Marchese de Sade - Riassunto del romanzo con informazioni sull\'autore - La Nouvelle Justine ou Les Malheurs de la vertu PDF

Title Marchese de Sade - Riassunto del romanzo con informazioni sull\'autore - La Nouvelle Justine ou Les Malheurs de la vertu
Author Ilenia Rita Cacciapuoti
Course Letteratura francese
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
Pages 14
File Size 259.2 KB
File Type PDF
Total Downloads 5
Total Views 117

Summary

Riassunto del romanzo con informazioni sull'autore...


Description

La sessualità e il Marchese di Sade Uno dei motivi per cui viene ricordato il Marchese di Sade sono le sue idee sulla sessualità. Alla fine del XVIII secolo introdusse un nuovo concetto di piacere sessuale, che all’epoca venne inteso come un incoraggiamento al crimine e alla perversione. “Dedichiamoci completamente a tutto ciò che ci suggeriscono le nostre passioni e saremo felici. La coscienza non è la voce della natura, ma dei pregiudizi”. La società dell’epoca veniva criticata con cinismo dal Marchese di Sade nelle sue opere, poiché inculcava nelle donne l’idea di essere pudiche e di vedere il sesso come un peccato; tuttavia, allo stesso tempo si permetteva agli uomini di soddisfare le proprie necessità sessuali tramite la prostituzione. Per la gente del suo tempo, il Marchese di Sade era un pazzo che scriveva sul sesso in modo macabro; quando cominciò a pubblicare i suoi scritti, venne considerato uno scrittore maledetto e le sue opere furono fatte sparire per anni. Al giorno d’oggi, il Marchese di Sade viene associato al termine “sadismo”, la tendenza sessuale che mira al raggiungimento del piacere mediante il dolore fisico proprio o di un’altra persona. Si associa a Sade tutto ciò che è perverso: tuttavia, quest’uomo era molto di più. Passò la maggior parte della sua vita in prigione, con l’accusa di abuso e torture di giovani donne. In queste accuse ebbe molto peso la società dell’epoca e l’avversione che suo suocero provava nei suoi confronti. Nonostante tutte le idee del Marchese di Sade e il fatto che sia sempre stato associato alla perversione, in realtà le sue opere spronavano alla libertà sessuale , intesa come il godere della propria sessualità senza pudori e limiti imposti dalla cultura e dall’educazione. Le opere di Sade possono essere interpretate da molti punti di vista: sociale, politico, religioso, morale, antropologico, storico, letterario… Ma, in qualsiasi caso, le parole che utilizzava erano cariche di ironia e di metafore, al fine di risvegliare la mente dei suoi lettori. La verità è che il Marchese di Sade non era uno scrittore pornografico, ma un critico politico che venne valorizzato da autori di epoche successive, come i surrealisti. La sua opera fu una vera e propria condanna dell’aristocrazia dell’epoca. Fondamentalmente, proponeva una libertà morale estrema e univa due idee fondamentali: l’uguaglianza tra individui e l’egoismo radicale basato sul fatto che nasciamo in una società e che a quella siamo condannati, senza poter avere relazioni dirette con altri individui. Il Marchese di Sade, pertanto, ebbe idee all’avanguardia per il tempo in cui visse , ma venne fatto tacere per molto tempo, anche dopo la sua morte e, ancora oggi, continua a suscitare una certa curiosità per essere stato uno dei personaggi più particolari e irriverenti della storia. "Vi scongiuro, fratelli miei, rimanete fedeli alla Terra, e non credete a coloro che vi parlano di speranze soprannaturali! Sono avvelenatori, che lo sappiano o no."

La Nuova Justine, ovvero le sciagure della virtù Ha affermato baldanzoso Nietzsche, sicuro che i posteri avrebbero attribuito a lui ed a lui soltanto il primato di tale acutissima intuizione. In realtà tale pensiero era stato ampliamente teorizzato ed esposto nel romanzo “La Nouvelle Justine” dal divin marchese De Sade, leggendaria figura di impietoso libertino, autore di “120 giornate di Sodoma” e di “Juliette ovvero le prosperità del vizio”. Chi ci si accosta sa già cosa gli riservano le righe dei romanzi più scabrosi di tutti i tempi: vizio, lussuria, perversione, violenza ma soprattutto anticonformismo e ponderose dissertazioni

filosofiche. Lo sventurato Sade è stato impietosamente messo al bando dai suoi compagni illuministi, ignorato, infamato, ghettizzato e per giunta cancellato dallo scenario letterario internazionale, come se non fosse mai esistito. Soltanto in epoca post-freudiana è stato rivalutato, ripescato dall’abisso nel quale i seguaci della ragione lo avevano fatto precipitare. Justine è l’eroina di questa triste storia. Rimasta orfana, decide di vivere lavorando onestamente, conservando intatta la propria purezza, conformemente ai dettami del cristianesimo ed ai principi morali inculcatele fin da bambina. E’ destinata alla miseria, a soffrire le pene dell’inferno a causa del suo buon cuore, al contrario di Juliette, la sorella maggiore, dalla quale si separa dopo la morte dei genitori. Lei si prostituisce senza ritegno ed in poco tempo, menando ogni uomo per il naso, ottiene il prestigio sociale, sposando un ricco nobile. Ritroveremo Juliette soltanto alla fine, nel frattempo il lettore si troverà ad avere a che fare con monaci gaudenti, spietati chirurghi killer, graziose fanciulle deflorate, irremovibili Messaline, libertini dai gusti più stravaganti e tutto ciò che possa oltraggiare la virtù di Justine. Sade vuole dar prova che l’unico motivo per cui Justine è soggetta a tante sventure è la sua ingenuità, nonché la virtù stessa. E’ questo il motivo per cui ciascuno dei suoi licenziosi personaggi argomenta appassionatamente la ragione per cui sfidano la morale comune, che coincide con il rispetto dell’unica legge che ritengono valida: quella del più forte. Il racconto in prima persona, a un interlocutore imprecisato, narra di una giovane Justine, di nobile lignaggio e improvvisamente divenuta orfana la quale, complice la sua cieca devozione al Cristianesimo, intende vivere onestamente seguendo una rigorosa morale cattolica. Tutti gli sforzi della ragazza sono vani: rapimenti, stupri e false incriminazioni sono solo una parte di una vita dolorosa per quindici anni. Justine subirà passivamente ogni sorta di violenza da personaggi sempre più perversi che la coinvolgeranno in orge, assassinii e torture. Ciascuno di essi, per licenza poetica dell'autore, le concederà un discorso esemplificativo circa la motivazione della natura crudele, propria e dell'essere umano. La ragazza puntualmente e fortunosamente riuscirà a scampare alla morte certa. Nel finale, Justine sta per essere giustiziata per un omicidio che non ha commesso ma viene salvata sul patibolo da sua sorella Juliette che, al contrario di lei, ha assecondato per tutta la vita vizi e perversioni, facendo fortuna e acquisendo addirittura un titolo nobiliare. La novella ha il suo epilogo dove termina il racconto di Justine. L'interlocutore si rivela essere sua sorella Juliette, presso la quale ha trovato rifugio. Poco dopo, tuttavia, affacciandosi a una finestra, la protagonista resta uccisa da un fulmine. Juliette osserva commossa il suo cadavere interrogandosi sulle rispettive scelte di vita diametralmente opposte. la protagonista si può identificare con la figura della bella Catherine Trillet (soprannominata proprio Justine), cameriera di servizio al castello di La Coste, appartenente al marchese, la quale, nonostante fosse periodicamente vittima dei desideri libidinosi del marchese, non volle mai ritornare dal padre che ne reclamava costantemente il ritorno; probabilmente Catherine non lasciò mai Sade per i sentimenti che covava intimamente per lui (così come Justine nei confronti del conte di Bressac, benché agghiacciata dalla sua spietatezza e efferatezza). Justine è il primo di due romanzi in cui lo scrittore espone la sua teoria su come la purezza sia capace di risvegliare le perversioni umane e di come questa non favorisca le speranze del virtuoso. L'altra visione sociale del marchese presentata nel libro, riguarda le persone diverse da Justine che, viziose e libertine, sono accettate dalla società e spesso riescono a modificare il loro ceto di appartenenza.

Emblema di questa situazione è la prostituta Juliette che divenendo la favorita di un nobiluomo gode di una vita agiata e acquisisce una diversa posizione sociale. Temi filosofici: rigetto delle tradizioni soggettività delle idee di virtù e vizio male dell'assolutismo anche nell'obiettivo del bene Natura come unica dominatrice dell'uomo la Ragione come sistema dominante non coinvolto Temi politici e sociali: gerarchie e disuguaglianze sociali corruzione della chiesa e della giustizia necessità di fiducia tra le persone (lo stesso De Sade definirà questa idea un'utopia assieme al socialismo) L’ateismo Maurice Heine ha messo in evidenza la forza dell'ateismo teorico e pratico di de Sade ma, come anche Pierre Klossowski, dice che quest'ateismo non è a sangue freddo. Nel momento in cui gli giunge davanti agli occhi il nome di Dio il suo linguaggio immediatamente si spegne, il tono si alza, il feroce odio antireligioso che emana pare provocargli difficoltà di ragionamento lucido e turbamento. Egli si definì «ateo sino al fanatismo». Non è pertanto certamente nelle scene più eccessive di orge e libertinaggio in cui l'autore dà maggior prova della propria passione, ma invece nel violento disprezzo, nella suprema vertigine di "volontà di potenza" (per usare un'espressione di Nietzsche) che si sveglia immediatamente in lui ogni qualvolta percepisca una qualche forma di religiosità: l'idea di Dio è in qualche modo la mancanza inespiabile dell'umanità, il suo più autentico peccato originale. Ora, è quest'idea stessa, essendo fondata sul Nulla - e dimostrando pertanto che lo stesso essere umano è nulla -, ad autorizzare e giustificare il crimine anche più spietato contro chi invece l'accetta (contro l'uomo che ha accettato di farsi nulla davanti a Dio): per de Sade non esiste purtroppo ancora un mezzo abbastanza energico e sicuro che possa estirpare l'idea di Dio dal cuore dell'uomo. Sade spiega che, non conoscendo l'uomo ciò che vedeva di fronte a sé, non essendo ancora capace d'attribuirgli una spiegazione naturale, nell'impossibilità in cui si trovava di spiegare le proprietà ed il comportamento della Natura, ha eretto al di sopra di se stesso un essere immaginario onnipotente creatore e dominatore del mondo naturale: Dio, capace di produrre tutte le cause e gli effetti a lui sconosciuti. Molti dei ragionamenti sadiani, che passano dal malteismo all'ateismo più esplicito, sono ripresi dal barone d'Holbach e da Jean Meslier. Sade in alcune circostanze rimpiange anche il paganesimo antico, criticando il culto dell'Essere supremo imposto dalla Rivoluzione. L'abitudine a credere che ciò sia vero, ed il conforto interiore che una tale fede dona, è niente altro che un modo per tranquillizzare la propria pigrizia mentale; quest'invenzione col tempo si cercò addirittura di dimostrarla (vedi Esistenza di Dio) in maniera "geometrica" e la persuasione divenne così forte, così radicata abitudine, che ci volle tutta la forza della ragione per poter preservar nel tempo un tal errore. Così, secondo de Sade, per placare gli effetti negativi che la Natura ha portato agli uomini, si cominciò a adorare e implorare Dio, creando al contempo tutta una gerarchia di colpe e penitenze, il tutto effetto di paura e debolezza. La visione teologica sadiana è stata criticata anche da alcuni atei, come Albert Camus, e, sulla scia di Camus, da Michel Onfray, il quale lo accusa di gnosticismo - negando il suo ateismo - e di proto-

fascismo, ignorando l'aspetto erotico e romanzesco ma considerando alla lettera solo quello "filosofico". Lo scrittore cristiano ortodosso Fëdor Dostoevskij, dalla lettura di Sade, ricava invece la propensione al sadismo e alla sopraffazione del forte sul debole presente nell'umanità (raffigurata poi in diversi personaggi dei suoi libri, come il Principe di Umiliati e Offesi, Svidrigajlov di Delitto e castigo e Stavrogin de I demoni, immorali e corrotti, ma destinati poi alla crisi personale e al suicidio), e si convince che solo la fede cristiana possa attenuarla. Per l'autore russo, Sade con il suo ateismo senza morale è uno degli esempi razionali per cui «una volta ripudiato Cristo, l'intelletto umano può giungere a risultati stupefacenti» poiché «vivere senza Dio è un rompicapo e un tormento. L'uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa. Se l'uomo rifiuta Dio, si inginocchia davanti ad un idolo. Siamo tutti idolatri, non atei». Ne I fratelli Karamazov uno dei personaggi, il tormentato Ivàn Karamazov, pronuncia - in un dialogo col fratello Alëša che ha intrapreso la carriera religiosa - la celebre frase: «Se Dio non esiste, tutto è permesso», che richiama diverse affermazioni sadiane. La ragione come mezzo di verifica Per Sade la Ragione è la facoltà naturale per cui un essere umano sceglie tra un oggetto e un altro, in proporzione alla quantità di piacere o danno che quest'oggetto porta con sé; questo calcolo sottostà interamente alla legge dei sensi, poiché solo da questi si ricevono le impressioni comparative riguardanti i dolori a cui si vuole sfuggire o i piaceri a cui si tende (la ragione proviene quindi direttamente dal sensismo). La ragione non è quindi altro che la bilancia con la quale si pesano gli oggetti per vederne così la relazione sussistente tra loro, di modo che sia sempre il maggior piacere ad avere la meglio ed essere scelto. Sia negli esseri umani come in tutte le altre specie animali, ciò è il risultato del meccanismo più automatico e materiale possibile: non esiste mezzo di verifica più affidabile. Esistenza reale ed esistenza oggettiva Il primo effetto della ragione è, per Sade, quello di stabilire una distinzione essenziale tra l'oggetto che effettivamente appare e quello che viene percepito; la rappresentazione e la percezione di uno stesso oggetto sono pertanto due tipi differenti di situazione. Quando l'oggetto non si mostra davanti a sé, ma è pur presente nel tempo per la mente, ciò si chiama memoria; se gli oggetti si presentano nella mente ora non mostrandosi, ciò si chiama immaginazione e questa è la causa di tutti gli errori. Fonte più abbondante di questi errori è la supposizione di esistenza da parte di questi oggetti costituiti esclusivamente da percezione interiore: dar a tal percezioni un'esistenza del Sé, nella medesima forma in cui vengono concepiti separatamente. Pertanto Sade dà a quest'idea separata emersa dall'oggetto immaginato il nome di "esistenza oggettiva o speculativa", per differenziarlo dall'oggetto presente a cui dà la definizione di "esistenza reale". Il concetto d'Uguaglianza Sade considera tutti gli individui "uguali" di fronte all'unica grande legge naturale, di modo che nessuna persona singola ha il pieno diritto di "non" essere sacrificata in nome della conservazione altrui; questo anche se la propria felicità dipende dalla rovina degli altri: il suo concetto d'uguaglianza è pertanto intimamente interconnesso a quello di egoismo. Tutti gli uomini sono uguali, questo significa che nessuna creatura vale di più di un'altra, e quindi tutti sono intercambiabili, nessuno è necessario ed indispensabile, in quanto non vi è alcun valore ad essere un'unità all'interno d'un numero infinito.

La totalità degli esseri umani è senza scampo perfettamente "uguale" nella sua essenziale nullità: anche l'uomo più potente, nel disperato tentativo di ridurre questo Nulla, non fa infine altro che renderlo ancora più evidente ed esplicito. La formula di reciprocità dei diritti mediante una regola valida tanto per le donne come per gli uomini può essere soltanto questa: prendere per sé tutto ciò che si desidera, ottener ciò che si vuole, anche se è necessario prenderselo con la forza dagli altri. Questo almeno rende il singolo libero - colui che sa esprimere liberamente tutto se stesso senza alcuna limitazione - in confronto agli altri. Simili proposizioni paiono irrefutabili a Sade: l'uomo ha il diritto di posseder il suo prossimo per soddisfare i propri desideri; gli esseri umani son così ridotti al rango di oggetti, solo e nient'altro che organi sessuali e, come qualsiasi altro oggetto, perfettamente intercambiabili, quindi anonimi e privi di qualsivoglia individualità. L'Egoismo integrale Per Maurice Blanchot principio fondamentale per eccellenza del pensiero sadiano è il "relativismo assoluto", si tratta cioè di una filosofia dell'interesse portata avanti in completo egoismo. Per Sade ognuno "deve!" fare ciò che vuole e non esiste altra legge oltre a quella che si basa sul proprio "principio di piacere"; lo stesso principio che fu sottolineato più tardi dall'occultista inglese Aleister Crowley nel suo Il libro della legge. Questa anti-morale è fondata in primo luogo da una visione di solitudine assoluta dell'essere umano, abbandonato in mezzo al mondo: la Natura crea l'uomo e lo fa nascere irrimediabilmente solo, non esistendo alcuna specie di relazione che possa accomunar l'uomo all'altro uomo, il singolo individuo ai propri simili. L'unica regola di condotta, quindi, è che l'uomo scelga per sé tutto quel che preferisce e che più gli aggrada, a prescindere dalle conseguenze che una tal decisione possa causar al prossimo. Il più grande dolore e la sofferenza altrui contano sempre meno del proprio piacere: l'acquisizione, anche di una minima gioia, in cambio di tutta una serie di disgrazie che cadono sopra gli altri, è sempre meritevole d'essere conseguita; questa legge sta, che lo si voglia ammettere o meno, dentro il cuore d'ognuno fin dai primordi della sua storia. Gli effetti sugli altri del crimine commesso non ne impedisce affatto l'esecuzione; ché l'intima soddisfazione interiore sarà sempre maggiore del danno esteriore. Questo principio d'egoismo cosmico è perfettamente chiaro in Sade e lo si può ritrovare nella totalità della sua opera: l'egoismo cerca allora il potere, il quale a sua volta si fa portatore del diritto anche al genocidio, se necessario. Secondo il parere espresso da Sade la vita comunitaria è inaccettabile in quanto i principii che vi presiedono sono inaccettabili; il rimorso infine consiste soltanto nel timore della sanzione, pertanto rimossa questa la strada per il piacere è sgombra da ogni ostacolo. Il Potere Per Sade il potere è un diritto, ma un diritto che dev'essere conquistato. Per gli uni, le origini sociali rendono il potere più accessibile, mentre gli altri devono cercare di raggiungerlo da una posizione iniziale di svantaggio. I personaggi che detengono il potere, nelle opere di Sade, sono coloro che hanno avuto la forza titanica di superare i pregiudizi (morali, ma non solo), ciò in antitesi col resto dell'umanità. Alcuni si trovano già in posizioni privilegiate, duchi, ministri, vescovi ecc, e sono forti perché sono parte fin da principio di una classe forte; ma il potere non è soltanto uno 'status' acquisito per nascita o socialmente, ma anche e soprattutto una decisione e una conquista: è realmente potente solo colui che è capace di raggiungerlo attraverso le sue sole forze e tutta l'energia messa in

campo. In tal senso Sade è in parte "democratico", concepisce difatti anche personaggi potenti che sono via via saliti dalle classi più basse e meno favorite della società; in tal modo i punti di partenza del potere possono esser le due situazione estreme opposte, l'enorme fortuna da una parte, l'estrema miseria dall'altra. Il potente che nasce in mezzo ai privilegi si trova troppo in alto per non cadere, precipitare prima o poi rovinosamente; mentre colui che è nato in povertà si trova troppo in basso per poter conformarsi alle leggi sociali senza perire. Sade non ama chi nasce potente, bensì chi lo diventa: così le stesse idee rivoluzionarie di uguaglianza e libertà - libertà che si fa arbitrio - sono, in Sade, argomenti attraverso i quali viene affermato il diritto dell'uomo al dominio. Tutto ciò accade proprio nel momento in cui le distinzioni scompaiono e i banditi vengono elevati alla stessa condizione dei nobili. In Sade, secondo alcuni, è però presente, con le solite contraddizioni della sua opera, anche una critica dura e spietata del potere in quanto tale e, secondo quanto espresso dallo scrittore Fulvio Abbate in un articolo per bicentenario della morte del marchese, «Pier Paolo Pasolini, di Sade non comprese nulla, il senso dell'opera del nostro marchese è una barricata letteraria contro il potere e non una legittimazione dello stesso nella sua forma più assoluta e prevaricante. Anche i comunisti di Sade non hanno mai capito la grandezza». Illustrazione per Juliette e La nuova Justine Il crimine Per l'anti-eroe sadiano il crimine è un'affermazione di potere, conseguenza della regola dell'egoismo integrale; il criminale sadiano non ha il minimo timore d'un eventuale punizione divina in quanto ateo, pertanto sostiene d'aver superato quella 'min...


Similar Free PDFs