L\'uomo sulla luna PDF

Title L\'uomo sulla luna
Course Comunicazione scientifica
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Summary

Riassunto e spiegazione dell'opera L'uomo sulla luna...


Description

Francis Godwin

L’UOMO SULLA LUNA ovvero Il racconto del viaggio di Domingo Gonsales, il messaggero veloce. Un testo fortemente condizionato dalla scienza del tempo e dalle scoperte astronomiche che appassionavano scienziati, filosofi e soprattutto l’uomo comune. Pubblicata nel 1638, l’opera fu tradotta in francese dieci anni dopo, poi ancora in olandese e in tedesco. L’AUTORE Francis Godwin era un vescovo inglese, nato nel 1562 e morto nel 1633. Le date di nascita e di morte indicano chiaramente l’appartenenza dell’autore sia al periodo tardorinascimentale sia alla prima parte del Seicento, epoca di grandi rivoluzioni. La biografia dell’autore non è né vasta né dettagliata, spicca per importanza un’unica data. Nel 1617 Godwin ricevette da Giacono I il vescovado di Hereford come ricompensa per l’opera Catalogue of the Bishops of England, pubblicata nel 1601. PATERNITÀ DELL’OPERA La critica è sempre stata concorde nell’attribuire a Godwin la paternità dell’opera The Man in the Moone. Incerta invece è la data di composizione dell’opera, che può essere ipotizzata valutando le prove interne offerte dal testo, a cominciare dall’introduzione. - Le caratteristiche del suolo lunare descritte da Galileo nel Sidereus Nuncius (1610) - Le teorie di Keplero sul variare della gravità a seconda della massa e della distanza (Astronomia Nova, 1609) - Opera di Nicholas Trigault: traduzione del manoscritto latino di Padre Matteo Ricci, uno dei fondatori della prima Missione gesuita in Cina, il cui titolo era De Christiana Expeditione apud Sinas suscepta ab Societate Jesus (traduzione francese del 1616) - Sylva Sylvarum di Bacone (1626): concetto di gravità e esperimento di volo umano con l’aiuto di uccelli - Riferimento alle rigide leggi censorie già imposte da Giacomo I, ma rese più severe da Carlo I. Queste sono le prove più decisive addotte dagli esperti per collocare l’opera in un determinato lasso temporale: dimostrano che il romance godwiniano fu probabilmente composto tra il 1620 e il 1630, certamente non prima, il che lo colloca nel pieno di quella che abbiamo definito “rivoluzione scientifica.” TRAMA “L’uomo sulla luna” narra le avventure del nobile spagnolo Domingo Gonsales, narratore della stessa vicenda. Dopo aver fornito al lettore alcune brevi notizie autobiografiche sulla sua famiglia e i suoi primi anni di vita, comincia il racconto vero e proprio. Dopo aver lasciato l’università di Salamanca, Gonsales diventa soldato di ventura nei Paesi Bassi, uccide un uomo in duello e fugge alla volta delle Indie. Il viaggio di ritorno mette il protagonista di fronte a varie disavventure, ultima delle quali lo sbarcato sull’isola di Sant’Elena insieme al servo Diego. I due rimangono sull’isola un anno intero, dedicandosi all’addestramento di alcuni uccelli selvatici (gansas), al fine di renderli in grado di trasportare in volo un uomo. Vengono quindi raccolti da una nave spagnola e caricati a bordo insieme alla macchina volante e agli uccelli. Al largo dell’isola di Tenerife si scatena una battaglia tra inglesi e spagnoli che termina con la sconfitta di questi ultimi; Gonsales riesce, con l’aiuto della sua macchina volante, ad atterrare sull’isola e da qui, dall’alto della montagna El Pico, per sfuggire ai selvaggi che la abitano, tenta il grande volo. I gansas che si trovavano in pieno periodo migratorio e lo trascinano quindi sempre più

in alto, superando il campo magnetico dell’attrazione terrestre, attraversando il Limbo (dove Gonsales incontra i demoni e gli spiriti dell’aria) e proseguendo il volo in direzione della luna, dove giungono undici giorni dopo. Subito prima di atterrare, Gonsales descrive il paesaggio lunare, l’aspetto dei suoi abitanti, l’organizzazione sociale, politica e religiosa. Gonsales decide di ripartire, non senza essersi prima preoccupato di raccogliere alcune pietre lunari dotate di straordinari poteri, attuando ciò che potremmo definire un primo tentativo di reperimento di materiale galattico. Il nostro protagonista intraprende quindi nuovamente il volo con i suoi gansas ed atterra in Cina, dove viene ospitato nella ricca dimora di un Mandarino. Descrive brevemente usi e costumi della società cinese, sottolineando le analogie che sussistono con la società lunare. Grazie all’aiuto di Padre Pantoja, un gesuita che egli incontra a Pechino, Gonsales può infine progettare il ritorno in patria. LE ANTICHISSIME ORIGINI DEL VIAGGIO INTERPLANETARIO: Dalla leggenda al romanzo fantascientifico. 1) La possibilità di vita sulla luna Le congetture riguardanti la possibilità di vita sulla luna risalgono alla tradizione classica e alla filosofia presocratica. Nella mitologia platonica (Il Fedro, la Repubblica) compaiono le prime descrizioni di altri mondi, fatti di aria, luci e colori purissimi. L’attrazione esercitata dal mondo iperuranio riaffiora spesso, assieme al tema del viaggio lunare, nella letteratura greca come in quella latina → Es: Somnium Scipionis di Cicerone, De Facie in Orbe Lunae, Plutarco. Plutarco ritiene che gli abitanti della luna siano demoni, i più volenti dei quali vengono spediti sulla terra finché non si sono ravveduti delle loro follie. Idea che riaffiora anche nell’opera di Godwin, dove la situazione viene tuttavia ribaltata: poiché gli abitanti della luna vivono secondo saggezza e virtù,e, per contrasto, il mondo degli uomini è governato dal vizio e dalla violenza, nel momento in cui i virtuosi lunari si accorgono che qualche nuovo nato mostra inclinazioni malvagie, se ne sbarazzano per sempre inviandoli sulla terra. C’è affinità anche con l’episodio ariostesco in cui viene descritto il viaggio di Astolfo sulla luna. → L’antica idea dell’abitabilità della luna, condivisa dai filosofi antichi come Eraclito, Democrito, Senofonte e i Pitagorici, ricevette dunque nuova popolarità nel Seicento e divenne terreno di discussione tra gli studiosi. I pareri erano discordi. In ambito inglese, fondamentale per la divulgazione delle nuove teorie è l’opera di John Wilkis, stampata a Londra nel 1638 e intitolata Discoery of a New World in the Moone. [John Wilkins (1614 – 1672) è stato uno scrittore, religioso e filosofo naturalista britannico, fondatore dell’Invisible College e tra i fondatori della Royal Society. Vescovo di Chester dal 1668 fino alla sua morte. È stato un prelato anglicano e uno dei protagonisti dell’organizzazione della ricerca scientifica ad Oxford e Londra.] 2) L’inizio dei racconti di viaggi interplanetari È con l’Icaromenippo e Una storia vera di Luciano di Samosata che, a parere di molti, iniziano i racconti di viaggi interplanetari. Godwin sembra esser loro debitore per due aspetti fondamentali della sua opera: - Ad Una storia vera si può infatti ispirare il viaggio nello spazio verso la luna - L’eroe dell’Icaromenippo raggiunge la luna con l’aiuto di due ali, una di avvoltoio e l’altra di aquila. Gonsales progetta, allo stesso modo, un piano per volare, addomesticando con pazienza alcuni uccelli che egli chiama gansas → forma errata per gansos, specie di oche o cigni selvatici.

3) Viaggio nello spazio per mezzo di uccelli, animali alati o ali posticce Punto chiave dell’opera di Godwin e parte integrante della letteratura lunare, è il viaggio nello spazio e/o sulla luna per mezzo di uccelli o altri animali alati o con l’aiuto di ali posticce. Le antichissime origini di tali racconti si riaccolgono attorno al mito di Icaro, simbolo dell’orgoglio umano che osa sfidare la divinità. Nella mitologia greca Icaro era figlio dell'inventore Dedalo e di Naucrate, una schiava di Minosse. Nell'isola di Creta il re Minosse aveva chiesto a Dedalo di costruire il labirinto per il Minotauro. Avendolo costruito, e quindi conoscendone la struttura, a Dedalo e suo figlio fu preclusa ogni via di fuga da Creta da parte di Minosse, poiché temeva che ne fossero svelati i segreti e vennero rinchiusi nel labirinto. Per scappare, Dedalo costruì delle ali con delle penne e le attaccò ai loro corpi con la cera. Malgrado gli avvertimenti del padre di non volare troppo alto, Icaro si fece prendere dall'ebbrezza del volo e si avvicinò troppo al sole e il calore fuse la cera, facendolo cadere nel mare dove morì. La prima versione di leggenda in cui si esprime il desiderio dell’uomo di librarsi in volo nello spazio è rintracciabile nell’antica letteratura babilonese, anche se la storia, come noi la conosciamo, pare aver avuto origine in Persia. Gli uccelli in questo caso erano aquile. La prima versione britannica si trova nella Historia Regum Britanniae di Geoffrey di Monmouth. La leggenda entrò probabilmente in Europa attraverso i romanzi greci, dove la medesima impresa veniva ascritta ad Alessandro. Nella letteratura tardo-medievale e quattrocentesca sono frequenti gli accenni ad aquile, grifoni, ippogrifi: basti pensare all’aquila vista in sogno da Dante, nel IX Canto del Purgatorio, o all’aquila usata da Chaucer come espediente per trasportare in aria il poeta nel suo The House of Fame. 4) Unione di leggenda e nuova scienza Fu tuttavia solo nell’opera di Godwin che mito, leggenda e nuova scienza per la prima volta si unirono a formare il racconto completo di un viaggio lunare. In questi anni acquista vigore la letteratura dei viaggi interplanetari, come testimonia Il Somnium di Keplero, opera del 1634. [Gli uccelli di Godwin si dirigono sulla luna per loro volontà, perché è là che migrano in un certo periodo dell’anno. Questa idea della migrazione dei gansas sulla luna ricompare in un trattato semiscientifico sulla migrazione di uccelli, il primo ad essere pubblicato in Inghilterra, ad opera di Charles Morton.] [Anche l’atteggiamento di poeti e letterati che si erano precedentemente occupati della luna muta col progredire del secolo: l’accento si sposta con forza sugli aspetti scientifici dell’argomento, senza eliminare completamente gli elementi fantastici e favolistici. Se gran parte della letteratura della prima metà del secolo rimase letteralmente affascinata dalle straordinarie possibilità offerte dalla nuova scienza astronomica, nella seconda parte del secolo iniziano a manifestarsi altri possibili sviluppi della letteratura lunare, anticipatori delle grandi satire settecentesche.] DEDICA ALL’ACUTO LETTORE La dedica “all’acuto lettore” è parte integrante dell’opera e ne fornisce la stessa chiave interpretativa. L’autore, che cerca di unire verosimiglianza e fantasia, e ciò che più è importante, sembra voler applicare anche a quest’ultima criteri e parametri razionali. → Ti viene qui offerto un saggio di fantasia, in cui l’invenzione è usata con giudizio. Appare chiaro anche il tentativo di trovare un equilibrio tra libertà di creazione artistica e libertà di giudizio.

È qui riscontrabile, inoltre, un tratto tipico del romanzo fiabesco o mimetico (realistico): il contratto di finzione che l’autore stipula idealmente con i lettori, chiedendo loro di credere ai mondi possibili descritti nel romanzo. → Non è stata intenzione dell’autore, presumo, convincerti della veridicità di ciascun fatto particolare; è tuttavia opportuno che tu gli conceda la libertà d’immaginazione così come, da parte tua, ti prendi la libertà di giudizio Nell’anticipare al lettore la descrizione del nuovo mondo, quello della luna, Godwin sembra poi voler raggiungere una maggior precisione nel resoconto e, conseguentemente, un maggiore successo nell’accoglienza dell’opera rispetto a quello raggiunto dai primi resoconti di Cristoforo Colombo, considerati d Godwin non obiettivi e volti a manipolare la realtà dei fatti, rendendola però in questo modo meno credibile della fantasia. Questa considerazione ricorda la concezione aristotelica secondo cui “l’uomo può credere all’impossibile ma non può mai credere all’improbabile”. L’utopia lunare di Godwin, invece, è costruita su dati scientifici e coordinate storico-geografiche autentiche, o quantomeno verosimili. È subito spiegata la necessità, che traspare nell’intera opera, dell’uso di numeri, date e cifre a sostegno della razionalità e credibilità del racconto. → In sostanza, ti troverai di fronte alla scoperta di un nuovo mondo, che forse potrà trovare, nella tua opinione, migliore accoglienza di quella che ricevette Colombo all’inizio da parte dei suoi contemporanei. Tuttavia, quell’America che egli ebbe modo di esplorare soltanto parzialmente, fu poi talmente conosciuta da diventare una grande colonia, e quella terra allora ignota è ora tanto estesa quanto tutto il resto del mondo. Il riferimento al telescopio di Galileo, emblema della nuova scienza e dello scienziato per eccellenza, rappresenta la prova più importante e consistente dello stretto intreccio tra scienza e fantasia. → Che esistessero gli antipodi era un tempo ritenuto un paradosso tanto grande quanto era quello di credere che la Luna fosse abitata; ma la conoscenza di questo fatto sembra giustamente riservata a questa nostra epoca di scoperte, in cui i nostri Galilei, grazie alle lenti possono osservare le macchie solari e distinguere le montagne sulla luna. Possiamo notare come i riferimenti alla sua opera siano estremamente precisi. Il telescopio di Godwin si identifica con lo stesso narratore protagonista, piccolo testimone oculare. Il messaggio qui è che chi viaggia verso utopia, altro non è che una lente, ovvero uno strumento scientifico, garanzia di massima credibilità. Evidente, dunque, la funzione testimoniale del narratore in un racconto a focalizzazione interna, come evidente è il predominio del campo semantico della vista. → Ma lascio tutto questo ed altro ancora alla tua critica imparziale, insieme al fedele racconto del piccolo testimone oculare, nostro grande esploratore. TRE SPAZI NARRATIVI L’intreccio si organizza attorno a tre nuclei fondamentali, tre luoghi o spazi narrativi miticosimbolici: 1) L’isola di Sant’Elena → mito dell’Eden ed esemplificazione della natura incontaminata, topos dell’isola felice, locus amoenus per eccellenza. Si aggiunge però, all’interno del contesto particolare dell’opera di Godwin, il sogno di conquista di nuove terre. 2) La Luna → mondo impossibile, utopia. 3) La Cina → utopia realizzata nella storia, resa però irraggiungibile dalla distanza che separa il mondo orientale da quello occidentale.

In questi diversi mondi si esprime la visione utopica del viaggiatore del Seicento, nata dall’innesto delle nuove prospettive geografiche, sociali e scientifiche sul sempre fertile terreno del mito. 2) La Luna: il nuovo mondo - Appena atterrato sul nuovo mondo Gonsales osserva le dimensioni degli animali e delle piante, come pure degli abitanti, e non è difficile per lui constatare che le dimensioni di tutto ciò che lo circonda sono di gran lunga superiori a quelle della terra. La grandezza delle misure è qui sinonimo di una grandezza più profonda, della superiorità spirituale dei seleniti e del loro mondo, dove ogni cosa è positiva al massimo grado. Nell’illustrare poi usi e costumi del mondo lunare il narratore ci informa che i seleniti sono cristiani, aborrono il vizio e praticano le virtù. Quanto alle poche persone malvagie che pur esistono anche sulla luna, esse vengono mandate, ancora in giovane età, sulla terra, e precisamente nell’America del Nord, perché, come ci spiega con involontaria ironia il narratore, i popoli di quella terra discendono probabilmente dai popoli lunari. Nelle parole utilizzate sembra ancora affiorare la non sopita meraviglia nei confronti del Nuovo Mondo e dei suoi abitanti. - L’organizzazione sociale e politica del nuovo mondo viene descritta con ricchezza di dettagli: si tratta di una struttura rigidamente gerarchica che probabilmente si ispira alla complessa organizzazione della Cina del tempo. Nell’ultima parte dell’opera infatti l’autore costruirà un’analogia tra la società cinese e quella lunare. Non mancano riferimenti al sistema socio-politico ideato da Thomas More nella sua Utopia, opera del 1517, dove viene descritta la vita su un’isola governata da un principe che ha il potere di coordinare le varie istituzioni e di rappresentare il suo popolo. Il governo è affidato a dei magistrati eletti dai rappresentanti di ogni famiglia Sulla luna, il potere è accentrato su un monarca assoluto, sotto il quale vivono ventinove principi che comandano su altri ventiquattro. - L’autore, dopo aver fornito ulteriori informazioni sulla vita di corte, ha tentato di descrivere il linguaggio parlato dagli abitanti della luna La prima cosa che viene posta in evidenza da Gonsales è la difficoltà di tale linguaggio, molto difficile da apprendere. Si tratta infatti di un sistema linguistico del tutto particolare, con le note musicali al posto delle lettere: un linguaggio musicale specchio ed emblema della perfetta armonia che governa il luogo utopico appena descritto. Risulta evidente il riferimento al cosmo armonico di Keplero. A tutto ciò Godwin aggiunge l’opportunità di formulare un progetto utopico di vastissima portata: la possibilità di dar vita ad una lingua universale, una sorta di esperanto (L'esperanto è una lingua artificiale, sviluppata tra il 1872 e il 1887 dall'oftalmologo polacco di origini ebraiche Ludwik Lejzer Zamenhof ) musicale in grado di abbattere barriere tra i popoli. 3) La Cina Le poche pagine dedicate alla Cina non consentono molto spazio per la descrizione del paese e della popolazione; il narratore si propone di porre rimedio a tali lacune in una seconda parte, che però non fu mai scritta. - Gonsales ha tuttavia il tempo di commentare brevemente la complessità del linguaggio cinese, ancora più impenetrabile di quello lunare, dal momento che ogni provincia dell’immenso paese ha un suo linguaggio o dialetto. Il linguaggio è chiaramente, nell’ottica di Godwin, una delle più immediate esemplificazioni della società che caratterizza. - Il viaggiatore rimane colpito dall’eleganza formale che caratterizza la società cinese. Non a caso l’immagine centrale di quest’ultima sezione è proprio quella del giardino del palazzo del mandarino, che il narratore è costretto a descrivere nuovamente con termini iperbolici. Il giardino cinese è una sorta di Eden della Civiltà che si affianca ma non si oppone all’Eden naturale di Sant’Elena. Ecco perché la Cina è considerata dall’autore un secondo esempio di utopia.

Opposizione all’utopia: la terra, il mondo reale A questi tre luoghi, tutti percorsi da una più o meno esplicita istanza utopica, se ne oppone un quarto: il mondo reale. Ai tre luoghi sopra citati (L’Isola di Sant’Elena, la Luna e la Cina) si contrappone fortemente la civiltà occidentale, dove dominano brutalità e malvagità. Il linguaggio prevalente diventa allora quello della violenza, costruito su immagini di sopraffazione e morte “quei maledetti briganti mi assalirono” “fortuna volle che lo uccidessi”. Ancora una volta il linguaggio è lo specchio dove è possibile incontrare il riflesso più fedele dell’essenza di un popolo o di un determinato luogo. IL LINGUAGGIO: LUOGO DI AMBIVALENZE L’aspetto utopico-fantastico è qui controllato dagli dettagli realistico-scientifici. Tale natura ambivalente è riscontrabile anche a partire dal linguaggio, che si svilupperà attorno a due poli semantici opposti e sovrapposti, intrecciati e complementari: 1) Linguaggio della scienza, costruito su ipotesi e tesi - “Mi assicurai che nella peggiore delle ipotesi” - “Scoprii con l’esperienza” - “Dopo essermi arrovellato a lungo su questo problema” - “Feci un altro tentativo” - “Scoprii allora, con questa esperienza” - “Ritengo che la spiegazione di tale fenomeno sia questa” → Anche le analogie e le similitudini, tipiche del linguaggio poetico e romanzesco, sono sempre legate al mondo dell’esperienza scientifica e degli oggetti concreti che ne fanno parte (“alla stessa maniera in cui la magnetite attira il ferro”, “come tanti chiodi nella ruota di un carro”) 2) Sfera del fantastico e irrazionale: - ricorrenza delle parole “destino”, “fortuna” - “straordinari misteri” - “a quei prodigi” → Linguaggio dell’iperbole e dell’eccesso, usato da Gonsales per descrivere i mondi utopici con cui viene in contatto. (“bellezza assoluta”, “incredibilmente bello”, “un potere estremamente grande”) L’OPERA TRA REALISMO E FINZIONE - La costante preoccupazione di sostenere la credibilità del racconto è ribadita dalla frequenza di numeri e date, nonché di cifre riferite a somme di denaro, che preannuncia in qualche modo quella che sarà la mentalità dell’”homo oeconomicus” settecentesc...


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