Forster - riassunto - Aspetti del romanzo PDF

Title Forster - riassunto - Aspetti del romanzo
Course Letterature comparate A
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Riassunto completo del testo "Aspetti del romanzo" di Forster...


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ASPETTI DEL ROMANZO – FORSTER PREFAZIONE di Giuseppe Pontiggia Forster, nello scrivere “Aspetti del romanzo” si chiede quale punto di vista adottare e sceglie di immaginare alcuni romanzieri degli ultimi due secoli che, in una stanza circolare, scrivono nello stesso momento il loro romanzo. Vedrà quello che scrivono e una delle prime constatazioni sarà la formazione di coppie. Non utilizza la cronologia, ma da un piccolo esempio: “libri scritti prima o dopo il 1847, libri scritti prima o dopo il 1848. Il romanzo della regina Anna, il preromanzo, il romanzo dell’avvenire, l’urromanzo…”. Molti critici sono schiavi della cronologia e del tempo. In questi autori la convergenza di opera e data è un punto di partenza. Forster immagina una stanza circolare proprio per dare al tempo la dimensione di una curva equidistante da un centro, e non una forma retta. Sottolinea il momento decisivo dell’agire e il problema della scelta. Forster sceglie la via dell’ironia sapienziale. Non esclude che il dotto possa far riferimento al tempo, ma afferma che “la vera dottrina non è trasmissibile”. Aggiunge che la saggezza è un grande tesoro, ma solo per chi la possiede e che i dotti autentici sono rari. Spiando il lavoro dei romanzieri Forster scopre varie analogie (Richardson-James, DickensWelles…). Immagina anche che a loro non piacerebbe essere accostati. Il primo aspetto in cui si batte è il racconto che descrive come “la brama di sapere che cosa succederà poi” e “la vita secondo i valori degli avvenimenti”. Lo incarna in Sharazade. Lo circoscrive con “la storia”. Trova intersezioni tra narratori lontani e non lascia spazio al genere noioso. Altro aspetto sono i personaggi, che definisce come “gruppi di parole”, richiamando la dimensione scritta del testo. Secondo lui, il privilegio del romanziere è quello di conoscere la “vita nascosta” dei personaggi e per suggerire come dovrebbe essere il romanziere con i suoi personaggi dice “esatto e immaginoso” e la definisce “miscela di alto grado alcolico”, o che “inventa con verità”, o “l’emozione che sempre suscita un essere vivente”. Dice che “la prova che un personaggio è a tutto tondo consiste nella sua capacità di sorprenderci in maniera convincente”. Forster non considera cruciale il punto di vista. Concede al narratore il diritto a una “consapevolezza saltuaria” e lo giudica uno die maggiori vantaggi della forma del romanzo. L’unicità del punto di vista deriva dalla cultura scientifica, ma Forster predilige una mobilità inventiva. Per la poetica utilizza l’aggettivo “interessante”. L’ipertrofia della coscienza critica ha continuato a produrre forme che contestano il romanzo, così che oggi il genere forse più definibile è l’antiromanzo, mentre sul romanzo si ha ancora confusione. Un vero narratore non vuole rientrare in un genere, ma scopre solo alla fine che cosa sia. Mai come in questo periodo però si tenta di classificare come romanzi opere di altri generi. Sulla vicenda Forster dice che dovrebbe suggerire “qualcosa di esteticamente compatto”, toccando il punto della bellezza della trama, spesso eluso nella critica. Forster coglie poi la presenza di una profezia all’interno del romanzo e inventa la nozione di “espansione” per alcuni personaggi. L’espansione è più importante del simbolismo, perché quest’ultimo riduce il libro al silenzio. Nella conclusione si coglie la radice etica del futuro del romanzo: “se il romanziere vedrà sé stesso in modo nuovo vedrà analogamente anche i propri personaggi, e ne verrà fuori un nuovo sistema d’illuminarli”. “L’espansione, ecco l’idea a cui i romanzieri devono rifarsi: non la completezza. Non il chiudersi, ma l’aprirsi”. – Forster

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INTRODUZIONE di Forster Questo è un ciclo di conferenze legato al nome di William George Clark, nato nel 1821 nello Yorkshire e fellow (membro selezionato) del Trinity College. È noto per essere studioso di Shakespeare. Tornato da un viaggio in Spagna scrive Gazpacho e dopo un viaggio in Grecia scrive Peloponnesus. Divenne. Anche Public Orator viaggiò con il dr. Thompson. Clark progettò il Cambridge Shakespeare e curò il Globe Shakespeare. Pubblica anche alcuni sermoni, ma nel 1869 lascia gli ordini sacri e si dimise anche dalla carica di Public Orator, mantenendo l’insegnamento universitario. Era una figura dotata di un modo d’essere caratteristico di Cambridge e, come voluto dal suo testamento, il suo antico college ha istituito un corso di conferenze a suo nome da tenersi annualmente “su uno o più periodi della letteratura inglese non anteriore a Chaucer”. Nel libro non ci si attiene strettamente ai termini “uno o più periodi della letteratura inglese”, perché non si adatta bene all’argomento. Si ha bisogno di un posto di osservazione perché il romanzo è una massa paurosa e amorfa. à assimilato a una palude Prima di cominciare è bene definire il romanzo. Chevalley in “Le Roman anglais de notre temps” lo definisce come “un’opera narrativa scritta in prosa e di una certa estensione”. È necessario aggiungere che la lunghezza non dovrebbe essere inferiore alle 50mila parole, circa 130-150 pagine. Su queste caratteristiche si basa la conferenza per definire il romanzo. - Considerato il tema delle conferenze, interpretando il termine “inglese” nel senso di ciò che è scritto in inglese, senza basarsi su questioni geografiche. Ma anche così non si sarebbe totalmente liberi, perché non si possono trascurare gli scritti in altre lingue. Nelle conferenze si parlerà il meno possibile degli influssi esteri, dal momento che questi scrittori non sono stati mai influenzati profondamente. Il campo d’indagine è un genere di libro particolare e gli aspetti che questo genere ha assunto lingua inglese. Ci si occupa comunque delle forme collaterali che questo genere ha avuto nel continente europeo (ad es. russo). Nel campo del romanzo i trionfi inglesi sono inferiori e se si negasse questo ci si macchierebbe di provincialismo. In uno scrittore il provincialismo non è importante, ma per un critico è una grave colpa, perché non ha diritto a una visione limitata come quella dell’artista. - Per quanto riguarda “uno o più periodi”, l’idea di un periodo o di uno sviluppo nel tempo è proprio quello che si vuole evitare. Non si devono immaginare i romanzieri inglesi come se navigassero in un fiume che scorre, ma come seduti in una stanza circolare intenti a scrivere simultaneamente i loro romanzi. L’atto creativo li avvicina l’un l’altro. Dobbiamo avere una visione imperfetta, adatta però alle nostre possibilità per evitare il pericolo della pseudocultura. La cultura è uno dei più grandi successi che la nostra razza possa raggiungere e chi ce l’ha può fare ciò che vuole. La vera cultura non è trasmissibile, i dotti autentici sono rari. Siamo per la maggior parte pseudocolti. Vista da un lato positivo, la pseudocultura è l’omaggio reso dall’ignoranza alla cultura e possiede anche un aspetto economico. Solo quando lo pseudocolto si dedica alla critica, ad un lavoro come questo libro, può essere nocivo, perché segue il metodo di un autentico colto, ma senza possederne le capacità. Classifica i libri prima di averli compresi e una delle classificazioni è cronologica: libri scritti prima o dopo il 1847, libri scritti prima o dopo il 1848. Il romanzo del regno della regina Anna, il preromanzo, il romanzo dell’avvenire, l’ur-romanzo… Ancora più stupida è la classificazione per argomenti: la letteratura delle Locande, del Movimento femminile, delle Isole deserte… Anche un continuo rifarsi al “genio” è tipico degli pseudocolti. I libri bisogna leggerli ed è l’unico metodo di assimilazione. Il lettore deve sedersi in solitudine e lottare con lo scrittore ed è proprio quello che lo pseudocolto non intende fare.

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Ecco perché in questo libro non si può accettare di suddividere la narrativa in periodi. Quello che si adatta di più a questo studio è l’immagine di tutti i romanzieri intenti a scrivere i loro romanzi in uno stesso momento, pur provenendo da epoche e ceti sociali diversi. A 1uesti romanzieri è stato richiesto di raggrupparsi a coppie. La prima coppia è composta da Samuel Richardson ed Henry James. Essi guardano l’esistenza da un punto di vista moto simile. Sono psicologi ansiosi, sensibili alla sofferenza e che apprezzano il sacrificio di sé. Nessuno dei due ricorre al tragico. Li dividono 150 anni, ma sono simili e risulta molto utile accostarli. (vedi citazioni) La seconda coppia sono Wells e Dickens. Nel descrivere due funerali (vedi citazioni) hanno lo stesso punto di vista e si servono dei medesimi trucchi stilistici. Sono entrambi umoristi e visualizzatori che catalogano particolari e voltano pagina con irritazione. Sono importanti riformatori sociali. Nessuno dei due ha molto buon gusto e viene a galla una qualità un po’ scadente. La più grande differenza tra di loro è tra le occasioni che gli vennero servite nella loro epoca (hanno 60 anni di differenza). Questa differenza va a favore di Wells, che è più istruito e ha conosciuto meglio la scienza, che gli ha mitigato l’isterismo. La terza coppia è formata da Laurence Sterne e Virginia Woolf, entrambi scrittori di fantastico. Partono da un oggetto minuscolo, poi ampliano, per poi tornare sull’oggetto. Mescolano un’osservazione umoristica della vita al sentimento della sua bellezza. Hanno il medesimo tono. Non hanno però la stessa scala di valori: Sterne è un sentimentale, Woolf è totalmente distaccata. Non raggiungono gli stessi risultati, ma il mezzo di cui si servono è simile. Ottengono identici effetti bizzarri. Analizzando queste coppie ci si accorge che la cronologia non è importante. Il buon esito di un romanzo sta nella carica di sensibilità e non nel successo del suo argomento. Migliora quando gli si da una sensibilità nuova. Quello che importa degli scrittori nella stanza è che hanno la penna in mano e stanno scrivendo. Chi guida la penna è il loro “io”. Si può dire che “La Storia si sviluppa, ma l’Arte sta ferma”, motto grossolano che contiene una verità solo parziale. Ci impedisce di riflettere sul fatto che la mente umana si tramuta o meno di generazione in generazione. È ancora più serio il fatto di riferirsi alla tradizione vedendo ciò che si è perso senza prenderlo in esame. Oltre a scuole e influssi, esiste una tecnica del romanzo inglese si altera da una generazione all’altra, ad esempio l’umorismo, la fantasia o la conversazione. La tradizione letteraria è il terreno di confine tra letteratura e storia e il critico deve tenerne conto. Noi invece dobbiamo rifiutare di avere a che fare con la cronologia. Nell’introduzione a “Il bosco sacro” T.S. Eliot enumera i doveri del critico: - difendere la tradizione, quando ne esiste una buona - guardare con fermezza e nel suo insieme la letteratura, non vedendola già consacrata dal tempo, ma al di là del tempo Al primo dovere noi non possiamo adempiere, ma dobbiamo sforzarci di compiere il secondo, immaginando i romanzieri tutti seduti in una stanza abbattendo i confini delle date e dei luoghi. Non dobbiamo assalire il romanzo con un apparato complesso. Se si applicassero principi e sistemi i risultati dovrebbero essere sottoposti e riesame e il riesaminatore sarebbe il cuore umano. La prova finale di romanzo sarà l’affetto che proviamo per esso, il sentimentalismo. La qualità umana del romanzo non è evitabile. Il titolo “Aspetti del romanzo” è stato scelto perché è vago e non scientifico, lascia la massima libertà e si riferisce sia ai diversi modi con cui possiamo guardare al romanzo, sia ai diversi modi con cui un romanziere guarda il suo lavoro. Gli aspetti della discussione sono: Storia, Persone, Intreccio, Fantasia, Profezia, Modello e Ritmo. 3

STORIA L’aspetto fondamentale del romanzo è il suo carattere narrativo, ma si esprime in modo diverso e le conclusioni dipendono dal tono di voce che usiamo. Senza una storia un romanzo non potrebbe esistere, ma Forster preferirebbe non lo fosse. Più consideriamo la storia, più la sfrondiamo delle cose più belle che le crescono intorno, e meno vi troveremo da ammirare. La storia si sviluppa come una spina dorsale, o meglio come un verme solitario (tenia), perché il suo inizio e la sua fine sono del tutto arbitrari. Risale all’epoca neolitica o paleolitica, dove già si raccontavano storie. Ci si teneva svegli solo con la suspense. Noi pretendiamo di sapere che cosa succederà poi, per questo la spina dorsale del romanzo deve essere una storia. Definendo la storia si può dire che è “la narrazione di avvenimenti esposti secondo il loro ordine cronologico.”. In quanto storia può avere solo un pregio: quello di accendere nell’uditorio il desiderio di sapere che cosa succederà. Per contro, può avere solo un difetto: non accendere il desiderio di sapere che cosa succederà. È il più semplice degli organismi letterari, ma il massimo denominatore comune ai romanzi. Quando si isola la storia dai valori più nobili grazie ai quali si sostiene presenta un aspetto sgradevole, ma si possono trarre molti insegnamenti. Anche la vita di ogni giorno è dominata dal senso del tempo. Gran parte delle nostre parole o azioni dipendono dal senso del tempo, ma c’è qualcos’altro, un “valore”, che si misura a seconda dell’intensità. Parole o azioni con più o meno valore. Così la vita quotidiana si compone di due vite - la vita nel tempo e la vita secondo il valore degli avvenimenti – e il nostro modo di comportarci rivela una doppia schiavitù. Ciò che la storia fa è narrare la vita nel tempo. Ciò che un buon romanzo fa è includere anche la vita secondo i valori usando degli espedienti. Anche il romanzo soggiace a una duplice schiavitù, ma per esso è imprescindibile sottostare al tempo. Nella vita quotidiana è sempre possibile negare che il tempo esista e agire di conseguenza, ma per un romanziere non è possibile negarlo, perché deve tenersi aggrappato alla sua storia, altrimenti diventerebbe inintelligibile. Il romanziere può anche provare antipatia per il tempo e potrà usare degli espedienti legittimi (Sterne, Proust). La storia non è l’intreccio. Può formarne la base, ma l’intreccio è un organismo più elevato. Walter Scott ci racconta una storia. A Forster non piace Scott e non ne capisce la fama durevole. Crede che non sappia costruire e che oggi sembrerebbe banale e pesante. Inoltre, dice che non ha il distacco e la passione dell’artista e che può contare solo su un cuore equilibrato, su sentimenti da gentiluomo e su un affetto diligente per la campagna. Afferma anche che l’onestà di Scott era meramente etica e commerciale. Trova due motivi nel suo successo: - molte persone anziane se lo sono sentito leggere ad alta voce da bambini, quindi lo legano a ricordi sentimentali, come per Forster è “La famiglia Robinson svizzera” - sapeva raccontare una storia. Aveva la capacità primordiale di tenere il lettore con l’animo sospeso e di giocare sulla sua curiosità.

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Forster fa una parafrasi di “L’antiquario” (non fa un’analisi, sarebbe errato) L’antiquario – Capitolo 1

Attraverso di questo noi ci interessiamo a quello che farà il giovane: si chiama Lovel e c’è un mistero che lo riguarda. Lui è l’eroe e incontrerà Jonathan Oldbuck, l’antiquario. Incontrano poi un altro personaggio: Edie Ochiltree. Scott è bravissimo a introdurre personaggi nuovi, in modo naturale e con grandi promesse. Ochiltree infatti promette molto, non è un mendicante qualsiasi, ma una romantica canaglia che potrà essere d’aiuto per risolvere il mistero di Lovel. Altre presentazioni si hanno con Arthur Wardour, sua figlia Isabella, la signorina Grizzle (sorella di Oldbuck). Anche quest’ultima sembra promettere qualcosa, ma è solo una trovata comica. Il narratore può ricorrere a trovate del genere. Riesce a mantenersi bene entro i semplici confini della sua arte esponendo cose che non hanno rapporto con lo svolgimento della storia. L’uditorio si aspetterebbe che queste abbiano un seguito, ma si dimentica con facilità. Il narratore trae profitto dai fili sciolti. In “La sposa di Lammermoor” Scott ci presenta lord High Keeper con accenni ad una tragedia, ma in realtà la tragedia si verificherebbe nello stesso modo anche se lui non fosse mai nato. Tornando all’Antiquario, c’è poi un pranzo dove Oldbuck e sir Arthur litigano e si arriva al primo momento serio del romanzo, quando incontrano Sir Arthur e Isabella incontrano Ochiltree:

Così parla l’eroina. La faccenda è del tutto priva di passione, casuale, non autentica, eppure noi continuiamo a desiderare di sapere cosa accadrà dopo. 5

Lovel li salva, ma dopo? È un altro filo lasciato sciolto. Lovel ha un sogno in cui vede l’antenato del padrone di casa dell’antiquario. Questo gli dice “Kunst macht Gunst” “L’abilità procura il favore”. Egli deve continuare a cercare di assediare il cuore di Isabella. Il soprannaturale non da il minimo contributo alla storia. Vengono presentati Dousterswivel, un malvagio forestiero, e Hector McIntyre, nipote dell’antiquario, che sospetta che Lovel sia un impostore. I due si battono in un duello. Lovel crede di aver ucciso l’avversario e fugge con Ochiltree. Si nascondono tra le rovine di St. Ruth. Si parla di caccia al tesoro. Dousterswivel assiste al funerale della vecchia contessa di Glenallan. I Glenallan hanno una parte molto importante nella storia, eppure sono introdotti casualmente. Il lettore però è in balia della successione degli eventi. Si entra poi nella pre-storia, dove intervengono due nuovi personaggi: Elspeth Mucklebackit e lord Glenallan, figlio della defunta contessa. Lord Glenallan va a confrontarsi con l’antiquario. Alla fine, si ha lo scioglimento e si avrebbero numerose ragioni, ma a Scott le ragioni non interessano. Butta lì i fatti senza motivarli e far accadere una cosa dopo l’altra è il suo scopo. Isabella sposa l’eroe e la storia finisce. L’antiquario è un libro in cui il romanziere dà istintivamente risalto alla vita nel tempo, che porta a un rallentamento dell’emozione e a una superficialità di giudizio. Il tempo però può essere celebrato anche con piena coscienza, come in “Racconto delle vecchie comari” di Arnold Bennett. In questo romanzo il vero eroe è il tempo. Sophia e Constance sono figlie del Tempo. Si basa sullo scorrere del tempo e arriva alla morte. Ma questa conclusione è insoddisfacente perché “si sa” che si invecchia. In “Guerra e pace” si sottolineano gli aspetti del tempo e la parabola e il decadere di una generazione. Anche Tolstoj ci mostra persone che invecchiano. Questo libro però non è deprimente perché si estende nello spazio oltre che nel tempo. Molti romanzieri possiedono il senso del luogo, ma in pochissimi il senso dello spazio. In Guerra e pace il padrone è lo spazio, non il tempo. La storia racchiude una voce. Proprio per questo l’opera del romanzo chiede di essere letta ad alta voce e non si rivolge all’occhio, ma all’orecchio. Ha molto in comune con l’oratoria. Non si tratta di melodie o cadenze, per questo basterebbe l’occhio. L’occhio però non è svelto nell’afferrare una voce. Il periodo iniziale de L’antiquario non ha alcune bellezza di suono, ma ne perderemmo qualcosa se non ci venisse letto ad alta voce. La storia, oltre a dire le cose una dietro l’altra, raggiunge qualcosa di più grazie al suo legame con la voce. Non dà nulla che equivalga come importanza alla personalità dell’autore. Questa, se l’autore la possiede, risulta più nobile. Quello che fa effettivamente la storia è trasformarci da lettori in ascoltatori, ai quali si rivolge una voce: quella del narratore che continua a raccontare una cosa dopo l’altra fino a che l’uditorio non si addormenta. La storia è un fatto primitivo, prima che si inventasse la lettura, e si rivolge a tutto ciò che di primitivo c’è in noi. C’è un romanziere che ha tentato di abolire il tempo: Gertrude Stein. Spezza e riduce in briciole il suo orologio e lo fa per un nobile motivo: la speranza di emancipare la narrativa dalla tirannia del tempo, esprimendovi unicamente la vita secondo i valori. Tuttavia, non ci riesce. Vuole abolire la sequenza della cronologia, ma non può farlo senza abolire anche la sequenza delle frasi. A sua volta, quest’ultima abolizione non ha effetto se non si abolisce anche l’ordine delle parole, che porta a sua volta all’abolizione dell’ordine delle lettere o dei suoni delle parole. Il suo esperimento è quindi votato alla sconfitta. La sequenza del tempo non si può distruggere senza co...


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