Musica - Riassunto primi 3 capitoli e appunti delle lezioni del professor Daolmi. PDF

Title Musica - Riassunto primi 3 capitoli e appunti delle lezioni del professor Daolmi.
Author Esmeralda Villalobos
Course Musica e didattica della musica
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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Riassunto primi 3 capitoli e appunti delle lezioni del professor Daolmi....


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La prima stesura delle notazioni si può individuare nelle comunità cristiane per la standardizzazione dei riti liturgici, definendo anche il valore di questa cultura nei secoli successivi. Sta di fatto che i greci avevano già tentato una scrittura musicale- ad oggi ci rimangono una 40ina di testimonianze musicali greche, tra cui il papiro di Ossirinco (probabilmente tratto da un manuale), con riferimenti cristiani, del IV secolo ca. Fondamentale è l’editto di Costantino (313, dopo il sogno del 312 rappresentato nel Vaticano) che sancì la sua conversione al cristianesimo e la libertà di culto del cristianesimo (381 diviene poi religione di stato), che era fortemente pregiudicato soprattutto perché non accettava di praticare il rito imperiale, avendo quindi un’iniziale divisione che viene poi successivamente assimilata. Dal punto di vista musicale si vede un mutamento che giunge sino al ‘700, con una tappa importante di Gregorio nel ‘600 con una definizione dei testi, assimilano anche altre civiltà nella vastità del territorio romano (p.61), che si nota anche nelle festività (vedi Pasqua e Natale). Capitolo 2, paragrafo 2-3 (p.56-87) + paragrafo 4 (p.92-99) La figura di Sant’Ambrogio è fondamentale nel ‘400: - vescovo di Milano e da lui prende il nome il rito ambrosiano (già primo diffuso); - come simbologia ha la ferza (frusta) che rimanda all’idea di aver punito gli ariani, che ai tempi erano considerati eretici, ma in realtà il suo fu un ruolo fondamentale nel dialogo tra di essi e i cristiani fino a giungere all’unione; - introdusse l’utilizzo dell’inno nei riti, che di fatto era una canzone che per essere più coinvolgente utilizzata la canzone strofica che permetteva l’elemento melodico, con un carattere profondamente didattico. Uno di questi è il Veni redemptor gentium (X secolo) che si attribuisce a S. Ambrogio. Dal sito: http://www.examenapium.it/meri/audio/inno2.mp3 http://www.examenapium.it/meri/audio/inno3.mp3 https://www.youtube.com/watch?v=8MiHA8rNNFE http://www.examenapium.it/meri/inno.html Malgrado l'inno sia strutturato su un metro latino (dimetro giambico) di fatto cerca di far coincidere le quantità lunghe con gli accenti tonici. È un segnale della trasformazione della sensibilità ritmica. Proprio in riferimento a questa prerogativa del teso l'inno è proposto in due esecuzioni «quella tradizionale ... e un'altra che distingue note lunghe e brevi corrispondenti alle sillabe di sostegno. Tale prassi è indicata esplicitamente in vari codici, ma non sempre in modo coerente» [Baroffio]. Niente di preciso si sa delle melodie che furono in origine applicate agli inni di Sant'Ambrogio, se fossero composte da lui o adattate da musica precedente. Poiché gli inni erano destinati all'uso dei fedeli, sembra logico supporre che la loro melodia fosse semplice e sillabica. Dalla definizione agostiniana del piede giambico apprendiamo che constava di "una breve e una lunga, di tre tempi", e le più moderne trascrizioni degli inni sono basate sull'ipotesi che il ritmo della melodia seguisse il metro del testo. Il metro ambrosiano era retto dalle leggi della quantità, sebbene il graduale passaggio dalla quantità all'accento fosse già iniziato al tempo di Sant'Ambrogio. Sta di fatto che gli inni ambrosiani sono quasi immediatamente trascritti. Capitolo 2, paragrafo 3 (p.87-88) Vi erano quattro modi in cui i cristiani cantavano il rito: 1. cantillazione, modo di cantare la prosa (testi non poetici). Intonazione della frase appoggiando ogni sillabo su una stessa altezza (ribattuto – sistema modale, lettura vangelo di Matteo); 2. salmodia, modo di cantare i salmi. Testo poetico ma che deriva da una traduzione, con versetti ma con versi differenti ma divisi in due parti; 3. canto vero e proprio, modo di cantare i canti. Canto vero e proprio con melodia (Kyrie XI); 4. innodia, modo di cantare gli inni. Dei primi due abbiamo pochi documenti, ma abbiamo più sicurezza sul modo in cui veniva cantanti.

Dal sito: http://www.examenapium.it/meri/inno.html L'Inno è un canto strofico, con metro poetico, che è venuto ad arricchire il repertorio liturgico romano a partire dal III secolo. Se i salmi sono i canti di tradizione ebraica – in prosa e tradizionalmente cantillati – gli inni sono i canti nuovi cristiani, in versi, intonati su una melodia semplice e sillabica. Ha un ruolo fisso nella liturgia delle ore, ma occasionalmente lo si trova nella messa. Parametri del suono (lezione 4) – il suono si propaga nell’aria con la compressione ( cresta) e dilatazione (gola) delle particelle (vedi immagine a p. XIV). Il numero delle onde si calcola in hertz (Hz) che identifica la frequenza del suono. Le caratteristiche del suono sono: 1) lunghezza: distanza tra le compressioni; 2) ampiezza: quanto la compressione è forte o debole, esse poi costituiscono i parametri dell’altezza (grave o acuto) e intensità (debole o forte). L’altezza fu trascritta intorno all’anno 1000, con la notazione del IX secolo; 3) durata: ovvero quanto un suono si protrae nel tempo e fu identificata intorno al XIII secolo; 4) timbro: esso dipenda dagli strumenti e si raffigura con onde irregolari (figura a p. XV). Nel vibrare si producono suoni oltre a quello fondamentale che vengono definiti parziali. Questi sono armonici solo quando sono in vibrazione doppia, giungendo più morbidi al nostro orecchio, con delle altezze riconoscibili. Gli armoni possono poi variare di intensità. Prefazione (p. XII-XVI) L’energia è la manifestazione delle vibrazioni, che a sua volta è una condensazione di energie colte mediante onde elettromagnetiche che nel nostro corpo sono interpretate come colori. Tali vibrazioni nel vuoto non hanno un effetto sonoro, quindi non possono diffondersi. Vengono misurate in Hertz (Hz) e la musica utilizza tra le 50 e 5000 vibrazioni. Vi è poi il timbro ovvero l’irregolarità che presenta anche i suoni parziali che non vengono però percepiti distintamente: - indeterminato: altezza non identificabile; - armonici: valorizzazione fondamentale. La differenziazione dei timbri dipende dall’intensità degli armonici. Altezza del suono e dimensione del suono: più la sorgente è piccola, più il suono è acuto. Abbiamo 1/2 diapason – ottava 2/3 diapante – quinta 3/4 diatessaron – quarta 1 suono base Questi rapporti sono consonanti poiché hanno in comune i primi armonici. Nel cappellone degli spagnoli presso S. M. Novella vi è la raffigurazione delle arti liberali e virtù. In quella delle arti libere vi è la musica raffigurata da una donna con in mano un piccolo organo. Ai suoi piedi vediamo la figura di un uomo che batte con il martello sull’incudine. Esso è Tubalcain, ricollegabile al mito di pitagora. Capitolo 1, paragrafo 3 (p. 27-31) Vediamo quindi una forte frammentarietà culturale data dai vari territori con differenti ritualizzazioni, ma vediamo come negli ultimi anni dell’alto medioevo si tenta di dare un’unità con Gregorio che cerca di fissare i testi liturgici e gli Ordines romani. Vediamo come i passaggi più importanti siano stati: a- gli inni per la diffusione della cristianità, soprattutto con autori di inni come Bardesan, Efrem, Romano il Melode e Giovanni Damasceno. Inoltre, per quanto riguarda l’inno vediamo come quello diffuso da Sant’Illario e Sant’Ambrogio derivi da quello orientale (soprattutto Siria e Palestina) con delle differenze. Vediamo come l’originale possedesse delle strofe eseguite da un solista e poi un

reframe che viene cantato da tutti. È quest’ultima parte che viene a perdersi in quello occidentale lasciando solo la parte strofica che viene cantata in coro così da avere anche una funzione di riflessine per i credenti; b- presenza di forme eretiche (in contrasto) con il cristianesimo, soprattutto per quanto riguarda gli ariani; c- inoltre vediamo come questa fosse importante anche per quanto riguarda la discesa dei popoli barbari (soprattutto germanici dal V secolo) i quali si uniscono alle religioni in base alla loro discesa, ovvero, se arrivavano dal nord divenivano cristiani, invece se la loro provenienza era dalle coste orientali divenivano ariani (goti e longobardi); d- lo sviluppo dei monasteri, soprattutto sulla linea di Benedetto, e si lega soprattutto all’assenza sul territorio del potere imperiale, dovendo quindi creare delle comunità di gestione e protezione. Bisogna precisare che esse non erano congregazioni religiose, ma laiche, nonostante la preghiera fosse importante, oltre che con una canorità marcata. In Irlanda, luogo abbastanza isolato e desolato dove i monasteri ebbero grande successo, abbiamo Colombano come personaggio importante, il quale aprì dei monasteri anche in Francia ed Italia. Bisogna sottolineare la differenza tra i monasteri orientali, con un’organizzazione più privata, rispetto a quelli occidentali che vedono uno sviluppo più collettivo. Abbiamo qui Pacomio con la sua prima struttura del 320 circa. Un’altra utilità dei monasteri era la conservazione degli scritti, soprattutto per la gestione della grande complessità liturgica, allo stesso tempo molto selettiva. I testi pagani invece avevano un’utilità maggiormente didattica. Di tutte questo periodo però ben poco ci è rimasto a livello musicale. Capitolo 2, paragrafo 3 (p.63-92) Vediamo come tra i canti più antichi e tra i più originali (scritto poco dopo la sua creazione) vi è il Credo che viene posto al centro della messa (tra didattica e quella riguardante la memoria di cristo). Esso fu cantillato quasi sin dal IX secolo, ma la sua storia prevede tre fasi. La sua struttura è ideata su quella di un salmo, con doppio emistichio, confermandoci così il suo utilizzo ancora nel VIII/IX secolo. Capitolo 2, paragrafo 4 (p.92-99) Dal sito: http://www.examenapium.it/meri/audio/credo1.mp3 http://www.examenapium.it/meri/credo.html Il Credo è anche detto Simbolo niceno, perché in un verso sintetizza il principio consustanziale fra Dio e Cristo ("Non fatto ma generato dalla stessa sostanza del Padre") sancito dal Concilio di Nicea (325). Si suppone il testo di poco posteriore al concilio. Fu in origine un canto di professione di fede per i battezzandi, in seguito fu introdotto nella messa: a Costantinopoli intorno al 500, poi nel rito spagnolo (Concilio di Toledo, 589), in quello gallicano (Concilio di Aachen, 798), e divenne testo ufficiale nel 1014 a seguito delle insistenze dell'imperatore Enrico II. La disposizione della melodia nello schema che segue mostra come il testo in prosa sia suddiviso in 23 versetti (24 con l'Amen) intonati su una stessa melodia o, per i versetti più brevi, parti di essa. Il principio di adattamento è quello stesso salmodico solo che qui non ci si limita a dilatare la corda di recita. Struttura della messa: è suddivisa in due parti con il Credo nel mezzo. In totale prevede una decina di canti che si differenziano in ordinari, ovvero presenti uguali in tutte le messe, e propri, che invece si modificano in base all’occasione della messa. In generale la liturgia è vista come una scansione temporale, oraria. Rito d’ingresso; 1) liturgia della parola (didattica), la parte più complessa in cui è compreso il canto dell’Alleluia. Quest’ultimo non ha un testo, ma è interamente vocalizzato (se non per una piccola parte strofica che poi si modifica nelle occasioni) ed è attuato solo nelle feste essendo un canto di gioia;

Credo 2) liturgia eucaristica (sacrificale), fu inserita relativamente tardi e ha il valore di dare conoscenza sulla vita di cristo; Rito di conclusione. Capitolo 2, paragrafo 4 (p.92-99) Dal sito: http://www.examenapium.it/meri/messa.html Si realizza collettivamente sotto la guida di un sacerdote. Nella sua forma originale è interamente cantillata (recitativo liturgico) con una decina di episodi cantati. Trattatistica musicale – dei testi a noi giunti, sono pochi quelli in latino, la maggior parte risulta in lingua greca, con una grande tecnicità, fatta eccezione di pesudo-Plutarco, Sulla musica (II secolo d.C.). Due testi fondamentali sono: - Aristide Quintiliano, Sulla musica, testo sulla metrica che concepisce come idea di musica; - Beozio, Fondamenti della musica , il quale raccoglie tutta la trattatistica tecnica greca traducendola in latino, che diverrà poi la base per la trattazione teorica medievale; - Marziano Capella, Nozze di Filologia e Mercurio , è un porosimetro strutturato ad episodi sulle arti liberali, dedicando quindi un capito all’armonia e riprende in versione poetica il testo teorico di Quintiliano. Capitolo 1, paragrafo 3.5 (p. 33-47) Le tappe prima dell’arrivo di Carlo Magno:  scontro tra i cristiani e i mussulmani: due religioni monoteiste faticano ad avere una pacifica convivenza e quando vi fu la problematica territoriali, queste due religioni entrarono in conflitto, aiutando la religione cristiana ad unirsi maggiormente. Il confronto effettivo giunge poi quando essi arrivano sulle terre Francesi, dopo aver convissuto liberamente con quelle spagnole;  i Franchi erano governati dai Merovingi e successivamente dai Carolingi i quali componevano l’esercito che prenderà successivamente il potere. Già nelle generazioni precedenti, a partire da Pipino il Breve si vede un avvicinamento dei Franchi con il cristianesimo, non solo assimilandone la religione, che era già avvenuta, ma stipulando delle alleane con il vescovo di Roma, attuando poi degli scambi culturali, senza aver troppi ostacoli poiché i Longobardi non si erano mai ambientati totalmente con i romani. Carlo Magno riuscì a scacciare le pressioni arabe. L’idea di Carlo Magno era quella di portare in auge l’impero quindi: 1) attraverso l’aspetto visivo, spingendo per una romanizzazione architettonica (come ad Aquisgrana) che porterà il periodo tra l’800 e il 1200 a essere definito epoca romanica; 2) non possedendo una rete abbastanza forte per controllare tutto il territorio decise di fruttare una rete già ben strutturata, ovvero quella religiosa, più nello specifico nelle comunità cristiane, dando inizio a una lunga relazione tra papato e impero, che sfocerà anche in dissidi interni. Mediante questa tentò una standardizzazione dei rituali che impose a tutte le popolazioni, anche con violenza. Ricordiamo che già precedentemente era stata uniformata da Gregorio testualmente, ma rimaneva ancora molta varietà nel suonarla, la soluzione? Sistema didattico all’interno delle chiese e monasteri con l’invenzione del sistema di notazione (p.108) intesa come espressione dei segni che già la tradizione greca usata per l’interpunzione, ma non era usata in latino. Essi avevano lo scopo di ricordare quello come si doveva cantare, non avevano proprio un valore di preciso, ma utili per la memoria ed erano utili soprattutto per il nord Europa, dato che sul territorio italiano era già abbastanza assimilata ed unificata. Un capovolgimento della situazione si ha nel XIII secolo quando furono i romani ad aver bisogno dei Franchi per quanto riguarda la notazione, giungendo a utilizzare il loro modello ormai sviluppatosi autonomamente. Capitolo 3, paragrafo 1 (p. 103-115)

Notazioni – dal IX secolo come base di strategia mnemonica. Durante Carlo Magno si vede poi il fiorire di trattati, di cui ce ne rimangono una quindicina, legati alle stesure dei monaci e svilupparono il sistema modale con l’utilità di classificare il repertorio liturgico, portando anche degli incastri costretti. Importante fu il ruolo di Guido d’Arezzo, facendoci comprendere anche come ormai anche in Italia si vedeva la stessa necessità di scrittura soprattutto per la trasmissione, dando oltretutto involontariamente il nome alle note. Capitolo III, paragrafo 1.3 (p. 110-114). Strumenti dall’anno 1000 – in questo periodo vediamo la scomparsa di alcuni strumenti, come l’organo, che continuerà ad essere utilizzato in oriente, ma non in occidente. Dall’oriente abbiamo anche l’importazione di alcuni strumenti, ma la rivoluzione più importante fu l’introduzione dell’ archetto che permetteva di suonare in modo differente gli strumenti cordofoni. Nella differenziazione degli strumenti vi sono quattro ragioni: corda, fiato, percussioni e idiofoni (ovvero composti in un unico materiale). Per quanto riguarda i cordofoni (p.15) vediamo la definizione di quattro tipologie che possono però essere riassunte in due: arpa – con le corde innescate direttamente nella cassa che rendono lo strumento complicato data la sua perpendicolarità; altri strumenti – coinvolgendo così: cetre, strumenti senza corde tastabili liuti, che comprendono anche le lire, strumenti con corde tastabili. Un esempio è la liratoro (fig.3b p.14). In realtà dovrebbe essere definita cetra dato che le sue corse non sono tastabili, ma viene suonata pizzicandole, soprattutto poiché sono tante, quindi sarebbe poco dinamico, e perché si legano ad un supporto troppo sottile che non riuscirebbe a reggere la tastatura. https://www.youtube.com/watch?v=JU4QRxsZhjg&feature=youtu.be&t=75 Una lira sicura è la kithara greca per la quale veniva anche utilizzato un plettro che rimaneva attaccato allo strumento così da poterlo lasciare per pizzicarla e recuperarlo in un secondo momento. Lo strumento è particolare soprattutto per le due protuberanze laterali che modificano il suo suono. https://www.youtube.com/watch?v=6adj7Xoo9Us&feature=youtu.be&t=282 https://www.youtube.com/watch?v=6adj7Xoo9Us&feature=youtu.be&t=132 https://imagery.zoogletools.com/u/392904/108bf087fcd42d47eb198af1eb5668069e7214e 4/original/19516d4-cithare.jpg/!!/b%3AWyJyZXNpemU6MzQ0eDM0NCJd.jpg Esso fu uno strumento tardo, inizialmente con quattro corde che aumentarono poi successivamente sino a nove. Suono errato: https://www.youtube.com/watch?v=4UWBo0rsuHU&feature=youtu.be&t=175 crotte – è una tipologia di lira che poi ebbe l’introduzione dell’archetto, avendo poche corde, differenziandosi poi in: citale, ovvero con l’archetto e fiduce, senza archetto. liuto – strumento di tradizione orientale che arrivò in quel periodo e la caratteristica di novità sta nella cassa armonica panciuta. Viene inizialmente assorbita dagli spagnoli nella loro pacifica confidenza con i cristiani del territorio. salterio – una cetra con un gran numero di corde che porta a suonarla pizzicandola oppure picchiandola con qualche strumento e solitamente accompagna i salmi. ghironda – è uno strumento ad arco, caratterizzato da una ruota posta sulla parte bassa, fatta di legno, dove la rotazione mette in vibrazione le corde, modificandone i suoni, dando un ritmo che lo rendeva uno strumento da accompagnare durante le danze. https://www.passaggilenti.com/wp-content/uploads/2018/03/ghironda.jpeg Esso prende spunto: - sinphonia (p.165), ovvero un’armonica a scatoletta dove la struttura era tutta interna e veniva azionata dai tasti esterni. Aveva una tradizione profondamente popolare e sparisce nel tardo medioevo;

- organistum (p.138), di grande dimensione tanto da essere suonato da due persone, soprattutto per la grande quantità di levette e aveva lo scopo di definire i bassi, tipicamente liturgico che ci fa intuire su alcune sonorità della liturgia di quel periodo. Tropo (tropatura) – è una tecnica che inizia a svilupparsi dall’anno 1000 e consiste nell’innovazione di un pezzo già esistente, senza eliminare e rinnegare quest’ultima ma magari aggiungendo una frase musicale, una premessa, una seconda voce, l’aggiunta del testo o una parte del testo sostituita. Essa in epoca medievale era molto collegata alle liturgie, ma non solo, solamente che queste sono quelle più facilmente tracciabili avendo più riferimenti al testo originale. Il concetto di tropo è poi importante soprattutto per comprendere l’idea di creatività delle società medievali, che si porterà avanti fino all’rinascimento. Vediamo come per loro questo utilizzo di qualcosa di già esistente per modificarlo e creare qualcosa che comunque lo ricordi è la creatività, che invece nel nostro caso è vista come mancanza d’innovazione. Terribilis est locus iste (stupefacente questo luogo) – è l'introito della messa che si celebra per l'intitolazione di una chiesa [GT 397]. Il canto sarà il tenor del mottetto Nuper rosarum flores (1536) di Dufay. La quartina di esametri Organicis Christo (in vari codici beneventani, xi sec.) sembra nata indipendentemente dall'introito, ma unita ad esso ne spiega il significato apparentemente in riferimento all'edificio in cui veniva cantato il tropo: forse lo stesso monastero di Montecassino, trattandosi di un tropo tipicamente beneventano. - http://www....


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