Mazzucato C. Studi in onore di Mario Romano Jovene 2011 PDF

Title Mazzucato C. Studi in onore di Mario Romano Jovene 2011
Course Diritti dell' Uomo
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE – MILANOISTITUTO GIURIDICORACCOLTE DI STUDISTUDI IN ONORE DIMARIO ROMANOIESTRATTO10JOVENE EDITORE 2011DIRITTI D’AUTORE RISERVATI © Copyright 2011 ISBN 978-88-243-2023- JOVENE EDITORE Via Mezzocannone 109 - 80134 NAPOLI NA - ITALIA Tel. (+39) 081 552 10 19 - Fax (...


Description

UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE – MILANO ISTITUTO GIURIDICO RACCOLTE DI STUDI

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STUDI IN ONORE DI

MARIO ROMANO I E S T RAT T O

JOVENE EDITORE 2011

DIRITTI D’AUTORE RISERVATI

© Copyright 2011 ISBN 978-88-243-2023-8

JOVENE EDITORE Via Mezzocannone 109 - 80134 NAPOLI NA - ITALIA Tel. (+39) 081 552 10 19 - Fax (+39) 081 552 06 87 web site: www.jovene.it e-mail: [email protected]

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CLAUDIA MAZZUCATO

GIUSTIZIA ESEMPLARE. INTERLOCUZIONE CON IL PRECETTO PENALE E SPUNTI DI POLITICA CRIMINALE Al Prof. Mario Romano, guida esemplare «La promessa è che il linguaggio ha riconosciuto, ha dato rifugio, all’esperienza che chiedeva, che protestava a gran voce» J. BERGER, E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto, trad. it., Milano, 2008, p. 28

SOMMARIO: 1. Dialogicità e dinamismo: alcune innovative linee di sviluppo per un sistema penale democraticamente fondato. – 2. Exempla trahunt: l’“esemplarità” del precetto penale. – 3. (Segue) Precetti penali “esemplari” e consenso alle norme. – 4. L’incongruenza del sistema sanzionatorio punitivo rispetto alla natura “esemplare” del precetto. – 5. Per una “esemplarità” della giustizia anche ex post facto.

1. Dialogicità e dinamismo: alcune innovative linee di sviluppo per un sistema penale democraticamente fondato. – Qualcosa è cambiato. Un fiume carsico sottile, lento ma inesorabile, si muove nelle profondità del diritto penale, sotto massicci e antichi strati di roccia e molti detriti. Qualcosa, nel sistema penale, si muove in direzioni inedite. Non è facile scavare dentro la pietra non malleabile della centralità della pena detentiva, la persistenza di pratiche di fatto retributive, l’onnipresenza di un’afflittività che permea ogni istante, fase, atto e gesto della giustizia penale; ancor meno agevole è farsi strada scansando le scorie tossiche del diritto penale del nemico1, i linguaggi hard della tolleranza zero, 1 M. DONINI, Il diritto penale di fronte al “nemico”, in AA.VV., Scritti per Federico Stella, a cura di M. Bertolino - G. Forti, Napoli, 2007, vol. I, p. 79 ss.; M. DONINI -

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le dilaganti risposte semplicistiche e nocive racchiuse in leggi espressive e simboliche, sbandierate da miopi politiche di demagogia penale; impossibile, poi, immaginare assente l’oscurità di dolore che la giustizia penale immette nella vita di migliaia di persone. Eppur si muove. Nel confronto internazionale, nel dibattito interno, si rinvengono inequivocabili segni di novità e il timido affermarsi di parole, concetti e strumenti originali. Non mi riferisco solo al pur decisivo, ma per ora infruttuoso, sforzo di riformare il codice penale e il suo sistema sanzionatorio. Vi è qualcosa di ancor più “strutturale” (e trans-nazionale): un primissimo desiderio di voltar pagina nell’edificazione stessa del diritto penale. Si fa strada una nuova concezione che, sul piano teorico, scombina le precedenti e costringe alla rivisitazione complessiva dei modelli penalistici, dando impulso a una rinvigorita ricerca di armonia democratico-costituzionale. Non ce lo nascondiamo: pur non mancando di successi visibili, essa rappresenta ancora una minuscola nicchia che a stento si fa notare nella pratica quotidiana della giustizia penale e nell’assetto delle leggi che la governano. Mi riferisco a quel mondo di proposte politico-criminali innovative, così (a mio avviso) convincenti, che vede forse in John Braithwaite (con la sua teoria «republican» della giustizia, la «responsive regulation» e il loro sostegno alla restorative justice2) uno dei più interessanti, completi, lucidi e “onesti” esponenti. Un mondo fervido che, come tutti i “nuovi mondi”, ha la virtù di essere aperto a ulteriori esplorazioni e a sviluppi di grande interesse. Non pretende di avere l’ultima parola: proprio per questo va accostato con rispetto e attenzione. Un primo risultato è (già) raggiunto: i paradigmi penali non sono più divisi in due fronti, “assoluto” (retribuzionistico) e “relativo” (orientato alle conseguenze). Le tradizionali teorie sulla pena – che ancora campeggiano contrapposte nei manuali universitari, essendo però riuscite tutte a sopravvivere a molti secoli di storia e all’avvento delle Costituzioni democratiche – devono cedere il passo allo svelarsi della verità che le accomuna negativamente. Retribuzione e prevenzione negativa (mediante deterrenza e incapacitazione) non sono oggi così “arM. PAPA (a cura di), Il diritto penale del nemico. Un dibattito internazionale, Milano, 2007. 2 J. B RAITHWAITE, Not Just Deserts. A Republican Theory of Criminal Justice, Oxford-New York, 1990; I. AYRES - J. BRAITHWAITE, Responsive Regulation. Transcending the Deregulation Debate, Oxford-New York, 1992; J. BRAITHWAITE, Restorative Justice and Responsive Regulation, Oxford-New York, 2002.

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chitettonicamente” distanti fra loro come lo erano quando Kant e Beccaria si contestavano con schermaglie sul diritto di “punire”: fondato, per l’uno, sull’imperativo categorico (e «guai a colui che si insinua nelle spire tortuose dell’eudemonismo per scoprirvi qualche vantaggio» nel nome di un «affettato sentimentalismo umanitario»3); per l’altro, sull’«assoluta necessità di difendere il pubblico deposito», sul «fine medesimo d’impedire i delitti» a motivo del «danno che procurano alla nazione», «vera misura» dei delitti stessi4. Con le fattezze odierne, questi due universi semantici implodono in un punto: recano entrambi l’impronta della pena, la coazione, l’afflittività e la forza violenta. La prevenzione negativa si serve di modalità retribuzionistiche e la retribuzione si accompagna alle più odiose forme di controllo sociale. Al cospetto della nuova via, siamo volentieri spinti a cercare una diversa tassonomia, intrisa di «scienza penale integrata» di lisztiana memoria (e non solo costituita dalla classificazione di tesi intorno al “punire”), in cui gli scopi del diritto penale (non solo della pena) si ricoagulano attorno ad altre variabili: il consenso alla norma, il rapporto consociato-norma-valori, la maggiore o minore congruenza del diritto penale e della politica-criminale con gli ideali regolatori di una democrazia costituzionale. Emergono così sistemi e politiche di matrice “repressiva”, da un lato, e di stampo “dialogico-consensuale”5, dall’altro. L’uso della forza, 3 I. KANT, La metafisica dei costumi , nella trad. it. proposta in AA.VV., Il commiato da Kant e da Hegel, a cura di L. Eusebi, Milano, 1989, p. 218 ss. 4 C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, con introd. di A.C. Jemolo, Milano, 1981, pp. 65, 68, 75. 5 Per una critica all’impostazione repressiva della giustizia penale e a favore di una prevenzione «mediante consenso», cfr. L. EUSEBI di cui, ex plurimis, Il rapporto con l’“altro” alla luce della Costituzione. I riflessi sulle problematiche del “fine vita” e l’“incostituzionalità” di ogni configurazione dell’“altro” come nemico, in AA.VV., Dignità e diritto: prospettive interdisciplinari, Quaderni del Dipartimento di Scienze giuridiche, n. 2/2010, p. 39 ss. (Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza); ID., Appunti minimi di politica criminale in rapporto alla riforma delle sanzioni penali, in Criminalia, 2007, p, 195 ss.; ID., Profili della finalità conciliativa nel diritto penale, in AA.VV., Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di E. Dolcini - C.E. Paliero, Milano, 2006, t. II, p. 1109 ss.; ID., Riforma del sistema sanzionatorio penale: una priorità elusa? Sul rapporto tra riforma penale e rifondazione della politica criminale, in L. PICOTTI - G. SPANGHER (a cura di), Verso una giustizia penale “conciliativa”: il volto delineato dalla legge sulla competenza penale del giudice di pace, Milano 2002, p. 17 ss.; ID., Dibattiti sulle teorie della pena e “mediazione”, in L. PICOTTI (a cura di), La mediazione nel sistema penale minorile Padova, 1998, p. 61 ss. Discute del rapporto forza-consenso nel diritto penale, con rilievi anche critici da tenere in debita considerazione nel corso di queste riflessioni, C.E. PALIERO, Consenso sociale e diritto penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, p. 849 ss.

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il “mezzo” intimidativo e/o punitivo, la centralità (ancora) della pena nelle sue modalità afflittive sono il minimo comune denominatore di un primo scenario, all’interno del quale troveremo la retribuzione, la neoretribuzione, la deterrenza e la neutralizzazione (cioè le “vecchie” teorie assolute e le componenti negative della prevenzione generale e speciale) e, ovviamente, la prevenzione generale positiva (come tradizionalmente intesa6) che vuole affidare alla pena un’«azione pedagogica» sulla società7. Nel secondo scenario, e cioè nel modello dialogico-consensuale, troveremo il “mezzo” del consenso, i princìpi di garanzia e i precetti comportamentali racchiusi nel diritto penale, i quali sono in grado – come vedremo – di innescare dinamiche motivazionali a sostegno di libere scelte conformi. Per la parte special-preventiva, il modello consensuale ospita, accanto alla risocializzazione, le sfide più recenti e marcatamente “dialogiche”, rappresentate dai programmi di giustizia riparativa. La comparsa sulla scena politico-criminale di pratiche riparative e di teorie come la responsive regulation porta con sé la predilezione per tutto ciò che promuove la conformità volontaria alle norme e la collaborazione dei cittadini alla prevenzione non repressiva dei reati, cui corrisponde un criterio di reale «parsimonia»8 nel ricorso alla pena. L’extrema ratio cessa di essere un principio “di carta” e viene a comporsi di una serie effettiva di strumenti (all’inizio totalmente persuasivi e poi, via via, più imperativi) cui ricorrere per sollecitare l’adesione alla legge, prima di – e senza dover giungere a – applicare la pena. Viene così introdotto nel sistema penale un dinamismo in risposta alle attitudini e ai comportamenti, conformi o illeciti, dei destinatari del sistema stesso. Il diritto penale, iscritto in una politica criminale responsiva, intrattiene un costante dialogo con tutti i suoi interlocutori (inclusi rei e vittime) che influisce dinamicamente sul modo stesso di 6 Per una recente sintesi di simile posizione, con gli opportuni riferimenti ai vari studiosi che l’hanno elaborata e sostenuta (in primis G. Jakobs e, per certi versi, anche C. Roxin), cfr. S. CANESTRARI - L. CORNACCHIA - G. DE SIMONE, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2007, p. 58 ss.; con un taglio anche “empirico”, G. FORTI, L’immane concretezza. Metamorfosi del crimine e controllo penale, Milano, p. 137 ss.; cfr. inoltre la prima parte del saggio di PALIERO, Consenso sociale e diritto penale, cit. 7 Nel seguito del presente lavoro, ogni richiamo alla funzione di orientamento culturale dei consociati svolta dal diritto penale è da intendersi riferita sempre alla parte precettiva (mite e propositiva) delle norme penali, secondo l’impostazione della prevenzione generale «positiva» fornita da L. EUSEBI fin dal suo La pena “in crisi”. Il recente dibattito sulla funzione della pena, Brescia, 1990. 8 BRAITHWAITE, Not just deserts, cit., pp. 79-80.

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funzionare del sistema medesimo, il quale è in perenne co-costruzione con i cittadini, più o meno volontariamente partecipata a seconda dei livelli spontanei di compliance. Una sapiente e graduale integrazione di profili consensuali-persuasivi e profili coercitivi si rinviene, infatti, all’interno della teoria della responsive regulation, nel modello della «regulatory pyramid»9 di Braithwaite che aspira a un mobile e giusto equilibrio tra persuasione e sanzione (positiva e negativa). La piramide illustra, in modo graficamente efficace, l’atteggiarsi dell’ordinamento penale verso i consociati in una escalation di interventi che si fondano su (e partono da) un’ampia e stabile base volontaria alla quale corrisponde un rapporto di collaborazione partecipativa con la legge e, dunque, uno stile di persuasione improntato alla fiducia da parte di quest’ultima nel porsi ai cittadini. Nei livelli successivi, dove la piramide si assottiglia, compaiono modalità normative richiedenti qualche dose di autorità e induzione all’osservanza della norma, ma pur sempre comunicative. Solo nello spicchio apicale della piramide – dove la geometria lascia sussistere spazi minuscoli – si trova la pena, con le sue caratteristiche coercitive. I sistemi mono-sanzionatori sono statici e manchevoli della possibilità di modulare le risposte all’illecito, non disponendo di risorse per incentivare prima, e poi, se del caso, indurre alla conformità. Si dispone di un unico e sinistro linguaggio. Nella regulatory pyramid, che pure conserva un coefficiente di deterrenza, vi è, invece, un’escalation attiva che consente di “giocare” con i destinatari della norma su molteplici registri comunicativi e differenti schemi di interlocuzione, così da non perdere mai di vista l’impulso propositivo a cooperare, anche a valle del reato e, in ipotesi, nel momento di «riluttante» applicazione di eventuali strategie sanzionatorie più aggressive. Simili strategie lasciano, comunque, la sanzione negativa sullo sfondo10: essa è un monito, non una minaccia. Il suo esserci, accanto ad altre misure non afflittive e riparative alle quali – al primo cenno utile del reo – ci si volge, non segnala pura intimidazione, non ripiega in una passività sterile, né chiude dentro il circuito della forza. È sempre possibile per il reo, nel vigore del movimento dialogico di questa politica criminale, tornare a interloquire con l’ordinamento giuridico, attivandosi in senso costruttivamente antagonista all’illecito commesso. Detto in altre parole: c’è sempre una porta aperta per la conformità 9 AYRES - BRAITHWAITE, Responsive regulation, cit., pp. 38-47; BRAITHWAITE, Restorative Justice and Responsive Regulation, cit., specialmente p. 30 ss. 10 BRAITHWAITE, Responsive Regulation, cit., pp. 47-49.

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volontaria (che è, per natura, riparativa e correttiva quando giunge tardivamente, ex post facto). Anche la “classica” prevenzione generale negativa si colora, quindi, di accenti diversi. Nel vertice remoto in cui si trova, la pena rimane isolata, residuale, pronta all’uso solo dopo il fallimento di una complessa serie di opzioni che, se percorse dall’agente, ne consentirebbero la caducazione: il che trasforma la pena stessa in una sorta di conseguenza che il reo finisce per scegliere, in una singolare auto-nomia, e per infliggersi da solo. Quando la pena è l’unica risposta al reato, al contrario, il sistema preventivo si depotenzia: viene meno l’interesse per la conformità. Passività e sgradevolezza della sanzione fanno sì che – se non altro contingentemente – non si abbia più nulla da perdere, o – meglio – più nulla da guadagnare dall’osservanza delle norme. Non è certo con un metaforico volto sinistro, intimidatorio e ostile che l’ordinamento si rivolge qui al destinatario del precetto. Piuttosto, l’atteggiamento è quello del chiedere, del sollecitare, al più dell’indurre, in un movimentato dialogo, il comportamento conforme. «Firm and forgiving»11, ecco le caratteristiche di un sistema penale responsivo: fermezza e disponibilità ad accogliere il contributo collaborativo anche del reo alla prevenzione (generale e speciale) di reati futuri e a dare rilievo giuridico alla riparazione delle conseguenze del reato, al ravvedimento dopo il fatto doloso, alla correzione dell’errore colposo. Assistiamo a un rovesciamento di prospettiva: la giustizia penale non parte più dall’assunto di dover agire sulla criminalità, immaginando sempre di rivolgersi “a muso duro” a delinquenti veri o potenziali (come è il caso della retribuzione e delle componenti negative della prevenzione), ma si fa consapevole che il proprio compito, in una democrazia costituzionale, consiste nella promozione della conformità, prima e dopo il reato, immaginando quindi di rivolgersi a soggetti da persuadere e con cui collaborare, più che (prima che) da intimidire e recludere. Siamo agli antipodi delle logiche retribuzionistiche, ma non siamo in un mondo irenistico, bonario e idealista. In un clima di pensiero più sereno (perché depurato dagli elementi arcigni del diritto punitivo che inquieta pur sempre la – cattiva – coscienza del penalista), c’è spazio per un maggiore realismo nell’affrontare la complessità dei problemi posti dall’illecito penale, non “riducibili” né “aggiustabili” con l’intervento di una pena. Sono dettati 11 BRAITHWAITE,

Restorative Justice and Responsive Regulation, cit., pp. 30-31.

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da puro realismo e da razionali esigenze preventive le frequenti aperture ai programmi di giustizia riparativa12 e i molti indizi di attecchimento della nuova politica criminale in una serie di contesti: dalla prevenzione del crimine all’interno delle organizzazioni complesse (come dimostra la stessa disciplina nazionale – responsiva e dinamica – della responsabilità amministrativa da reato degli enti), ai modelli ingiunzionali nel settore della sicurezza del lavoro o della responsabilità da prodotto e in tutti gli ambiti – tipici della problematica del “colposo” – in cui la valutazione “partecipata” dei rischi si rivela più adeguata a finalità preventive13. Dalla meta immaginaria cui siamo approdati e volgendoci indietro, appare assai lontano, e arcaico, il diritto penale che è, invece, quotidianamente applicato nelle aule dei tribunali e conduce all’insostenibile e disumano sovraffollamento degli istituti penitenziari, certo non solo italiani. Eppure, i venti di novità politico-criminale ci indicano con chiarezza un diritto penale che si trasforma – quasi si rovescia, appunto – e si muove idealmente verso il commiato dalla concezione secondo cui 12 Aperture testimoniate, per esempio, dalle soluzioni proposte dal Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia penale e la Politica criminale al fine di arginare il fenomeno della “medicina difensiva”: G. FORTI - M. CATINO - F. D’ALESSANDRO - C. MAZZUCATO - G. VARRASO, Il problema della medicina difensiva. Una proposta di riforma in materia di responsabilità penale nell’ambito dell’attività sanitaria e gestione del contenzioso legato al rischio clinico, Pisa, 2010. 13 Per il taglio politico-criminale delle presenti riflessioni e per talune consonanze intorno al tema dell’“interlocuzione” con la norma penale, si rinvia, fra i molti, a: G. FORTI, La “chiara luce della verità” e l’“ignoranza del pericolo”. Riflessioni penalistiche sul principio di precauzione, in Scritti per Federico Stella, cit., p. 573 ss.; G. FORTI, “Accesso” alle informazioni sul rischio e responsabilità: una lettura del principio di precauzione e F. GIUNTA, Il diritto penale e le suggestioni del principio di precauzione, entrambi in Criminalia, 2006, rispettivamente p. 155 ss. e 227 ss.; F. GIUNTA, La legalità della colpa, in Criminalia, 2008, p. 149 ss.; F. STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela della vittime, Milano 20033 (soprattutto p. 595 ss.); ID., Criminalità d’impresa: lotta di sumo e lotta di judo, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, 1998, p. 459 ss.; ID., Criminalità d’impresa: nuovi modelli di intervento, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1999, p. 1254 ss. Importante non dimenticare le derive che, proprio nei settori citati (e in molti altri), la domanda di sicurezza può comunque produrre, giungendo persino a cambiare di segno i...


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