Michel de montaigne - RIASSUNTO PDF

Title Michel de montaigne - RIASSUNTO
Author MIRIAM MICELOTTA
Course pedagogia in età moderna
Institution Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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Summary

RIASSUNTO...


Description

I SAGGI DI MICHEL DE MONTAIGNE Dal 1570 si dedicò agli studi e alla meditazione. Ammiratore di Virgilio e Cicerone, scelse l’uomo e sé stesso come oggetto di studio della sua opera principale: I SAGGI------ VI LAVORA DAL 1571. COMMENTANDO I CLASSICI COME PLUTARCO, SENECA E LUCREZIO, Analizzò LA CONDIZIONE UMANA E LA Quotidianità. Il suo progetto era quello di togliere le maschere e gli artifici per rivelare il vero sé. Opera senza precedenti per sincerità è introspezione, è il ritratto di uno scettico per troppo rigide e le certezze cieche. I saggi si possono considerare come esperimento nel campo dei costumi e della morale altre che tentativi di autoanalisi e la loro influenza fu ampia sulla filosofia francese e occidentale. AL LETTORE -1° marzo 1580 -il fine di questa opera è solo privato e domestico -non ha tenuto in considerazione né il suo vantaggio né la sua gloria -lo dedica a parenti e amici in modo tale che quando non ci sarà più potranno ritrovare alcuni tratti delle sue qualità e dei suoi umori -si può vedere qui nel suo modo d’ essere sul vivo più semplice -lui stesso è la materia del suo libro CAPITOLO 8 PRIMO LIBRO DELL’ OZIO Montaigne si ritira per dedicarsi all’ozio facendo un favore al suo spirito e credendo che esso è abbastanza maturo per essere capace di conversare con sé stesso in maniera produttiva, ma non è così. Similitudine nel saggio: come succede quando non si cura un orto, ovvero crescono erbacce prive di ogni utilità, la stessa cosa con la mente. Se non ha qualcosa che la distragga, o meglio ancora la tenga impegnata comincia a divagare ed entrare nel campo dell’immaginazione, dunque non si deve lasciare lo spirito dell’ozio, ma va occupato con qualcosa, senza essere da nessuna parte. Non si deve lasciare lo spirito in ozio, altrimenti esso si dà alle vane fantasticherie. Lo spirito se non è occupato su un determinato soggetto, che lo tenga imbrigliato e costretto, si getta senza una regola nel campo vago dell’immaginazione: l’anima che non ha una mira fissa si perde visto che essere dappertutto è un essere in nessun luogo. Montaigne dice di essersi ritirato in casa per fare il favore al suo spirito di lasciarlo in pieno ozio, a conversare con se stesso, ma esso al contrario ha molto più da fare con se stesso che con gli altri e partorisce chimere e fantasie senza ordine o motivo. CAPITOLO 11 LIBRO 1

CAPITOLO 21 LIBRO 1

CAPITOLO 25 LIBRO 1 SAGGIO SULLA PEDAGOGIA Critica i sistemi d’istruzione e di educazione del suo tempo, diretti ad infarcire i ragazzi di nozioni, senza cura della formazione della mente e dell’anima. Qualsiasi scienza è dannosa se l’anima non è ben conformata; e a ciò giovani gli esempi e le opere; quindi l’educazione deve avere una basa pratica piuttosto che dottrinaria. Qualsiasi altra scienza è dannosa per colui che non ha la scienza della bontà; la scienza infatti non ha come mestiere quello di procurare la vista ad un cieco, ma invece ha la capacità di educare la vista a chi già ne è provvisto, di regolare il suo modo di procedere. Lo studio delle scienze infiacchisce e rende effeminato il coraggio, piuttosto che fortificarlo e agguerrirlo, infatti le nazioni più bellicose ai giorni di Montaigne, dice, sono le più rudi e ignoranti. Continuando nel paragrafo XXVI, Dell’istruzione dei fanciulli, Montaigne sostiene la necessità che il maestro si assicuri che le nozioni da lui impartite siano veramente comprese dall’alunno e non rimangano alla superficie: le idee degli autori che studierà devono poter diventare le sue per suo ragionamento e la vita pratica e il contatto con gli uomini completeranno l’istruzione. È necessario che l’alunno abbia per specchio il mondo e veda direttamente CAPITOLO 26 LIBRO 1 SAGGIO SULL’EDUCAZIONE DEI FANCIULLI Montaigne sostiene la necessità che il maestro si assicuri che le nozioni da lui impartite siano veramente comprese dall’alunno e non rimangano alla superficie: le idee che studierà dovranno poi diventare le sue per suo ragionamento, e la vita pratica e il contatto con gli uomini completeranno l’istruzione. L’educazione deve non usare come mezzo ogni violenza e mezzi punitivi. La difficoltà maggiore e più importante della scienza umana sembra essere in quel punto in cui si tratta dell’educazione e dell’istruzione dei fanciulli. Dato il fatto che in piccola età l’indizio dell’ inclinazione dei bambini è così tenue da non poter dare un giudizio solido, bisognerebbe incamminarli sempre verso le cose migliori e più giovevoli. Bisognerebbe aver cura di scegliere un precettore che avesse piuttosto la testa ben fatta che ben piena, cercando entrambe le cose ma più i costumi e l’intelligenza che la scienza; egli dovrebbe a sua volta ascoltare il suo allievo oltre che farsi ascoltare: gli dovrebbe chiedere il senso e la sostanza della sua lezione e giudicare la prova dal profitto che ne avrà fatto nella sua vita, vedere se l’ha anche afferrato bene e fatto veramente suo. È necessario mettere l’allievo davanti ad una diversità di giudizi ed egli sceglierà se riesce, altrimenti rimarrà in dubbio: chi segue un altro non raggiunge nulla, ma bisogna invece trasformare e mescolare i passi appresi da altri per farne un’opera tutta propria, ossia il proprio giudizio, è infatti questo che l’istruzione, il lavoro e lo studio mirano a formare. Il profitto dello studio è di esserne divenuti migliori e più saggi. Bisogna far diventare il fanciullo sottile nella scelta e nell’uso delle sue ragioni; non si devono insegnare tante storie, quanto piuttosto a giudicarne. Il mondo è lo specchio in cui ci si deve guardare per conoscersi con sicurezza, dev’essere quello per Montaigne il libro dello scolaro. Dopo che l’allievo si sarà detto quello che serve a farlo più saggio e migliore, gli si

insegnerà che cosa sono le scienze. Lo strumento della vera virtù è la moderazione. Per Montaigne si deve seguire il precetto di Platone per cui si devono sistemare i ragazzi non secondo le ricchezze del loro padre ma secondo le ricchezze della loro anima. La filosofia, come formatrice degli intelletti e dei costumi, dovrebbe essere la principale lezione del fanciullo. Il corpo quando è ancora pieghevole deve essere piegato ad ogni dottrina e ad ogni costume. Le lezioni si devono mettere in pratica e non solo saperle. È necessario inoltre assecondare l’inclinazione e la disposizione dell’alunno. Tale educazione deve essere guidata da una dolcezza severa e non tramite punizioni o violenze. CAPITOLO 31 LIBRO 1 SAGGIO DEI CANNIBALI Questo saggio ha un taglio antropologico. Montaigne mostra come non sia stato mai nelle Americhe, ma che lui racconti ciò grazie all’aiuto di un amico, che alloggiò per un periodo nel suo castello. Montaigne vuole dunque sottolineare la veracità dei fatti raccontati, fatti detti da un uomo comune e non da un intellettuale. Il motivo di vergogna di Montaigne è proprio il cannibalismo lui racconta con gli occhi dell’ospite il suo pensiero il suo punto di vista è innovativo. Il racconto si basa sul fatto che loro prendono gli uomini, prigionieri in particolari, li fanno uccidere e poi li mangiano ma questo non fa di noi umani migliori in quanto abbiamo la capacità diventare barbari. Gita Licurgo e paltone, ma compare spesso la figura di Aristotele e si dispiace di come loro non siano stati a conoscenza di quei popoli, che con la poesia vennero abbellisti.

CAPITOLO 38 LIBRO 1 Come noi piangiamo e ridiamo di una stessa cosa La diversità delle passioni e dei casi umani fa sì che uno stesso fatto possa recare dolore ad alcuni e gioia ad altri: della stessa cosa, quindi, si può ridere e piangere. L’anima si trova spesso agitata da passioni diverse, anche se alla fine ce n’è una a cui rimane la vittoria. Nessuna qualità ci tiene in possesso in modo assoluto e totale. La nostra anima lancia i suoi sentimenti in modo vario e impercettibile. Essa guarda le cose con molteplici occhi e se le rappresenta in svariati aspetti: infatti ogni cosa ha parecchie maniere e parecchie luci. CAPITOLO 39 LIBRO PRIMO DELLA SOLITUDINE La solitudine ci dà modo di vivere con noi stessi e di pensare in pace, soprattutto nell’ultima parte della nostra vita, quando non possiamo, del resto, far nulla di utile per la società. La propria persona può essere da sola, una buona compagnia; e la filosofia può insegnare, nella solitudine, a liberarsi di ogni desiderio di fama e di gloria e a prepararsi a morire bene e senza paura della morte. Noi non siamo nati per noi soli ma per la comunità. Non è che il saggio non possa vivere contento dovunque ma se egli potrà scegliere sfuggirà alla folla: non gli è sufficiente di essersi disfatto dei suoi vizi se deve sopportare quelli degli altri. Non c’è nulla di così antisociale come l’uomo, per suo vizio e per sua natura. Non basta allontanarsi dalla folla o cambiar luogo, bisogna allontanarsi dalle disposizioni popolari che si trovano in noi, occorre sequestrarsi e raccogliersi in sé stessi: quando si vive soli si fa che la nostra soddisfazione dipenda da noi. Liberiamo da tutti i legami che ci vincolano agli altri, conquistiamo su noi stessi di potere a nostra volontà vivere soli e di viverci a nostro agio. Certamente l’uomo d’intelletto non ha perduto niente se possiede sé stesso. Bisogna avere mogli, figli, beni e soprattutto buona salute ma non attaccarvicisi in modo che ne dipenda la nostra felicità; bisogna crearsi un luogo tutto nostro, sicuro, in cui possiamo collocare la nostra vera libertà e il più importante ritiro e solitudine: noi possediamo un’anima ripiegabile su sé stessa, essa ci può far compagnia.

La solitudine ha maggior convenienza e ragione per coloro che hanno dedicato agli altri la loro età più attiva e fiorente: si è quindi vissuto abbastanza per gli altri, è necessario vivere per noi almeno l’ultima parte della vita. La più grande cosa del mondo è di saper stare con sé stessi. Ad ogni occupazione bisogna dedicarsi fino agli estremi limiti del piacere ed evitare d’impegnarvisi oltre, dove comincia a mescolarvi fastidio; occorre tenere in serbo tante faccende e occupazioni soltanto per quanto è necessario per tenerci allenati e per tenerci lontani dai fastidi che si tira appresso l’altro estremo di un occhio fiacco e assonnato. Ci si deve liberare, arrivati alla fine, di ogni preoccupazione di fama e di gloria, lasciare con gli altri piaceri quello che viene dall’approvazione altrui. Ritiratevi in voi stessi ma preparatevi prima a ricevervi: sarebbe pazzia additarvi a voi stessi, se non vi sapete governare visto che c’è modo di fallire nella solitudine come nella società. E quando si sono intesi i beni veri dei quali si gode a misura che s’intendono, contentarsene senza desiderare di prolungare né vita né fama: ecco il consiglio della filosofia vera e sincera. CAPITOLO 56 LIBRO PRIMO DELLE PREGHIERE Si prega sempre in un determinato modo perché pare che all’inizio sia stato ordinato così Platone nelle leggi descrive tre specie di credenze oltraggiose a proposito degli dei: 1) che non ci siano affatto 4) che non si occupino delle nostre faccende 5) che non rifiutino niente ai nostri voti, offerte e sacrifici -la sua giustizia e la sua potenza sono indescrivibili -noi preghiamo per USANZA e ABITUDINE ,mentre tutte le altre ore della giornata le vediamo spese in ozio, avarizia e nell’ ingiustizia, non è facile convincere quelli che dedicano la loro vita interamente all’ ostinazione , la religione non è una storia da raccontare ma da rivivere, temere e adorare la prima legge di Platone vieta ai religiosi di indagare le leggi civili nessuno nella sua vita dovrebbe conoscere più di una donna in qualsiasi momento invochiamo Dio dobbiamo farlo con serietà e con religione .Senofonte dice che dobbiamo pregare Dio più di rado perché non è facile mettere la nostra anima in quella posizione disciplinata e devota altrimenti le nostre preghiere sarebbero vuote ,invochiamo dio per liberarci dalle colpe e per invitarlo alla giustizia, quello che chiama Dio nel momento in cui è preda del vizio è completamente fuori strada ,pochi uomini avrebbero il coraggio di palesare le richieste che fanno a Dio non bisogna chiedere che tutte le cose vadano secondo la nostra volontà ma che la volontà segua la SAGGEZZA ,bisogna sempre avere l’anima addolorata dei peccati e nemica delle passioni che ci hanno spinto CAPITOLO 8 LIBRO SECONDO DELL’ AFFETTO DEI PADRI PER I FIGLI A MADAMA D’ ESTISSAC vuole manifestare il grande onore che vuole darle per come questa ha amato i suoi figli nessun gentiluomo deve tanto alla madre quanto i suoi figli COLUI CHE FA DEL BENE LO AMA PIU’ DI QUANTO NE SIA AMATO E COLUI AL QUALE SI DEVE AMA PIU’ di COLUI CHE DEVE chi compie una buona azione fa del bene mentre chi la riceve fa dell’utile SOLO LA RAGIONE DEVE GUIDARE TUTTE LE NOSTRE INCLINAZIONI spesso la gelosia dei genitori nel vedere i figli crescere li rende più parsimoniosi nelle attenzioni da dargli difficile è indirizzarli verso una strada e fargliela

mantenere giusta ogni debolezza secondo Aristotele è produttrice di avarizia tutti gli uomini che hanno vissuto con onore dovrebbero essere sempre venerati dai loro figli tutte le violenze per educare un animo tenero devono essere evitate, tutto ciò che non si fa con la ragione non si fa con la forza se uno vuole evitare di essere odiato dai figli deve sistemare ragionevolmente la sua vita finché può in ogni popolo le leggi dei rapporti sono differenti ma bisognerebbe per eccellenza vietare di fare azioni poco ragionevoli tutto deve essere rimandato ai figli se le nostre forze non ci reggono più lui cercherebbe di trattare con dolcezza i suoi figli sempre se sono persone ragionevoli anche se potesse farsi temere preferirebbe comunque farsi amare comandare e farsi temere non sono più le sue armi quelli che non hanno né moglie e figli incorrono facilmente nelle disgrazie dovremmo sempre e comunque applicare le stesse riflessioni che facciamo agli altri anche a noi stessi conosce storie di padri che a causa del loro umore troppo burbero non hanno avuto la possibilità di conoscere veramente i loro figli lui stesso si affretta a dimostrare chi è per evitare che gli altri possano sbagliarsi sul suo conto l’ingiustizia alletta le donne perché le rende più soddisfatte ma è giusto che i figli vengano allevati da lei Loro danno troppo peso alle speranze che rivolgono negli ingegni infantili ed è una follia fare delle scelte per i figli seguendo le divine leggi .A lui sembra che alle donne non spetti altro che la potestà sugli uomini salvo quello materna e naturale .Spesso le persone si lasciano andare non volendo utilizzare la forza dove le cose gli sembrano più naturali racconta a storia delle donne che devono subito abbandonare i loro figli alle balie e questi li fanno allattare dalle capre che riconoscono sempre e solo la stessa e sempre quella vogliono . Elio doro vescovo di Trieca preferì perdere avere e dignità pur di non perde sua figlia. In Sant’ Agostino sarebbe stata un’empietà se proponendogli di seppellire i suoi scritti non avesse preferito seppellire i suoi figli. CHI È PIU’ RICCO DI ME SARA’ SICURO MENO SAGGIO DI ME X. Dei libri Parla delle sue letture preferite e confessa di non poter leggere libri se non vi trova diletto: se un libro lo annoia, lo mette da parte. Gli piacciono soprattutto i libri in cui si espongono idee e fatti concreti, piuttosto che i libri puramente di scienza teorica; gli storici sono la sua passione. E per le storie le sue preferenze vanno a Cesare. Fa osservazioni su impressioni diverse riportate da letture compiute più volte a distanza di anni. Montaigne dice di non mettere in dubbio che gli accada spesso di parlare di cose che sono trattate meglio e con più verità dai maestri del mestiere; è questa una semplice prova delle sue facoltà naturali e non di quelle acquisite: queste sono le sue idee, con le quali non cerca affatto di far conoscere le cose, ma sé stesso. Così lui non garantisce alcuna certezza, se non sia quella di far conoscere fino a che punto arriva la conoscenza che lui ne ha; non si deve badare agli argomenti ma il modo in cui Montaigne li tratta. Dice di volere che si veda il suo andare naturale e consueto per quanto scomposto sia. CAPITOLO 28 LIBRO 2 Dice che c'è un tempo per ogni cosa, che per Montaigne da anziani non ci si può dedicare all'esercizio fisico o allo studio del greco, che il più grande vizio degli esseri umani è il ringiovanimento dei desideri mentre loro invecchiano Libro terzo III. Di tre commerci Fa osservazioni sulla propria indole e sulle proprie tendenze, ed è del parere che bisogni indirizzare i propri desideri alle cose più facili e vicine. Egli si attacca molto alle amicizie con persone di grandi qualità, è freddo nelle amicizie comuni, sebbene per natura sia facile alla comunicazione. Tratta del commercio con le persone dabbene in genere, con le donne e infine coi libri, che trova esser quello che dà soddisfazioni più fini e costanti. Ne prende argomento per parlare della sua biblioteca....


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