LEZIONI BLENDED teorie e tecniche della fotografia PDF

Title LEZIONI BLENDED teorie e tecniche della fotografia
Course Storia della Fotografia
Institution Università degli Studi di Parma
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FOTOGRAFIA UD 1 Introduzione teorica: la preistoria della fotografia INTRODUZIONE Tra la fine del Settecento e i primi decenni del secolo seguente, la pittura di paesaggio vive una stagione fortunata: sino a quel momento il paesaggio era stato destinato ad essere ambientazione di vicende storiche e ...


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FOTOGRAFIA UD 1 Introduzione teorica: la preistoria della fotografia INTRODUZIONE Tra la fine del Settecento e i primi decenni del secolo seguente, la pittura di paesaggio vive una stagione fortunata: sino a quel momento il paesaggio era stato destinato ad essere ambientazione di vicende storiche e mitologiche o sfondo nei ritratti, mentre ora assume una dignità diversa e la natura si avvia a diventare protagonista dei dipinti. Pur restando sempre in secondo piano nella gerarchia dei generi pittorici, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento la pittura di paesaggio conosce la sua stagione più fertile, segnando, anche a livello iconografico, un decisivo scarto rispetto alla tradizione: la natura diventa protagonista. Alla base vi è la necessità di confrontarsi, dal vivo, con la realtà: alcuni pittori, infatti, scelgono di dipingere all’aria aperta il mondo che li circonda, abbandonando la pratica di copiare in studio i modelli messi accuratamente in posa per ricreare un mito o una vicenda storica. Inizia a farsi strada una posizione innovativa, che arriva a mettere in discussione la tradizionale concezione della pittura e quindi dell’arte stessa: l’operazione artistica non soltanto trae origine dall’esperienza, ma diventa un momento di verifica della stessa e non più una messa in scrittura del dato reale all’insegna di un canone prestabilito di verosimiglianza. Non si dipinge più l’assoluto ma la contingenza. È in questo contesto che maturano i presupposti per la nascita «dell’idea della fotografia», per l’affermarsi di quello «spirito fotografico» che, come sostiene Heinrich Schwarz, si manifesta ben prima del 1839, anno in cui convenzionalmente si fissa la nascita della fotografia. Nella complessa gestazione della fotografia, accanto al bisogno di immagini facilmente riproducibili, ha dunque avuto un ruolo altrettanto determinante l’affermarsi di un nuovo modo di vedere la realtà, veicolato dal diffondersi nella pittura di quella che Peter Galassi definisce «una vena di empirico naturalismo» (Galassi 1994, 24). SPIEGAZIONE Pittura e fotografia: breve storia di rapporto fertile e complesso I complessi e articolati rapporti tra la fotografia e la pittura sono stati indagati in più occasioni, a partire dal pionieristico e ancora oggi imprescindibile studio di Aaron Scharf (Arte e fotografia, 1979) che nella sua accurata disamina di queste relazioni chiarisce come «la simbiosi tra arte e fotografia diede vita a un complesso organismo stilistico»(Scharf 1979, p.3). Nel suo studio Scharf precisa come una serie di suggestioni visive non giunsero a maturazione nelle arti fino a che la fotografia, con la sua stessa esistenza, non le propose con chiarezza. Queste considerazioni risultano estremamente significative se consideriamo che l’invenzione della fotografia è di molto successiva alla scoperta dei suoi procedimenti chimici di base. Perché avvenga una nuova scoperta è infatti necessario — come ha precisato in seguito un altro studio fondamentale, quello di Heinrich Schwarz (Arte e fotografia. Precursori e influenze, 1992) — che «l’invenzione diventi una necessità storica» di «interesse collettivo» (Schwarz 1992, pp.8-9). Nei primi decenni dell’Ottocento fu l'«eccezionale domanda di immagini da parte della borghesia nascente» (Newhall 1984, p.7), che viveva nelle città industrializzate britanniche e francesi, a costituire un forte incentivo per trovare il modo di fissare l’immagine nella camera, sfruttando le già esistenti conoscenze tecnico-scientifiche. Ma al di là delle ragioni socioculturali — di cui si renderà conto nelle successive unità— in molti hanno ritenuto che vi siano state anche delle motivazioni più specificatamente interne alla comunicazione visiva. Secondo Schwarz, la nascita della fotografia diviene al contempo «il sintomo e la causa di un nuovo assetto del mondo visibile», di quella tendenza innovativa orientata verso «il realistico»

che era già maturata verso la fine del Settecento, quando a partire dall’età illuminista il rapporto tra arte e scienza inizia a farsi sempre più stretto. Sia l’arte sia la scienza si propongono di svelare i segreti della natura attraverso la registrazione dei fenomeni visivi: in questa relazione la fotografia si colloca in una posizione del tutto nuova, intermedia. (Schwarz 1992, 10-11). Schwarz precisa anche come proprio nei momenti in cui l’arte ha indagato la realtà fenomenica che si sia sviluppato il percorso che ha portato alla nascita della fotografia. Il fulcro di questo processo è dato dall’evoluzione della camera ottica, strumento alla base del dispositivo fotografico e applicazione pratica della scatola prospettica, perfetta incarnazione del desiderio mimetico dell’artista rinascimentale nei confronti del reale. Secondo studi più recenti, ritenendo l’uso prospettico-lineare albertiano della camera ottica un passaggio obbligato verso la fotografia, Schwarz compie una forzatura storica. Svetlana Alpers (Arte del descrivere. Scienza e pittura nel Seicento olandese, 1984) porta all’attenzione l’errore fatto da Schwarz nel riferire le origini dello spirito fotografico all'uso che si faceva nel Rinascimento italiano della prospettiva, quando invece esso di avvicina maggiormente ai tagli prospettici tipici dei pittori fiamminghi, nordici, su tutti Vermeer. Secondo Alpers infatti, «l’occhio fotografico» deriva direttamente dalla pittura del Seicento Olandese che, a differenza di quella italiana, è caratterizzata dall’attenzione al dettaglio, sintomo di una visione che colloca sullo stesso piano ogni aspetto del reale. Arturo Carlo Quintavalle (Muri di carta. Fotografia e paesaggio dopo le avanguardie, 1993) ha invece precisato che l’uso della camera ottica da parte dei vedutisti veneziani del Settecento ha segnato la nascita di nuove «strutture di veduta», poiché alla base del ricorso a questa macchina vi era un’intenzionalità di superamento «della tradizionale veduta monoculare rinascimentale» (Quintavalle 1993, 14-15). Nondimeno, se è noto che il dispositivo fotografico è costituzionalmente legato alla camera oscura, al punto da esserne considerato un diretto discendente, è vero anche che, nel momento in cui sembra che lo «spirito fotografico» sia nell’aria, la camera ottica viene sentita da alcuni pittori come inadeguata rispetto alle nuove esigenze del pittore di paesaggio. Il vedere, atto primo e fondante del dipingere la natura, non è più inteso come la percezione di un’immagine universale: la visione è vera proprio in quanto soggettiva e frutto di una esperienza personale. In merito, Geoffrey Batchen (Burning with Desire. The Conception of Photography, 1999) parla di «un occhio della mente sensibilizzato, proprio del soggetto umano individuale, un soggetto che vede e che, nel vedere, costituisce assieme l’immagine e il sé» (Batchen 1999, 78). In proposito è di fondamentale importanza anche il coevo affermarsi della pratica del disegno en plein air, come strumento per “annotare” scorci e vedute, sviluppatasi durante il Grand Tour, prassi che com’è stato notato da Peter Galassi(Corot in Italia. La pittura en plein air e la tradizione del paesaggio classico, 1994) deriva anch’essa da «una profonda necessità di osservazione empirica».

Il Grand Tour era un viaggio nell’Europa continentale che poteva durare qualche mese o svariati anni effettuato generalmente da intellettuali, artisti e giovani aristocratici europei. Il fenomeno si origina nell’ultimo quarto del XVII secolo e perdura fino ai primi decenni del Novecento. Grazie al suo patrimonio archeologico antico e rinascimentale e alle sue bellezze naturali la comune meta e destinazione finale era l'Italia — in particolar modo le aree Venezia, Firenze, Roma, Napoli e la Sicilia. Importanti testimonianze letterarie al riguardo sono rappresentate da Viaggio in Italia (1817) di Goethe, Sulla riva dello Jonio (1901) di Gissing e Camera con vista (1908) di Forster. APPROFONDIMENTO La nascita di una nuova visione Se Schwarz considera la fotografia come l’estremizzazione dei principi sottesi alla visione rinascimentale, lo studio di Peter Galassi (Prima della fotografia. La pittura e l’invenzione della fotografia, 1989) legge proprio neltradimento dei principi sottesi all’uso della prospettiva rinascimentale l’elemento fondamentale per la nascita di una nuova tipologia di visione, di cui l’immagine fotografica arriverà a essere l’auspicato e perfetto coronamento. Galassi, non condivide la posizione di Schwarz che fa irrompere la fotografia nella storia della pittura e si concentra sulla prospettiva rinascimentale, non tenendo conto che esse è stata utilizzata e interpretata nei secoli in modo differente; non è, però, certamente la negazione della prospettiva a fare nascere la fotografia, ma l’uso di una prospettiva declinata in modo non lineare. Se la piramide albertiana è inizialmente fissa, in seguito diventa la metafora di uno strumento di indagine del mondo, attraverso lo spostamento del punto di vista, con un procedimento che ricorda l’uso della camera ottica. Galassi da prima pone a confronto immagini rinascimentali contraddistinte dall’uso di una prospettiva ideale, dove il soggetto è posto in un punto di osservazione centrale, e immagini di varie epoche accomunate dall’uso di una prospettiva realistica, dove il soggetto sceglie la posizione da cui guardare/rappresentare la scena e l’estensione della veduta, stabilendo i confini dell’immagine con una concezione che è già fotografica. Prospettiva ideale e prospettiva realistica

Città ideale,1470 ca

Emanuel De Witte, Chiesa gotica protestante, 1669

Nella Città ideale il punto di vista è centrale e l’asse visiva coincide con l’edificio centrale, mentre gli edifici laterali sono costruiti sugli assi prospettici in modo simmetrico; la luce è omogenea e irreale, potremmo definirla “metafisica”. L’immagine è sintetica e assoluta. Nel dipinto di De Witte invece, il punto di vista non coincide con l’asse visivo della costruzione prospettica; la fonte luminosa è laterale, netta e ben visibile. L’immagine è contingente e fortemente analitica.

Paolo Uccello, Caccia, 1460 ca

Edgar Degas, Fantini amatoriali accanto a una carrozza, 1887 ca

Nel dipinto di Paolo Uccello inquadratura e punto di vista vengono stabiliti a priori creando una sorta di scenografia che definisce uno spazio astratto dove collocare gli elementi. La composizione del quadro di Degas invece non evidenzia il soggetto, ma accetta il dato fenomenico senza censure. L’artista “ferma” la scena come in uno scatto per “cogliere l’immagine”. Nella storia della visione si inizia quindi a utilizzare una «prospettiva deviata» rispetto a quella albertiana e lentamente, attraverso i secoli, quella che era un’eccezione diventa la norma. Esempi del ricorso a questo tipo di prospettiva si fanno sempre più numerosi in epoca romantica e secondo Galassi questo è un chiaro segnale che i tempi sono maturi perché possa nascere la fotografia. Galassi concentra quindi la sua analisi sulla produzione pittorica di quel periodo, cioè su opere eseguite nel ventennio che precede la nascita ufficiale della fotografia, nelle quali spiccano con evidenza elementi visivi innovativi, dimostrando come «la fotografia non fu una creatura bastarda abbandonata dalla scienza sulla soglia dell’arte, ma una legittima erede della tradizione pittorica occidentale» (Galassi 1989, 17). La sensibilità romantica ricerca un rapporto diretto con il reale attraverso la soggettività delle sensazioni dell’artista, che accoglie la natura così come essa effettivamente si presenta al suo sguardo, nella sua unicità fenomenica e nell’accettazione della mutevolezza del dato naturale. Si apre così la strada a quel processo che porterà, già intorno alla metà del secolo, la

“modestia” del soggetto (paesaggio, oggetti di uso comune) ad acquistare un valore puramente pittorico. La pittura di John Constable, uno dei massimi paesaggisti del romanticismo inglese, ha spesso un taglio fotografico e descrittivo, l’attenzione è al dato atmosferico, all’ora, alla stagione, alla contingenza. Il piccolo dipinto Studio del tronco di un olmo sembra una fotografia prima dell’invenzione della stessa. Questo atteggiamento è particolarmente evidente anche nei vari studi del cielo e delle nubi realizzati da Jean Antoine Constantin molti anni prima di Constable. In quel periodo, lo «spirito fotografico» non riecheggia solo nella pittura inglese e francese.

John Constable, Studio del tronco di un olmo, cm 30 x 24, 1821

Jean Antoine Constantin, Studio del cielo, 1783-1784

John Constable, Nubi, 1822

L’immagine contingente e soggettiva del cielo sarà uno dei soggetti preferiti dai fotografi nel corso del Novecento. Alfred Stieglitz con la serie Equivalents (1925-1931) aderirà alle idee moderne di equivalenza, ritenendo che le forme astratte, linee e colori possono rappresentare corrispondenti stati interiori, emozioni e idee. Negli anni Settanta, Luigi Ghirri realizzerà la serie Infinito composta da 365 fotografie (una al giorno, per un intero anno) del cielo: un discorso sulla visione e sulla rappresentazione dello spazio naturale come emozione.

Johann Erdmann Hummel, La levigatura della superficie del granito, 1830-1832

Per esempio, questo dipinto a olio altamente descrittivo del tedesco Johann Erdmann Hummel, pur tradendo chiari influssi fiamminghi (l’attenzione al dettaglio, il gioco di riflessi), è

smaccatamente fotografico nella sua fredda scansione di un oggetto industriale, totalmente priva di implicazioni emotive. Come vedremo nelle seguenti Unità Didattiche, la nascita e la successiva definizione della fotografia come arte autonoma sarà, inevitabilmente, ancora condizionata dalla pittura, ma anche le sue ricadute sul medium più antico saranno sostanziali. Non bisogna dimenticare che parallelamente all’invenzione della fotografia numerosi pittori iniziarono a porre al centro delle loro ricerche il binomio luce-sole, oppure usarono immagini fotografiche come strumento propedeutico alla pittura. Per chi volesse approfondire è consigliata la lettura del saggio: C. Casero, «Perchè lo spirito della fotografia è molto più antico della sua storia…» ovvero, la nuova immagine della realtà nella pittura di paesaggio tra illuminismo e romanticismo, in Iacoli G. (a cura di), Discipline del paesaggio. Un laboratorio per le scienze umane, Mimesis, Udine, 2012, pp. 159 - 176 Alle origini della fotografia

INTRODUZIONE “Le brume che avvolgono i primordi della fotografia non sono fitte quanto quelle che gravano sopra gli inizi della stampa; più facilmente individuabile che per quest'ultima è forse il fatto che l’ora dell'invenzione era giunta e che ciò era sentito da parecchi; indipendentemente l’uno dall'altro, numerosi uomini perseguivano lo stesso fine: fissare quelle immagini della camera oscura , che al minimo erano note fin dall'epoca di Leonardo”. (Walter Benjamin, Piccola storia della fotografia, 1931) È fuor di dubbio che la nascita della fotografia abbia delle caratteristiche ben diverse da molte altre invenzioni. In primo luogo, colpisce il fatto che negli stessi anni, in diversi posti, molte persone si siano applicate per trovare il modo di fissare direttamente, senza l’intervento dell'uomo, il disegno della luce, cioè l’immagine che compariva nella camera ottica o "oscura", strumento che già da secoli si conosceva e che già da tempo veniva utilizzato in ambito pittorico, scientifico e anche spettacolare. Il primo principio su cui si basa la fotografia è, infatti, fisico: è possibile, attraverso un sistema di lenti, proiettare immagini della realtà, create direttamente dalla luce, all’interno della camera oscura; ma il procedimento fotografico si basa anche sulla reazione chimica di alcuni sali d’argento i quali, se esposti alla luce, anneriscono. Entrambi questi fatti erano noti da tempo nel gennaio del 1839, momento tradizionalmente considerato come la data di nascita della fotografia. L’invenzione della fotografia è legata al clima positivista dell'epoca e alla necessità della nuova società industriale borghese di avere una tipologia di immagine nella quale rispecchiarsi. Questa esigenza stimola, dalla Rivoluzione francese in poi, una vera e propria corsa all'invenzione e al perfezionamento di metodi eterogenei per produrre immagini meccaniche riproducibili.

SPIEGAZIONE Il principio ottico: la camera oscura

Gemma-Frisius, Prima illustrazione di una camera oscura, osservando una eclisse solare nel gennaio 1544

Athanasius Kircher, Grande camera oscura trasportabile, 1646

È un dato di fatto che la camera oscura fosse nota sin dal IX secolo: la descrive l’astronomo arabo Al-Kindi in un suo trattato che ci è giunto tramite la traduzione latina di Gherardo da Cremona nel XII secolo. Anche Al Hazen scrisse un trattato, tradotto da un anonimo nel XV secolo,Optica, in cui se ne parla. Lévi Ben Gerson, ebreo di cultura araba, nel 1320 nel suo Secretorum revelaturparla della camera oscura. Nei secoli la camera oscura ha anche molti usi, scientifici (astronomia, cartografia) e di natura spettacolare (teatro meccanico, lanterne magiche), ma si ricorre a essa, per produrre immagini, soltanto nel Rinascimento, quando ormai si erano acquisite le teorie sulla prospettiva di Brunelleschi e Alberti, abitualmente utilizzate in pittura. Dal quel momento in poi, le citazioni della camera oscura nella trattatistica, soprattutto in quella riferita all’arte, sono sempre più diffuse. La prima trattazione approfondita della camera oscura si deve a Johann Zahn che pubblica nel 1685 il suo manuale intitolato Oculus artificialis teledioptricus sive telescopium. In esso, egli descrive e disegna vari modelli di camera oscura tra cui un tipo a specchio — che oggi potremmo definire reflex — che raddrizzava l’immagine e la proiettava sul coperchio della camera e non sul fondo: in questo modo era molto più semplice attuare l’operazione di ricalco dell'immagine proiettata su un sottile foglio di carta. Infatti, come ha evidenziato Ando Gilardi, la camera oscura era utilizzata dai pittori non come un regolare strumento di lavoro, bensì come una "protesi per la grafica” con cui risolvere complicati problemi prospettici. Questo modo d'uso è testimoniato anche da Francesco Algarotti che nel suo Saggio sopra la pittura del 1762, in proposito, scrive: “Molto di essa si valgono i più celebri pittori, che abbiamo oggigiorno, di vedute: né altrimenti avranno potuto rappresentare le cose così al vivo”. Tra gli artisti che se ne servirono, il più noto è certamente il vedutista veneziano Antonio Canal, detto il Canaletto. La camera oscura, infatti, produce immagini meno precise quanto più gli oggetti

messi a fuoco sono vicini alla lente, risultando quindi molto utile per riprendere vedute da lontano e fughe prospettiche remote. Questo tipo di elaborazione dell’immagine pittorica, che va diffondendosi tra fine Settecento e inizio Ottocento, contribuisce a creare un clima fertile per la nascita della fotografia.

Johann Zahn, Camera oscura reflex, 1685



La reflex è un tipo di fotocamera dotata di un sistema di mira che permette di osservare dal mirino ottico l'inquadratura direttamente nell'obbiettivo. Il sistema è composto da uno specchio inclinato di 45° verso l'alto, posto dietro all'obiettivo, e da un pentaprisma. In sostanza il principio usato dalle moderne reflex è esattamente lo stesso delle camere oscure dotate di specchio.



La camera oscura (o camera ottica) è un dispositivo che consiste sostanzialmente in una scatola, o in una stanza immersa nel buio, da cui entra la luce da un minuscolo foro (detto foro stenopeico), fatto su uno dei lati. Il fascio di luce che entra dal foro proietta sul lato opposto della scatola/stanza l'immagine capovolta di qualsiasi oggetto sia posto all’esterno davanti al foro. Più il foro è piccolo, più l'immagine risulterà nitida e definita. Il pregio maggiore di una camera così semplice è che tutti gli oggetti appaiono a fuoco, a prescindere dalla loro distanza del foro stenopeico, ma data la scarsità della luce che vi entra, per essere proiettati in modo visibile gli oggetti devono essere perfettamente immobil...


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