Patologia Clinica lezione 1 PDF

Title Patologia Clinica lezione 1
Course Patologia Clinica
Institution Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro
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dispensa patologia 2 anno biotecnologie...


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LEZIONE 1 Quando parliamo di Patologia Clinica, parliamo di un ambito che è la Medicina di Laboratorio. Il laboratorio a cui noi ci riferiamo è un laboratorio “clinico” (o laboratorio biomedico). Quale è il nostro scopo? Presentare la Medicina di Laboratorio come una materia in cui si inserisce molto la patologia clinica, ma comprende anche la microbiologia clinica, la biochimica clinica, la chimica clinica. Il termine “clinico” deriva dal greco κλίνη cioè "letto", quindi ogni volta che inseriamo questo termine ci riferiamo a discipline vicine al “letto dl paziente”. Lo scopo della Medicina di Laboratorio, che è appunto una disciplina clinica, è quello di ricercare i dati relativi ad alterazioni su campioni del paziente, ossia su prelievi fatti sul paziente. Questi prelievi sono di tipo biologico di natura LIQUIDA (sangue, ma anche urine, liquido pleurico, il riversamento pericardico possono essere sottoposti a analisi). Pertanto, si tratta sì di campioni biologici, ma sono dei campioni biologici diversi da quelli che può trattare ad esempio l’anatomopatologo (che in genere fa esami istologici). Attraverso lo studio del campione che si ottiene da questi prelievi di natura liquida, otteniamo delle informazioni, dei dati. Questi dati vengono ottenuti sfruttando mezzi chimici, fisici o biologici. Questi dati, questi risultati spesso si traducono in un VALORE NUMERICO. Quindi noi abbiamo un valore numerico relativamente alla sostanza che noi vogliamo dosare, il cosiddetto ANALITA. Quando noi diciamo che “facciamo delle ANALISI”, in poche parole noi misuriamo degli “analiti”. Possiamo chiamare analiti tutto, dallo ione alla cellula (es: lo ione ferro, calcio, potassio, o molecole più grandi come proteine, glicoproteine, ormoni o uno steroide li posso misurare; così come posso misurare anche delle cellule, quando faccio per esempio l’esame emocromo. Anche eritrociti e leucociti sono “analiti”). Quale è lo scopo di misurare questi analiti? È vario. Può essere uno scopo diagnostico ma, ATTENZIONE, il laboratorio non fa solo diagnosi! Vi è anche, infatti, uno scopo preventivo, scopo terapeutico, scopo di monitoraggio, scopo riabilitativo. Vedremo come alcuni analiti sono idonei per alcuni tipi di accertamenti, altri no. APPROPRIATEZZA DELLA RICHIESTA: io richiedo un esame perché è importante che lo richieda. Come si può sviluppare, in generale, la richiesta degli esami, ossia questo interfacciamento con il paziente? Di solito si parte da dati clinici, dati che il laboratorio non conosce, che sono in genere rilevati dal medico (se il paziente è ricoverato o anche se non è ricoverato). Facciamo un esempio di una ragazzina che si presenta pallida, che dice di stancarsi facilmente, che fatica anche a salire le scale. In base a questi SEGNI e SINTOMI che la paziente sta riferendo, il medico avanza una IPOTESI: forse è anemica (ha cioè un’emoglobina ridotta)? Per rispondere a questa domanda devo chiedere l’esame CORRISPONDENTE (non posso chiedere ad esempio il colesterolo, la creatinina per sapere se quel paziente è anemico, non serve). Ovviamente voglio cercare l’emoglobina, voglio cercare i dati relativi al numero dei globuli rossi, come l’emocromo. Dunque: in base a determinati SEGNI e SINTOMI, il medico fa l’IPOTESI e in base ad essa SI RICHIEDONO GLI ESAMI APPROPRIATI. Supponiamo che dagli esami di laboratorio richiesti, l’anemia effettivamente emerge (avrà certamente un valore di emoglobina inferiore ai 12g/dl). Si riscontra l’anemia. Ora, si vuole capire PERCHÉ c’è questa anemia. Si fanno quelli che vengono chiamati TEST DIAGNOSTICI DI APPROFONDIMENTO. Supponiamo, dunque, che la medesima ragazzina riferisce di avere un ciclo mestruale abbondate, che non mangia carne rossa (perché non le piace). Dunque perde molto sangue e non assume ferro. Potrebbe forse essere un’anemia sideropenica (cioè da carenza di ferro)? Un esame di approfondimento che si potrebbe richiedere potrebbe essere quello relativo al metabolismo del ferro (ferro, ferritina, transferrina). Il concetto è dunque questo: io posso partire da un’ipotesi iniziale, un esame iniziale per poi passare ad esami di approfondimento per verificare eventualmente (in questo caso) quale è il MOTIVO di questa anemia. La paziente POTREBBE dunque avere un’anemia legata alla carenza di ferro (che è quella più comune, ma sono tante i tipi di anemia), in quanto l’ANAMNESI (ossia la storia clinica) della paziente stessa fa emergere ciclo mestruale abbondante ed una certa non-simpatia per la carne rossa. La paziente ha dunque u’anemia sideropenica. Qual è la TERAPIA? La terapia è quella col ferro.

Ci sarà poi sicuramente un MONITORAGGIO, attraverso cui potremmo vedere se questa anemia migliora con la terapia del ferro, oppure no. Attraverso il monitoraggio, controllo l’eventuale beneficio della terapia. La disciplina della medicina di laboratorio fa da “cerniera” tra materie di base (diciamo fino alla patologia generale) e le materie cliniche. L’anamnesi è dunque un procedimento da analizzare, è un procedimento di misura che ha lo scopo di dare una stima di una grandezza reale, il cui valore vero è però sconosciuto. Possiamo, ribadiamo questo concetto, considerare “analita” qualsiasi sostanza la cui costituente può essere oggetto di studio in laboratorio (uno ione, una molecola, una cellula, persino un agente infettivo sono tutti analiti, indipendentemente dalla loro chimica). Molte sono state le innovazione che sono state portate nell’ambito della medicina, nonché l capacità di fornire sempre migliori cure e migliori caratterizzazioni/inquadramenti dei pazienti: - 1977 – Yalow – Dosaggio RIA La tecnica del dosaggio radioimmunologico (RIA dall'inglese Radio Immuno Assay) è una tecnica di laboratorio utilizzata per dosare qualsiasi composto immunogenico disponibile in forma pura e marcabile radioattivamente. È stato il primo dosaggio ormonale della storia. -

1984 – Koehler e Milstein – Anticorpi monoclonali La terapia con anticorpi monoclonali prevede l'utilizzo di anticorpi monoclonali o (mAb) che si legano specificamente alle cellule bersaglio. Questo può quindi stimolare il sistema immunitario del paziente ad aggredire le cellule.

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1993 – Mullis – PCR La reazione a catena della polimerasi (PCR, Polymerase Chain Reaction) è una tecnica di biologia molecolare che consente la moltiplicazione (ossia l’amplificazione) di frammenti di acidi nucleici dei quali si conoscano le sequenze nucleotidiche iniziali e terminali. L'amplificazione mediante PCR consente di ottenere in vitro molto rapidamente la quantità di materiale genetico necessaria per le successive applicazioni.

FASI DI LABORATORIO 1. Fase pre-analitica Essa precede l’analisi. È quella più complessa, più articolata ed è quella in cui possono esserci il maggior numero di errori. Da dove parte la fase preanalitica? Da una richiesta. Chi formula questa richiesta? Il medico di base,il clinico,il medico di reparto,colui che ha bisogno di informazioni (dati o risposte) che lo aiutino a fare diagnosi, a fornire una terapia o modificarla. Anche il privato cittadino per effettuare un controllo (es: un test di gravidanza). Questi dati forniti dal laboratorio lo potranno indirizzare verso una patologia piuttosto che un’altra, confermare un sospetto. Da qui l’importanza che riveste il ruolo del Laboratorio e di conseguenza l’affidabilità e la competenza del Tecnico di Laboratorio. I dati forniti possono essere determinanti, oppure indicativi per la richiesta di ulteriori indagini più approfondite e specifiche. Questa fase si può dunque suddividere in diverse sottofasi: la prima è la RICHIESTA, l’ultima è l’ACCETTAZIONE DEL CAMPIONE (dunque questa fase, la fase pre-analitica, si conclude in laboratorio) 2. Fase analitica È la fase che si svolge IN LABORATORIO. È il tecnico di laboratorio che deve accettare il campione. Lo accettano per CONGRUITÀ: è idoneo questo campione, o no? È idoneo SE: il campione è ETICHETTATO, la richiesta è adeguata, il paziente è stato identificato, il prelievo è stato fatto nella provetta giusta, la quantità e la qualità del campione è adeguata ecc. Tutte queste cose le verifica il tecnico. SOLO SE accetta il campione, si prende la responsabilità di fare il dosaggio. Se la seduta analitica è andata bene, egli presenta poi ai dirigenti (che possono essere i medici, i biologi o biotecnologi ma specializzati in patologia clinica, altrimenti no) i REFERTI, che devono essere “VALIDATI” (ossia firmati, devono essere “resi robusti dalla firma”). Se ad esempio sul referto il valore di emoglobina è 2, il medico NON lo firma (perché quel valore è incompatibile con la vita).

Poi vi è l’INTERPRETAZIONE DEL MEDICO e ciò orienta tutto il resto: si può modificare la terapia che si stava dando perché (supponiamo) la glicemia del paziente non è diminuita ma è rimasta alta e dunque la terapia non ha dato il beneficio atteso e quindi, se ciò accade, si modifica l’ATTEGGIAMENTO TERAPEUTICO. 3. Fase post-analitica Va dalla validazione del referto in poi. Dunque, dopo che il referto è stato validato, vi è l’INTERPRETAZIONE DEL MEDICO e ciò orienta tutto il resto: si può modificare la terapia che si stava dando perché (supponiamo) la glicemia del paziente non è diminuita ma è rimasta alta e dunque la terapia non ha dato il beneficio atteso e quindi, se ciò accade, si modifica l’ATTEGGIAMENTO TERAPEUTICO.

QUALCHE NOZIONE IN PIÙ SULLA FASE PRE-ANALITICA Circa il 60-70% degli errori si fa in questa fase, in quanto molto complessa e articolata. Perché? Perché l’infermiere ha un compito molto arduo (ad esempio sbaglia ad effettuare il prelievo). Altra fonte di errore è il tempo impiegato a consegnare il campione (deve essere consegnato TEMPESTIVAMENTE), che inficia a volte il risultato se non è rispettato. Se il campione è compromesso, presenta delle alterazioni nella fase pre-analitica, la fase analitica non aggiusterà MAI il risultato e dunque non c’è modo di recuperare il campione (bisogna rifare il prelievo!). Richiesta del medico: Le richieste vengono fatte in maniera appropriata! Se ho il dubbio che il paziente sia pallido perché anemico, NON chiedo gli esami della creatinina (importante per le disfunzioni renali). Perché è una questione anche di spese (non richiedo esami che non servono). Ci sono poi esami che si possono richiedere in qualsiasi momento (per l’emocromo, ad esempio, non è necessario alcun digiuno e si può richiedere 24 ore su 24). Per altri esami, il paziente invece deve essere preparato. Supponiamo che il paziente deve fare un prelievo di sangue. Ci sono alcune caratteristiche che deve avere il prelievo. Sono diverse le PROVETTE. L’emocromo si fa su provette in EDTA (e NON su provette in cui il sangue è coagulato), il quale chela in maniera irreversibile in calcio (il calcio è un elemento essenziale per il processo emostatico): quindi se il calcio è chelato grazie all’EDTA, la coagulazione non avverrà. L’esame emocromo serve per contare il numero degli elementi corpuscolati del sangue e valutare i loro parametri. Se devo fare glicemia/creatinina/funzionalità epatica/marcatori cardiaci, vanno fatti tutti nella provetta della biochimica, dove è necessario il siero e non c’è bisogno di anticoagulante. Dunque centrifugo il sangue ed ottengo: - una parte corpuscolata (plasma, di colore rosso in quanto sono presenti per lo più eritrociti – essi sono infatti presenti in quantità di milioni per ml, mentre i globuli bianchi sono presenti come migliaia per ml) - e una parte liquida (siero, di colore giallo; esso è privo di fibrinogeno e fattori coagulativi).

PROVETTE Provette TAPPO VIOLA  sono provette da 3 ml che contengono EDTA (per l’esame emocromo ad esempio). Provette TAPPO AZZURRO  c’è citrato di sodio; le uso per fare una coagulazione. Il citrato di sodio è un chelante reversibile del calcio e serve per studiare i tempi della coagulazione. Provette TAPPO ROSSO o GIALLO  sono le provette della biochimica, hanno di solito un gel separatore e sono provette all’interno delle quali posso ottenere SIERO. Io faccio un PRELIEVO di sangue, da cui posso ottenere 3,4,5 tipi diversi di CAMPIONE. Perché posso usare: - Il sangue intero in EDTA (provette tappo viola) per l’emocromo – la provetta NON va centrifugata; - Altre provette invece si devono centrifugare per ottenere: 1) plasma (in provette con citrato di sodio, dunque tappo azzurro) 2) siero (in provette tappo rosso)

Dunque il prelievo è sempre sangue, ma il campione biologico (a seconda della provetta) può essere: plasma, siero o sangue intero (quest’ultimo ribadiamo che non subisce alcuna centrifugazione, ad eccezione degli altri due). Diversi sono i campioni perché diversi sono gli esami che devono essere fatti. Qualità del prelievo: Se l’infermiere tiene troppo il laccio in sede (perché ad esempio la vena è difficile da prendere), si può causare emòlisi (rottura dei globuli rossi) e l’emolisi può interferire su alcuni dosaggi: se avviene emolisi, l’emoglobina si rilascia nel liquido circostante. Quando io centrifugo mi troverò, sì, la parte corpuscolata ma avrò il campione di siero rosso e non giallo (il campione viene detto EMOLIZZATO) e ciò impedisce la corretta effettuazione degli esami di laboratorio. Se il campione è lievemente emolizzato, il tecnico per tutelarsi (anche sul piano legale) lo riferisce, lo mette per iscritto. Se il campione è completamente emolizzato, il tecnico non effettua per nulla gli esami e il prelievo deve essere effettuato una seconda volta. Consegna del campione: Esso deve essere spesso consegnato abbastanza TEMPESTIVAMENTE. Per alcuni analiti (ricordiamo che parliamo sempre di analiti) è molto importate ad esempio che la centrifugazione segua il prelievo in maniera abbastanza rapida. Facciamo un esempio: la GLICEMIA. La glicemia è un test banale, perché il costo non è elevato, PERÒ il glucosio viene utilizzato anche dagli eritrociti. Se il campione non viene ancora consegnato dopo 2 ore, questo glucosio sarà utilizzato e allora la glicemia che io ottengo non sarà quella che era all’inizio ma sarà sottostimata (perché, se usata dagli eritrociti, diventerà più bassa). Dunque un prelievo per la glicemia deve essere consegnato presto in laboratorio. Altro campione può essere quello delle urine. Se mi arriva un campione di urina a mezzogiorno, non effettuo proprio l’esame, perché l’esame delle urine tradizionale si effettua sulle prime urine del mattino (ed è impensabile che un individuo non abbia fatto urine prima di mezzogiorno). SE VARIO LA PARTE PRE-ANALITICA, IO HO VARIATO PRATICAMENTE IL DATO. È FONDAMENTALE CHE OGNI FASE VENGA FATTA IN MANIERA SCRUPOLOSA! È importante dunque la fase del prelievo. È importante anche la fase del TRASPORTO, che deve essere idoneo. Se devo fare la vitamina D, la maggior parte dei filtri prevede che la provetta venga avvolta nella carta d’alluminio, in quanto è fotosensibile. Se devo fare una emogasanalisi arteriosa (nota anche come emogasanalisi, emogas o EGA, cioè un esame che consiste in un prelievo di sangue arterioso), la provetta deve essere trasportata nel ghiaccio. La fase pre-analitica, ricordiamo, si conclude con l’accettazione del campione. Il tecnico di laboratorio (se tutte queste modalità sono state rispettate) accetta il campione. L’idoneità del campione sta nella qualità e nella quantità del campione stesso. Quantità del campione: Ad esempio, il nostro strumento contaglobuli automatico (ADVIA 2120) utilizza 175μl per ogni dosaggio. All’interno c’è un anticoagulante che è realizzato per neutralizzare 3 ml di sangue. Se io metto 0,5 ml di sangue anziché 3 ml, io sto diluendo il campione con l’EDTA (proprio perché quell’EDTA è fatto per 3 ml). Allo stesso modo, se io metto più di 3 ml, l’EDTA presente non è sufficiente a neutralizzare il calcio presente e si formeranno dei microcoaguli (lo strumento si può dunque inceppare, in quanto è costituito da capillari; inoltre, per il contaglobuli ogni aggregato che passa sotto la luce laser è 1, non importa se l’aggregato sia fatto da migliaia di cellule o una sola cellula. Pertanto capita che possa sottostimare le piastrine. Le cosiddette pseudo-piatrinopenìe – ossia falsa deficienza di piastrine – sono legate ad un prelievo NON idoneo).

Dopo l’accettazione del campione, segue la FASE ANALITICA: l’ANALISI. La parte analitica è la parte a carico del tecnico di laboratorio dove noi abbiamo controlli di qualità. Abbiamo detto che misurare e analizzare significa “stimare” la grandezza di una sostanza, il cui valore è appunto sconosciuto. C’è bisogno di calibratori che ci dicono che, per far sì che lo strumento funzioni bene, il valore deve essere “tra… e…” (vale a dire: tra questo valore e quest’altro – tale range è conosciuto per alcune sostanze, meno conosciuto per altre). Se questi controlli vanno bene, allora so che sto lavorando in un ambito accettabile. Ci sono controlli di qualità sia interni (ossia lo stesso campione viene corso all’interno dello stesso laboratorio più volte) sia esterni (ossia controlli che si fanno con altri laboratori). Per esempio, con delle certificazioni già note, si possono fare dei controlli con laboratori di tutta Europa o addirittura di tutto il mondo.

FINALITÀ DEGLI ESAMI I LABORATORIO Sono tante: - Finalità DIAGNOSTICHE (la malattia c’è o non c’è? Si effettua un test di questo tipo per confermare o escludere un sospetto diagnostico oppure per formularne un altro; ES: è ipercolesterolemico? È anemico? ecc) -

Finalità di SCREENING Serve a selezionare soggetti a rischio di malattia. Dunque fra i soggetti a rischio ci sono i soggetti malati ma ci sono anche soggetti falsamente positivi. La finalità dello screening è quella di applicare il test (semplice da effettuare ed economico, altrimenti lo screening non si potrebbe fare in maniera universale) ad un’ampia popolazione per individuare i soggetti a rischio di malattia e ad escludere sicuramente la malattia nei soggetti sani! Si fa sia per malattia abbastanza invalidanti e frequenti (la cui diagnosi diventa poi importante per fare una terapia precoce. Es: test dell’ipotiroidismo congenito. Si punge il calcagno di un tot di bambini in territorio italiano per misurare gli ormoni tiroidei per escludere la malattia nei soggetti sani ed individuare i soggetti a rischio).

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MONITORAGGIO del decorso clinico o della TERAPIA Il monitoraggio serve anche per le malattie acute, ma spesso e volentieri è usato per le malattie croniche, che vanno monitorare/controllate nel tempo. Noi parleremo (nelle prossime lezioni) del DIABETE come esempio di malattia cronica, molto diffusa nella popolazione occidentale (in questo caso ad esempio effettuo l’emoglobina glicata, che è un marcatore, per vedere quanto zucchero è presente e questo è un indice retrospettivo del controllo glicemico degli ultimi tre mesi).

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Finalità PROGNOSTICHE Si usano i marcatori tumorali (che non si possono fare per screening; l’unico marcatore tumorale per screening è il PSA per il cancro della prostata). Essi si usano per il monitoraggio-prognosi, nel follow up. Es: tumore al colon. Prima che si faccia l’intervento, vedono che il paziente ha il CEA positivo (CEA è uno dei marcatori tumorali), tolgono poi la parte del cancro e il CEA diventa negativo. Nel tempo si segue questo CEA. Se ricompare, c’è una recidiva. NON c’è un modo per farsi un’analisi ed escludere i tumori (eccetto l’esame di screening per il cancro alla prostata).

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VALUTAZIONE FARMACO-TOSSICOLOGICA

Tante sono dunque le finalità. È inoltre importante sapere che ci sono alcuni analiti che si adattano a varie finalità, mentre altri analiti hanno un’unica finalità. Se voglio fare la glicemia, mi serve per finalità diagnostiche, ma è utile anche per il monitoraggio di un paziente che già so che è diabetico. Invece un test da carico orale di glucosio lo faccio soltanto in un paziente di cui ancora non conosco la diagnosi, non lo faccio in un paziente che già essere diabetico (il test da carico orale di glucosio è dunque adoperato solo con finalità diagnostiche)....


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