Linguistica storica schema libro + appunti pdf PDF

Title Linguistica storica schema libro + appunti pdf
Author Lorenzo Nicolini
Course Glottologia
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Schema del libro + appunti dell’insegnante...


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GLOTTOLOGIA Si tratta dello studio delle lingue indoeuropee. Etimologia: 'glotta' attico per 'glossa' (lingua) + 'logia' per 'logos' (studio di). Il termine glottologia è una traduzione, un calco (fenomeno per cui una lingua prende da un'altra lingua la struttura di una parola, la trasporta nella sua sintassi o morfologia e la riempie con il suo materiale), è il termine con cui il linguista Ascoli ha tradotto il termine tedesco 'scienze della lingua e del linguaggio', termine ottocentesco che indica 'linguistica'. Lo studio della lingua era visto come diacronico, in continua evoluzione, ed esistono due prospettive in merito a come la lingua può cambiare: metodo interlinguistico (confronto tra lingue diverse) e metodo intralinguistico (il mutamento viene visto nella stessa lingua). Con il confronto interlinguistico si utilizzano termini che sono dello stesso periodo cronologico. Esempio: padre in sanscrito, detto 'vedico' lingua dei Veda testi antichi religiosi dell'India, si dice pitá, in avestico, Avesta è il complesso dei testi religiosi dello zoroastrismo, si dice ptá, in greco antico patér, in latino pater, in gotico si dice fadar, in armeno si dice hayr e in antico irlandese si dice atir. Alla 'p' di padre corrisponde la 'f' gotica, alla 'h' in armeno non corrisponde nulla in irlandese. Per provare la veridicità del confronto bisogna paragonare altre parole. In sanscrito, il verbo 'cadere' si traduce con 'pet', radice comune che si trova in molte lingue e non documentata e frutto della ricostruzione del linguista. In latino 'pet' è la radice di 'petsna, ali', in greco 'pet' è la radice di 'pteron, volare', in irlandese antico 'adn, pennuto' in cui scompare la 'p' delle lingue antiche. Si crea un'equivalenza: quando c'è il rapporto interlinguistico tra lingue bisogna constatare la corrispondenza sistematica e regolare (se non ci sono variazioni e ci sono le condizioni ci si aspetta lo stesso rapporto). Legge fonetica: rapporto costante, regolare e sistematico tra fonemi di lingue diverse. La comparazione interlinguistica porta all'individuazione della legge fonetica formulata da due linguisti tedeschi, Brugmann e Osthoff che nel 1878 pubblicarono studi dal titolo 'Ricerche di Morfologia' enunciando il concetto di legge fonetica per la prima volta. La caratteristica della legge fonetica consiste nel fatto che essa viene identificata come legge cieca e senza eccezioni, 'cieca' perché si applica sempre e 'senza eccezioni' perché quando nella lingua ci sono le condizioni, la legge si applica; se non si applica c'è un'altra legge fonetica che lo impedisce e l'ineccepibilità della legge fonetica è caratteristica costitutiva. Il rapporto interlinguistico è una comparazione che avviene in modo meccanico. La linguistica diacronica studia il modo in cui la lingua si sviluppa nel tempo, oggi ha una connotazione particolare: è la linguistica che cerca di elaborare il modello che spieghi lo sviluppo della lingua. Il punto fondamentale è lo sviluppo di modelli che possano predire lo sviluppo della lingua. La linguistica storica non coincide con la diacronia poiché essa studia la storia della lingua e non è costituita solo da aspetti che si formalizzano in un modello, ma devono esserci anche elementi non prevedibili, esempio: nella Francia del XVIII secolo, la situazione andò via via aggravandosi (Presa della Bastiglia + Rivoluzione francese con la ghigliottina). Il termine 'roi' veniva detto in due modi: 'rua' e 'rue', pronuncia non appropriata durante la rivoluzione. La prima pronuncia è prevalsa per motivi contingenti storici, il sollevamento popolare. La variazione intralinguistica è diversa da quella interlinguistica ed è la variazione che coinvolge meno gli aspetti del tempo, i criteri di analisi si basano su aspetti esterni alla lingua. Alcune variazioni interne alla lingua vengono spiegate con elementi diatopici relativi alla diversa origine e distribuzione geografica del parlante, elementi che si riferiscono alla variazione spaziale (cambiando di luogo, la lingua può cambiare). Le variazioni seguono gli aspetti sociali della lingua, ma anche aspetti di censo. Gli aspetti diastratici (aspetti sociali del parlante) si notano nella complessità sintattica. La variazione diamesica è la variazione linguistica legata allo strumento che si usa per comunicare, mentre quella diafasica si riferisce alla variazione linguistica esaminata mediante un contesto o situazione e i due poli possono essere: formale (tutto ciò che si lega alle situazioni ufficiali) e informale (esempio, conversazione tra amici), ci sono società in cui tale differenza è rigidamente rispettata. La comparazione interlinguistica, essendo un paragone tra sistemi linguistici si basa su aspetti interni alle lingue. Nella comparazione intralinguistica, le variazioni interne dipendono da fattori esterni. Dal punto di vista linguistico, non esistono dialetti, ma solo lingue. Il dialetto non viene considerato come lingua perché non rappresenta la lingua ufficiale del luogo. Esistono tre tipi di dialetti: primari (intesi come varietà che si originano dalla lingua stessa), secondari (intervengono

gli aspetti diastratici) e terziari (coincidono con la varietà propria di una certa comunità). Esempio di elemento diatopico: l'italiano parlato a Bergamo è diverso da quello di Milano, cambia l'intonazione e anche alcune parole, come 'papà' che diventa 'babbo'. Esempio di elemento diastratico: se una persona intercala frequenti espressioni dialettali si pensa che non abbia ricevuto una buona istruzioni in merito alla propria lingua madre, ma tutto dipende perché a volte il dialetto è anche considerato un elemento alto. LA VARIAZIONE E IL CAMBIAMENTO Una lingua è un sistema in costante sviluppo e cambiamento nel singolo individuo, che la acquisisce come lingua materna o secondaria, e nella comunità che se ne serve, adattandola alle esigenze comunicative. La piena conoscenza di una lingua dipende dalla consapevolezza dei meccanismi che ne regolano la variazione nel presente e nel passato. Nello studio dei fatti linguistici si distinguono due prospettive: la linguistica sincronica che descrive le lingue e le strutture linguistiche per come si presentano in un determinato momento, prescindendo dai processi che hanno portato al loro costituirsi; la linguistica diacronica che studia le lingue e i fenomeni linguistici lungo l'asse temporale, considerandone le vicende storiche e ricostruendone i percorsi evolutivi. Lo studio della variazione linguistica interessa la dimensione diacronica e la dimensione sincronica perché le lingue variano da una fase all'altra della loro storia le une rispetto alle altre e anche all'interno delle comunità di parlanti che le impiegano. La variazione diacronica, interlinguistica e intralinguistica sono le coordinate che individuano il contesto tridimensionale del cambiamento linguistico: tempo, spazio e società. La variazione diacronica è empiricamente osservabile sulla base delle testimonianze scritte ma nel caso di materiali linguistici antichi si incontrano difficoltà di decifrazione e interpretazione. Non può esserci perfetta corrispondenza tra grafia e pronuncia. La lingua scritta si adegua lentamente ai mutamenti avvenuti nella lingua parlata. Nel confronto tra sistemi linguistici del passato e del presente si fa riferimento al principio di uniformità, il quale afferma che i processi naturali che hanno operato nel passato sono gli stessi osservabili nel presente, le stesse cause producono gli stessi effetti e dunque il presente può essere la chiave per comprendere il passato e viceversa. La variazione interlinguistica si presta a diversi percorsi di lettura: in inglese è father, in tedesco vater, in sanscrito pitár- e in kannada appa. Si nota la vicinanza tra inglese e tedesco rispetto al sanscrito, mentre si nota la distanza tra le due lingue parlate in India e che scoraggia ogni forma di confronto. La percezione delle somiglianze e l'osservazione delle differenze sono punti di partenza per formulare ipotesi sulla parentela tra le lingue, come gli elenchi di parole e la maggiore o minore prossimità geografica. La variazione intralinguistica: socialmente parlando la lingua non è libera perché il tempo permette alle forze sociali che si esercitano su di essa di sviluppare i loro effetti e può pensarsi a priori che essa sia regolata da prescrizioni analoghe a quelle che reggono la collettività, queste dinamiche sono l'ambito di indagine specifico della sociolinguistica, settore che studia le modalità con cui la lingua di una comunità di parlanti si diversifica nello spazio geografico (variazione diatopica), in base ai gruppi e alle classi sociali (variazione diastratica), in rapporto alle situazioni comunicative (variazione diafasica) e al mezzo attraverso cui si comunica (variazione diamesica). I parlanti rivelano la padronanza di molteplici registri linguistici, il dialetto accanto alla lingua standard e per capire la realtà di una lingua è utile la nozione di diasistema, un sistema di livello superiore che riunisce vari sottosistemi rappresentati dalle varietà di una lingua. Inizialmente la linguistica storico-comparativa si è occupata della ricostruzione di fasi più o meno remote delle lingue e delle relazioni genetiche che consentono di raggrupparle in famiglie linguistiche. Attualmente i linguistici storici hanno ampliato gli ambiti di ricerca e definito altri obiettivi della disciplina, tra cui: descrivere la storia delle comunità linguistiche (riguarda la raccolta di informazioni sulle vicende dei gruppi linguistici); riconoscere e interpretare i mutamenti osservati nel confronto tra le diverse fasi di una lingua (presuppone la conoscenza dei termini e dei criteri con cui classificare e analizzare le differenze tra stati di lingua successivi e nei diversi livelli del sistema, al fine di proporre una tipologia generale del mutamento fonologico, morfologico, sintattico e semantico); definire modelli e teorie generali del cambiamento linguistico (capire i

meccanismi e i principi generali che regolano la costante trasformazione delle lingue). Il contatto tra le lingue è una delle cause più immediate di cambiamento, laddove determina il rinnovamento del lessico attraverso episodi di prestito, come in ing. river 'fiume' < fr. rivière. I territori dell'Europa hanno conosciuto molteplici confronti tra le lingue che hanno permesso lo scambio e la condivisione di vocaboli e strutture. Gli effetti del contatto sono duraturi quando le comunità che gravitano attorno ad una certa area linguistica condividono lessico e le strutture delle loro lingue. La trasmissione di caratteri innovativi in un'area linguistica è legata all'interazione di alcune varabili, tra cui: fattori geografici (confini nazionali e ostacoli naturali possono rallentare la trasmissione delle innovazioni da un gruppo linguistico all'altro); fattori politici (la diffusione di popoli dominanti ridisegna il panorama linguistico di continenti, espansione territoriale dell'Impero Romano); fattori sociali (il prestigio di individui o gruppi può decretare il successo di un'innovazione, mediante l'imitazione da parte degli altri membri della comunità). LA LINGUISTICA STORICO-COMPARATIVA Nel 1786, William Jones tenne a Calcutta un discorso parlando della cultura dell'India, lui indicò alcune affinità esistenti tra sanscrito, greco, latino, lingue germaniche e celtiche, ipotizzando la loro derivazione da una lingua comune originaria probabilmente scomparsa e che è difficile sostenere che le somiglianze siano dovute al caso. La somiglianza delle lingue fa pensare che esista una lingua madre dalla quale le altre derivano. La sua idea è quella di far derivare qualcosa che esiste da qualcosa che non esiste. Egli sostiene: ''Come se ci fosse aria di famiglia, quando vediamo persone che si assomigliano, pensiamo siano figlie della stessa madre, dunque le somiglianze sono le stesse che i figli prendono dai genitori''. L'immagine metaforica crea uno strumento euristico che consente di avanzare nelle conoscenze. Secondo Jones, la lingua sanscrita è una lingua più perfetta del greco, più ricca del latino e più raffinata di entrambe, nonostante abbia con esse un'affinità forte. Nessun filologo può indagarle tutt'e tre senza credere che esse siano sorte da una fonte comune. La prima sistematizzazione delle competenze è stata fatta da Franz Bopp, studioso di sanscrito, identificato inizialmente come lingua da cui derivano le lingue indoeuropee. Altro sistematizzatore è stato Rasmus Rask. La raccolta sistematica dei materiali linguistici compiuta dai linguisti ottocenteschi si inserisce nel clima generale della cultura romantica e nella riscoperta delle culture nazionali in cui le lingue rivestono un ruolo essenziale. Si nota l'influsso delle teorie di Herder, in particolare l'idea che i fenomeni linguistici siano il riflesso dello spirito di un popolo e di una nazione. Si crea il riferimento alla comparazione come guida e strumento per il recupero di fasi linguistiche perdute. Un elemento ricorrente è la ricerca della lingua madre, l'Ursprache che, nel graduale disgregarsi delle sue forme, da origine alla famiglia indoeuropea. I primi studiosi guidati da un approccio di tipo filosofico, operano nella convinzione che il sanscrito sia la lingua che meglio conserva le strutture della fonte. I principi della comparazione vengono scoperti, da chi come Bopp, ricerca le architetture trasparenti della lingua originaria, percorrendo a ritroso i processi storici di declino. Il metodo comparato è già stato applicato alla famiglia linguistica uralica che si divide in tre rami: balto-finnico, ugro-finnico, saami. Due studiosi, Schleicher e Schmidt, applicano Darwin al linguaggio: la lingua è un elemento naturale e ha vita indipendente. Schleicher applica una visione naturalistica alla lingua. Il riferimento al metodo scientifico nella ricostruzione si deve a Schleicher, che nel suo Compendio di grammatica comparata delle lingue indoeuropee del 1861, afferma che la ricostruzione della lingua madre avviene attraverso il confronto sistematico tra le forme corrispondenti attestate nelle varie lingue figlie, stabilendo le regole dei mutamenti specifici per ciascuna di esse, in tal modo si ottengono elementi il cui statuto ipotetico si segnala con un asterisco, ma lui ebbe tale fiducia nella possibilità di risostanziare una lingua reale da pubblicare una favoletta in indoeuropeo, dal titolo ''Avis akvāsas ka'' ovvero ''La pecora e i cavalli''. Un suo contributo è la ''teoria dell'albero genealogico'', un modello in cui i rapporti tra le lingue della stessa famiglia sono rappresentati in uno schema paragonabile alla prassi di ricostruzione della successione di manoscritti seguita dai filologi e all'interesse per le scienze naturali, specie la botanica. Schleicher accoglie la metafora

della lingua come organismo vivente, una visione dinamica che, usando termini come 'vita', 'crescita' e 'decadenza', si apre alle teorie evoluzionistiche. I fondamenti dell'evoluzionismo sono impliciti nel quadro dello Stammbaum perché a partire dall'Ursprache, le lingue si sono moltiplicate attraverso successive diramazioni, e ciascuna Grundsprache ha dato a sua volta origine a una sottofamiglia, i cui membri sono accomunati da corrispondenze lessicali e dai risultati di mutamenti di suono paralleli. Nella seconda metà del Settecento, i linguisti studiano come la trasmissione delle innovazioni modifichi le lingue. La Stammbaumtheorie considera soltanto una delle tre coordinate del mutamento linguistico, il tempo, che induce crescente variazione e diversità. Il modello alternativo proposto nel 1872 da Schmidt, contempla anche la coordinata spaziale e l'importante variabile dell'influsso reciproco tra le lingue che ne limita la diversità. La Wellentheorie o 'teoria delle onde' rappresenta la diffusione delle innovazioni linguistiche paragonandola all'effetto di un sasso che, gettato in uno stagno, genera onde concentriche e progressivamente più deboli. La teoria delle onde mostra il modo in cui la lingua cambia, l'idea alla base è uno specchio d'acqua con un sasso lanciato al suo centro, l'innovazione linguistica si diffonde con la stessa forza del sasso che più si allontana dal centro, più perde forza, diventando sempre più debole. Tutti i mutamenti corrispondono a punti d'innovazione ed entrano in contatto tra loro, è un modello in cui si descrive il modo con cui il mutamento si propaga. Le due teorie sono due modelli di rappresentazione del mutamento linguistico che non si escludono, ma si completano a vicenda: mentre quello di Schleicher focalizza il modo in cui le lingue si separano differenziando i loro caratteri, quello di Schmidt rende conto il modo in cui esse si avvicinano condividendo tratti innovativi. Tutti i mutamenti corrispondono a punti d'innovazione ed entrano in contatto tra loro, è un modello in cui si descrive il modo con cui il mutamento si propaga. C'è contrapposizione tra i due perché non è meccanico il modo di rappresentare il fenomeno del mutamento, la lingua cambia con il modello a onda. Assumono importanza il tempo e lo spazio dopo la creazione del modello proposto da Bartoli che parla esplicitamente della linguistica areale (geolinguistica o linguistica spaziale).

IL PANORAMA DELLE LINGUE IN EUROPA L'idea di indoeuropeo (lingua scomparsa che si può ricostruire con la comparazione tra quelle che abbiamo, forma no documentata) è una delle conseguenze della questione del luogo in cui nasce il linguaggio umano. Le radici si trovano in questioni teologiche ma la prospettiva cambia grazie all'espansione coloniale e si entra in contatto con culture e lingue diverse. l'indoeuropeo è il dominio in cui matura la prima riflessione scientifica sul cambiamento linguistico. Le lingue indoeuropee occupano gran parte dell'Europa. Il termine macrofamiglia è inappropriato poiché si applica di norma a una classificazione su larga scala basata sul postulato di relazioni genetiche che riconducono più famiglie linguistiche a unità ancestrali e solo ipotetiche. Secondo l'idea di Pedersen, l'indoeuropeo farebbe parte di una macrofamiglia chiamata 'nostraniano'. Da questa unità ancestrale avrebbero avuto origine anche le famiglie delle lingue uraliche (ugro-finniche e samoiede), altaiche (turche, mongoliche e tunguse), afro-asiatiche (camito-semitiche). Alcune lingue sono rimaste isolate e omogenee, altre hanno avuto uno sviluppo articolato da successive differenziazioni, costituendo gruppi e sottogruppi linguistici. Abbiamo due sistemi di scrittura: abjed (scrittura sillabica in cui la vocale varia, tipico delle grafie come quelle semitiche) e abujida (scrittura sillabica in cui la vocale non è rappresentata). Il problema dell'indoeuropeo è la sede originaria degli indoeuropei, l'urhmeimat, patria originaria dei locutori di una certa protolingua. Si pensò alla soluzione con l'argomento del faggio (bhàgós – phāgós – fāgus – buohha), idea: indoeuropei originari della zona in cui cresce il faggio, ma è stata smontata perché si è scoperto che in greco significava anche quercia. Queste lingue sono concentrate al centro dell'Europa e non si esclude che la parola sia stata presa da lingue, che gira tra esse ma non può essere estesa a tutte le lingue indoeuropee. L'indoeuropeo è una lingua centum per due motivi: lingue centum sono tutte a ovest, mentre a oriente ci sono le lingue satem, però la lingua pù a oriente, il tocario, è una lingua centum, contatti mai esistiti tra Anatolia e Cina, quindi tutto ciò è dovuto a sviluppi indipendenti

all'interno dei quali sono presenti anche gli sviluppi più naturali; mutamento fonetico: s, Տ, ts diventano k, m abbiamo solo tracce del contrario, sappiamo che la k diventa s, S, ts, ma non abbiamo tracce che esse diventino k. Lingue anatoliche: parlate un tempo nell'attuale Turchia, il gruppo include il palaico, il luvio, il lidio, il licio, il cario e l'ittita, che è tra quelle indoeuropee di più antica attestazione (II millennio a.C.), nota attraverso documenti in scrittura cuneiforme distribuiti in un arco temporale che va dal XVII al XVIII secolo a.C. L'ittita ha due varietà: cuneiforme (testi del II millennio a.C,) e geroglifico. Ramo del greco: un tempo suddiviso in vari dialetti, tra cui lo ionico-attico, l'eolico, il dorico, l'arcadico-cipriota e il panfilio. Si tratta di una lingua di antichissima attestazi...


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