Macroeconomia - Appunti integrati con il libro. Docente Giuseppe Ferraguto PDF

Title Macroeconomia - Appunti integrati con il libro. Docente Giuseppe Ferraguto
Author Elisa Viscardi
Course Macroeconomia / Macroeconomics
Institution Università Commerciale Luigi Bocconi
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Appunti integrati con il libro. Docente Giuseppe Ferraguto...


Description

Primo parziale

MACROECONOMIA La macroeconomia studia l’economia a livello globale e non più a livello individuale come in microeconomia (es. non studia i singoli prezzi dei prodotti, ma la variazione globale dei prezzi). Le variabili della macroeconomia: Per quanto riguarda la macroeconomia europea le decisioni della BCE sono fondamentali, ad esempio, se la BCE aumenta i tassi di interesse, la variazione dei tassi di interesse variano la domanda e quindi anche l’offerta di beni Ripercussioni sulla domanda, sui prezzi e sui salari: tassi bassi domanda elevatale imprese producono di più assumono di più, meno disoccupazione i salari aumentano i prezzi di vendita delle imprese aumentano) Ripercussioni mercati finanziari: tassi bassi sono associati a quotazioni dei titoli elevate ed una politica espansiva. Ripercussioni import/export: tassi bassi più esportazioni, condiziona gli investimenti dei singoli In macroeconomia c’è una grande interdipendenza tra tutte le variabili. PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL/ GDP) Ci sono tre modi equivalenti di misurare il PIL 1- Produzione aggregata (o valore aggiunto) valore dei beni e servizi finali prodotti in un sistema economico in un determinato periodo di tempo 2- Reddito aggregato somma dei redditi percepiti da coloro che hanno contribuito a creare beni e servizi il cui valore è misurato dal PIL 3- Spesa aggregata quanto è stato speso nel sistema economico per acquistare beni e servizi la cui produzione aggregata è misurata dal PIL 1-PRODUZIONE AGGREGATA Def 1: Valore dei beni e servizi finali prodotti in un sistema economico in un determinato arco temporale (tipicamente l’anno) Beni (e servizi) possono essere classificati in due categorie: 1) Beni finali capaci di soddisfare immediatamente un bisogno, pronti all’uso, non necessitano di ulteriori trasformazioni per soddisfare un bisogno (prodotti finiti) 2) Beni intermedi Beni destinati a partecipare ad un ulteriore processo produttivo, nel corso del quale vengono distrutti (energia elettrica) o trasformati/incorporati in altri beni (pneumatici). N.B. Si conteggia il solo valore della produzione di beni finali per evitare errori di duplicazione. Il fatto di essere finale o intermedio non riflette una categoria intrinseca di un bene, ma come viene utilizzata. Es. pneumatici venduti alla Fiat sono intermedi, mentre quelli venduti all’individuo sono beni finali. Il valore complessivo dei beni prodotti è la somma del prodotto di prezzo e quantità di ogni bene presente nel sistema economico che si sta valutando. Esempio: Con riferimento a un’economia semplice in cui esistono solo due imprese. Il PIL di questa economia, considerando solo il valore del bene finale (pane non farina) è 2000 da Pp= 2,00€ e Qp=1000 Il PI che coincide con il valore dei ricavi del fornaio in quanto è valutato sulla base dei prezzi effettivamente pagati fai consumatori di pane, incluso eventuali imposte (IVA), se si contasse anche la farina nel PIL, si commetterebbe un errore di duplicazione, in quanto essa è venduta al fornaio per fare il pane, se la farina fosse venduta ai consumatori finali, sarebbe necessario aggiungerla al calcolo del PIL  il PIL così definito e misurato è anche detto ai prezzi di mercato o nominale. Nella realtà, il PIL è calcolato sommando il valore della produzione (valutato usando i prezzi di mercato) di migliaia di beni finali. Ad esempio, se pA2010 è il prezzo unitario del bene A nel 2010, pB2010 quello del bene B, ecc., e se qA2010, qB2010, ecc. sono le rispettive quantità prodotte, allora: 1

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PIL COME VALORE AGGIUNTO AGGREGATO (VA): Def 2: Il PIL è la somma del valore aggiunto nell’economia in un dato periodo di tempo. Il Valore Aggiunto di un’impresa è la differenza tra i suoi ricavi e il valore dei beni intermedi acquistati da altre imprese È un modo alternativo per evitare errori di duplicazione a causa di beni intermedi e che, come il metodo della produzione aggregata guarda al lato dell’offerta dell’economia. Quindi, mettendo insieme le due definizioni di produzione aggregata e di valore aggiunto il PIL può anche essere inteso come: la somma del valore aggiunto da tutte le imprese lungo la catena produttiva di quei beni finali. Tornando all’esempio precedente, il VA del mugnaio è 1000, mentre quello del fornaio è 2000 – 100= ricavi- costo farina= 1000 PIL = VAmugnaio + VAfornaio = 2000 Il contributo di queste due imprese a questa parte di mercato 50% 50%

Oltre ad evitare automaticamente il problema degli errori di duplicazione, il ricorso al concetto di VA è utile per stabilire il contributo dei vari settori di attività produttiva al PIL. 2- REDDITO AGGREGATO Finora abbiamo considerato il PIL dal lato della produzione, consideriamolo ora dal lato del reddito  parte dei ricavi è utilizzata per pagare i lavoratori (reddito da lavoro) e il resto rimane all’impresa (reddito da capitale o ricavo) Def 3: Reddito complessivamente percepito dai fattori produttivi che hanno concorso a produrre i beni e servizi il cui valore è misurato dal PIL Tornando all’esempio precedente, la corrispondenza tra PIL e reddito è immediata REDDITO NAZIONALE LORDO (PNL) Nella realtà, dato che viviamo in un’economia aperta, per passare dal PIL ai redditi effettivamente percepiti dai fattori produttivi di una nazione (il reddito nazionale netto) è necessario fare alcuni aggiustamenti: 

Aggiungere i redditi netti all’esterno (Rne) è necessario aggiungere i redditi degli italiani che lavorano all’esterno (questi redditi fanno parte del PIL dello stato estero) e sottrarre al PIL i redditi degli stranieri che lavorano in Italia



Sottrarre dal PNL gli ammortamenti, ovvero le spese che le imprese devono sostenere, nel corso del periodo di riferimento, a causa dell’usura fisica e dell’obsolescenza dei beni capitali  gli ammortamenti non rappresentano beni che possono essere distribuiti ai fattori di produzione.

 Sottrare le imposte indirette, come l’IVA.  così facendo otteniamo il reddito nazionale netto.

Infine, sottraendo dal Reddito Nazionale così calcolato le imposte sul reddito, otteniamo il Reddito disponibile, ossia l’ammontare che i residenti di una nazione hanno percepito in un dato periodo come conseguenza della loro partecipazione al processo produttivo e che possono decidere di destinare al consumo o al risparmio. Tuttavia, se, come faremo nella prima parte del corso, consideriamo un’economia chiusa con Rne = 0, trascuriamo gli ammortamenti e supponiamo che non esistano imposte indirette, allora: PIL: GDP gross domestic product PNL: GNP gross national product 3

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3-SPESA AGGREGATA: Def 4: quanto è stato speso per acquistare prodotti o servizi. Componenti della spesa, o domanda, aggregata per i beni prodotti in un sistema economico: 1- Consumi (C) acquisto di beni di consumo da parte delle famiglie 2- Acquisti pubblici di beni e servizi (G) sono solo un sottoinsieme della spesa pubblica es. pensioni e servizi non fanno parte di questo gruppo 3- Investimenti lordi (I) = Investimenti fissi lordi (delle imprese + immobiliare) + variazione scorte (variazione delle giacenze dei prodotti semifiniti, in corso di lavorazione che si verifica tra inizio e fine anno presso il settore imprese per convenzione si aggiungono agli investimenti fissi, dunque è come se le imprese acquistassero le proprie giacenze) 4- Esportazioni nette (NX) = Esportazioni – Importazioni = X – IM  Se l’economia fosse chiusa il PIL sarebbe uguale a C + I + G, tuttavia viviamo in un’economia aperta quindi sottraendo le importazioni sottraiamo al PIL le spese che ricadono su paesi esteri, e aggiungendo le esportazioni aggiungiamo le spese dei prodotti che vengono prodotti in Italia, ma consumati all’estero (X) Per avere un’idea della grandezza relativa delle principali variabili che figurano in quella identità, in Italia, in anni recenti

dove NX  X – IM

BREVE, MEDIO E LUNGO PERIODO Da cosa dipende il livello della produzione aggregata di un’economia? 1) Nel breve periodo (1 anno) le variazioni della produzione sono dovute soprattutto a variazioni della domanda. Le variazioni della domanda sono determinate da variazioni nella fiducia dei consumatori e da altri fattori, che possono portare ad una riduzione della produzione (recessione) o ad un suo aumento (espansione). 2) Nel medio periodo (decennio) il livello di produzione dipende da fattori relativi all’offerta: lo stock di capitale, il livello della tecnologia la dimensione delle forze di lavoro etc. questi fattori nell’arco di un decennio non cambiano significativamente quindi possono essere presi come dati. 3) Nel lungo periodo (più di un decennio) le variazioni di produzione sono dovute alla qualità del sistema scolastico di uno Stato, dal tasso di risparmio e dalla qualità del governo

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PIL REALE e PIL NOMINALE Quando viene calcolato il PIL a partire dalla produzione aggregata, non vengono presi in considerazione alcuni elementi, come l’aumento dei prezzi e dei servizi, è quindi necessario distinguere tra PIL reale e nominale. Def: il PIL nominale è la somma delle quantità dei beni e dei servizi finali valutati al loro prezzo corrente (prezzo che hanno i prodotti finali al momento del calcolo del PIL) Il PIL nominale nel tempo può variare a causa di:  Variazioni delle quantità prodotte  Variazioni dei prezzi unitari dei vari servizi  per isolare la parte della variazione del PIL dovuta a variazioni delle sole quantità prodotte si calcola il PIL reale Def: il PIL reale è la somma delle quantità dei beni e dei servizi finali valutati a prezzi costanti. Nel calcolo del PIL reale vengono utilizzati sempre gli stessi prezzi ovvero i prezzi prevalenti presenti in un anno di riferimento (es. 2010). I prezzi rimangono unitari, perciò se si verifica una variazione, è necessariamente causa della variazione delle quantità prodotte.  Il PIL reale è una misura riassuntiva dello stato di benessere di una nazione N.B. il PIL nominale e il PIL reale sono uguali nell’anno base, dopodiché iniziano a divergere nel tempo, sia il PIL reale che il PIL nominale crescono, ma il PIL nominale cresce più del PIL reale a causa dell’inflazione. Il tasso di variazione del PIL reale tra due anni consecutivi è il tasso di crescita dell’economia, tasso di crescita = [PIL reale (anno t) – PIL reale (anno t-1) ]/ PIL reale (anno t-1) In Italia il tasso di crescita dell’economia è molto basso ( il PIL reale si è ridotto in tutto il mondo durante la grande recessione, Germania USA e UK ora hanno un PIL superiore a quello pre-crisi, mentre l’Italia ha ancora un PIL inferiore a quello pre-crisi) Durante una recessione (PIL reale si contrae) diminuisce la produzione, c’è bisogno di m ro, aumenta la disoccupazione, ’espansione aumenta l’inflazione, i prezzi aumentano più rapidamente e quindi anche l’espansione è considerata un male dunque la condizione ottimale sarebbe eliminare le fluttuazioni del PIL reale. Recessione (disoccupazione)

Espansione (inflazione)

N.B. Si dice un’economia entra in recessione quando il PIL reale si riduce rispetto al trimestre precedente per due trimestri consecutivi. Problemi con il PIL Per l’economia è meglio se il PIL aumenta, ma assegna lo stesso peso a beni e mali, non dice nulla sulla distribuzione della ricchezza e del reddito e sull’uguaglianza/disuguaglianza della produzione  Il PIL non è dunque una misura pienamente soddisfacente del benessere economico. Altre misure proposte guardano a più variabili, in aggiunta al PIL (pro-capite). Es. lo Human Development Index (HDI) delle Nazioni Unite guarda anche a grandezze quali aspettativa di vita e istruzione. In genere, c’è una forte correlazione tra queste misure alternative e il PIL, che resta perciò la misura più facilmente calcolabile, e confrontabile tra paesi, del benessere economico di un paese.

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IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE L’occupazione è data dal numero di persone che hanno un lavoro N La disoccupazione è data dal numero di persone che non hanno un lavoro, ma lo stanno cercando U Le forze di lavoro sono la somma di persone occupate e quelle disoccupate L = N + U Il tasso di disoccupazione u è definito come il rapporto tra il numero di disoccupati e le forze di lavoro u = U/L

È difficile calcolare la quantità di persone disoccupate in un paese poiché, per essere considerate disoccupate non devono solo non avere un lavoro ma anche essere alla ricerca di un lavoro. Inizialmente il tasso di disoccupazione era calcolato a partire dai registri della disoccupazione, tuttavia il risultato era approssimativo in quanto solo coloro che sono incentivati ad iscriversi al registro della disoccupazione (coloro che possono ricevere un sussidio di disoccupazione). Oggi il calcolo del tasso di disoccupazione viene fatto sulla base di un’indagine statistica, chiamata Labour Force Survey (Lfs) basato su un campione di persone, ciascun individuo viene classificato come occupato se, nella settimana che precede quello dell’intervista ha svolto almeno un ora di lavoro retribuito di una qualsiasi attività. N.B. Solo chi è in cerca di lavoro viene considerato disoccupato, coloro che invece non lavorano e non stanno cercando sono considerati fuori dalle forze di lavoro e quindi non rientrano nella categoria di disoccupati. Quando la disoccupazione cresce, alcune delle persone che stanno cercando lavoro, (lavoratori scoraggiati) rinunciano e quindi non sono più considerate disoccupate. (è comune che, quando un’economia rallenta, insieme ad un aumento della disoccupazione ci sia un aumento di persone che escono dalle forze di lavoro)  Il tasso di disoccupazione in alcuni casi è un indice poco affidabile in quanto, se tutti coloro che cercano lavoro, rinunciassero a cercarne uno, il tasso di disoccupazione sarebbe pari a zero, per questo motivo si calcola il tasso di partecipazione, ovvero il rapporto tra le forze di lavoro e la popolazione in età lavorativa. In macroeconomia si studia la disoccupazione per due motivi: 1- Ad essa sono associati disagi finanziari e psicologici è importante ricordare che la disoccupazione non riguarda solo coloro che sono alla ricerca per anni di lavoro senza trovarne uno, la disoccupazione può anche riguardare un periodo di tempo molto breve, infatti ogni giorno perdono il lavoro e vengono assunte molte persone, tuttavia se il problema della disoccupazione aumenta il periodo di disoccupazione potrebbe aumentare e creare disagi nella società. 2- Segnala che l’economia potrebbe non utilizzare in modo efficiente le proprie risorse molti 1ndividui che sarebbero disposti a lavorare non trovano un’occupazione e quindi l’economia non sta utilizzando in modo efficiente le sue risorse umane. Anche un tasso di disoccupazione troppo basso potrebbe essere un indice di un’economia difettosa a causa di sovra utilizzo delle risorse umane e di un eventuale carenza di risorse umane.

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GLI INDICI DI PREZZI E L’INFLAZIONE L’inflazione rappresenta un aumento sostenuto del livello generale dei prezzi, di conseguenza il tasso di inflazione il tasso a cui il livello dei prezzi aumenta nel tempo (negativo in caso di deflazione). Per misurare l’inflazione sono necessari degli indici. Gli indici dei prezzi sono misure riassuntive del livello e dell’andamento del tempo di panieri di beni e servizi, che differiscono tra loro per i prezzi che i panieri catturano. Consideriamo due indici dei prezzi:  Il deflatore del PIL (P)  L’indice dei prezzi al Consumo (iPC) IL DEFLATORE DEL PIL Il deflatore del PIL nell’anno t, Pt, è definito come il rapporto tra PIL nominale e PIL reale nell’anno t Pt= PIL nominale t /PIL reale N.B. Nell’anno in cui, per costruzione il PIL reale è uguale al PIL nominale , il deflatore è uguale a 1  il deflatore del PIL è un numero indice, il suo livello è scelto arbitrariamente. Al contrario, il tasso di variazione del deflatore del PIL pt =(Pt - Pt-1)/ Pt-1 ha un’interpretazione economica precisa: esso da il tasso al quale cresce il livello dei prezzi nel tempo ed è quindi una possibile misura dell’inflazione di un anno. Esempio con anno base 2005, calcolo il deflatore del PIL del 2011  Se il rapporto pA2011 / pA2005 maggiore di 1 questi beni costano di più rispetto all’anno base, se è 1 costano uguale se è meno di 1 sono diminuiti. Il deflatore del PIL mette in relazione il PIL reale, il PIL nominale e il deflatore del PIL:  PIL nominale = PIL reale Pt  Tasso di crescita del PIL nominale = tasso di inflazione + tasso di crescita del PIL reale L’INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO Il deflatore del PIL contiene informazioni in merito al prezzo medio della produzione dei beni finali prodotti nell’economia, tuttavia ciò che interessa ai consumatori sono le informazioni relative al prezzo medio dei beni che consumano. Questi due prezzi possono diverger per due motivi: 1) Alcuni beni nel PIL non sono venduti ai consumatori, ma alle imprese, al governo o all’estero 2) Alcuni beni acquistati dai consumatori non sono prodotti all’interno dell’economia, ma importati dall’estero Per misurare il prezzo medio del consumo (costo della vita), viene utilizzato l’indice dei prezzi al consumo (Ipc), in Italia se ne occupa l’Istat. In Europa l’inflazione dei prezzi al consumo è misurata con l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipac)  ogni paese oltre al proprio Ipc, calcola il proprio Ipac e successivamente gli Ipac nazionali vengono aggregati dall’Eurostat nell’Ipac europeo, il suo obbiettivo è quello di fornire misure rappresentative e comparabili dell’inflazione su beni e servizi che soddisfano i bisogni dei consumatori europei.  come il deflatore del PIL, l’Ipac è un numero indice, è fissato pari a 100 nell’anno scelto come base e quindi il suo livello non ha un significato particolare. L’Ipac e il deflatore del PIL si muovono quasi sempre insieme (variazione dello 0,75%), anche se esistono delle eccezioni, useremo per semplicità il termine di livello dei prezzi Pt per indicare entrambi. L’inflazione è un male perché spesso i prezzi e i salari non incrementano simultaneamente e della stessa quantità e questo può portare ad una variazione nella distribuzione del reddito, inoltre l’inflazione crea diverse distorsioni, come la variazione dei prezzi relativi, che genera un clima di incertezza per le imprese riguardo alle decisioni di investimenti futurialcuni prezzi sono fissati dallo stato, ma altri aumentano provocando variazioni dei prezzi relativi. Inoltre, l’inflazione la tassazione interagisce con l’inflazione L’inflazione è un male ma questo non implica che la deflazione sia un bene poiché anch’essa genera distorsioni e riduce la capacità della politica monetaria di influenzare il livello di produzione 8

IL MERCATO DEI BENI - BREVE PERIODO La composizione del PIL: Per capire che cosa determina la domanda dei beni è necessario scomporre la produzione aggregata dal punto di vista dei vari beni prodotti e dal punto di vista dei vari acquirenti di tali beni. 1) Consumo (C)  si tratta di tutti i beni acquistati dai consumatori ed è la componente più significativa del PIL (in Italia corrisponde al 55% del PIL) 2) Investimenti (I)  talvolta chiamato investimento fisso per distinguerlo dalle scorte di magazzino. L’investimento è diviso in: investimento non residenziale ( l’acquisto di impianti e macchinari da parte delle imprese) e investimento residenziale (l’acquisto di nuove case o appartamenti da parte degli individui). In entrambi i casi, la decisione di acquistare dipende dai servizi che questi beni daranno in futuro. (18% in Italia) 3) Spesa pubblica di beni e servizi (G)  beni e servizi acquistati dallo Stato e dagli enti pubblici ed include sia la spesa per consumi, che gli investimenti pubblici (che non rientrano in I). I servizi includono anche quelli forniti dagli impiegati pubblici (ovvero il valore dei loro stipendi), la contabilità nazionale assume infatti che lo Stato acquisti i servizi dai suoi impiegati per poterli fornire gratuitamente ai cittadini. G non include i trasferimenti, ovvero l’assistenza sanitaria e le pensioni (anche se sono spese dello Stato esse non rappresentano acquisti di beni o servizi) (19,4% in Italia)  La somma delle prime tre voci rappresenta la spesa in beni e servizi d...


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