oggetto dell’intesa sono le materie di comune interesse, come nel caso del Concordato. La legge ordinaria dello Stato è il seguito dell’intesa (dell’accordo) con la confessione religiosa acattolica; quindi: non può esistere una legge unilaterale dello Stato (legge ordinaria) se non c'è prima stato l’accordo tra stato e confessione religiosa acattolica.

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L’intesa con le religioni acattoliche rientra nelle molteplici ipotesi in cui lo Stato rientra nella così detta contrattazione bilaterale quindi: deve prima esserci l’accordo tra stato e confessione religiosa acattolica, e solo successivamente la legge ordinaria dello stato che costituisce l’intesa. L’intesa è quindi diversa dal concordato, infatti: 

Il Concordato dei Patti lateranensi e l'Accordo di Villa Madama sono atti internazionali (non interno) in quanto stipulati da due soggetti entrambi sovrani (v. art. 7 Cost., I com.)



Intese confessioni acattoliche: sono atti interni dell’ordinamento (la legge di approvazione è infatti una legge interna del nostro ordinamento) e sono stipulate tra lo Stato (sovrano) e le confessioni religiose acattoliche (che invece non lo sono). L’intesa pertanto è un contratto interno di diritto pubblico, per il quale lo Stato non ha nessuna responsabilità internazionale

Lo Stato non è obbligato alla stipulazione di un’intesa, quindi è un’attività assolutamente discrezionale da parte dello Stato, il quale per stipulare deve verificare: 

L’esistenza di uno statuto che non sia in contrasto con l’ordinamento giuridico



L’esistenza di rappresentanti (perché se non ci sono rappresentati lo Stato non ha una controparte con la quale stipulare l’intesa)



Il non contrasto, da parte dello Statuto della confessione con principi dell'ordinamento giuridico italiano

La prima fase per il raggiungimento di un’intesa è la trattativa tra la commissione per le intese (istituita dal governo) e la rappresentanza della confessione religiosa acattolica che deve presentare un progetto d’intesa, il quale viene valutato e approvato (o eventualmente rivisto) dalla commissione. Dopodiché il testo viene firmato dal rappresentante confessionale e dal sottosegretario alla presidenza del consiglio, per poi essere presentato alle camere. Tale disegno di legge può essere accettato o respinto da Parlamento, ma non emendato (ovviamente per non approvare un accordo difforme da quanto accettato dalla confessione religiosa). Nel caso di non approvazione da parte delle camere, il testo torna al governo che deve riaprire le trattative con la confessione religiosa per eventuali e ulteriori modifiche. Una volta approvata la legge ne nasce una legge ...


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