Patologia clinica - Proteine plasmatiche PDF

Title Patologia clinica - Proteine plasmatiche
Course Fisica Delle Radiazioni Ionizzanti
Institution Università degli Studi di Sassari
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lezione sulle proteine plasmatiche...


Description

Proteine plasmatiche

Le proteine plasmatiche sono rappresentate dall'albumina, α, β e γ globuline, fibrinogeno e fattori V e VIII della coagulazione. Le proteine sieriche sono invece rappresentate dal plasma "defibrinogenato" assia privato di fibrinogeno e fattori Ve VIII della coagulazione. Pertanto le proteine sieriche comprendono albumina, α, β e γ.

PROTEINE PLASMATICHE La maggior parte delle proteine plasmatiche vengono principalmente sintetizzate a livello degli epatociti. Questo spiega perché, in presenza di gravi alterazioni epatiche, si manifesta una condizione detta insufficienza epatica, nella quale il soggetto va incontro a deficit di produzione di numerose proteine. Alcune proteine, dette immunoglobuline o γ globuline, sono invece prodotte in sede extra epatica, da parte dei linfociti B e delle plasmacellule. Le funzioni delle proteine plasmatiche sono numerose: –

Nutrizionali;



Mantenimento pressione oncotica:



Mantenimento equilibrio acido-base:



Trasporto meccanico;



Coagulazione;



Enzimi;



Ormoni;



Immunità (anticorpi).

Metodi spettrofotometrici La maggior parte dei metodi automatizzati per il dosaggio delle proteine impiega coloranti che, legandosi alle molecole proteiche, cambiano le proprie caratteristiche di assorbanza. Le proteine totali vengono determinate impiegando il reattivo al biureto ed il solfato di rame alcalino. A reazione avvenuta, l'assorbanza viene misurata a 545 nm mediante spettrofotometro. La quasi totalità delle proteine reagisce in modo proporzionale al proprio peso molecolare con il biureto. I campioni molto torbidi (per esempio ricchi di lipidi) devono essere precedentemente sottoposti ad ultracentrifugazione per eliminare possibili interferenze. Oltre alle proteine totali, gli analizzatori automatici sono in grado di determinare la concentrazione dell'albumina. L'albumina lega reversibilmente molte piccole molecole, che non interagiscono con altre proteine sieriche. Questa proprietà è utilizzata per test basati sul legame selettivo del bromocresolo verde o porpora all'albumina.

La differenza tra protidemia totale ed albuminemia fornisce il valore della frazione globulinica, cioè PROTIDEMIA TOTALE – ALBUMINEMIA = FRAZIONE GLOBULINICA Il valore delle protidemia totale è 6,2 - 8,0 g/100 ml di plasma. In passato si effettuava il frazionamento delle proteine sieriche precipitando prima la globulina con alte concentrazioni di sali (frazione globulinica) e dosando poi le proteine restanti. Questo permetteva di calcolare il rapporto tra albumina e globulina (rapporto A/G), che veniva utilizzato come indicatore di eventuali patologie. Il rapporto A/G può risultare per riduzione dell'albumina e aumento della globulina. Pertanto, questo sistema non è specifico, in quanto non è in grado di indicare quale frazione proteica sia effettivamente alterata. I moderni metodi per il frazionamento delle proteine del siero sono basati sulla separazione elettroforetica (elettroforesi) compiuta su gel di agarosio o su supporti di acetato di cellulosa.

Elettroforesi L'elettroforesi è un metodo di separazione basato sulla diversa velocità di migrazione di particelle elettricamente cariche attraverso una soluzione, sotto l'influenza di un campo elettrico. Il principio base è quello di un setaccio molecolare attraverso il quale le diverse molecole vengono fatte passare: la velocità di migrazione dipende dalla massa, dalla dimensione, dalla carica e dalla forma delle varie particelle, ossia dalla loro mobilità elettroforetica. Questa grandezza è il rapporto tra la velocità della particella (cm/s) e il campo elettrico utilizzato (Volt/cm). La mobilità elettroforetica, essendo una funzione del rapporto tra carica e raggio, è diversa da una particella ad un'altra; applicando un campo elettrico ad una miscela ionica le varie specie migreranno con velocità diversa a seconda della rispettiva mobilità. L'apparecchiatura per l'elettroforesi è composta, fondamentalmente da due parti: un alimentatore e una cella elettroforetica. L'alimentatore fornisce un flusso di corrente continua agli elettrodi applicati alla cella elettroforetica. Pertanto i cationi migrano verso il catodo (-) e gli anioni verso l'anodo (+) a una velocità che dipende dall'equilibrio tra la forza di spinta del campo elettrico e le forze frenanti (frizionali ed elettrostatiche) esistenti tra ioni e mezzo circostante. Affinché l'elettroforesi abbia luogo, il campione va sciolto in un tampone, con quale va inoltre saturato l'eventuale supporto per consentire la conduzione della corrente. Il tampone, inoltre, per mantenere costante lo stato di ionizzazione delle molecole da separare, la cui carica cambia con il pH, soprattutto nel caso di ioni dipolari. La corrente è mantenuta lungo il circuito dall'elettrolisi che ha luogo agli elettrodi, entrambi i quali pescano in capaci recipienti contenenti il tampone. Durante l'elettrolisi, al catodo si producono ioni ossidrile e idrogeno, mentre all'anodo si producono ioni idrogeno e ossigeno. Per la rivelazione e l'identificazione delle proteine in gel di poliacrilamide si sfrutta l'assorbimento nell'ultravioletto a

260 - 280 nm. Per un'analisi nel visibile si ricorre a una colorazione preventiva. L'eccesso di colorante deve essere rimosso. Prima di ogni colorazione però l'elettroforegramma deve essere fissato per ridurre la diffusione delle bande. La soluzione di fissaggio può essere ad esempio acido tricloroacetico al 10% (per 30 minuti). Poi i campioni vengono colorati per 10 minuti con colorante appropriato (Coomassie Blu). L'eccesso di colorante deve essere rimosso con ripetuti lavaggi in un decolorante (una soluzione acquosa di etanolo al 25% e acido acetico all'8%). Un altro tipo di colorazione prevede l'uso del nitrato d'argento. La sensibilità in questo caso è due volte maggiore che col Coomassie (può rivelare 1 ng di proteina). Se invece il composto è radioattivo si procederà con l'autoradiografia. Con l'elettroforesi vengono separate in 6 distinte bande ed esaminate le seguenti proteine plasmatiche: 1. Pre-albumina; 2. Albumina (la più abbondante); 3. Alfa 1 globuline; 4. Alfa 2 globuline; 5. Beta globulina; 6. Gamma globuline. Il contenuto proteico di queste bande viene poi quantificato colorando il campione ed effettuando su di esso un'analisi densitometrica. Si utilizza a questo scopo uno strumento detto densitometrico. Il referto di quest'analisi consiste in un tracciato a picchi in cui l'altezza e l'area di ogni picco sono proporzionali alla quantità di proteine contenute nella banda, espressa come percentuale del totale. Le varie specie proteiche che fanno parte della stessa frazione possono essere poi quantificate facendo reagire campioni di siero con anticorpi specifici prodotti contro singole proteine umane in coniglio capre. I complessi antigene - anticorpo che si vengono a formare conferiscono al campione una leggera torpidità, che è utilizzata per determinare la quantità della proteina attraverso uno strumento detto nefelometro. La determinazione nefelometrica di alcune proteine (proteina C reattiva, frazioni del complemento, aptoglobina) viene utilizzata spesso per seguire il decorso di una malattia o la risposta ad un trattamento terapeutico. Il referto consiste in un tracciato disegnato su un foglio di carta in cui sono presenti solitamente 5 cuspidi, ad ognuna delle quali corrisponde una categoria di proteine: 1. Albumina; 2. Alfa 1 globuline; 3. Alfa 2 globuline; 4. Beta globuline; 5. Gamma globuline. L'altezza di ogni cuspide corrisponde grosso modo alla quantità totale di proteine appartenenti ad una categoria, ma non ci dice niente sulla quantità di ogni tipo di proteina. Per esempio, valutando la cuspide delle gamma globuline, possiamo vedere se la loro quantità totale è globalmente normale, ma se vogliamo sapere la quantità di ognuna delle classi di immunoglobuline, dovremo ricorrere al loro dosaggio individuale.

Aumenti o diminuzioni in altezza o nel numero di tali "picchi", sono quindi da mettere in relazione all'aumento o alla diminuzione patologica o fisiologica delle proteine che lo compongono. L'utilità dell'elettroforesi delle proteine plasmatiche è rappresentate dal fatto che consente: 1. Differenziare le cause di iperproteinemia; 2. Caratterizzare le ipoproteinemie in selettive o non selettive; 3. Gammopatie monoclonali.

ALTERAZIONI PATOLOGICHE DELLE PROTEINE PLASMATICHE

Albumina Rappresenta il 35-50% delle proteine totali sieriche ed è sintetizzata dal fegato. Controlla la pressione osmotica plasmatica e finge da molecola di trasporto. I valori normali sono di 3,6 - 4.9 g/dL Il rapporto normale tra albumina e globuline è di 1,2 – 1,7. L'aumento di questa proteina (iperalbuminemia) è associato essenzialmente ad emoconcentrazione o disidratazione (diminuzione dei liquidi ed aumento dei soluti). È responsabile della gran parte della pressione oncotica del plasma (scambi intra/extra vascolari). La diminuzione può essere associata ad aumentato catabolismo (cachessia neoplastica) o a perdita secondaria a nefropatie proteinodisperdenti (diagnosi differenziale con esame dell'urina), a enteropatie proteina - disperdenti (sindromi da malassorbimento, con diminuzione di tutte le frazioni proteiche), ustioni e piaghe estese o malnutrizione. Tale proteina, infine, essendo considerata una proteina negativa della fase acuta infiammatoria, diminuisce anche quando il fegato infiammato (cirrosi) o neoplastico (epatocarcinoma) non è in grado di sintetizzarla in modo adeguato (diagnosi differenziale con alterazioni degli enzimi epatici e/o acidi biliari).

α - globuline Questi gruppo di proteine, suddiviso in alfal ed alfa2 globuline, comprende le proteine della fase acuta positive (αl-antitripsina, siero amiloide A, aptoglobina, αl-antichimotripsina, α2macroglobuline e ceruloplasmina) la cui produzione viene considerevolmente aumentata nel primo periodo dell'infiammazione (soprattutto le alfa1). Appartengono inoltre a questa categoria teritropoietina, la protrombina e le colinesterasi. VALORI NORMALI: 0,6-1,2 g/dl Un aumento delle alfa globuline può essere quindi associato a: infiammazioni epatiche, infiammazioni renali, setticemie, infiammazioni e necrosi tumorali. La loro diminuzione può invece dipendere da carenza congenita (deficit di al-antitripsina), epatopatie, sindrome nefrosica, insufficienza renale.

β - globuline A questo gruppo suddiviso in betal e beta2 globuline, appartengono alcune delle proteine della fase acuta infiammatoria positive: proteina C reattiva, transferrina, beta - lipoproteine. Vi appartengono anche proteine dell'infiammazione cronica (aumento in una-tre settimane): complemento, immunoglobuline (IgM). Alla frazione beta2 appartengono le lipoprotreine sieriche. VALORI NORMALI: 0.6 - 1 g/dl Un aumento delle beta globuline, se associato ad un aumento in zona alfa, è maggiormente significativo di un danno infiammatorio recente o tumorale. Se l'aumento delle beta globuline è invece associato a un aumento delle gammaglobuline, è più significativo di un danno infiammatorio cronico, probabilmente di natura parassitaria, infettiva o immunomediata. La frazione beta2 aumenta in caso di dislipoproterinemie. Le β - globuline diminuiscono in caso di malnutrizione o sindromi da malassorbimento.

γ – globuline A questo gruppo appartengono essenzialmente le immunoglobuline, che vengono prodotte in seguito a infiammazioni croniche e in risposta ad agenti batterici, micotici, virali, protozoari e parassitari. Inoltre, una loro aumentata sintesi può essere dovuta a tumori a carico delle cellule linfoidi (linfociti B e plasmacellule), quali leucemie, linfomi, mielomi e plasmocitomi extramidollari. La diminuzione, oltre che per condizioni da perdita (vedi albumina), può dipendere da ipoplasie o aplasie linfoidi (ereditarie o acquisite). VALORI NORMALI: 0.9-14 g/dl

GAMMOPATIE MONOCLONALI Gli aumenti in altezza della curva delle γ - globuline (o la comparsa di picchi) dipendono da un'aumentata produzione di immunoglobuline. Quando gli anticorpi prodotti appartengono a diverse classi e si ha sul protidogramma la presenza di una curva alta, a base larga (con l'eventuale presenza di più picchi) si parla di gammopatia policlonale. Un simile quadro si verifica in corso di epatopatie gravi (cirrosi, epatite cronica), linfomi di Hodgkin, infezioni congenite, malattie del collagene. Al contrario, quando vi è la produzione di un'unica classe di immunoglobuline e si ritrova sul tracciato elettroforetico la presenza di un unico picco a base relativamente stretta, si parla di gammopatia oligocionale. Infine, per picco monoclonale si intende un picco estremamente alto, con base molto stretto, che rispecchia una produzione anticorpale massiva di un unico tipo di anticorpo a scapito di tutti gli altri. La gammopatia monoclonale è associata a malattie mieloproliferative (mieloma multiplo, macroglobulinemia di Waldenstrom, plasmocitoma), amiloidosi, infezioni di lunga durata (osteomieliti, tubercolosi, infezioni biliari, ecc)....


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