Luperini - La scrittura e l\'interpretazione (da Pulci ad Ariosto) PDF

Title Luperini - La scrittura e l\'interpretazione (da Pulci ad Ariosto)
Course Letteratura italiana n
Institution Università degli Studi di Torino
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Riassunto parziale Luperini "La scrittura e l'interpretazione": Pulci, Boiardo, Da Vinci, Machiavelli, Guicciardini, Vasari, Ariosto (vita e opere)....


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MANUALE ITALIANO – IL 500 Il passaggio dai cantari al poema cavalleresco Il cantare nasce nel 300 e riprende i temi della narrativa bretone (romanzesca e amorosa, che parla di re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda) e di quella carolingia (di Carlo Magno e dei suoi paladini), a volte prevale una delle due, altre volte le due narrative si mescolano. Si sono diffusi così tanto nel ‘400 probabilmente perché i loro temi erano incentrati sulla guerra, in particolare il tema della guerra santa contro i maomettani era resa attuale dal recente scontro con i Turchi e la conquista di Costantinopoli nel 1453. Il cantare era in ottave ed era inizialmente breve, perché destinato ad un pubblico orale che non poteva essere trattenuto in una piazza per più di qualche ora. Prevedeva un canterino e delle formule ripetitive per aiutarne la memoria; le trame erano casuali ed improvvisate. Certe volte nonostante ciò, un cantare poteva essere diviso in cicli, e quindi il suo racconto si protraeva per diversi giorni: questo anticipa già la struttura del poema cavalleresco. Il poema cavalleresco nacque nella seconda metà del ‘400, quando uno scrittore colto decide di riprendere la materia dei cantari ma di rielaborarla per fini artistici, rivolta ad un pubblico borghese e nobiliare delle corti. Sono eliminate le formule ripetitive, la trama, grazie alla forma scritta del poema, può essere più articolata e complessa. Da una produzione popolaresca medievale si passa a una cortigiana di tipo umanistico-rinascimentale.

La vita e le opere di Pulci Luigi Pulci nacque a Firenze nel 1432 da una famiglia nobile ma decaduta, piena di debiti economici. Nel 1459 entra a servizio di Francesco Castellani che lo introduce nella casa De’ Medici. È amico di Lorenzo e degli atri figli di Lucrezia Tornabuoni. (Testimonianza dell’amicizia tra Lorenzo e Pulci sono gli scambi della Nencia da Barberino e la Beca di Dicomano, nei quali entrambi si soffermano sugli aspetti comici e parodici della narrazione). Nel 1461 Pulci inizia a scrivere il Morgante; i primi 23 canti (che formeranno una prima edizione del poema) furono terminati circa nel 1471, ma il poema venne per la prima volta pubblicato solo nel 78. Pulci scrisse anche “Giostra di Lorenzo de’ Medici” nel 69 dopo la vittoria dello stesso Lorenzo ad una giostra (Pulci inaugura così un genere ripreso e perfezionato da Poliziano); sempre negli anni ‘70 pulci rompe con la famiglia dei Medici e con l’ambiente culturale della corte (Pulci aveva una cultura disordinata da autodidatta, con le radici nella poesia comico-giocosa di Burchiello, la sua incompatibilità con la cultura alta era piuttosto evidente, nonostante i suoi tentativi di mantenere una posizione privilegiata in casa Medici; notiamo questo sforzo anche quando egli aggiunse 5 canti al suo poema Morgante, facendolo arrivare a 28 canti; in questi ultimi Pulci adottò un tono serio ed eroico, non riuscendoci nemmeno molto bene: egli restò sempre legato alla tradizione borghese e popolare fiorentina). Morì nel 1484 e venne seppellito in terra sconsacrata perché “eretico”. Il Morgante Il poema è formato da 28 cantari (o canti), di oltre 30.000 versi. Esso è comunque il risultato dell’accostamento di due diversi poemi, il primo di 23 e l’aggiunta dai 5 canti finali. - ispirazione comico-grottesca del primo poema, seria ed eroica per il secondo, che si conclude con la classica morte di Orlando a Roncisvalle, secondo la tradizione del ciclo carolingio. I due poemi vennero uniti nell’edizione del 1483, stessa edizione che ci informa che il titopo è stato scelto perché Morgante è stato il personaggio che ha riscosso un gran successo popolare; il titolo può comunque solo riferirsi al primo poema e nemmeno a tutto, visto che Morgante muore nel canto 20. - l’azione del poema nasce e si esaurisce ad ogni episodio: questo ci fa notare che l’opera è stata probabilmente composta per aggiunte, di volta in volta perché ogni episodio veniva letto in casa Medici. Ogni volta che un episodio finisce, l’azione è solitamente riattivata da un tradimento di Gano, un personaggio che tende sempre degli inganni (a Carlo, a Orlando, a Rinaldo…); un’altra molla dell’azione, altre volte, è la ricerca di alcuni personaggi da parte di altri, che si spostano quindi con un movimento di andata e ritorno da Parigi all’Oriente o viceversa. - la trama non è rigorosa, procede per improvvisi colpi di scena, si ricorre spesso a miracoli o eventi magici. Trama Orlando lascia Parigi verso la terra dei pagani (la Pagania!) perchè calunniato da Gano. Durante il viaggio libera un’abbazia minacciata da tre giganti: ne uccide due, mentre il terzo, Morgante, si converte al cristianesimo e diventa il suo scudiero. I due si dirigono in Oriente dove sconfiggono diversi principi infedeli. Intanto Rinaldo, cugino di Orlando, lo raggiunge portando una notizia: Parigi è assediata dai pagani. I paladini, tornati a Parigi, liberano la città (siamo nel cantare X).

A questo punto si apre un altro nucleo narrativo. Carlo bandisce Rinaldo che diventa un ladrone di strada; ma poi torna a Parigi e s’insedia sul trono imperiale al posto di Carlo che è ormai succube di Gano. Quando Rinaldo sa però che Orlando è tenuto prigioniero in Persia, lascia Parigi per andare a liberarlo. Orlando e Rinaldo compiono diverse imprese d’amore (orlando si innamora di Chiarella, figlia dell’amostante che lo tiene in prigione; Rinaldo si innamora di Antea, figlia del Soldano suo nemico) e di guerra (riescono alla fine a sconfiggere il Soldano e conquistano la città di Babilonia, grazie all’aiuto di Morgante). Il gigante si presenta ora in compagnia di un altro strano essere, Margutte, un mezzo gigante, compagno di scorribande e co-protagonista di diverse imprese eroicomiche. L’emblema di tali vicende è la scena grottesca della morte di Margutte, causata dal troppo riso dovuto ad una scimmia che cerca di infilarsi i suoi stivali. Al contrario Morgante muore a causa del morso di un piccolo granchio (altro elemento grottesco) mentre tenta di portare in salvo la nave dei paladini. Negli ultimi cinque cantari Orlando difende la Francia da un’invasione di infedeli, causata ancora dal tradimento di Gano (Gano si era messo d’accordo con Marsilio per far cadere Orlando in un’altra trappola), e muore a Roncisvalle. Non servì a nulla l’arrivo in suo aiuto di Rinaldo e dell’amico Ricciardetto su dei cavalli incantati nei quali sono entrati due diavoli, Astarotte e Farfarello, per farli arrivare super velocemente in Francia, dall’Egitto. Il finale vede Orlando morire per mano dei Saraceni, Gano condannato a morte insieme a Marsilio, Morgante in cielo ad aspettare l’arrivo di Orlando e Margutte all’inferno, perché pagano, promosso a braccio destro di Belzebù, il capo dei diavoli. Analisi dei testi - amore per la parola, per l’accumulazione, la dismisura, l’eccesso, il mondo alla rovescia, l’anticonformismo (vedi credo gastronomico di Margutte), gusto per la trasgressione e l’irriverenza; invenzione di nuove parole, ripresa di termini popolari meridionali, la dissonanza di parole che rende la situazione - imprese dei due giganti come sogno ad occhi aperti di masse popolari affamate che immaginano il ribaltamento della loro misera condizione → rappresentazione di un mondo popolare piccolo-borghese e canagliesco - tema del Mondo Nuovo, ancora prima di Colombo (è molto importante su questo argomento un paragrafo di pagina 137 che spiega come da dopo Colombo i rapporti tra europei e indigeni siano cambiati del tutto con un rapporto di completa sottomissione di questi ultimi, secondo giustificazioni anche e in gran parte religiose) - “tolleranza”, anche se ancora una parola grossa, nei confronti di chi non segue la fede cristiana perché non ha potuto conoscerla (i popoli degli Antipodi come i personaggi del Limbo, non sono esclusi dalla salvezza eterna) - mescolanza di alto e basso, comico e tragico, di temi epici e situazioni quotidiane o addirittura triviali - prevale la lingua fiorentina della tradizione di Boccaccio e Dante ma non mancano inserzioni del parlato

La vita e le opere di Boiardo Matteo Maria Boiardo nasce nel 1441 a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, dal conte Giovanni Boiardo e Lucia Strozzi. Boiardo ebbe un’educazione di alto livello. La sua famiglia faceva parte di un ambiente ben elevato, Boiardo era il cugino di Pico della Mirandola. Nel 1460 diventò conte come il padre e assunse il governo del feudo di Scandiano. In questo periodo della sua formazione di tipo umanistico è testimonianza la produzione latina (le poesie encomiastiche Carmina de laudibus estensium, e le 10 egloghe Pastoralia). Essa è di ispirazione virgiliana; tuttavia non risulta molto importante, perché di stampo scolastico ed erudito, come lo sono anche le volgarizzazioni di Erodoto, Senofonte, Apuleio.. Nel 1469 conosce a Reggio Emilia Antonia Caprara, e scrive per lei un canzoniere in volgare, Amorum Libri Tres (Tre libri d’amore), concluso nel 1476, stesso anno in cui Boiardo si sposta a Ferrara, presso la corte del duca Ercole. È qui che inizia a scrivere l’Orlando Innamorato. Nel’82 erano già completati i primi due canti di 29 e 31 canti. In questi anni comunque si muove molto; torna inizialmente a Scandiano, poi a Modena come governatore e infine a Reggio Emilia, sempre come governatore, dove però muore nel 1494. Altri componimenti sono le Egloghe volgari e una commedia, Timone. Intanto, l’Orlando Innamorato non venne mai concluso; iniziò sì il terzo libro, ma Boiardo appare distratto dai suoi incarichi politici e amministrativi; ne sono testimonianza le molte lettere che scrisse in quel periodo, destinate a politici, funzionari di corte, ecc. Ferrara e la produzione lirica di Boiardo

L’ambiente culturale di Ferrara contribuì molto ad influenzare lo stile di Boiardo. Ferrara infatti risentiva di diverse influenze; prima di tutto, quella di Guarino Guarini, che aveva insegnato per 30 anni a Ferrara e vi aveva diffuso il gusto per il classicismo e il piacere della lettura degli autori greci e latini. un’altra influenza era stata quella del neoplatonismo diffuso nella vicina Firenze, e ancora l’epicureismo cristiano di Valla. Tutto questo ebbe molta influenza sugli Amorum Libri di Boiardo. Il titolo del canzoniere classicistico, ma poi la sua organizzazione è petrarchesca (tardogotica). È diviso in tre libri, il primo dei quali canta l’entusiasmo del sentimento amoroso per Antonia Caprara, i secondo ha per oggetto il suo tradimento e quindi il dolore del poeta e la disillusione, il terzo di andamento malinconico e nostalgico, predominano i ricordi e alla fine compare il motivo del pentimento religioso. Ogni libro ha 50 sonetti e 10 componimenti di altro tipo, per 180 testi complessivi. Il tema centrale del canzoniere è ovviamente l’amore e della sua energia, e questo è un primo legame con il futuro Orlando Innamorato; energia che lo allontana invece da Petrarca che nel suo Canzoniere assumeva toni più malinconici. La lingua è il risultato di una mediazione tra forme toscane, latinismi, lingua cortigiana, forme di dialetto padano. Orlando Innamorato L’Orlando fu intrapreso quando Boiardo si installò a Ferrara, nel 1476 nel palazzo di Ercole d’Este. l’opera venne pubblicata inizialmente a Reggio Emilia in due libri da 29 e 31 canti. Il terzo libro non fu concluso, resta interrotto a causa dell’arrivo in Italia di Carlo VIII re francese che segnò l’inizio della crisi italiana. Boiardo documenta l’avvenimento con un’ultima ottava, quella che scrisse tre mesi prima di morire e che “conclude” l’Orlando Innamorato. Boiardo nel poema si rifà alla materia dei cantari, fondendo la materia bretone e quella carolingia. Dichiara inizialmente di rifarsi ad un libro scritto da Turpino, un vescovo biografo di di Carlo, ma lo dice in modo scherzoso, solo per aggiungere del fiabesco alla vicenda. Tra le vere fonti, troviamo Virgilio con l’Eneide e Ovidio, più l’influenza della letteratura epica dei romanzi francesi e dei cantari. La poetica di Boiardo per questo poema può essere classificata in alcuni punti attorno alla quale ruota: 1 – la materia cavalleresca bretone e carolingia 2 – il tema dominante dell’amore 3 – la nostalgia per il mondo cavalleresco medievale e di alcuni dei suoi valori ancora attuali nel mondo delle corti rinascimentali 4 – la volontà di dilettare il pubblico cortigiano (intento edonistico) 5 – motivo encomiastico, che parte in realtà solo dal libro 2 ma che comunque ha una grande importanza perché segna il passaggio del poema cavalleresco di impronta umanistico-rinascimentale La trama, meno casuale del Pulci, è dominata dal caso per volontà dell’autore; si nota nonostante questa scelta, la regia di Boiardo. All’inizio del primo libro dell’Orlando innamorato ci troviamo alla corte di Carlo Magno durante i festeggiamenti di un torneo tra cavalieri. Qui giunge la bellissima principessa del Catai Angelica, accompagnata dal fratello Argalìa. La bellezza della giovane strega immediatamente i partecipanti alla giostra (primo tra tutti il nostro protagonista Orlando), che acconsentono senza indugio alla proposta della ragazza: chi riuscirà a prevalere sul fratello Argalìa in duello la otterrà in sposa, chi perderà sarà fatto prigioniero. Argalìa è però dotato di armi magiche che gli assicurano sempre la vittoria fino a che il buffo e imbranato Astolfo, riesce a rubargliele durante la notte, e quindi Argalìa perisce nello scontro con il saraceno Ferraguto. Angelica però, non disposta ad onorare gli accordi presi, scappa per non finire tra le braccia del saraceno. Alcuni cavalieri, mossi dall’amore e dal desiderio per la giovane, decidono di seguirla. Tra questi troviamo anche Orlando e suo cugino Rinaldo, entrambi persi d’amore per la principessa orientale. Ed ecco che Gradasso, approfittando del fatto che il re Carlo sia momentaneamente sprovvisto di cavalieri (dato che l’unico rimasto a difenderlo è sempre il povero Astolfo), lo attacca. Durante la fuga della principessa e l'inseguimento di Orlando e Rinaldo, capita che Rinaldo si abbeveri ad una fonte magica in un bosco che muta radicalmente i suoi sentimenti: Rinaldo quindi inizia ad odiare Angelica, mentre quest'ultima, dissetatasi a quella speculare dell'amore, si innamora follemente di Rinaldo. Strada facendo la principessa raggiunge il Catai, dove Angelica trova rifugio nel castello di Albraca, per salvarsi dall’amore del re di Tartaria Agricane, ucciso successivamente da Orlando in duello. Il nostro protagonista, accecato dall’amore per la giovane, si scontra anche col cugino Rinaldo, deciso a distoglierlo dal suo desiderio per Angelica. Ma Orlando non desiste, sfida Rinaldo e così la principessa, infatuata di lui, allontana Orlando mandandolo a combattere contro la maga Fallerina. Così si conclude il primo libro. La seconda parte del poema vede il regno di Francia minacciato dal re pagano Agramante. Questo non vuole però affrontare i cristiani senza l’aiuto del valoroso guerriero Ruggiero, che viene liberato dalle mani del mago Atlante grazie all’intervento del ladro Brunello che si appropria dell’anello magico di

Angelica. Nel frattempo Rinaldo e la bella principessa si scambiano ancora una volta i ruoli, l’uno ritornando ad amarla e l’altra iniziando ad odiarlo. Ricomincia quindi la contesa amorosa tra Orlando e Rinaldo, che si ritrovano nuovamente a desiderare la stessa donna. Interviene quindi il re Carlo, che promette di consegnare la ragazza a chi dei due combatterà con maggior vigore l’esercito pagano che si appresta ad attaccare. Passiamo così al terzo libro, rimasto incompiuto, che vede lo scontro tra i due eserciti e l’amore tra Ruggiero e Bradamante, da cui discenderanno gli estensi. Nella trama inoltre sono inserite novelle e storie fatte raccontare da alcuni personaggi, storie fantastiche, magiche, orride, comiche, tutto questo per movimentare una trama che altrimenti sarebbe risultata forse noiosa tra duelli e battaglie. Boiardo crea alcuni personaggi da zero, come Ruggiero o Angelica, ed altri li rinnova profondamente: il fatto che Orlando sia innamorato è già una grandissima novità! Quanto ad Angelica, essa è espressione di un amore tutto carnale e passionale che, nonostante il suo nome, non ha nulla a che vedere con l’amore stilnovista e le figure angelicate. La sua fuga costante è simbolo del costante desiderio amoroso che non si può esaurire. I motivi principali dell’opera 1 – motivo eroico-naturalistico che valorizza l’aspetto fisico e corporale della bellezza, enfatizza la forza dell’amore 2 – motivo cavalleresco volto all’esaltazione della nobiltà dei cavalieri antichi e dei loro valori 3 – motivo comico e ironico nei confronti dello stesso mondo cavalleresco 4 – motivo del rapporto col pubblico, presente sin dall’esordio 5 – motivo edonistico (l’autore vuole infatti soprattutto dilettare il pubblico) 6 – motivo encomiastico (il tema encomiastico si sarebbe dovuto svolgere nel terzo libro, a partire dall’episodio dell’amore tra Bradamante e Ruggiero. Il pubblico dell’Innamorato è la corte di Ferrara, non il popolo radunato in una piazza! Negli esord l’autore tiene conto soprattutto di questo pubblico ristretto della corte, quando invece non può ignorare che il suo poema è volto ad un pubblico ben più vasto, cioè a tutte le altre corti italiane come celebrazione della casata estense. L’aspetto encomiastico è sì perseguito da Boiardo, ma con qualche difficoltà (notare che il libro che avrebbe dovuto parlare della discendenza degli Este fu quello rimasto inconcluso). Infatti l’autore nonostante ciò continua a volgersi al suo pubblico ferrarese e insiste sul motivo edonistico più che su quello encomiastico.il suo pubblico era dunque ben circoscritto, secondo lo studioso P. Larivalle, ai gentiluomini e alle dame di Ferrara; infatti ne è una prova il fatto che il poeta si atteneva alla linguistica locale senza tenere conto che avrebbe dovuto essere letto anche da altre corti Notiamo ancora un’oscillazione tra ironia e ammirazione nei confronti della materia cavalleresca. Vedi i due scritti su Boiardo di pagina 164-165

L’Umanesimo volgare nelle altre cortigiana

Le donne hanno avuto un ruolo importante nella politica culturale delle corti. Si occupavano principalmente di mecenatismo; inoltre è proprio in questo momento che nasce e si sviluppa il fenomeno delle donne poetesse che caratterizzerà la lirica cinquecentesca. Un momento prospero fu quello della corte Milanese sotto il governo di Ludovico Sforza. Qui, la lirica si toscanizza grazie alla presenza di diverse persone influenti, come il poeta Bellincioni o Bramante (non solo pittore e architetto ma anche poeta) e ancor a Leonardo da Vinci. Intanto a Urbino prosperava con Guidobaldo di Montefeltro e Elisabetta Gonzaga; Mantova invece raggiunse il suo splendore dopo che Francesco II Gonzaga si sposò con Isabella d’Este. Leonardo da Vinci Leonardo nacque nel 1452 e visse per i suoi primi 30 anni in Toscana, lavorando a Firenze nella bottega del Verrocchio. Poi si spostò a Milano, a Mantova, Venezia, Roma, infine addirittura in Francia dove dipinse la Gioconda e dove infine morì. Ha lasciato migliaia di appunti ma sono molto difficili da decifrare perché, essendo mancino, L. scriveva da destra verso sinistra. Un importante trattato che ci lasciò fu il “trattato di pittura”; veniva dedfinito dispregiativamente “uomo sanza lettere” perché poco acculturato dal punto di vista letterario. Le caratteristiche del suo stile e della sua personalità sono: - capacità descrittiva estremamente analitica - precisione scientifica nella rappresentazione (la si nota nei disegni anatomici) - atteggiamento scientifico di tipo sperimentale (quindi predilige un contatto diretto con la natura) - vede con diffidenza gli umanisti perché preferiscono la retorica e i discorsi astratti piuttosto che la conoscenza diretta della natura da cui invece secondo lui deriva ogni conoscenza. Vedi i testi

Il tempo e i luoghi: dal rinascimento maturo al manierismo (su carta) Problemi e trasformazioni economiche, politiche, geografiche, sociali (inizia su carta) - i salari dei lavoratori non tengono conto dell’inflazione → nessun vantaggio → povertà - conseguenza: pauperismo (rivolte contadine) - difficoltà economiche in Italia: 1. pericolo della pressione dei Turchi, 2. concorrenza portoghese, 3. Lontananza dell’Italia dall’Atlat...


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