Nuova Secondaria Ricerca 3 Novembre 2018 PDF

Title Nuova Secondaria Ricerca 3 Novembre 2018
Author Sara Chiappa
Course Scienze dell'educazione
Institution Università degli Studi di Bergamo
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POSTE ITALIANE S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - LOM/BS/02953 – Edizioni Studium – Roma - Expédition en abonnement postal taxe perçue tassa riscossa - ISSN 1828-4582-Anno XXXVI

M E N S I L E D I CUL T UR A , R I CE R C A PE DA GOG I C A E O R I EN T A M E N T I DI DAT T I C I

03

NOVEMBRE 2018

SENECA, L’ARMONIA DELL’UNIVERSO E IL TEATRO DELLA VITA I GIOVANI CATTOLICI ATTRAVERSO IL SESSANTOTTO IL MUSEO PER LA SCUOLA: “EDUTAINMENT” ALLA RICERCA DEL PENTAGONO REGOLARE: DUE PROPOSTE DIDATTICHE INSEGNARE LA CHIMICA DEI POLIMERI

N UOVA S ECONDARIA R ICERCA

3

novembre

2018

DOSSIER L’educatore socio-pedagogico. Attualità di un profilo professionale A cura di Giuliana Sandrone Introduzione (GIULIANA SANDRONE)

pp. 1-2

SILVANA CALAPRICE L’educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista: dalla domanda sociale all'identità professionale. Quale la specificità pedagogica?

pp. 3-14

IVO LIZZOLA Le professioni sociali e la cura della vita comune

pp. 15-24

FRANCESCO MAGNI Il nuovo profilo dell’educatore professionale. Percorsi formativi, qualifiche e questioni irrisolte

pp. 25-32

ANNA LAZZARINI Il lavoro educativo e sociale come cura della complessità

pp. 33-42

GIULIANA SANDRONE La formazione dell'educatore sociale in Francia: l'Institut, l'insegnamento universitario e la ricerca

pp. 42-50

FRÉDÉRIQUE LERBET-SÉRÉNI L'alternance dans la formation initial et continue des éducateurs: problematiser l'experience pour theoriser

pp. 50-57

ANDREA POTESTIO L'educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista per i servizi al lavoro

pp. 57-64

ISSN 1828-4582

DOSSIER NSRICERCA L’educatore socio-pedagogico. Attualità di un profilo professionale A cura di Giuliana Sandrone

Con i contributi di: Silvana Calaprice, Anna Lazzarini, Ivo Lizzola, Frédérique Lerbet-Séréni, Francesco Magni, Andrea Potestio, Giuliana Sandrone

© Nuova Secondaria - n. 3, novembre 2018 - Anno XXXVI - ISSN 1828-4582

NUOVA SECONDARIA RICERCA 3

Introduzione di Giuliana Sandrone Il profilo professionale previsto dal Corso di studi di laurea triennale in Scienze dell’educazione (Classe L19) si deve oggi confrontare con i cambiamenti culturali, sociali e normativi che in questi ultimi anni lo hanno coinvolto rispetto a una pluralità di aspetti. La denominazione stessa di questo profilo professionale ha trovato forma definitiva attraverso i commi 594-601 della L. 205/17 (cosiddetta Legge finanziaria 2018) che lo riconosce quale educatore professionale socio-pedagogico, mantenendo ed esplicitando la distinzione pluridecennale esistente con il profilo dell’educatore professionale sociosanitario, formato nel Corso di studi L/SNT2. L’attività didattica che, in ambito universitario, ha il compito della formazione degli studenti che si preparano ad assumere questo profilo professionale è necessariamente attenta a tutti questi recenti cambiamenti culturali, sociali e normativi; per questo, fatta propria l’attività di ricerca che la alimenta, l’azione di insegnamento universitario cerca modi e strumenti per rendere consapevoli gli studenti delle specificità proprie del profilo dell’educatore socio-pedagogico, delle sue competenze e della sua collocazione professionale, sottolineando sia la pluralità degli ambienti in cui essa si esercita – si spazia dai servizi per la prima infanzia e, tramite un’eterogenea rete di servizi socio-educativi si arriva fino alla vecchiaia, attraverso l’intera vita umana – sia la complessa ricchezza della relazione educativa, dell’incontro che in essa si realizza, delle azioni mai definitivamente chiuse e valutabili che la sostanziano, dell’intreccio di reti e alleanze che la sostengono. Compito non facile, dunque, la formazione degli studenti che, oggi, vogliono diventare educatori sociopedagogici. Ma è proprio pensando a questi studenti che ha preso avvio il lavoro di ricerca che viene qui presentato, con il quale si intende esplorare in modo privilegiato la dimensione pedagogica di questa professione, avendo cura di identificarne i nodi epistemologici che alimentano consapevolezza culturale, sociale, normativa, indispensabile per un professionista la cui complessa identità si definisce nell’intreccio mai concluso tra la pratica talentuosa e la riflessività teorica solidamente fondata. E se ciò è vero nel nostro paese, non meno lo è in altre realtà, come la vicina Francia, dove molti docenti e ricercatori perseguono esattamente questo stesso scopo: fondare pedagogicamente il rapporto dialettico indispensabile tra la pratica professionale in campo sociale e le conoscenze teoriche acquisite. I diversi saggi intendono, dunque, anche attraverso la ricchezza di linguaggi e argomentazioni diversi, essere strumento in questa prospettiva didattica e formativa, al servizio degli studenti che queste pagine leggeranno; per questo, nei contributi presentati si intrecciano, ricorrenti, alcuni temi propri della figura professionale dell’educatore socio-pedagogico, che vengono qui sinteticamente raccolti. La questione normativa. Oltre a ricostruire i passaggi fondamentali che, a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, hanno segnato le norme regolanti le figure professionali proprie del welfare sociale contemporaneo, viene messo sotto osservazione soprattutto l’impatto determinato dai commi della succitata L. 205/17, intesi sia come risultato positivo rispetto a un lungo e faticoso iter parlamentare, sia come dispositivo che lascia ancora irrisolte alcune questioni centrali per l’educatore socio-pedagogico e spinge verso soluzioni culturali ed epistemologiche nuove. Nel primo caso – è la prospettiva del saggio della professoressa Silvana Calaprice – la riflessione che ne consegue è che, al di là della stabilità professionale offerta dalla norma, l’educatore viene chiamato a definire la propria identità come figura pedagogica a tutto tondo, impegnata a operare in una pluralità di campi educativi spesso non formali; gli è d’obbligo fare tesoro della riflessività necessaria per operare e approfondire processi educativi che © Nuova Secondaria - n. 3, novembre 2018 - Anno XXXVI - ISSN 1828-4582

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L’EDUCATORE SOCIO-PEDAGOGICO. ATTUALITÀ DI UN PROFILO PROFESSIONALE

coniugano una formazione al contempo solida e aperta e una expertise che si alimenta di buone pratiche. Nel secondo caso – troviamo questa prospettiva nel saggio del professore Francesco Magni – l’attenzione si appunta sulla sempre più esplicita richiesta di professionalità educative, qualificate per operare in diversi contesti, rispetto alla quale i recenti provvedimenti legislativi hanno introdotto alcune novità, ma lasciando parecchie questioni irrisolte. Tra queste, quale nesso tra qualifiche formali e riconoscimenti professionali “sul campo”? Come e su quali paradigmi pedagogici impostare i percorsi formativi volti alla formazione di questa figura professionale? Quale il rapporto tra teoria universitaria e pratica lavorativa? Un’identità professionale complessa. Come il contesto antropologico, socio-culturale ed economico, investito da cambiamenti profondi e, in alcuni casi, mai esperiti prima, anche il welfare del nostro paese si è modificato e ha richiesto un ripensamento e una ridefinizione delle figure educative che in esso operano, specie quelle legate allo statuto pedagogico, come l’educatore proveniente dalla Classe L19. Nel saggio della professoressa Anna Lazzarini si sottolinea come l’identità professionale di questa figura richieda, oggi, aspetti di preparazione che si articolano intorno a solide conoscenze scientifiche, forte preparazione culturale, acquisizione di abilità tecnicamente fondate, sviluppo di riflessività che permetta di rileggere criticamente il processo di cui si fa parte. Questo percorso formativo – sottolinea il professor Ivo Lizzola – deve vigilare per non coltivare la determinazione e l’illusione di portare interventi tecnici risolutivi, di efficace bonifica, perché l’educatore socio-pedagogico, proprio a partire da questa formazione, si appresta piuttosto ad accompagnare percorsi esistenziali complessi e difficili e si pone, con competenza e creatività, in una delicata posizione di attesa che fa agio sulle parti generative e costruttive delle persone, sul loro voler vivere. Vero e proprio “tessitore di contesti”, l’educatore socio-pedagogico favorisce lo sviluppo, il riannodarsi, la ripresa di relazioni fra i vari soggetti individuali e collettivi impegnati nella crescita educativa e sociale. La formazione in alternanza. La necessità di connettere teoria e pratica, di agganciare riflessivamente ciò che si conosce con ciò che si fa è la prospettiva che accomuna i due saggi delle professoresse Giuliana Sandrone e Frédérique Lebert-Séréni. Nel primo si documenta l’attività di ricerca condotta a Pau (Francia) circa i percorsi universitari e post-secondari che si occupano della formazione delle molte figure che operano nel mondo delle professioni sociali. L’esigenza di operare in alternanza formativa – è la prospettiva dell’universitario Laboratoire Experice – raccoglie la prospettiva culturale coltivata da alcuni ricercatori della pedagogia francese, tra cui la professoressa Lebert-Séréni; quest’ultima, nel suo saggio, presenta la proposta formativa del Laboratoire, all’interno del quale si organizzano attività didattiche e seminariali in cui studenti in formazione iniziale si uniscono a studenti in formazione continua nella elaborazione di mémoires professionnels de recherche, intesi come strumenti pertinenti per superare le contraddizioni proprie della dialettica tra teoria e pratica. Nuovi spazi di placement. La riflessione sul profilo dell’educatore socio-pedagogico che opera nei servizi al lavoro, condotta dal professor Andrea Postestio, intende rappresentare le caratteristiche proprie di nuovi spazi di placement che i cambiamenti socio-economici dell’ultimo decennio hanno aperto. L’educatore che qui si richiede deve operare in contesti formali, non formali e informali, progettando e gestendo percorsi educativi e formativi che sono volti allo sviluppo integrale delle persone; nello specifico, gli ambiti formali e non formali possono riguardare i processi lavorativi aziendali e organizzativi, i servizi di placement e di inserimento nel mondo lavorativo, il collegamento tra istituzioni scolastiche e lavoro, le politiche attive per il lavoro. La curvatura delle competenze da perseguire nella formazione di questo educatore si impone come strumento indispensabile. © Nuova Secondaria - n. 3, novembre 2018 - Anno XXXVI - ISSN 1828-4582

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NUOVA SECONDARIA RICERCA 3

1. L’educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista: dalla domanda sociale all'identità professionale. Quale la specificità pedagogica? Silvana Calaprice La legge n. 205/2017 ha determinato il “Riconoscimento giuridico dell’educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista”1. Il mio contributo intende riflettere sul perché questa legge, pur rappresentando per il mondo pedagogico l’approdo di un lungo percorso di ricerca e la conclusione di un faticoso iter legislativo, non deve essere considerata dai professionisti dell’educazione solo acquisizione di stabilità professionale, e dal mondo universitario un totale consenso ai propri percorsi formativi e sul come tale legge, pur attribuendo al sapere pedagogico forza epistemologica e scientifica, sollecita la sua ricerca ad approfondire e specificare i nuovi processi che riguardano l’educazione non formale e nello specifico l’agire educativo professionale.

! 1 Questa legge rappresenta una sintesi della proposta di legge 2656 “Disciplina della professione di educatore e pedagogista” che l’on. Iori come prima firmataria nel 2014 aveva fatto approdare in Parlamento. Proposta che unificata con la 3247 (conosciuta come legge Binetti) che disciplinava anche la figura dell’educatore professionale socio-sanitario, nonostante fosse stata accettata in tutte le sue parti, quando è arrivata al Senato con il n. 2443 si è arenata. Una sintesi che non ha tenuto presente tutto il lavoro di rete e di ricerca che il gruppo di lavoro sulle professioni educative Siped (di cui ero parte) aveva realizzato con le associazioni professionali presenti sul territorio nazionale e che pertanto ha saltato alcuni articoli necessari alla disciplina di tali professioni. (Cfr. P. Orefice, A. Carullo, S. Calaprice (a cura di), Le professioni educative e formative. Dalla domanda sociale alla risposta legislativa, Cedam, Padova 2011).

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Il riconoscimento di un’identità professionale complessa, che ha proprio nella sua pratica educativa la talentuosità pedagogica professionale e in una formazione non ingabbiata la sua forza motrice, sarà il filo conduttore del mio discorso. The law n. 205/2017 determined the "Legal recognition of the socio-pedagogical educator and of the pedagogist". My contribution intends to reflect on why this law, while representing for the pedagogical world the landing of a long research path and the conclusion of a tiring legislative process, should not be considered by the professionals of education only the acquisition of professional stability, and from the university world a total consensus on their training courses. Moreover, the essay reflects on how this law, while attributing to the pedagogical knowledge epistemological and scientific strength, urges its research to deepen and specify the new processes concerning non-formal education and specifically the professional educational action. The recognition of a complex professional identity, which has its pedagogical professional talents in its educational practice and its driving force in atraining which is not caged, will be the guiding thread of my speech.

L’anno 2017 rappresenta per il sapere pedagogico un anno di riconoscimenti politici e sociali in quanto, attraverso l’approvazione di alcune leggi attese da tempo, ne ha legittimata l’identità scientifica e professionale. Il D.L 65/2017 Il sistema integrato di educazione e istruzione per i bambini e le bambine di età compresa dalla nascita fino a 6 anni, della legge 105/2015 ha inserito l’asilo nido nel sistema formativo formale e riconosciuto i laureati nella classe L-192, classe pedagogica, come unici educatori che possono e potranno svolgere tale ruolo. La legge, n. 205 /2017 “Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020” (17G00222) (GU n. 302 del 29-12-2017 - Suppl. Ordinario n. 62) ai comma 594-601 “Riconoscimento giuridico dell’educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista”, ha decretato che la laurea ! 2

Cfr. S. Calaprice, Quale educatore per l’asilo nido? in M. Sibilio, P. Aiello (a cura di), Lo sviluppo professionale dei docenti. Ragionare di agentività per una scuola inclusiva, EdiSES, Napoli 2018.

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L’EDUCATORE SOCIO-PEDAGOGICO. ATTUALITÀ DI UN PROFILO PROFESSIONALE

triennale in Scienze dell’educazione e formazione (oggi classe L-19) forma educatori professionali socio-pedagogici e che le lauree pedagogiche magistrali Classe LM-50 (Programmazione e gestione dei servizi educativi), Classe LM-85 (Scienze Pedagogiche), Classe LM-57 (Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua), Classe LM-93 (Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education) (o equivalenti) formano i Pedagogisti abilitati. Ciò assegnando ufficialmente alla Pedagogia l’educazione non formale come ambito d’azione e di ricerca e la formazione dei suoi professionisti come compito. Il decreto 65, superando culturalmente e socialmente l’idea di un bambino da 0-6 anni bisognoso solo di assistenza e affetto, a favore di quella di un bambino attivo, partecipe competente e dunque protagonista e attore/attrice dei propri cambiamenti, ha dichiarato e consolidato il ruolo scientifico che la Pedagogia ricopre per la educazione formale. La legge 205, invece, superando le diatribe sociali e politiche sull’identità epistemologica e formativa degli Educatori professionali sociopedagogici e dei Pedagogisti, le ha riconosciuto la specificità scientifica e formativa nell’ambito non formale e informale. Proprio il superamento di tali diatribe mi spingono, ripercorrendo inizialmente le ragioni sociali ed epistemologiche che le hanno determinate, a soffermarmi su quelle che oggi sono le nuove linee di sviluppo che tale legge sollecita alla ricerca pedagogica. Linee che la impegnano dal punto di vista della formazione, della professione, del lavoro e che, se sottovalutate, rischiano di far disperdere tutto il valore giuridico ed epistemologico che tale legge ha attribuito oggi al sapere pedagogico. 1. Dai nuovi bisogni educativi alla formazione e al riconoscimento giuridico e non solo di Educatori socio-pedagogici e Pedagogisti Le trasformazioni del sistema culturale, sociale e politico dell’ultimo secolo hanno avuto sulla Pedagogia una notevole influenza. Tali trasformazioni infatti hanno determinato una domanda educativa sempre più differenziata e molte volte non sempre esplicita, innescando

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azioni e pratiche fuori dai conosciuti e tradizionali percorsi formativi. Due gli ambiti da cui sono nate le nuove domande educative: dall’infanzia in quanto il bambino e la bambina non venendo più considerati come un adulto o un adulta in miniatura ma come un soggetto, una persona con specifici e inalienabili diritti alla vita e ai suoi processi di sviluppo, ha portato la Pedagogia a dover ripensare le sue modalità relazionali, rivedere i suoi metodi d’insegnamento e apprendimento e occuparsi di tutti soggetti3, compresi i diversamente abili e i minori stranieri; dagli adulti che, sopraffatti dai processi di globalizzazione e dalle modalità di essere di una società ormai liquida4 , senza più appigli valoriali ed esistenziali, sono stati colti da profondo disagio esistenziale e da difficoltà nel rispondere alle nuove richieste provenienti dal mondo giovanile oltre che dal nuovo mercato del lavoro5. Tali domande, emerse lentamente e in modo non sempre chiaro e comprensibile, hanno trovato da un lato educatori e pedagogisti che hanno risposto prendendosi cura6 in modo differenziato dei vari soggetti nei vari contesti non istituzionali e dall’altro la Pedagogia che ha incominciato a farsene carico epistemologico. Un carico che, aprendosi ai nuovi bisogni educativi, l’ha portata ad allargare i confini del suo ambito d’azione, a rivolgere la sua riflessione non solo più ai bambini e alle bambine e ai giovani e alle giovani, alla scuola o l’extrascuola, ma a tutti i soggetti, in tutti i contesti e in tutte le loro espressioni compreso il lavoro e la disabilità. L’ha portata cioè a muoversi in dimensione permanente. Una dimensione però, che per realizzarsi come tale7, ha dovuto attraversare un lungo processo !

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Cfr. S. Calaprice, Il Paradosso dell’infanzia e dell’adolescenza. Attualità, adultità, identità, Franco Angeli, Milano 2016. 4 Cfr. Z. Bauman, Modernità liquida, Laterza, Bari 2006. 5 Cfr. S. Calaprice, La formazione educante tra lavoro ed età adulta. La formazione dei formatori oltre le competenze, Laterza, Bari 2007. 6 Cfr. L. Mortari, Filosofia della cura, Raffaello Cortina Ed, Milano 2015. 7 Cfr. S. Calaprice, Educazione permanente: il modello formativo educante sistemico relazionale, in L. Dozza S. ULivieri (a cura di), L’educazione permanente a partire dalle prime età della vita, FrancoAngeli, Milano 2016, pp. 240-251,

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NUOVA SECONDARIA RICERCA 3

culturale e scientifico che possiamo racchiudere in tre periodi che hanno visto, accanto alla trasformazione epistemologica della pedagogia, l’emergere anche delle nuove figure di Educatori e Pedagogisti. Il primo periodo lo possiamo collocare tra la fine degli anni Sessanta ...


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