Parlar Figurato - Riassunto del manuale di figure retoriche proposto per l\'esame di Ecdotica PDF

Title Parlar Figurato - Riassunto del manuale di figure retoriche proposto per l\'esame di Ecdotica
Course Lettere Moderne
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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CAPITOLO 1 FIGURE DEL DISCORSOFigura deriva dal latino figura e dal greco schema e significa configurazione. Sono come le figure geometriche in quanto eseguite secondo precise regole e con tante variazioni stilistiche. Tutti questi elementi e procedure formano il parlar figurato e rientrano nel camp...


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CAPITOLO 1 FIGURE DEL DISCORSO Figura deriva dal latino figura e dal greco schema e Sono come le figure significa configurazione. geometriche in quanto eseguite secondo precise regole e con tante variazioni stilistiche. Tutti questi elementi e procedure formano il parlar figurato e rientrano nel campo dell’elocutio, cioè dare forma linguistica alle idee. Quest’ultima separava le res, i contenuti, dai verba, cioè i rivestimenti verbali. Queste procedure erano viste come abbellimenti di quei rivestimenti, spesso erano usate per deviare dalla forma normale di un’espressione, detta licentia. La qualità più importante era l’ornatus, cioè l’ornamento che dava sapore e vivacità all’espressione. E sono state proprio le teorie dell’ornatus a dare vita alle varie classificazioni e regole di composizione. Cicerone nominò questi ornamenti dei lumi che illuminano gradevolmente il lettore. Lo stesso Quintiliano definì le figure come mezzi per allontanarsi dalle formule quotidiane.

TROPO: svolta, un’irregolarità di contenuto messa in rilievo. Viene usata quando si sfrutta il significato proprio di una parola per darne un altro più retorico. L’esempio classico è la parola mare, usata spesso per indicare grandi quantità. La differenza tra tropi e figure non è mai stata molto chiara, ma è stato affermato che potrebbe risiedere nel numero di parole in questione. Quando è una sola allora è un tropo. Una prima classificazione è stata fatta dal Gruppo di Liegi che ha ordinato le figure, che chiama metabole, secondo la grammatica, cioè l’espressione, e secondo la logica, cioè il contenuto. Altre classificazioni sono state fatte secondo i livelli linguistici.

CAPITOLO 2 SIGNIFICATI COMPLESSI CATACRESI: senso figurato che diventa a tutti gli effetti abituale e proprio di una parola o di un’espressione. Gli antichi parlavano di abuso ed uso deviato. Un tropo diventa catacresi semplicemente quando diventa abituale. Ciò che contribuisce molto è la necessità, che può derivare da un’insufficienza o una mancanza nel lessico di una lingua. Dalla necessità è nato il collo della bottiglia che è stato preso come estensione di un termine già esistente nella lingua. Quando parliamo di catacresi, parliamo di polisemia, cioè pluralità dei significati. Infatti nei dizionari spesso l’espressione collo della bottiglia non viene descritta come un’estensione di significato, ma ormai come significato vero e proprio. Per esempio la parola latina testa da cui deriva la corrispondente italiana, in realtà prima significava guscio di tartaruga, poi recipiente cavo diventando poi metafora del termine caput, capo. Quindi si deve guardare alla storia della parola.

METAFORA: è più facile da individuare che da definire. È considerata il tropo dei tropi, la regina delle figure. Non si tratta sempre di un paragone abbreviato in quanto le differenze non stanno solo nella congiunzione del confronto come. Esistono le metafore d’uso o di denominazione, cioè catacresi di metafore a cui si aggiungono stereotipi ancora percepiti come traslati (l’occhio del ciclone) e danno un nome ad entità che non ne hanno, e le metafore di invenzione, che sono molti di questi

stereotipi prima di diventare metafore d’uso (produzione allungato il passo). Poi ci sono le metafore verbali che, a differenza di quelle nominali, non cambiano il verbo dell’azione, ma cambiano il significato del nome connesso al verbo. Poi ancora ci sono le metafore-similitudini, cioè quelle metafore implicite nel cui confronto viene messo in risalto l’elemento in comune tra le due entità, dette anche metaforizzato e metaforizzante. A differenza della similitudine che evidenzia somiglianze già esistenti, le metafore, soprattutto di denominazione, evidenziano somiglianze nuove, appena create. E sono proprio queste non solo a presentare nuove somiglianze, ma nuove versioni e interpretazioni della realtà.

SINESTESIA: metafora che trasferisce un significato da un dominio percettivo all’altro. In psicologia è usata per associare un’immagine ad un suono. Una catacresi di sinestesia può essere la frase “è andato tutto liscio”.

METONIMIA: si ha quando si crea un’entità mediante il nome di un’altra entità che si relaziona alla prima come la causa si relaziona all’effetto e viceversa, oppure tramite un legame di reciproca dipendenza. Questa figura risponde spesso a luoghi comuni (chi, come, dove e perché). Ci si serve della causa per indicare l’effetto quando si nominano autore per opera, proprietario per proprietà etc. Ci si serve dell’effetto per indicare la causa quando si nominano la gioia per una persona o cosa che dà gioia etc.

Ci si serve di rapporti di interdipendenza quando si nominano il contenente per il contenuto, l’astratto per il concreto etc. Le metonimie del simbolo per la cosa simboleggiata hanno un campo di applicazione molto ampio. Prevedono denominazioni delle divise per chi le porta, delle sedi istituzionali, i nomi di personaggi, luoghi e monumenti. Molte catacresi di metonimie descrivono il passaggio dal nome proprio al nome comune.

SINEDDOCHE: nozione che ne denota un’altra tramite un rapporto quantitativo. È quindi una metonimia di relazione quantitativa ed esprime una parte per il tutto, il singolare per il plurale e viceversa. La sineddoche generalizzante nomina il concetto più ampio per indicare quello più stretto. La sineddoche particolarizzante nomina il concetto più ristretto per indicare quello più ampio. La differenza tra metonimia e sindeddoche sta nel nome che se indica solo la precisa cosa è metonimia, e se invece indica il tipo di cosa in generale allora è sineddoche. Metonimia e sineddoche si distinguono dalla metafora, ma danno l’impressione di confluire in quest’ultima.

METALESSI: accumulo o fusione di più figure in una. Secondo i retori si tratta di una particolare metonimia/sineddoche/litote che prevede una relazione non diretta, ma intermediata tra un effetto presente e una causa remota. Ad esempio la frase virgiliana Post aliquot aristas che significa dopo qualche anno, il termine aristas in realtà significa resta di grano ed è passata prima per spiga, grano, raccolto ed estate per arrivare ad anno.

ANTONOMASIA: sostituzione di un nome con un epiteto o una perifasi. Classico esempio è l’Onnipotente per indicare Dio. Perciò si tratta di una perifrasi, ma anche di una figura ben legata alla sineddoche, detta anche sineddoche dell’individuo, che segue diversi casi cioè un nome proprio al posto di uno comune, un nome comune al posto di uno proprio, uno proprio al posto di un altro proprio, uno comune al posto di un altro comune. Per esempio per gli italiani una Caporetto è la sconfitta più grande che si possa avere.

PERIFRASI: giro di parole che sostituisce un unico termine. Non sempre è usata per rendere un effetto dolciastro, anzi spesso ha anche una connotazione negativa. Alla base regna l’equivalenza di senso. Perifrasi lessicalizzate possono essere anche le locuzioni fisse, avverbiali, verbali, preposizionali, nominali. L’efficienza della perifrasi deriva dal livello di pertinenza verso il contesto.

IPERBOLE: si tratta di una particolare metafora che estremizza al massimo o al minimo una situazione tenendo sempre una chiara idea del nesso con la realtà. L’esempio più famoso è affogare in un bicchiere d’acqua. L’interpretazione generale quindi deriva dal contesto in cui l’iperbole viene inserita. Distinguiamo le iperboli composte da più figure e le più rare iperboli pure che sfruttano lo spazio e il tempo (fino alle stelle/è un secolo). Famosa è anche l’adynaton, un’iperbole che descrive un qualcosa di impossibile come un cammello che attraversa un ago.

ENFASI E ALLUSIONE: espendiente oratorio tramite esagerato calore nei toni e nei modi di porsi. Inizialmente era circoscritta alla voce e ai gesti, ma

dopo anche ai testi scritti e stile, diventando una metafora iperbolica. Legato all’enfasi è il concetto di allusione, il cui elemento fondamentale è la pregnanza semantica, cioè la densità semantica che equivale tutto quello che non si vuole nominare esplicitamente. Perciò l’allusione sta nel non nominare l’oggetto in questione, ma farlo intendere tramite riferimenti indiretti. Esistono l’allusione-indovinello più aperta e l’allusione volutamente più oscura. Nonostante non appartenga ad essa, l’allusione è molto presente nella letteratura. Grazie all’allusione il non detto diventa il segreto da mantenere, l’enigma che lega scrittore e lettore.

LITOTE: ironia di dissimulazione, consiste in una perifrasi ironica. La litote prevede dire meno di quanto si pensa facendo però intendere più di quanto si è detto. Chiari esempi di litoti sono “non vi dispiaccia”, “non me ne vogliate”. Esiste anche la litote attenuativa che ridimensiona: “non si vorrà certo credere che”. Essa può essere anche eufemistica: “non mi lamento”, “non c’è male”. Eufemismo: forma indiretta e velata di descrivere situazioni sgradevoli. Spesso si tratta di scongiuri o imprecazioni. La censura verbale si può avere tramite i 3 punti. Si ricorre spesso a concetti come la simulazione e la dissimulazione, dove la prima rappresenta quello che non è, mentre la seconda nasconde quello che è. In apparenza sembrano due concetti opposti, ma spesso uno rientra nell’altro: per esempio a volte per dissimulare si simula la tesi opposta che in realtà si vuole smontare e contestare, situazione detta ironia di simulazione.

ANTIFRASE: forma ironica più esplicita e aggressiva che consiste nel dire l’opposto. La sua riconoscibilità dipende solo dal contesto e dall’interpretazione. Essa è circoscritta al solo senso opposto di quello originale.

IRONIA: pudore, mescolanza di riso e di pianto. Consiste nel dire l’opposto di ciò che si crede e che è realmente. Quando riguarda altri si può sfociare nella parodia o nel sarcasmo, mentre quando riguarda se stessi si può sfociare nell’autoironia. Diventa ironia tragica o della situazione in testi narrativi o drammatici.

OSSIMORO: unione paradossale di due termini antitetici. Uno dei due termini è contrario o contraddittorio rispetto all’altro, a cui è strettamente unito. Esso sfrutta molto i giochi di parole e d’intelligenza, il cui elemento fondamentale è la sorpresa.

ALLEGORIA: tra gli esempi più famosi ritroviamo le tre fiere dantesche, la fattoria degli animali di Orwell. Quintiliano diceva che era un susseguirsi di metafore. Tuttavia oggi è chiaro che esistono allegorie senza alcun tipo di senso metaforico. Mentre l’allegoria è la costruzione narrativa, l’allegoresi è l’interpretazione. Gli stoici sfruttavano l’allegoresi per interpretare gli Dèi come forze della Natura. Distinguiamo l’allegoria in factis, Dio, e l’allegoria in verbis (nei testi), l’uomo che deve riconoscerne il vero senso tramite le figure allegoriche. Infatti le Sacre Scritture sono interpretabili in senso letterale, allegorico, morale o tropologico, e anagogico. L’allegoria si differenzia dalla metafora perché ha sempre anche un senso

letterale plausibile che può essere interpretato dal lettore. Una difficoltà che reca l’allegoria è la poco chiara interpretazione complessiva di tutte le espressioni che dipendono da un testo che può essere poco ricostruibile.

PERSONIFICAZIONE: entità astratta rappresentata come una persona. È fondamentale per le favole e fiabe che ne fanno il loro cavallo di battaglia. Gli antichi la definirono la figura di pensiero, o anche prosopopea, anche se quest’ultimo termine oggi ha assunto significati molto più estesi.

CAPITOLO 3 EFFETTI DELLA SINONIMIA SINONIMI: parole diverse con lo stesso significato. Essi possono rendere più precisa o colorita un’espressione, possono eliminare ripetizioni inutili, possono evitare rime cacofoniche e collaborano con scelte lessicali e stilistiche. In origine i sinonimi erano punto focale della variatio, l’elegante varietà tramite artifici retorici. Quando parliamo di improprietà come sostituire un nome proprio con un sinonimo che però in realtà non dovrebbe esistere, parliamo di metalessi della sinonimia. È comunque una tecnica stilistica sfruttata dai poeti che creano giochi di parole. Altro caso da tenere in conto è quando due termini sinonimi tra loro, a loro volta hanno altri sinonimi che però non si collegano a loro volta ancora. Inoltre bisogna specificare che spesso la metalessi di sinonimia può trasformarsi in un errore: per esempio il termine latino dell’accusativo è derivato dal greco aitiatiké che significava causa e accusa, ed è stato considerato per sbaglio il secondo significato

piuttosto che il primo, diventando per trasposizione un calco.

Ripetizione e dittologia sinonimica: ripetizione o susseguirsi di due termini sinonimi complementari tra loro con significato simile. Esempio: solo et pensoso. Possono esserci anche somiglianze tra le parole stesse: grande e grosso.

CLIMAX 1.0: intensificare graduale di effetti o Indica sia comportamenti. un’amplificazione sia un’attenuazione, ascesa o discesa. Si analizza la configurazione più antica al capitolo 14.

CAPITOLO 4 SOMIGLIANZE ANALOGIA: si tratta di una somiglianza di rapporti secondo la proporzione A:B=C:D dove A e B sono il tema di cui cerchiamo una soluzione, mentre C e D sono il mezzo tramite cui la raggiungiamo. Ma i procedimenti analogici si prestano anche a confondere le carte, a scivolare nella vaghezza. Esistono analogia soggettive che non possono diventare oggettive (idee razziste).

PARAGONE SIMILITUDINE: confronto non reversibile tra due entità che hanno caratteristiche in comune, ed è in caso esemplare lo sviluppo di un nucleo narrativo o descrittivo, in caso contratto solo il nucleo. COMPARAZIONE: paragone in cui i due termini sono reversibili e interscambiabili. In grammatica esistono le comparazioni di maggioranza, uguaglianza e minoranza alcune delle quali obbligano la reversibilità a cambiare.

CAPITOLO 5 GIOCARE CON LE PAROLE METAPLASMI: trasformazione o cambiamento della forma di una parola sopprimendo, aggiungendo o scambiandone elementi. Esempi conosciuti in grammatica sono elisione o troncamento. Esempi più recenti invece sono la paronomasia (parole con significato diverso ma suono uguale), le espressioni ripetitive che tendono ad essere onomatopee (rrruggire), mutamenti di lettere dell’alfabeto (Amerika), e svariati bisticci poetici, doppi sensi ed equivoci.

PAROLA-MACEDONIA: parola che unisce pezzi di più parole insieme. Per esempio smog deriva da smoke e fog, spesso la parte iniziale della prima parola con la parte finale della seconda parola. Oppure le famose sigle come Fiat. Diventando invece parole-sandwich quando una ingloba l’altra. Tra le parole-macedonia infine ritroviamo anche gli acrostici, cioè creare una serie di parole al punto che la somma di tutte le lettere iniziali dia la parola in questione. Per esempio: Paola diventa Piove/Abbastanza/Ora/Lampi/Arrivano.

ANAGRAMMI: passare da una parola all’altra cambiando l’ordine degli elementi. Possono esistere permutazioni di suono, di lettere e di sillabe. Parliamo anche di pesudonimi di nomi propri. L’anagramma in origine era detto onomanzia, cioè capace di trarre dal nome una qualità del possessore, spesso di sfondo satirico. Esempio: Marco Antonio= antico romano. In passato molti autori latini come Omero nascondevano degli anagrammi nei loro testi che ne erano ancora parole-chiave.

PALINDROMI: parole che si possono leggere da destra a sinistra e viceversa. BIFRONTI: parole che hanno più significati in base al modo in cui si leggono.

OMONIMI: stessa forma, diverso significato e diversa origine. OMOFONI: stessa pronuncia (dì/di’) OMOGRAFI: stesso modo di essere scritti (àncora/ancòra). Omofoni e omografi: tèssere (verbo) / tèssere (nome). Quando il discorso diventa ambiguo a causa di incidenti voluti o meno dall’autore, si parla di anfibologia.

PARONOMASIA: deformazione della parola che ci si aspetterebbe nel contesto, per esempio inverno al posto di inferno. Quella apofonica si basa sull’alternanza vocalica nella radice delle parole (stella/stalla), mentre quella isofonica, sull’uguaglianza dei suoni dove ricade l’accento Attrazione paronimica: (vìsta/svìsta). simili significato a parola uguali solo per forma stabilizzandosi anche nel lessico (malinconia deriva da melanconia). Questa malformazioni che sono errori, ma entrano in uso sono detti malapropismi, termine nato nell’800 dal personaggio Mrs Malaprop conosciuto per storpiare involontariamente sempre le parole.

FIGURA ETIMOLOGICA: è la ripetizione della radice di una parola e al suo interno ne troviamo la derivazione. Esempio: amar d’amore, morir di morte.

POLI(P)TTOTO: stessa parola nello stesso enunciato, ma con funzioni diverse. È uno degli schemi della ripetizione. Esempio: mi volto e vedo il mio volto distrutto.

CAPITOLO 6 PARLARE IN BREVE CONCISIONE: brachilogia, cioè discorso ideale dove non si deve aggiungere o togliere nessuna altra parola. Deriva dall’antica brevitas. PERCURSIO: rassegna rapida ed essenziale di eventi. Consiste nel pensare molte cose in breve tempo.

ELLISSI: espediente per snellire il discorso da ripetizioni, per suscitare attese. Può essere cataforica quando preannuncia un tema successivo. Può essere anche totale quando il tema non viene mai nominato. L’ellissi caratterizza più stili: telegrafico e nominale (senza verbi in funzione dei predicati).

PRETERIZIONE: affermare di non voler parlare di argomenti, indicandoli comunque. Frequenti nei saggi e anche nei libri di testo. Diventa allusiva con espressioni del tipo “non ricordiamo questo evento che sarebbe meglio dimenticare”.

RETICENZA: interruzione improvvisa di un discorso quando un tema è stato già annunciato o avviato. È sempre una forma particolare di allusione. Prevede anche forme di autocensura.

CAPITOLO 7 IL SILENZIO Reticenza ed ellissi sono figure del silenzio, poiché silenziano la comunicazione. Sono più di semplici pause naturali di un discorso. Ci sono altri elementi del silenzio come i punti sospensivi, difficili da usare in quanto necessitano di grande sicurezza da parte dello scrittore. Essi possono prolungare un effetto sonoro o rallentarlo, ma anche evitare espressioni sgradevoli. Il silenzio comporta un lavoro

interpretativo. Spesso il silenzio dice più delle parole. In alcuni casi è d’obbligo come a teatro.

CAPITOLO 9 DAVANTI AGLI OCCHI La capacità di rappresentarsi davanti agli occhi oggetti mentali era chiamata in greco phantasìa e in latino visio. Per farlo non basta la mera descrizione, ma deve essere un qualcosa di vivo che renda in modo reale l’evento raccontato. Esistono perciò diversi tipi di descrizioni: topografia dei luoghi, cronografia delle circostanze e tempo, ritratto che comprende prosopografia degli aspetti e movimenti ed etopea di vizi virtù e comportamenti, parallelo di somiglianze e differenze tra entità, e infine tableau che comprende tutte le altre forme. Oggi l’etichetta più usata è ipotiposi, cioè configurazione o dimostrazione.

Descrivere: atto linguistico scritto o orale, e in mille modi e stili in base allo scopo. Le descrizioni possono informare, persuadere, abbellire, creare uno sfondo. La descrizione è un po’ come la fotografia poiché entrambe si basano sulla distanza, sulla luce, sulla messa a fuoco e sull’apertura dell’obiettivo.

CAPITOLO 10 INDUGIARE, RIFINIRE, SPIEGARE Commoratio: indugiare sulle idee comunicate. Repetitio: ripetizione frequente di un pensiero. Si tratta per entrambi di forme di indugio, insistenza, cioè epimone.

Expolitio: ritornare sullo stesso tema, anche aggiungendo nuove informazioni. Interpretatio: parafrasi interpretativa che accosta due enunciati equivalenti con lo scopo di fare più chiarezza.

Consiste nel dire la stessa cosa con parole diverse. Questa tipologia di parafrasi poi è simile alla definizione che dichiara cosa significa precisamente quell’espressione, quasi come fosse una perifrasi sostitutiva o un’etimologia, in base ai casi.

CAPITOLO 10 FORME DI ACCUMULAZIONE...


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