Pedagogie - Libro particolarmente comprensibile e stimolante PDF

Title Pedagogie - Libro particolarmente comprensibile e stimolante
Author Francesca Salonna
Course Educatore socio-culturale
Institution Università del Salento
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Libro particolarmente comprensibile e stimolante ...


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Pedagogie di Giuseppe Annacontini Pedagogia Generale Università del Salento 27 pag.

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PEDAGOGIE

LA PEDAGOGIA GENERALE. SCIENZA DEL PENSARE/AGIRE DELLE’EDUCAZIONE 1. La pedagogia, scienza del pensiero / agire dell’educazione La pedagogia generale manifesta una crescente complessità, correlata alla articolazione delle pedagogie che fanno riferimento e che sono riconducibili all’amibito della pedagogia generale. E’ alla pedagogia generale che si chiede di definire la propria natura di scienze del pensare/agire dell’educazione, nella multiformità e molteplicità di soggetti, contesti, tempi della formazione, dell’educazione e dell’istruzione. Tale ruolo si fa oggi ancor più delicato, considerando che tutte le varabili coinvolte nel processo educativo sono sottoposte a cambiamenti continui e vorticosi, che si pongono sempre più nei termini di vere e proprie emergenze educative. Esiste, una diffusità dell’educativo che fa riferimento al fatto che, dalla nascita dell’umanità, è proprio attraverso l’educazione che viene garantita la continuità del sapere, dell’esperienza e dei valori da una generazione all’altra. La funzione svolta dall’educazione è una funzione “naturale”, che si realizza in maniera informale nei differenti contesti di vita e di esperienza, contribuendo a definire una pedagogia cosiddetta “ingenua” o di senso comune, quella che Bruner chiama PEDAGOGIA POPOLARE, strettamente correlata ai modelli culturali dei vari gruppi sociali. Dopo la nascita delle scienze umano sociali (La psicologia dell’educazione e la sociologia dell’educazione) la pedagogia ha dovuto determinare una frammentazione dell’educazione e definire una scienza dell’educazione AUTONOMA e DISTINTA (pedagogia) rispetto alle altre scienze, anche se connessa a esse attraverso, la ricomposizione unitaria tra teoria e prassi. Scrive Baldacci “da concepire come relazione dialettica tra il momento dell’interpretazione del mondo e quello della sua trasformazione”. Il rapporto teoria-prassi è un rapporto dinamico che deve tradursi nella circolarità teoria-prassi-teoria. La teoria: costituisce la condizione primaria della pedagogia in quanto sapere, che dal progetto non può prescindere. La sua è una progettualità costantemente rivolta alla prassi. La prassi: è controllo analitico e metodologico, è anche intervento trasformativo, carico di forte istanza progettuale ed emancipativa, di responsabilità sociale, etica e culturale. E’ questo particolare tipo di prassi a riconsegnarsi alla teoria, una teoria che ha fatto tesoro del suo “bagno empirico”. Se da una parte, la pedagogia ha saputo costruire il proprio specifico punto di vista, fondandolo epistemologicamente e fortificandolo nel rapporto dialettico con le altre scienze, dall’altra parte offre l’incontro/scontro tra popoli, culture,

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etnie, ma anche tra sistemi di sapere, di tecniche e tecnologie. La pedagogia mette così in risalto la sua valenza trasformativa. 2. L’oggetto della pedagogia Per connotare la pedagogia quale vera e propria scienza, è necessario che essa espliciti una propria metodologia della ricerca. Scrive Margiotta (2015): educare, istruire e formare sono riconosciute come il motore silenzioso dello sviluppo e dell’innovazione; ma al contempo ne costituiscono la problematica centrale con cui misurarsi per poter dare senso allo sviluppo compatibile in una società globale e complessa quale è quella presente.

La pedagogia si conferma come scienza del pensare e dell’agire educativo, si colora di utopia (fantasia, non reale) nel momento in cui apre alla pedagogia l’accesso ai territori del cambiamento, consentendole di muoversi agevolmente tra “vincoli” e “possibilità”. L’oggetto della pedagogia accoglie al suo interno le parole: EDUCAZIONE, ISTRUZIONE e FORMAZIONE Educare: fa principalmente riferimento alle dimensioni affettivo-relazionale, etico-sociale e valoriale, che trovano nelle istituzioni non formali, quali la famiglia, il contesto privilegiato di attualizzazione. Istruire: fa principalmente riferimento ai processi di acquisizione e di organizzazione delle conoscenze, dei saperi e delle competenze, nonché istituzioni formali come la scuola e l’università, distribuita lungo l’intero corso dell’esistenza. Formare: raccoglie l’eredità della paideia greca (educazione e bene dello stato strettamente collegate), dell’humanitas latina (attenzione e cura tra gli uomini) e bildung tedesca (tensione spirituale dell’IO). Grazie a questa eredità si raggiunge una FORMAZIONE PROFESSIONALE completa per tutti e per tutta la vita. 3. I soggetti dell’educazione Le sfide educative poste alla pedagogia sono correlate alla complessità del vivere contemporaneo, di cui vittime principali sono i giovani, ai quali dovrebbe essere costitutivamente correlata la dimensione del futuro: tale privazione li costringe a rinchiudersi in un “presente onnipresente”. Già nel 2008 Bauman raffigurava il tempo della modernità come un “insieme di punti sparsi” che non indicano alcuna traiettoria futura, ma invitano a vivere momento per momento, senza consentire progetti, desideri, sogni da realizzare, ma offrendo “occasioni” da consumare subito. Prevale, un senso di sfiducia nelle istituzioni e in coloro che le rappresentano, il che porta il meccanismo della delega di potere ad una sola persona.

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Accanto ai giovani, anche gli adulti espongono un elevato tasso di problematicità, accentuato da uno stato di crisi (esistenziale e professionale). Gli adulti di oggi devono innanzitutto imparare a superare il trauma della perdita di quelle certezze e sicurezze che fino a qualche decennio fa avevano contraddistinto questo tempo della vita e devono evitare di cadere in quelle trappole della contemporaneità che li rimandono indietro nel tempo (sindrome di Peter Pan). “Abitare la crisi” comporta la necessità e l’impegno da parte degli adulti di imparare a governare il cambiamento. Parlare di responsabilità significa definire altri concetti a essa correlati, come quello di autorevolezza dell’adulto, intesa come assunzione di un ruolo di guida affidabile e sicura. Il cambiamento che ha attraversato il mondo del lavoro va molto al di la delle competenze tecnico-professionali, ma si estende alle capacità metariflessive dell’apprendere ad apprendere, cioè la capacitò di pensare e di apprendere diventa il principio ordinatore attraverso il quale l’umanità stabilisce progressivi equilibri con sé stessa e con l’ambiente, fisico e sociale, in cui realizza la propria esistenza interagendo interamente con esso (LOIODICE). La “possibilità di cambiare” è affidata alla formazione come processo continuo e permanente, scrive Alberici “la formazione durante tutta la vita può essere concepita come un’idea limite, un concetto, un obbiettivo, una metodologia, una pratica, una politica”. La formazione permanente rappresenta così una bussola che per non perdersi nel

cambiamento, deve convertire il rischio in possibilità, la possibilità completa di una differente realizzazione come lavoratore ma, anche come cittadino e come persona. Demetrio individua tre categorie-chiave della formazione in età adulta: la prima è quella della TRASFORMATIVITA’, cioè di una tensione trasformativa che la formazione deve saper assicurare, pur garantendo al contempo la necessaria CONTINUITA’ (seconda parola chiave) con il percorso di vita del soggetto in trasformazione. In questo senso, la formazione diviene processo continuo e sempre rinnovato di attivazione di domande, di bisogni, di perfezionamento incessante di quanto si è appreso. Un processo che si completa con la terza parola chiave: INTERROGAZIONE DI SE’. Solo quest’ultima può far si che i processi di trasformazione, ma anche di conservazione della propria identità, si traducono in un continuo itinerario di autonomia, di autorealizzazione e di riappropriazione del proprio sé. Nell’ambito di un ripensamento dell’esistenza come corso della vita anche l’infanzia e la vecchiaia possono e devono essere ripensate e riprogettate. Si mostrano oggi con i tratti di

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una vulnerabilità che rinviene loro dall’essere tempi della vita attraversati da profondi mutamenti. Diventa importante utilizzare in chiave educativa e formativa alcune categorie chiave quali, la categoria della cura. E’ a partire dal concetto di cura, contrassegnato dal carattere di relazionalità, che diventa possibile ridefinire i contorni delle relazioni tra bambini, adulti e anziani. La cura può diventare quella categoria pedagogica in grado di riunire le relazioni intergenerazionali, grazie alla reciprocità che definisce l’essere, sia soggetto che oggetto della cura, per tutta la vita. 4. I contesti dell’educazione Bambini, giovani, adulti e anziani nel corso dell’esistenza incontrano possibilità di educazione di tipo formale, informale e non formale che integrano quelle ricevute dalle istituzioni intenzionalmente educative. Queste ultime compongono il sistema formativo integrato, secondo il modello teorico ed empirico teorizzato da Franco Frabboni. Il sistema formativo integrato si fonda sull’equazione scuola+territorio, nasce con l’intento di fronteggiare la discontinuità tra i differenti gradi scolastici, nonché la frantumazione e disgregazione dei luoghi dell’educazione. Nel 1994 Frabboni e Pinto scrivono il “manuale di pedagogia generale” Con l’avvento dei social media e del sistema della tecnologia mobile, le community virtuali mettono ben in evidenza la paura di sottofondo che accampagna oggi i giovani nel loro processo di crescita. Nascondersi dietro lo schermo di un computer, non consente di far emergere le proprie debolezze e paure per poterle affrontare e superare attraverso dialoghi e confronti schietti e sinceri. Questo può farlo solo una persona in carne ed ossa, che si prende cura dell’altro, Don Milani utilizza l’espressione “I care-mi prendo cura” La “coppia” teoria-prassi è oggi richiamata a fronteggiare una ricca molteplicità di temi e di ambiti di riflessione e di intervento, tutti accumunati dalla categoria della differenza. Accanto alla differenza di tempi della vita, la ricerca pedagogica ha dedicato particolare attenzione alla dimensione di genere, con l’obbiettivo di superare modelli di discriminazione/prevaricazione del genere maschile su quello femminile. Una delle più significative trasformazioni avvenute nel corso del 900 è quella che ha interessato

l’universo femminile e quello maschile, travolgendo logiche e pratiche di relazione tra i due sessi. La possibilità di riequilibrare le responsabilità del lavoro di cura, non dipende solo dall’offerta dei servizi, ma soprattutto dalla necessità di superare la rigida divione nella

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distribuzione del lavoro di cura e delle responsabilità familiari. Questa soluzione non può certo essere imposta per legge, ma deve essere il frutto di cambiamenti culturali e di formae mentis che stentano ancora a diffondersi e che paiono ulteriormente allontanarsi nei periodi di crisi economico-finanziaria, che riducono ulteriormente gli investimenti nei servizi di sostegno alla famiglia e in qualche modo rilegittimano la permanenza delle donne a casa. La scommessa è quindi quella di cogliere in questo “rimescolamento” di ruoli le inesauribili opportunità che ne derivano. Alle differenze di età e di genere oggi si aggiungono quelle etiche e culturali. La stabilizzazione dei fenomeni migratori, nella forma di veri e propri esodi di massa, si somma, in negativo, al prevalere sempre più diffuso a livello nazionale, europeo e mondiale, di atteggiamenti di chiusura e di vero e proprio rifiuto di masse sofferenti di uomini e donne, che affrontano l’incognita di un viaggio che troppo spesso ha esiti infausti. La naturale tensione alla relazione con l’arterità appare inibita dagli eventi di una contemporaneità che sembra aver dimenticato gli errori e gli orrori del Novecento e che ha dunque ripreso a guardare con diffidenza e paura l’altro, percependolo come straniero e quindi come nemico. La spettacolarizzazione del tragico cresce in forma esponenziale attraverso i media, ormai quasi anestetizzati sul piano del “sentire” emotivo. Siamo tutti spettatori globali, con la conseguenza che scrive Beck: “ciò che prima veniva escluso a priori perché totalmete inconcepibile accade: come evento globale perchè trasmesso dai mass media”. La ricerca pedagogica continua a far sperare nel potere dell’educazione, che occorre tradurre in un impegno concreto nell’elaborare modelli di formazione capaci di esaltare il costrutto della differenza come valore e come diritto universale nonché di tradurli in una prassi educativa allargata a tutti i luoghi (formali, non formali e informali). Un ruolo imprescindibile lo possono svolgere gli insegnanti e gli educatori, questi ultimi finalmente riconosciuti, anche sul piano giuridico, nella loro specifica professionalità (Iori 2018). Ai docenti e agli educatori si chiedono conoscenze e competenze specifiche al cui fondamento deve esserci l’impegno a costruire quella cultura dell’umano, oggi così pericolosamente “oscurata”. La ricerca pedagogica ha contribuito a rafforzare i metodi e le procedure di indagine qualitativa, riconoscendo progressiva legittimazione ad alcuni ambiti la biografia e l’autobiografia. Entrambi servono alla ricerca pedagogica per individuare caratteristiche e leggi generali dell’evento educativo, leggi che però partono e ritornano, nel senso che la generalizzazione appare un’ipotesi di lavoro, mai una conclusione. Lo scopo della ricerca pedagogica è, infatti, l’attenzione al processo e non solo ai risultati.

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LA STORIA DELLA PEDAGOGIA. UN SAPERE NECESSARIO E IPERCOMPLESSO OGGI. 1.l’oggetto plurale della storia pedagogica La storia della pedagogia si è fatta disciplina ufficiale e organica nel corso dell’800. E’ una storia pedagogica che due facce fondamentali: la teoria e la scuola. Due tradizioni che hanno dominato il campo fino all’idealismo e poi al tempo centrato sulle ideologie politiche anche in pedagogia. Tradizioni che hanno prodotto studi complessi e ancora utili,

tra Gentile e i suoi allievi, poi nell’area laico-progressista, in quella marxisista o in quella cattolica. Tale modello decade nel corso degli anni 60 e 70 dando vita a una “storia dell’educazione”. La pedagogia storica si sviluppa in tutto il mondo sociale e li assume forme e ruoli diversi. Oggi la storia della pedagogia indaga sulle forme educative del passato che agiscono sul presente, le giudica e le sostituisce. 2. la profondità temporale da cui veniamo Ogni presente viene da un passato, anche molto lontano e di questo porta in se i segni: tradizioni culturali, modelli formativi, credenze e teoriche e pratiche, abiti mentali, condizionamenti di vario tipo. Modelli e criteri hanno agito trasversalmente nella storia educativa, si pensi al modello della paideia che dalla Grecia classica ha attraversato la storia intera dell’occidente ed è arrivata a noi. La ricerca storica si fa serbatoio di coscienza critica di educazione, a coltivata con impegno metodologico e tematico guardando ad un comprendere-per-decondizionare e rilanciare un fare ricerca più libera e più critica. 3. teorie, pratiche, istituzioni, costumi e … cose Il pluralismo non frammenta tale ricerca bensì ne decanta la complessità e l’articolazione dialettica presente nelle varie tipologie delle società, da quelle arcaiche a quelle post moderne. Le teorie a partire dall’illuminismo si sono aperte oltre le filosofie, sviluppandosi ora tra le scienze umane. Tale pluralismo teorico va compreso attraverso un pensare ab extra la pedagogia, vedendola intrecciata con saperi e azioni sociali e sviluppandone una comprensione critica e contestuale. Così avviene anche per le pratiche che agiscono secondo pregiudizi inconsci: violenza sull’infanzia, discriminazione sulle donne. Poi le istituzioni, anche esse cariche di passato, oggi da rimuovere per dare un volto più moderno. Si ricordi tutto il lavoro storico critico svolto dalla cultura del ’68 su famiglia, scuola, infanzia, costumi educativi, tra femminile e minoranza sessuale. L’ educazione utilizza anche “cose” nel proprio agire sociale, oggetti, strumenti, fattori materiali: oggetti scolastici, giochi e giocattoli, media. Queste sono cose che fanno un’educazione spesso conformatrice ma anche liberatoria ( favoriscono lo sviluppo della fantasia).

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4. le metodologie attuali La ricerca storico pedagogica a partire dagli anni 70 da corpo a una produzione fine e articolata, in sintonia con le esperienze storiografiche del 900, esperienze che hanno guardato la storia sociale e fissato certezze relative a modelli del fare-ricerca, che oggi regolano la ricerca storica regolativa. Ricordiamone almeno 9: 1. la storia sociale à part entière praticata e teorizzata dalla scuola cresciuta intorno alla rivista delle “ Annales” (1929 francia ) e divenuto modello guida. 2. la psicostoria anglosassone che indaga il ruolo svolto da soggetti protagonisti si pensi a Lutero e Garibaldi o in pedagogia alla Montessori, Dewey e Don Milani. 3. l’ermeneutica come teoria dell’interpretare, che si sviluppa, secondo punti di vista da confrontare e integrare tra loro dialetticamente. 4. il marxismo che valorizza l’economia come matrice generale di tutte le forme di vita sociale e lì fa agire le logiche di lotta di classe. 5. la posizione del “paradigma indiziario” legge caratteri profondi di un tempo storico.

6. la storia materiale legata a manufatti, a oggetti di valore sia simbolico sia quotidiano, ma che animano tutta la vita sociale e la caratterizzano spesso per tempi storici assai lunghi. 7. la storia quantitativa, che lavora su dati matematici, applica le regole della statistica e legge fenomeni educativi. 8. la storia dell’immaginario che tratta simboli, narrazioni, credenze, miti con approcci diversi e complementari. 9. la storia strutturale alla Foucault, che legge i “ dispositivi” in atto nelle varie epoche e che lega saperi e poteri svolgendo un forte ruolo educativo. Tali metodologie sono stati tenute presenti nel fare ricerca storica in pedagogia, in Europa e in Italia. Il ruolo degli Annales fanno la storia se guardata oltre il paradigma delle clessi dominanti, valorizzando differenze e tensioni e dialettica e varietà di ruoli, atteggiamenti, e figure. 5. età, tradizioni, grandi modelli. Le età: l’antica, la medievale, la moderna e la contemporanea. L’età antica è dominata dalla paideia che fissa la formazione umana dell’uomo attraverso un fascio di esercizi etici e spirituali.

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L’età medievale riprende si la paideia, ma la declina come paideia Christi, assegnando al religioso un ruolo formativo di dominio. L’età moderna vede come protagonisti sia una cultura di diritti, sia la crescita degli stati nazionali, dove si affermano i sistemi scolastici. L’età contemporanea si avrà una crescita critica dei modelli educativi ora chiamati a far proprie la dimensione di cura e di sostegno e a guardare all’emancipazione di tutti secondo una regola chiave delle società democratiche o una conformazione gestista dello stato in quelle totalitarie. Ogni età va letta nelle sue complesse e specifiche dinamiche interne. Dentro le età si formano e si consolidano le tradizioni. Tra le prime va tenuta ferma l’articolazione di paideia, humanitas e bildung, che verte sulla formazione-umana dell’uomo. Oppure la tradizione della scuola umanistica con al centro le lingue e la humaniora, con la retorica che è stata il modello form...


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