Linguistica storica Magni PDF

Title Linguistica storica Magni
Author Viola Rossi
Course Glottologia
Institution Università degli Studi di Firenze
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Summary

Riassunto di alcuni capitoli del libro ''Linguistica storica''...


Description

IL PANORAMA DELLE LINGUE IN EUROPA Secondo l’idea formulata da Pedersen nel 1903, l’indoeuropeo fa parte di una macrofamiglia chiamata nostraniano (ribattezzata nostratico sessant’anni dopo). Da questa unità ancestrale avrebbero avuto origine anche le famiglie delle lingue uraliche, altaiche, afro-asiatiche e altre ancora, ma non c’è consenso su questa teoria. Dalla famiglia indoeuropea hanno avuto origine svariati rami linguistici. Inoltre, alcune lingue sono rimaste isolate e relativamente omogenee, mentre altre hanno avuto uno sviluppo articolato da successive differenziazioni costituendo gruppi e sottogruppi linguistici. Lingue della famiglia indoeuropea:  Lingue anatoliche – ha una posizione preminente l’ittita, lingua nota attraverso numerosi documenti in scrittura cuneiforme risalenti ad un arco di tempo che va dal XVII al XIII secolo a.C.  Ramo del greco – lingua di antichissima attestazione (II millennio a.C.), un tempo suddivisa in vari dialetti. Nel corso del tempo le varietà dialettali del greco antico si sono unificate in una koinè che oggi è continuata nel neoellenico  Ramo del latino – la documentazione del latino inizia nel VI-V secolo a.C. Inizialmente parlato da una comunità insediata intorno al basso corso del Tevere, divenne la lingua dell’impero romano e della cristianità. Rilevante nel suo sviluppo il divario crescente tra verità dello scritto e del parlato. Il latino volgare finirà per allontanarsi dal latino classico e diverrà la base da cui si formeranno le varie lingue neolatine  Lingue italiche – l’insieme costituito da osco e umbro, e numerose tradizioni linguistiche minori  Lingue celtiche – divise in due sottogruppi, il celtico continentale, estinto intorno al V-VI secolo d.C., e il celtico insulare, che è sopravvissuto fino ai giorni nostri, e include le lingue gaeliche o goideliche e le lingue britanniche. Le lingue celtiche sono a rischio di estinzione  Lingue indo-iraniche – suddivise in lingue iraniche, documentate dal VI secolo a.C., includono l’avestico, l’antico persiano (evoluto in medio persiano e farsi), il curdo, il pashto e il baluchi, e lingue indoarie, suddivise a loro volta in tre ramificazioni che comprendono il vedico, il sanscrito, e i dialetti pracriti da cui derivano le lingue dell’India moderna, del Pakistan, e numerose lingue zingariche  Lingue baltiche – lingue documentate solo dal Cinquecento, che comprendono il lituano, il lettone, e l’antico prussiano, estinto intorno al Settecento.  Lingue slave – derivate dal proto-slavo, si suddividono a loro volta in lingue slave occidentali, che sono scritte in alfabeto latino e includono polacco, ceco, slovacco e sorabo, lingue slave orientali, che sono scritte in alfabeto cirillico e comprendono il russo, il bielorusso e l’ucraino, e lingue slave meridionali, di cui lo sloveno e il croato utilizzano l’alfabeto latino, mentre il macedone, il serbo e il bulgaro (la prima lingua del gruppo di cui si hanno testimonianze scritte, risalenti al IX secolo) utilizzano l’alfabeto cirillico  Lingue germaniche – derivate dal proto-germanico, si suddividono nei sottogruppi delle lingue germaniche orientali ormai estinto ma di cui il gotico rappresenta un punto di riferimento fondamentale per la ricostruzione e la comparazione linguistica, lingue germaniche occidentali, di cui fanno parte inglese, tedesco, frisone, nederlandese, afrikaans, e yiddish, e lingue germaniche settentrionali, dette anche scandinave, che includono svedese, norvegese, danese, islandese e feroese  Lingue romanze – lingue che si sono sviluppate e diffuse in Romània, e divise nei sottogruppi delle lingue ibero-romanze, di cui fanno parte il portoghese, il castigliano, il gallego e il catalano, lingue galloromanze, che comprendono il francese, il provenzale, il franco-provenzale, il guascone e l’aranese, l’italoromanzo, che comprende l’italiano e i suoi dialetti e il corso, il reto-romanzo, che riunisce le tre identità isolate rispetto all’area dei dialetti italiani del romancio, del ladino e del friulano, il sardo e il rumeno  Lingue romaní – lingue parlate dagli zingari, che derivano dal ramo indoario

 Tocario – è la più orientale tra le lingue indoeuropee. Anticamente si parlava nel Turkestan cinese, e si è tramandata attraverso testi religiosi risalenti al periodo tra la metà e la fine del I millennio a.C. Questa lingua presenta due varietà, il tocario A e il tocario B  Armeno – lingua che si separa dal ramo delle lingue indoiraniche. Documentata dal V secolo d.C., è tuttora parlata nella Repubblica di Armenia ed è territorialmente e linguisticamente prossima al greco  Albanese – altra lingua isolata che presenta le due varietà del ghego e del tosco. Documentato dalla metà del Cinquecento in Albania e negli stati confinanti, dal XV secolo è presente anche in Italia in comunità diffuse tra Calabria, Sicilia, Molise, Puglia, Campania e Lucania. Lingue che non appartengono alla famiglia indoeuropea:  Lingue ugro-finniche – appartenenti alla famiglia uralica, comprendono l’ungherese, che inizia nel IX secolo quando gli Ungari invasero la provincia della Pannonia, il finlandese, che affiora nel periodo della Riforma con una serie di testi religiosi, e l’estone, la cui prima documentazione è legata al periodo della Riforma, mentre per l’unità linguistica bisogna attendere l’Ottocento  Lingue sami o lapponi – appartenenti alla famiglia uralica, si tratta di undici lingue frammentate e prossime all’estinzione, parlate presso piccole comunità diffuse nei territori settentrionali di Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia  Basco – lingua isolata per eccellenza, la cui documentazione inizia nel Cinquecento, quando il regno di Navarra fu annesso alla Spagna

IL MUTAMENTO FONOLOGICO Il mutamento fonologico (fonemi) può avvenire in modo sistematico o non sistematico. Il mutamento sistematico modifica con regolarità un tipo di articolazione, mentre quello non sistematico, o sporadico, si verifica occasionalmente nelle singole parole. Il mutamento sistematico Il mutamento sistematico, a sua volta, può essere non condizionato (la prima mutazione consonantica del germanico) o condizionato (osservazioni di Lottner e Verner sulla prima mutazione consonantica del germanico) dal contesto. Il mutamento non sistematico Il concetto di mutamento non sistematico fa riferimento a cambiamenti occasionali e poco diffusi nel lessico. I più importanti riguardano la tendenza degli elementi fonici a diversificare o avvicinare i coefficienti articolatori:  Dissimilazione tra suoni uguali o simili  Assimilazione progressiva, regressiva o bidirezionale tra suoni adiacenti che tendono ad acquisire tratti articolatori comuni. L’assimilazione inoltre, può essere totale o parziale.  Dilazione tra elementi fonici a distanza (metafonesi e metafonia) Altri fenomeni, che possono produrre sia mutamenti regolari che sporadici, sono i seguenti:  Aplologia, la perdita di una sillaba interna identica/simile a una adiacente  Sincope, perdita di elementi all’interno di parola  Aferesi, perdita di vocali/sillabe in posizione iniziale di parola  Apocope, perdita di elementi in posizione finale di parola  Epentesi, introduzione di un elemento consonantico o vocalico all’interno di parola  Prostesi, aggiunta di elementi fonici all’inizio di parola

 Epitesi, aggiunta di elementi fonici alla fine di una parola  Metatesi, scambio nell’ordine di successione di due suoni distanti o contigui Processi di tipo non fonetico che però possono interferire nel mutamento fonologico sono il prestito, l’analogia, l’onomatopea, e la tabuizzazione linguistica. Cause ed effetti del mutamento fonologico Ristrutturazioni importanti come il primo mutamento consonantico del germanico, il Great Vowel Shift dell’inglese, e l’evoluzione del vocalismo latino in italiano, hanno effetti considerevoli sul sistema fonologico di una lingua perché modificano l’inventario dei fonemi, la loro distribuzione e le loro correlazioni. Questi cambiamenti possono dare luogo alla creazione o alla perdita di nuovi fonemi, o all’istituzione di nuove opposizioni:  Fonologizzazione, per cui un elemento fonetico assume valore fonologico (trasformazione di allofoni in fonemi). Può riguardare anche tratti prosodici  Defonologizzazione, per cui un elemento perde valore fonologico  Rifonologizzazione¸ per cui un elemento fonologico cambia le proprie relazioni oppositive con gli altri elementi del sistema Si può avere una perdita completa o parziale dei fonemi ( scissione), oppure una fusione completa o parziale (coalescenza). Quando all’interno di un sistema fonologico si verificano degli spostamenti correlati si parla di mutamento a catena. Ne esistono due tipi: catena di propulsione, se il mutamento è dovuto alla pressione esercitata dallo spostamento di un suono, o catena di trazione, per cui una casella vuota attrae un segmento attiguo nel sistema. La cronologia del mutamento Per determinare la cronologia relativa di un mutamento si usano due strategie: il metodo della comparazione e il metodo della ricostruzione interna. Per quanto riguarda il metodo comparativo, questo serve a ricavare indizi sulla cronologia relativa dei fenomeni linguistici osservandone la distribuzione geografica in più lingue. L’idea è stata elaborata dal linguista Matteo Giulio Bartoli, che elenca quattro norme areali:  Norma dell’area isolata – le aree meno esposte alle comunicazioni conservano la forma linguistica anteriore  Norma delle aree laterali – le aree laterali di solito conservano forme più antiche rispetto a quella centrale (a meno che questa non sia più isolata)  Norma dell’area maggiore – l’area maggiore di solito conserva forme più antiche rispetto all’area minore (a meno che questa non sia più isolata/laterale)  Norma dell’area seriore – di solito le zone in cui la lingua dei ‘colonizzatori’ è arrivata più tardi, conservano le forme più antiche. Per quanto riguarda, invece, il metodo della ricostruzione interna, questa consente di ricavare indizi sulla cronologia relativa dei fenomeni linguistici osservandone i rapporti di implicazione all’interno di una stessa lingua. Si potranno notare effetti di incremento (il fenomeno B alimenta A se crea o allarga il suo campo di applicazione) o di decremento (il fenomeno B riduce A se annulla o limita il suo campo di applicazione).

Mutamento fonologico e universali

La ricerca sugli universali verifica la presenza di specifiche caratteristiche in un campione di lingue storiconaturali il più esteso possibile, garantendo che la distribuzione dei fenomeni osservati non dipenda né da rapporti di parentela, né di contatto tra le lingue. In questo modo è possibile individuare universali assoluti e universali implicazionali. Gli universali fonologici riguardano proprietà comuni ai sistemi della maggior parte delle lingue, ma in questo ambito quelli assoluti sono pochi, mentre le tendenze universali riflettono principi di funzionalità e/o simmetria fonologica.

IL MUTAMENTO MORFOLOGICO I mutamenti morfologici sono intrinsecamente circoscritti a categorie definite, ma si può osservare una distinzione tra mutamenti che producono regolarità, cioè che modificano in modo coerente un dato tipo o classe di morfemi, e mutamenti che non producono regolarità, cioè che modificano occasionalmente i singoli morfemi o un numero limitato di parole. Il cambiamento morfologico contempla due meccanismi: il meccanismo dell’analogia e quello della grammaticalizzazione. Analogia L’analogia tende a conformare gli elementi asimmetrici di un sistema ad un modello simmetrico, rendendo più simili nella struttura forme percepite come morfologicamente, sintatticamente e semanticamente correlate. L’analogia può essere proporzionale o non proporzionale. Il primo tipo estende e generalizza un modello di relazione morfologica tra date forme ad un’altra che in origine non lo prevedeva (la proporzione si applica ad un ambito che prevede una relazione prestabilita e omogenea tra le forme, come per esempio di tipo basico vs. derivato). L’analogia non proporzionale, o livellamento paradigmatico, invece, consiste nella parziale o totale eliminazione di alternanze morfofonemiche nella flessione. In entrambi i tipi si manifesta il principio di isomorfismo (one meaning - one form). Mutamenti morfologici sporadici Affini all’analogia sono i processi di:  Estensione, l’impiego di un morfema in contesti più ampi rispetto a quelli originari  Risegmentazione, un processo di rianalisi che interessa la struttura fonologica dei morfemi ma non la loro funzione  Fusione, lo sviluppo di un compromesso morfologico tra due forme con significato uguale o simile  Retroformazione, che generalizza un modello di relazione morfologica, con base di derivazione che è il prodotto di una rianalisi  Contaminazione, un processo che coinvolge forme semanticamente correlate di cui una diventa foneticamente più simile all’altra  Concrezione/discrezione, processi di agglutinazione/discrezione di una forma, di solito di tipo grammaticale, con un’altra di tipo lessicale  Etimologia popolare, che rende trasparenti gli elementi opachi di un termine tramite associazioni con altri lessemi foneticamente simili e/o parzialmente compatibili nel significato Grammaticalizzazione Questo mutamento in genere comporta la creazione di nuove forme e/o categorie grammaticali, e in seguito a questo fenomeno, un elemento lessicale perde gradualmente il suo significato proprio e assume funzione grammaticale.

Fenomeni di riduzione ed espansione

La trasformazione delle entità lessicali coinvolte nella grammaticalizzazione implica una progressiva diminuzione di autonomia, che si manifesta su tre livelli:  Riduzione semantica, l’indebolimento semantico  Riduzione morfologica, la perdita di alcune proprietà morfosintattiche  Riduzione fonetica, la diminuzione di sostanza fonetica Gli elementi interessati dalla grammaticalizzazione però posso anche vedere un crescente ampliamento delle loro funzioni e del loro impiego in relazione alle seguenti operazioni cognitive e i seguenti processi:  Inferenze pragmatiche – certe condizioni semantiche e comunicative innescano la convenzionalizzazione di inferenze pragmatiche, e quindi una reinterpretazione delle forme, una generalizzazione degli ambiti d’uso e la diffusione a nuovi contesti  Metafora e metonimia – percorsi di estensione semantica che procedono dai domini più concreti a quelli più astratti (Persona > Oggetto > Attività > Spazio > Tempo > Qualità)  Stratificazione di livelli – certi elementi conservano la forma e la funzione lessicale originaria accanto all’esito grammaticalizzato  Ciclicità e rinnovamento – quando gli elementi perdono trasparenza e sostanza fonetica, forza e marcatezza pragmatica, spesso vengono affiancati e poi sostituiti da altri in un nuovo ciclo di grammaticalizzazione Effetti e cause de mutamento morfologico In sintesi, i fenomeni evolutivi che interessano le strutture morfologiche di una lingua possono produrre un mutamento nell’inventario o nella funzione dei fonemi, nell’inventario o nella struttura delle classi flessionali, e nell’inventario o nella struttura delle categorie flessionali. I mutamenti possono essere innovanti, nel senso che modificano l’inventario di strutture di una lingua causando la scomparsa o la nascita di elementi formali e innescano la ridistribuzione delle forme e l’istituzione di nuove correlazioni tra esse, o conservanti, cioè che vedono la sostituzione di forme e strutture con altre con la stessa funzione. Mutamento morfologico e universali Gli universali morfologici sono generalizzazioni sulla struttura morfologica delle lingue umane possibili, affermazioni esplicite che rilevano le restrizioni alla variazione interlinguistica in questo ambito. Circa la metà dei 45 Universali di Greenberg riguardano la morfologia e si dividono in quattro tipi di generalizzazioni:  Generalizzazioni sulla natura e l’ordine degli affissi  Generalizzazioni sui morfemi e le loro correlazioni  Generalizzazioni sulla distribuzione delle categorie morfologiche tra le classe di parole  Generalizzazioni sulla relazione tra le categoria e i loro esponenti flessionali

IL MUTAMENTO SINTATTICO Gli ambiti di pertinenza della sintassi riguardano le relazioni tra le parole all’interno di una frase e i vari modi in cui tali relazioni vengono espresse. I meccanismi principali del cambiamento sintattico sono la grammaticalizzazione (trasformazione di entità lessicali in morfemi grammaticali e l’ulteriore spostamento di espressioni linguistiche verso il polo funzionale), la rianalisi (mutamento nella struttura di un’espressione che non produce modifiche immediate o intrinseche nella sua manifestazione superficiale), e l’estensione (introduzione di nuove costruzioni per codificare un ambito concettuale inizialmente espresso mediante altre costruzioni). Rianalisi

La rianalisi è un meccanismo che interessa la struttura ‘sottostante’ di uno schema sintattico senza produrre alcuna modifica immediata o intrinseca nella sua espressione superficiale (carattere inizialmente non manifesto). Mentre la grammaticalizzazione comporta la perdita di autonomia degli elementi linguistici, è graduale, tendenzialmente irreversibile, non implica ambiguità, e si può ricondurre alle dinamiche dell’uso linguistico, la rianalisi non causa la perdita di autonomia delle espressioni linguistiche, è istantanea, potenzialmente reversibile, si fonda sull’ambiguità strutturale del costrutto di partenza ed è imputabile alle dinamiche dell’acquisizione linguistica. Rianalisi e grammaticalizzazioni intrecciano relazioni strette, ma come esiste la rianalisi senza la grammaticalizzazione, così esiste la grammaticalizzazione senza rianalisi. Estensione Anche l’estensione, così come la rianalisi, è osservabile nella morfologia, e si intreccia con i processi analogici. Anche in sintassi l’estensione si fonda sulla percezione della somiglianza strutturale tra due o più elementi, categorie, costrutti, etc. Si tratta di un meccanismo che cambia l’espressione superficiale di uno schema sintattico, ma non implica alcuna modifica immediata o intrinseca della sua struttura sottostante. Questo processo introduce nuove costruzioni in un ambito concettuale inizialmente codificato da altre, ed è quindi un mutamento manifesto. Mutamento sintattico e universali Le osservazioni di Greenberg sul cosiddetto ordine basico dei costituenti nell’enunciato transitivo assertivo non marcato, identificano i tipi linguistici principali a cui si associano diversi tipi di adposizione. Al tipo linguistico, inoltre, si correlano anche regolarità pertinenti alla struttura dei sintagmi e all’ordine delle teste nominali e dei rispettivi modificatori. La classificazione delle principali lingue europee è la seguente:  SVO & Pr & NG & NA – lingue romanze, albanese, neogreco, maltese  SVO & Pr & NG & AN – parte delle lingue germaniche (tedesco, nederlandese, islandese), lingue slave  SVO & Pr & GN & AN – lingue germaniche del gruppo settentrionale (svedese, norvegese, danese)  SVO & Po & GN & NA – finlandese, estone  SOV & Po & GN & AN – restanti lingue ugro-finniche, turco  SOV & Po & GN & NA – basco  VSO & Pr & NG & NA – lingue celtiche (escluso il bretone) Comunque poche lingue si inquadrano con assoluta coerenza in un solo tipo sintattico, perché l’ordine dei costituenti è spesso regolato anche da fattori legati alla pragmatica e alla struttura informativa dell’enunciato.

IL MUTAMENTO SEMANTICO-LESSICALE Da un punto di vista strettamente semantico, si può dire che il mutamento semantico riguarda il cambiamento di significato (il mutamento avviene quando un nuovo significante è riferito ad un significato e quando un nuovo significato è riferito ad un significante). Questo fenomeno interessa diversi aspetti:  Denotazione, ovvero ciò a cui un termine si riferisce  Connotazione, ovvero ciò che un termine evoca  Registro, ovvero l’ambito o il contesto d’uso di un termine Tuttavia il cambiamento semantico-lessicale può anche essere considerato dal punto di vista etimo logico (ricostruendo l’origine della parola attraverso l’analisi delle forme), onomasiologico (studiando le diverse realizzazioni lessicali del medesimo concetto) e semasiologico (analizzando i vari significati assunti da uno stesso significante ...


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