Teorie e tecniche dei test PDF

Title Teorie e tecniche dei test
Course Scienze e tecniche psicologiche
Institution Università degli Studi di Palermo
Pages 46
File Size 1.5 MB
File Type PDF
Total Downloads 41
Total Views 125

Summary

Download Teorie e tecniche dei test PDF


Description

CAPITOLO 1 Principi del testing psicologico Codice deontologico e uso dei test psicologici Partendo dalla lettura dell’art. 20 del codice deontologico dell’Ordine nazionale degli psicologi, che cita “Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando a essi la propria condotta professionale”. L’esercizio della professione di psicologo comporta una serie di dilemmi circa l’opportunità, la correttezza, la legittimità di taluni comportamenti che il professionista assume nei confronti dell’utente. Il fatto che la sua attività professionale si svolga in un contesto ambientale in cui convivono regole sociali, giuridiche e morali talora incompatibili può rendere ardui per lo psicologo i processi decisionali conseguenti. Il codice deontologico dell’Ordine nazionale degli psicologi è una vera e propria guida, utile al professionista nelle situazioni più complesse. Sintetizzando gli articoli più importanti si può affermare che lo psicologo ha il dovere di accrescere le sue cognizioni sul comportamento umano; ciò implica che, lo psicologo deve necessariamente essere aggiornato e competente, incrementando le proprie conoscenze e conseguendo un livello adeguato di preparazione professionale per ridurre i rischi di errore. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali, ma deve anche riconoscere i limiti della propria competenza e usare, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito un’adeguata competenza; inoltre lo psicologo è tenuto a non insegnare l’uso dei test a persone che non siano studenti in psicologia. Ultimo aspetto importante, citato nella legge 18 febbraio 1989 n. 56, sull’ordinamento della professione dello psicologo, soltanto coloro che sono iscritti all’albo possono esercitare la professione di psicologo che comprende l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione, riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico. Storia dei test psicologici Tendenzialmente si è portati a pensare che la valutazione psicologica appartenga all’attuale cultura; in realtà, le prime forme di testing risalgono almeno al 2200 a.C., nel cuore dell’impero cinese, dove si utilizzavano prove orali e/o pratiche per selezionare i mandarini e gli ufficiali dell’esercito. Attraverso numerose revisioni fu durante la dinastia Han che fecero comparsa gli “esami scritti”, utili alla selezione di militari, avvocati, geografi ecc. e nel 1370 si arrivò a definirne in modo ufficiale la forma. Tuttavia, questi esami scritti portavano a giorni e notti di segregazione dei candidati in cabine isolate, a comporre saggi e poemi, i quali erano valutati peraltro in base alla competenza calligrafica. Nel 1906, si arrivò a un decreto per l’abolizione di queste pratiche discutibili. Oggi è importante riconoscere che, sebbene sia la psicologia sperimentale a riceverne il maggiore credito, è con gli albori della psichiatria che il testing psicologico ha un debito maggiore: attorno alla metà del XIX secolo, l’esame delle malattie mentali negli ospedali psichiatrici era già consentito. Il fisico tedesco Hubert von Grashey utilizzava, una batteria da lui strutturata, per testare la memoria di pazienti con traumi cranici, e ancora, lo psichiatra tedesco Conrad Rieger ideò una complessa batteria per soggetti con danni cerebrali. Strumento che richiedeva non meno di 100 ore di somministrazione (e che venne ben presto dimenticato). Si può dire che la psichiatria aiutò a far luce sull’importanza delle procedure standardizzate per effettuare rilevazioni veritiere. Sul finire del XIX secolo, dall’Europa e dalla Gran Bretagna, cominciò a salire il coro di voci di pionieri sperimentali del testing psicologico, i quali ritenevano si dovessero sostituire le pratiche introspettive e soggettive, con le procedure di laboratorio atte a trasformare ogni rilevazione in quantità misurabile e replicabile. Il maggior tributo riconosciuto a Wilhelm Wundt è stato quello di aver fondato il primo laboratorio di psicologia sperimentale a Lipsia nel 1879; dalla sua schiera emersero allievi come Francis Galton (cugino di Darwin) convinto che le differenze individuali non solo esistessero, ma che fossero addirittura rilevabili. Inventò la sua prima batteria di misure sensoriali e motorie inerenti il dominio fisico (peso, altezza ecc.) e comportamentale, misure che non diedero però i risultati sperati, ma servirono come carburante per il movimento dei mental testing, il quale poggiò sulle spalle di un altro importantissimo personaggio James McKeen Cattell, che a soli 20 anni misurava già (sotto la direzione di Wundt) le frazioni di secondo necessarie per le diverse reazioni mentali. Resosi conto dell’esistenza di significative differenze individuali nei tempi di reazione, Cattell aprì un laboratorio e nel 1890, incluse i risultati delle prime ricerche nel suo famoso lavoro Mental Tests and Measurements, in cui comparì per la prima volta il termine “Mental test”. Nel 1891 ottenne un incarico alla Columbia Univerisity all’interno della quale, per circa 26 anni, fu considerato l’indiscusso esponente della psicologia sperimentale americana. Oltre all’importanza della sua opera, bisogna riconoscere l’importante ruolo giocato dai suoi studenti: Edward Lee Thorndike, con il suo contributo alla teoria dell’apprendimento e dell’educazione; Robert Woodworth, autore del polare Experimental Psychology; Edward K. Strong e il suo Vocational Interest Blank, ancora oggi ampiamente utilizzato. Un altro studioso che lasciò un segno

indelebile nella storia del testing psicologico fu Clark Wissler, il primo ad occuparsi di verificare con i suoi dati (raccolti sia alla Columbia University che al Bernard College) la validità predittiva degli strumenti impiegati. La correlazione tra i punteggi ottenuti al test e le performance accademiche però risultò non significativa, creando lo sconcerto di un’intera tradizione di ricerca. I grandi cambiamenti dell’atteggiamento della società nei confronti della malattia mentale e del ritardo mentale crearono i presupposti per l’impiego di test cognitivi. Per molti secoli tutti coloro mentalmente o psichicamente disabili furono considerati reietti della società. Agli inizi dell’800, la ragione cominciò a prevalere sulla paura del diverso e i professionisti della medicina cominciarono ad analizzare in maniera critica e approfondita alcune patologie psichiatriche inducendo grandi cambiamenti nelle pratiche di cura riservati a questi pazienti. Jeans-Etienne-Dominique Esquirol fu il primo a formalizzare la differenza tra il ritardo mentale (condizione permanente e insanabile dello sviluppo) e la malattia mentale o demenza (con un’insorgenza tardiva, e con un buon margine di miglioramento). L’autore propose inoltre il primo sistema di classificazione del ritardo mentale utilizzando il criterio delle abilità linguistiche. A condividere il suo percorso, fu il suo allievo Edouard Seguin che dedicò la sua carriera a cercare di sviluppare dei programmi educativi per persone affette da ritardo mentale. Questo fu il background sociale e storico che portò all’esordio dei test d’intelligenza. Alfred Binet fu uno studente di medicina che successivamente si rivolse allo studio della psicologia. Seguì inizialmente la corrente associazionista di Stuart Mill, successivamente scelse di trascorrere gli anni di apprendistato presso l’ospedale psichiatrico Salpetriere, a servizio del neurologo Jean-Martin Charcot. Nel 1891 andò alla Sorbona, dove ebbe modo di definire la sua “psicologia individuale” e di apprezzare l’approccio di Cattell al testing dell’intelligenza, tanto che mise a punto alcune misure standard dei tempi di reazione e dell’acuità sensoriale. Binet comprese che l’impiego di una batteria testologica avrebbe rappresentato il formato perfetto per la valutazione dei processi psichici. Nel frattempo, il ministero della Pubblica Istruzione Francese, di fronte alla scolarizzazione di massa, aveva la necessità di individuare i soggetti ritardati cui fornire un’educazione speciale, così nel 1904 fu istituita una commissione di esperti (Binet-Simon), che portò alla formulazione nel 1905, della prima Echelle Metrique de l’Intelligence. Si introdusse così il concetto di “età mentale” che era definita dalla prestazione media dei soggetti di pari età cronologica. Tale test venne ampiamente impiegato nelle scuole francesi per discriminare allievi che avevano bisogno di un’istruzione diversa rispetto agli altri. Tuttavia il concetto di età mentale venne superato da Lewis Terman che nel 1916 mise a punto una rivisitazione del test di Binet e Simon, introducendo il concetto di “quoziente intellettivo”, come risultato del rapporto tra età mentale ed età cronologica moltiplicato per cento. La psicometria assume sempre più un ruolo centrale nella misurazione psicologica, passando dai tempi di reazione allo studio di caratteristiche più cognitive. Mentre in Francia si usavano i test in ambito scolastico, negli USA si utilizzavano per selezionare i ritardati mentali tra gli immigrati e per la classificazione delle reclute in occasione della Prima guerra mondiale. Ciò portò 7 studiosi a costruire nel 1917 due test collettivi: Army Alpha e Army Beta, che influenzarono la forma dei futuri test di intelligenza e attitudinali (che consentono di misurare abilità specifiche e circoscritte e che non vennero presi in considerazione prima della Seconda guerra mondiale). Per modificare il precedente e radicato concetto di intelligenza come strutturato e unitario, servì una tecnica rivoluzionaria: l’analisi fattoriale. Charles Spearman iniziò a lavorarci ben presto, Louis Thurstone fu in grado di veicolare in modo convincente, l’idea che bisognasse prendere in considerazione specifici fattori o tratti mentali, come la comprensione verbale, l’abilità spaziale, la memoria associativa, il ragionamento generale; ciò avrebbe garantito un più complesso costrutto di intelligenza e un approccio globale ai punti di forza e debolezza di ciascuno. Woodworth, nella prima metà del XX secolo, cercò di sviluppare uno strumento per individuare le reclute suscettibili di psiconevrosi, non idonee per un impiego nell’esercito. Tutti i moderni test, questionari, inventari per la personalità, devono la loro esistenza al Personal Data Sheet (dello stesso). Tuttavia, nel presumere l veridicità delle risposte dei soggetti, venne compromessa la validità psicometrica dello strumento. Per questo motivo Thurstone, propugnò il suo Thurstone Personality Schedule, selezionando gli item con il metodo della consistenza interna: ne razionalizzò cioè il contenuto a seconda del nevrotico tipico. Da questo questionario, si passò poi al Bernreuter Personality Inventory che cominciò a concentrare la valutazione in quattro dimensioni di personalità (tendenza nevrotica, dominanzasottomissione, introversione-estroversione, sicurezza di sé) ed introdusse anche l’importante concezione del contributo massivo apportato ai singoli item. Nel 1940 compare l’MMPI di Hathaway e Charnley, formato da 550 item (ancora oggi molto utilizzato). Parallelamente a questi metodi, è importante citare anche le “tecniche proiettive”, le quali nacquero con il metodo delle libere associazioni proposto nel 1883 da Galton, tale metodo permise all’autore di comprendere che tutte le operazioni mentali avvengono ben al di sotto del livello cosciente. Il lavoro di Galton, proseguì con Wundt e Kraepelin, fino ad assumere una forma più compiuta nelle mani di Jung, il cui test consisteva in 100 stimoli verbali, per ciascuno dei quali il soggetto avrebbe dovuto rispondere il più velocemente possibile con le

prime parole pensate. In Svizzera, Hermann Rorschach, fortemente influenzato da Jung, riteneva che solo l’utilizzo di stimoli ambigui avrebbe portato il soggetto a rilevare i bisogni, fantasie, conflitti più inaccessibili. Mentre il test di Rorschach fu originariamente creato per lo studio della personalità conflittuale a livello affettivo-emotivo, quello di Christiana Morgan e Henry Murray, il Thematic Apperception Test, venne invece concepito come mezzo per studiare la personalità normale. Florence Goodenough propose invece, un approccio del tutto innovativo con l’analisi dei disegni della figura umana, e ideò il test House-Tree-Person, più standardizzato e raffinato del precedente, basandosi sul presupposto che i soggetti, rilevassero i bisogni, interessi e caratteristiche di personalità disegnando questi temi (una casa-un albero-una persona). Tra il 1940 e il 1960 si assiste ad una progressiva crescita dei test, soprattutto negli USA, dove scuole, ospedali e aziende utilizzavano numerosi test per le loro decisioni; tali test spesso non erano adatti alla popolazione estratta e non erano controllati dal punto di vista della loro validità e l’attendibilità. Tutto ciò comportò numerosi attacchi all’uso dei test psicologici. Il movimento “anti-test” terminò con la pubblicazione di norme specifiche per la costruzione, l’uso, la somministrazione e l’interpretazione dei test nel volume Standards for Educational and Psychological Testing, pubblicato dall’APA (American Psycological Association). Definizione di test psicologico Successivamente agli studi di Charcot, di Wundt, Galton e Cattell, si passò da una conoscenza delle caratteristiche psicologiche definita “intuitiva”, ad una psicologia delle differenze individuali, aprendo così la strada alle moderne tecniche di indagine psicologica attraverso l’uso dell’osservazione, del colloquio, dell’interista, del questionario e dei test. Nasce quindi la conoscenza mediante test. Mentre nella conoscenza intuitiva le informazioni vengono selezionate in base alle caratteristiche dello stimolo e le caratteristiche del percipiente, nella conoscenza mediante test le informazioni sono selezionate mediante stimoli “standardizzati” (identici per tutti, presentati sempre nello stesso ordine e selezionati e verificati nelle loro validità e attendibilità). Inoltre, mentre nella conoscenza intuitiva è molto probabile che si verifichino fenomeni proiettivi, e cioè che il percipiente attribuisca agli altri caratteristiche che non possiede, simili o opposte a quelle possedute; nella conoscenza mediante test c’è un maggiore controllo su tali fenomeni proiettivi. In fine, nella conoscenza intuitiva il percipiente organizza le informazioni stabilendo differenze di intensità in base a criteri oggettivi, che comportano l’annullamento di alcune differenze (assimilazione), l’amplificazione di alcune differenze (contrasto), la formazione di stereotipi; al contrario, l’autore del test organizza le informazioni in base alle differenze di intensità che sono rigorosamente quantificate, anche in rapporto a modelli matematici teorici come la standardizzazione e la normalizzazione dei punteggi. Chi sviluppa il test deve specificare con precisione le istruzioni orali da dare per ogni item o subtest, e informare l’utilizzatore del test sulla gestione di eventuali domande dell’esaminato, una volta messo di fronte al test. Le risposte date dall’esaminato a tali stimoli standardizzati vengono poi valutate in modo oggettivo. Secondo Boncori, un test o reattivo psicologico è “una situazione standardizzata nella quale il comportamento di una persona viene campionato, osservato e descritto producendo una misura oggettiva e standardizzata di un campione di comportamenti”. Un’altra definizione di test data da Mucciarelli, Chattat e Celani è “Un test psicologico è una tecnica, come tale implicante un complesso di norme che ne determinano i criteri di applicabilità, idonea per collocare un individuo, relativamente a una specifica caratteristica psicologica, rispetto a un gruppo di riferimento identificato secondo precise modalità”. i test vogliono essere strumenti che misurano in modo attendibile e valido campioni di comportamento. L’obiettivo finale del test è stimare la quantità (o qualità) del tratto o caratteristica psicologica posseduta dall’esaminato. Ogni test fornisce uno o più punteggi, oppure stabilisce che una persona appartenga a una o un’altra categoria. Finalità e ambiti di applicazione dei test psicologici Nel corso della vita l’uomo si trova spesso a essere valutato. I bambini in età prescolare possono avere necessità di essere valutati, ad esempio, nello sviluppo delle loro funzioni cognitive, comunicative, motorie, socioemotive ecc. una volta inserito nelle scuole, ogni studente si sottopone a centinaia di valutazioni mediante test di profitto o anche test per valutazioni di possibili disturbi di apprendimento. Una volta terminati gli studi, gli adulti possono dover affrontare un test per entrare nel mondo del lavoro, per conseguire la patente, per valutare eventuali problematiche di personalità ecc. e via dicendo fino alla vecchiaia. E’ importante sottolineare che tali test psicologici possono alterare in modo significativo il corso della vita di chi vi si sottopone, quindi è particolarmente importante che lo psicologo sappia utilizzarli correttamente ed eviti i rischi potenziali di abuso. Una delle prime domande a cui lo psicologo deve saper rispondere riguarda l’uso e la funzione del test psicologico. Secondo Gregory si possono distinguere cinque utilizzi dei test: - classificazione: sottintende un insieme di procedure finalizzate ad assegnare una persona a una categoria piuttosto che a un’altra. La classificazione può avere effetti importanti nella vita dell’esaminato, effetti legati al collocamento,

allo screening, alla certificazione e alla selezione. Nel caso del collocamento, i test possono essere utilizzati per collocare un esaminato in un opportuno programma di recupero. Lo screening sottintende l’uso veloce di test per identificare persone che potrebbero possedere caratteristiche o necessità particolari. Sia la certificazione che la selezione hanno in comune il riconoscimento o meno delle capacità di un determinato ambito; - diagnosi e programmazione del trattamento: la diagnosi consiste di due compiti interrelati, da un lato quello di determinare la natura e la fonte del comportamento anormale di una persona, dall’altro quello di classificare il comportamento della persona all’interno di un sistema diagnostico accettato (la diagnosi è il precursore del trattamento); - autoconoscenza: conoscersi meglio può essere di aiuto a trovare il trattamento giusto e anche a cambiare il corso della propria vita; - valutazione di un programma di intervento: i test vengono utilizzati per valutare programmi sociali che sono progettati per fornire dei servizi atti a migliorare le condizioni di vita di una comunità; - ricerca: ha come obiettivo quello di accertare l’affidabilità e la validità degli strumenti nella misurazione dei costrutti psicologici per i quali vengono utilizzati; inoltre essi sono utilizzati per sostenere e sviluppare la ricerca psicologica teorica e applicativa. In Italia, l’Ordine nazionale degli psicologi cita almeno 44 ambiti occupazionali che prevedono l’impiego di test o questionari standardizzati es. nella pratica clinica, nella pratica educativa, in ambito lavorativo, nel marketing, nel counseling, in ambito legale e nell’ambito della ricerca psicologica. Uso dei test nella pratica clinica Nella pratica clinica l'uso dei test è tipicamente individuale, mirante a descrivere e valutare, quantitativamente e qualitativamente, caratteristiche del paziente in aree in cui si sospettino specifiche problematiche: - Cognitive; - Emotivo-affettive; - Di personalità; - Neurologiche. I test vengono utilizzati anche nell'ambito della prevenzione della psicopatologia per individuare soggetti o popolazioni a rischio, al fine di predisporre interventi preventivi a livello primario, contrastando l'insorgere della patologia già conclamata. La psicodiagnosi è un processo di conoscenza qualitativo, ipotetico-deduttivo, che aiuta lo psicologo a comprendere, basandosi sullo studio dei contenuti e delle modalità di funzionamento della psiche, il soggetto che è venuto a consultazione, tramite l’uso di diversi strumenti (colloqui, interviste, questionari ecc.). Il termine “psicodiagnosi” deriva dalle parole greche psyche “anima”, dia “attraverso” e gnosis “conoscenza”. In ambito psicologico, il processo diagnostico prevede l’instaurarsi di una relazione tra esaminatore ed esaminato, dalla quale ...


Similar Free PDFs