L\'osservazione partecipante Semi G. PDF

Title L\'osservazione partecipante Semi G.
Author Leah Leah
Course Metodologia della ricerca sociale
Institution Università degli Studi di Torino
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riassunto dettagliato de L'osservazione partecipante ...


Description

L’OSSERVAZIONE PARTECIPANTE PREMESSA L’osservazione partecipante è una tecnica di ricerca dalla natura contestata e ibrida. A seconda delle discipline che la utilizzano regolarmente, mutano le definizioni, i concetti o le prospettive teoriche. È stata inventata, teorizzata, criticata e modificata dall’antropologia e la sociologia. Si tratta di una tecnica che fonda sul più banale degli assunti conoscitivi umani, ossia che per comprendere la realtà bisogna viverla in prima persona. Anche la psicologia, l’economia, la geografia l’urbanistica, la storia e l’etologia utilizzano tecniche osservative associabili all’osservazione partecipante.

INTRODUZIONE Charles Schultz ed Erving Goffman hanno colto uno degli aspetti più rilevanti del lavoro di ricerca intellettuale e scientifico, vale a dire la curiosità. La curiosità è una delle prime risposte che si possano dare a qualsiasi tipo di interesse. I due studiosi hanno colto un ulteriore elemento, cioè che la curiosità è rivolta verso il comportamento delle persone che ci circondano ogni giorno, verso il loro essere così diverse o così uguali da risultare quindi interessanti. Questi due autori disegnando la vita quotidiana di una piccola cittadina americana attraverso i suoi bambini, hanno raccontato con divertita curiosità il mondo in cui viviamo e lo hanno fatto in un modo che ci è profondamente familiare, rivelatorio e attuale. Le scienze sociali, in primis antropologia e sociologia hanno dato una forma compiuta a questo moto di interesse verso gli altri, che prende il nome di ricerca sociale, e condividono una tecnica di investigazione chiamato osservazione partecipante o etnografia o lavoro sul campo. I destinatari naturali sono studenti universitari e dottorandi che desiderino condurre una ricerca etnografica su uno degli infiniti contesti possibili e intendano farlo partendo da una prospettiva pragmatica, rivolta alla risoluzione di questioni pratiche che si ripropongono ogniqualvolta si compia questo tipo di ricerca. Vi sono però molti altri possibili fruitori come i giornalisti, i cineasti, documentaristi e diversi narratori della realtà che hanno bisogno di osservare il mondo prima di restituirlo, trasformato, ai propri pubblici, gli autori di romanzi e sceneggiature. L’osservazione partecipante è quella tecnica di ricerca che richiede a chi la conduce di passare un periodo di tempo sufficientemente prolungato, e a stretto contatto con il fenomeno prescelto, in modo da giungere a una comprensione profonda delle diverse specificità che lo caratterizzano. L’osservazione partecipante è uno dei primi e più longevi strumenti di ricerca ad essere utilizzati, poiché appare in antropologia e sociologia tra la fine dell’ottocento e degli anni Venti del XX secolo subendo numerosi cambiamenti e raffinamenti. L’osservazione partecipante non è una tecnica più semplice o più difficile di altre. Presenta numerose complicazioni, la maggior parte delle quali risolvibili e addirittura fruttuose, che può essere condotta da chiunque sia disposto ad accettarne i limiti e le peculiarità. La peculiarità principale, consiste nel fatto che si tratta di una tecnica che

richiede a chi la utilizza di mettere in gioco il proprio corpo e la propria soggettiva. L’esperienza etnografica è personale, il che non implica necessariamente che sia individuale dal momento che sono possibili e talvolta auspicabili ricerche fatte in gruppo, suggerisce che ci conduce questo tipo di studio deve essere in grado di stare in mezzo e alle situazioni in prima persona. Bisogna avere la consapevolezza che è normale e naturale che il proprio il primo lavoro etnografico non sia il migliore della propria vita.

CAPITOLO 1 PRIMA Esistono diversi tipi di ricerca sul campo: scavi, esperimenti, osservazioni, interviste, ognuno con le proprie caratteristiche. Come già accennato nell’introduzione, l’osservazione partecipante è la tecnica principale all’interno di quel ramo delle scienze sociali che ha come obiettivo quello di restituire ai propri pubblici la complessità della vita all’interno dei diversi contesti sociali, cioè l’etnografia, prospettiva ampia di ricerca all’interno della quale possono coesistere numerose tecniche di ricerca come l’intervista, l’analisi documentale o secondaria, i focus group. La ricerca vera e propria inizia nel momento in cui si entra nel campo 1. COME SCEGLIERE IL PROPRIO OGGETO DI RICERCA L’etnografia costituisce una prospettiva che riduce solo parzialmente l’ampiezza dello spettro, basandosi principalmente sull’osservazione in prima persona da parte del ricercatore, deve darsi dei fenomeni che siano quantomeno situati o circoscrivibili entro dimensione percettive, fisiche e interattive. L’oggetto dell’etnografia è stato chiamato di volta in volta gruppo umano, cultura, subcultura, comunità, fenomeno, pratica, realtà, e la storia dello studio di questi fenomeni mostra bene quanto ognuno di essi tradisca le curiosità, gli interessi e le preoccupazioni delle scienze sociali in ogni epoca storica. Esempio: l’ambito della vita nelle grandi città in seguito all’arrivo di popolazioni immigrate nel corso del XX secolo: negli anni ’20-30 il concetto utilizzato per indagare questo insieme di trasformazioni era quello di disorganizzazione social, negli anni ’50-60 sarebbe mutato nella questione delle subculture per poi divenire interpretato come una questione di assimilazione all’interno di un melting pot negli anni 60 e infine un problema di multietnicità e di multiculturalismo dagli anni ’80 in poi. Il fenomeno indagato è pressoché lo stesso, ma in seguito a differenti definizioni operative e alle prospettive teoriche che attrezzavano queste riflessioni, l’etichetta adottata ha in un certo senso plasmato il modo di vedere e studiare questa realtà. Jhon e Lyn Lofland hanno indicato che esistono ragioni extrascientifiche tanto quanto ragioni scientifiche. Le ragioni puramente scientifiche sono più facili da individuare e da definire se è vero che ogni lavoro etnografico possiede almeno una giustificazione di carattere intellettuale e scientifico.

Elijah Anderson, introduce così la sua ricerca A Place on the Corner (1976) sulla vita sociale del bar e l’esperienza dell’alcolismo tra la popolazione nera dei quartieri del sud di Chicago negli anni ’70: Tra il 1970 e il 1973 ho condotto un’osservazione partecipante e raccolto del materiale al bar e negozio di alcolici Jelly’s nel sud di Chicago. In quel periodo sono stato assieme con lavoratori, e non, neri che spendevano una buona parte del proprio tempo nel bar . Notte e giorno e in qualsiasi momento e stagione dell’anno, ho socializzato con la gente- bevendo con loro, parlando e ascoltandoli e cercando di accettare il loro mondo sociale. Avevano le proprie attività e parlavano della vita e mi hanno insegnato molto. […] il mio obiettivo principale è quello di rendere chiari e focalizzare quegli elementi che caratterizzano il sistema di status locale, sia al Jelly’s che nel ghetto più in generale. Nelle pagine che seguono affronterò queste domande di base: quali sono le regole e i principi seguiti da queste persone? Quali sono le gerarchie sociali presenti? Come si esprimono nell’interazione sociale? In che modo i diversi status si intersecano, confliggono o coadiuvano? In che maniera le persone in questione ricordano e dimostrano agli altri che si meritano di essere rispettate? Che significa in questo contesto? [ibidem, ix] Le ragioni per vengono presentate come fondamentalmente scientifiche e inerenti alla questione dello status e delle reputazioni in contesti marginali, per diversi aspetti, devianti. Le sole ragioni scientifiche sono sembrate per lungo tempo sufficienti a giustificare questo tipo di ricerca fino agli anni ’60, quando le crepe prodotte dalla pubblicazione di alcuni celebri diari di campo, come quello di Malinowski (1967), hanno lasciato per la prima volta filtrare l’idea che l’etnografo fosse prima di tutto un essere umano, con un corpo, delle emozioni e delle ragioni che andavano al di là del semplice avanzamento del progresso scientifico. Per la prima volta quindi, scienza e vita personale si sono trovare riunificate nella figura umana e soggettiva dell’etnografo. Le ragioni extrascientifiche erano rimaste lungamente non dichiarate, vuoi perché il ricercatore non ne era completamente cosciente, vuoi perché pensava che l’impresa scientifica dovesse essere radicalmente separata dalle ragioni della soggettività Per ragioni extrascientifiche si intendono tutte quelle motivazioni che hanno a che fare con la biografia di ciascuno di noi, con la nostra storia passata e personale e che ci portano a volerne dare un senso più compiuto ed approfondito attraverso la ricerca. Si tratta dunque di una sorta di introspezione condotta con . Williamo F. Whyte, sociologo americano divenuto famoso per il suo libre Street Corner Society (1993), ha spiegato così le ragioni che lo hanno portato a passare circa 4 anni in un quartiere italoamericano di Boston negli anni ’40: La mia vita familiare era davvero felice e stimolante sul piano intellettuale, ma priva di aspetti avventurosi. Non avevo mai dovuto fare a botte per qualsivoglia ragione. Conoscevo molte persone a posto, ma la maggior parte di loro proveniva da bune e solide famiglie della classe media. All’università, come è ovvio, frequentavo studenti e docenti anche loro appartenenti a questa classe. Non ne sapevo nulla di quartieri poveri (volendo, nemmeno di quelli ricchi). Né di vita in fabbrica nei campi o in miniera, se non quello che avevo letto nei libri. Questo mi aveva portato a pensare di essere un individuo privo di qualsiasi interesse. A volte, questa impressione di mediocrità era talmente forte che non mi veniva in mente nessuna stria da scrivere. Così ho iniziato a dirmi che se volevo scrivere qualcosa che davvero valesse la pena,

avrei dovuto andare oltre i ristretti limiti della mia vita all’epoca [ibidem; trad. fr. 2002,313] La sensazione di essere una persona mediocre di aver bisogno di accedere alla vita vera dei lavoratori manuali, dei quartieri popolari in cui vivono è stata una molla interiore, intima di Whyte. Altro esempio è di Marco Marzano (2004), che si è avvicinato a questo tema in seguito alla scomparsa del padre: Quella morte è stata, infatti per me non solo un trauma emotivo, ma anche una sorta di provocazione intellettuale dal momento che, già nelle ultime settimane della vita di mio padre, avevo avvertito la sensazione di una frustrazione profonda, di in quello che stava avvenendo, l’impressione che gli eventi che mi stavano immediatamente alle spalle avessero sfidato (vittoriosamente!) le mie capacità di comprensione [ibidem,8]

1.1 Oggetti, soggetti o domande? In linea strettamente generale, possiamo distinguere tra unità di analisi e unità di rilevazione ovvero tra ciò che studiamo e chi studiamo. Attraverso l’osservazione partecipante interagiamo con delle persone con lo scopo di approfondire la nostra conoscenza sul mondo che le riguarda. Dire che ci occupiamo di oggetti è perfettamente corretto se intendiamo riferirci alle nostre unità di analisi in quanto nostro fine conoscitivo. Pensare alle unità di analisi come se fossero degli oggetti è un’altra cosa. Siamo in qualche modo persuasi che la realtà esista in quanto tale, che sia distinguibile analiticamente dai soggetti che la osservano e che sia misurabile o se non altro osservabile. Dal punto di vista epistemologico, parlare di oggetti in questa seconda accezione sottintende generalmente una presa di posizione realista. Parlare invece di fenomeni rimanda a posizioni che possono essere sia realiste che antirealiste. Parliamo viceversa dei soggetti se ai fenomeni di cui ci occupiamo riconosciamo di essere composti principalmente da esseri umani, da persone. Il fatto di non avere a che fare con oggetti inanimati ma con persone in carne ed ossa, implica di prendere in conto anche tutte le implicazioni etiche e politiche del rapporto ricercatore-soggetto e del fatto che le persone con cui passiamo molto tempo durante l’osservazione hanno tutto il diritto di vedere riconosciuta la propria soggettività (ossia la capacità d’azione, cosiddetta agency). Mary Pattillo-McCoy (1999) studiò le palizzate nere erette dal ceto medio americano di colore a Chicago, scegliendo come unità di analisi il ceto medio di colore, come unità di rilevazione diversi individui facenti parte di famiglie, associazioni ed organizzazioni. L’oggetto di cui si è occupata è stato il ceto medio e per investigare questo tipo di realtà ha condotto una ricerca tramite l’osservazione partecipante di diversi soggetti da lei ritenuti rilevanti e di cui ha giustificato la scelta del proprio lavoro. Chiarite le diverse e possibili ragioni che ci hanno spinto a voler condurre una ricerca etnografica all’interno di qualche forma di realtà, bisogna tenere in considerazione che le possibilità di accesso al campo sono fortemente influenzate dal campo stesso. Possiamo distinguere tra fenomeni accessibili e inaccessibili: 1.2 FENOMENI ACCESSIBILI (e tradizione di ricerca) Lo scopo pratico della ricerca sul campo è la raccolta di materiale empirico più ricco possibile in modo da avere a disposizione abbastanza elementi nella fase finale del

lavoro, perché sarà appunto ciò che permetterà di trasformare le esperienze vissute sul campo in un contesto scritto. Per questo bisogna mettere le mani su dati ricchi che risultino dal fatto che si hanno intessuto relazioni sociali dense, significative e durature con diverse persone. Questo implica che le persone, le situazioni e il campo siano stati accessibili. Si può adottare una duplice prospettiva sull’accessibilità. Da un lato si possono definire quali sono i caratteri generali che rendono un contesto aperto e disponibile alla nostra presenza. Dall’altro si possono documentare a posteriori quali sono state le tradizioni etnografiche principali che lo hanno garantito. 1.2.1 ACCESSIBILITA’ COME RELAZIONE Quella che intercorre tra l’etnografo e il proprio campo d’azione e di ricerca è la relazione reciproca (mutuo riconoscimento), di conseguenza l’accessibilità ne diventa proprietà principale. L’elemento relazione quindi conta di più e implica che entrino in gioco le identità di ciascuno e le relative diverse capacità e strategie di presentazione di sé [Harrington 2003]. Tra le caratteristiche del sé rilevanti si possono evidenziare le seguenti:  Vicinanza al campo. Avere dei rapporti precedenti con il contesto che si intende studiare è una cosa normale e positiva. Esempio: Il fatto che Donald Roy conosceva il mondo degli operai perche aveva svolto questa occupazione per potersi pagar gli studi , gli permise di scrivere un’etnografia industriale nei primi anni ’50 

Vicinanza nelle dimensioni strutturali è data dalle possibili affinità che si generano dalla condivisione di alcune dimensioni strutturali tra il ricercatore e le persone che incontra. L’età, la generazione, il genere, la classe sociale e il colore della pelle possono, in moltissimi casi, creare degli spazi di vicinanza o di lontananza tra il ricercatore e le persone studiate. Esempio: 1. Mary Pattillo McCoy riferisce che in quanto afroamericana ci si aspettava che sapesse le risposte a molte delle domande che gli etnografi devono fare per andare oltre la mera descrizione. Essere una studiosa di colore, nata e cresciuta all’interno della classe media di Milwaukee, le ha permesso di accedere al mondo nero e di classe media di Chicago. 2. Per il professor Semi G. nella sua esperienza sul campo nel quartiere di Porta Palazzo il fatto di aver avuto meno di 30 anni ed essere maschio è stato fondamentale per condividere qualcosa con i giovani venditori abusivi marocchini con cui ha passato diverso tempo, nonostante molte altre dimensioni li allontanavano (classe sociale, il possesso di alcuni diritti, le prospettive future. Molti studiosi concepiscono di interessarsi delle dimensioni strutturali per dimostrare come il fatto di guadagnare l’accesso e stabilire dei rapporti dipendano spesso dalla capacità del ricercatore di riconoscere in prima istanza, e successivamente di muoversi all’interno, dei significati socialmente costruiti che definiscono le proprie caratteristiche fisiche e sociali ritenute rilevanti dal proprio specifico contesto di ricerca. [Mazzei e O’Brien 2009,359-360]

1.1.2 L’ACCESSIBILITA’ COME SITUAZIONE L’accessibilità è anche data dal setting, ossia dalla localizzazione e situazione ambientale che caratterizza il nostro oggetto di studio. Tempo e spazio diventano così molto rilevanti. 



Tempi giusti. Si deve essere molto attenti a riconoscere le diverse temporalità che caratterizzano ciascun fenomeno e non darle assolutamente per scontate o considerarle come dimensioni non problematiche. Spazi giusti. Lo spazio è una dimensione cruciale e complicata. Esistono tante concezioni dello spazio quante sono le persone che interagiscono. Per potere accedere allo spazio delle persone occorre aver stabilito una fitta rete di relazioni sociali, e dunque di rassicurazioni, che precedono l’accesso e lo rendono più complicato. 1.3 FENOMENI INACCESSIBLI (e mancate tradizioni)

L’inaccessibilità è in diversi casi una giustificazione a posteriori del mancato accesso, senza però essere vista come una mancanza di qualcosa (di capacità, di coraggio e fortuna). Prendere sul serio l’inaccessibilità comporta accettare che esistono dei contesti difficili e che ogniqualvolta si sia sul punto di iniziare una ricerca sul campo, dobbiamo mettere sul conto anche gli eventuali rischi che comporta, sia su di noi che quelli che potremmo far correre agli altri. Questa inaccessibilità è dettata dall’oggetto. A partire da alcuni riferimenti di John Lofland a proposito degli studi sulla devianza è venuta alla luce la difficoltà di accesso alle classi più alte (sindaci, manager, immobiliaristi etc.) rispetto a quelle devianti. Anche Wright Mills nel suo lavoro sui White collars, sottolineò già negli anni ’50 che si hanno più informazioni sistemiche sugli agricoltori, gli operai, i negri e persino i criminali, che sugli individui d’ambo i sessi del multiforme mondo dei colletti bianchi. Infatti, fino ai tempi recenti, il problema è nell’effetto aggregato, complessivo, che nel lungo periodo vede non investigate intere aree del nostro mondo, contesti degni di analisi ma che rimangono nell’ombra.

2. LE COMPETENZE NECESSARIE La ricerca etnografica è spesso ambigua riguardo alla questione della preparazione che precede il lavoro sul campo. Da un lato vi sono le competenze generali, proprie di ogni disciplina che sono sufficienti per scegliere contesti e casi, ovvero localizzazione dei fenomeni che interessano e le specifiche unità di analisi.

Esempio: 1. Sheba George nella sua enografia When Women Come First. Gender and Class in Transnational Migration, la questione dei ruoli familiari e delle differenze di genere viene analizzata alla luce della doppia presenza dei migranti contemporanei tanto nella società di arrivo che in quelle di partenza. L’autrice è anche essa stessa una migrante indiana del Kerala, e da giovane aveva frequentato una congregazione simile a quella che studierà successivamente per il proprio dottorato, oltre al fatto di essere figlia di un’indiana emigrata negli Usa per far l’infermiera. Si può dunque dire che conosceva molto bene il contesto nel quale si sarebbe calata, anche se i casi erano necessariamente ignoti e le dinamiche che avrebbe ricostruito nel corso della sua ricerca largamente nuove. Scoprire di essere considerata una giovane eccentrica, non essendo ancora sposata a quasi trent’anni, e di non essere in grado di stare al suo posto per via del modo in cui guardava dritto negli occhi o della postura adottata nelle interazioni con le altre persone l’hanno portata a farsi delle domande nuove, ad interrogare sé stessa e le persone con cui era in contatto con occhi ed orecchie differenti. 2. Semi G. quando ha iniziato a passare le sue mattine al mercato di porta palazzo, sapeva bene che questo tipo di arena commerciale si basava su degli accordi informali tra le persone coinvolte, come il dissimulatore dei conflitti interpersonali attraverso degli scherzi ben codificati oppure sul fatto che essendo uno spazio pubblico per eccellenza il mer...


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