Pinto diritto enti locali PDF

Title Pinto diritto enti locali
Author Immobil Poet
Course Diritto Amministrativo
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Organizzazione e funzionamento degli «enti locali» nell’ordinamento repubblicano. Enti locali e formazione delle politiche. Corso di laurea di «Politiche sociali e del territorio» della Facoltà di Sociologia dell’Università Federico II di Napoli. Obiettivo formativo Trasferimento conoscenze e metodologia per l’acquisizione e l’aggiornamento delle competenze giuridiche. Comprensione del quadro generale e di quelli specifici caratterizzanti l’esercizio delle funzioni degli enti locali. Criticità: ampliamento dell’autonomia degli enti locali nel 2001: potestà normativa; funzioni amministrative; autonomia finanziaria.

Presentazione La parte tradizionale del programma si articola lungo i seguenti macro argomenti: le origini storiche; il quadro normativo di principio e di dettaglio; l’organizzazione; le funzioni degli enti locali; le fonti del diritto; lo status degli amministratori locali; il sistema dei controlli.

Principali fonti normative di riferimento 1. Costituzione: http://www.quirinale.it/qrnw/statico/costituzione/costituzione.htm" 2. Testo unico degli enti locali. Presentazione Indicazione altri atti utili Aggiornamento ai più recenti interventi normativi. Frequenti interventi del legislatore statale e regionale. Oggetto: aspetti organizzativi o strettamente istituzionali; risorse; politiche; incidenza sugli assetti politico-istituzionali.

Difficoltà di inquadramento Necessità cognizione del quadro normativo. Analisi critica e sistematica della sua evoluzione. Difficoltà d’aggiornamento dei Manuali. Diritto regionale degli enti locali? Ruolo decisivo che compete alle regioni. Diritto degli enti locali differenziato da regione a regione e da comune a comune? Aspetti teorici di indubbio impatto sostanziale. Rinvio all’approfondimento delle fonti del diritto. Sulla necessità di un costante aggiornamento Esempi di necessità d’aggiornamento. Attuazione della normativa in materia di “federalismo fiscale”. Legge n. 42 del 2009 di delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione al fine di assicurare l’autonomia finanziaria di comuni, province, Città metropolitane e regioni. Aggiornamento e coordinamento normativo http://www.parlamento.it/parlam/leggi/decreti/10002d.htm Decreto legge 25 gennaio 2010, n. 2 “Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni” (ad oggi ancora non convertito per cui soggetto a eventuali modifiche). Riduzione della spesa pubblica. Riduzione numero dei consiglieri e degli assessori. Soppressione: difensore civico; direttore generale;

Qualità normativa Traiamo spunto dalle caratteristiche di tale fonte per accennare a un altro aspetto: la “qualità normativa”. http://www.parlamento.it/parlam/leggi/09191l.htm" Legge 23 dicembre 2009, n.191 La fonte appena citata è un esempio. Linguaggio non immediatamente accessibile La legge finanziaria è tristemente emblematica. Analisi specifica. Non solo de iure condito… Studiosi e attori del diritto degli enti locali (es. amministratori locali, dirigenti, funzionari, attori del partenariato economico, sociale e istituzionale) pongono attenzione agli atti normativi in fieri. Attenzione verso atti in grado di cambiare: l’assetto istituzionale; le funzioni degli enti locali; i rapporti tra enti locali nonché tra questi e lo Stato e tra questi e le regioni.

Il Codice delle autonomie de jure condendo Disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri nel dicembre del 2009: “Codice delle autonomie”. Individua: funzioni fondamentali degli enti locali; criteri per l’assegnazione delle funzioni amministrative.

Le origini storiche: l’Italia dei comuni I comuni svolgono un ruolo fondamentale nella storia italiana. Comune luogo di aggregazione dal punto di vista sociologico. Variano le caratteristiche proprie e di sistema ma il comune conserva un ruolo centrale di identificazione.

Origini storiche: la cultura municipalista I cittadini si riconoscono prevalentemente nel comune, soprattutto nel caso di comuni di piccole dimensioni. Se vogliamo ancor oggi i cittadini italiani delle grandi città, tranne in alcuni casi, si qualificano come cittadini della città e non della regione. Un dato interessante: ad oggi anche se circa l’80% della popolazione risiede nelle cosiddette “aree metropolitane”, non va dimenticato che l’Italia è il paese dei piccoli comuni. Dei circa 8.000 comuni italiani, i 2/3 sono al di sotto dei 5.000 abitanti. Origini storiche: la cultura municipalista (segue) Per un’analisi dei dati, anche quantitativi, dei comuni italiani si veda il sito dell’Associazione italiana dei comuni (http://www.anci.it) Per acquisire informazioni sulle http://www.areemetropolitane.anci.it e i http://www.piccolicomuni.anci.it si vedano i relativi siti. Origini storiche La cultura dei municipi si contrappone a quella dello Stato. Il comune è il vero ente radicato sul territorio. La popolazione ha rapporti immediati e diretti con il comune. Trasformazione identitaria e culturale. Alto tasso di analfabetismo. Ruolo marginale della carta stampata. L’avvento della Tv pubblica generalista terrestre nazionale e il suo ruolo identitario. Quadro storico di riferimento. Fino al 1859, quindi dopo lo Statuto albertino (1848), poi con l’Unità d’Italia (1861). Nomina regia del sindaco. Ha un ruolo distinto rispetto ai consiglieri comunali.

La figura del sindaco quale chiave di lettura delle peculiarità ordinamentali Legge Rattazzi del 1859 Analisi degli organi (elementi chiave per studiare la forma di governo del comune nella sua evoluzione): il sindaco; l’esecutivo; il consiglio comunale.

Cultura liberale L’Italia è ancora il Paese dei comuni. Scarsa identità nazionale. “Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani”. Contrasti dei comuni con le prefetture (quindi lo Stato). Estensione del modello piemontese dopo l’Unità d’Italia Trasferimento della capitale da Torino a Firenze nel 1865. Estensione della legislazione piemontese sull’intero territorio italiano (c.d. legge sull’unificazione amministrativa, All. A). Non vi sono novità sostanziali. Caratteristiche: decentramento burocratico (le funzioni amministrative statali esercitate in periferia); non “autogoverno”.

Estensione del modello piemontese dopo l’Unità d’Italia (segue) … sindaco “Ufficiale di governo”. … di Nomina regia. Le competenze del comune sono quindi derivate. 1888 Nuova legge sull’amministrazione locale Modernizzazione amministrativa. Comuni con popolazione maggiore sindaco di derivazione consiliare. La forma resta centralista: il sindaco è ufficiale di governo e continua a giurare dinanzi al Prefetto; può essere revocato oltreché dal consiglio anche dal Re.

Differenziazione demografica L’ordinamento degli enti locali si caratterizza in forza della variabile demografica “popolazione”. Differenze sul territorio nazionale. Prevalenza dei piccoli comuni in alcune aree del paese mentre in altre (quali ad esempio la Puglia) prevalenza dei grandi comuni.

Discrasia fra obiettivi e risultati Finiamo per assistere a un paradosso: obiettivo del legislatore era sostenere il processo di unificazione; invece proprio ai comuni con maggiori spinte disaggreganti veniva fornita maggiore autonomia. Si trattava in larga misura dei comuni meridionali. Riforme. Obiettivi del legislatore. Efficienza ed efficacia. Spunto per un richiamo alle metodologie e agli strumenti in grado di valutare gli interventi normativi. Altri esempi di valutazione delle riforme: le Bassanini. Misurazione ex ante dell’impatto della regolamentazione. Strumenti non sempre facili da usare. Tempi, costi, formazione risorse umane. La provincia. Alcuni cenni per un confronto futuro Circoscrizione di decentramento dello Stato al fine dell’esercizio delle funzioni amministrative. Prefetto al vertice. Profonde differenze con l’ente provincia previsto dalla Costituzione del 1948 e dalla revisione costituzionale del 2001: ente previsto in Costituzione; autonomia politica, normativa, amministrativa, finanziaria. Provincia ente inutile? Legge del 26 luglio 1896 Estensione disciplina 1888 a tutti i comuni, a prescindere dalla dimensione demografica. Sindaco, Giunta e Consiglio comunale sono gli organi di governo. Il consiglio sceglie entrambi gli organi nel proprio seno. Revoca il sindaco con mozione di maggioranza: voto dei 2/3 immediatamente esecutiva; se maggioranza assoluta sarà il Prefetto a decidere. Lungi ancora dal determinarsi una reale autonomia dell’ente locale. I comuni nel disegno amministrativo dello stato liberale Le norme organizzative sono contenute esclusivamente in fonti statali. Rigido sistema di controlli: sugli organi; sugli atti. L’avvento del regime fascista: l’inversione del processo L’ordinamento comunale viene profondamente trasformato, in particolare tra il 1925 e il 1928. Ratio ispiratrice: rafforzamento del centralismo statale/partito fascista quindi indebolimento delle

autonomie locali. Organi Istituita la figura del podestà. Sostituisce sia il sindaco sia il consiglio comunale. Nei comuni di dimensioni maggiori il podestà è affiancato da una Consulta. Ridefinizione della figura del segretario comunale. Nuovo Testo unico della legge comunale e provinciale R.D. 383/1934. L’ideologia fascista tradotta nell’ordinamento presuppone una ratio legis“statocentrica” in ogni elemento del nuovo ordinamento comunale.

Il Quadro costituzionale Caduta del fascismo Obiettivo: superare l’ordinamento comunale previsto nel ventennio. Gennaio del 1946 decreto luogotenenziale. Soppressione Podestà e Consulta. Riattivazione degli organismi elettivi. Caduta del fascismo (segue) Analisi da un punto di vista delle fonti Il testo unico del 1934 non venne esplicitamente abrogato. Mancato coordinamento tra i testi unici del 1915 e del 1934. Anche fonti secondarie statali. Difficoltà interpretative. Interprete e antinomie. Il quadro costituzionale del ‘48 Art. 114 Cost. La Repubblica si riparte in regioni, province e comuni. Art. 128 Cost. Le province e i comuni sono “enti autonomi” nell’ambito dei principi fissati dalle leggi della Repubblica che ne determinano le funzioni. Art. 129 Le province e i comuni sono anche circoscrizioni di decentramento statale e regionale (…) e le circoscrizioni provinciali possono essere divise in circondari con funzioni esclusivamente amministrative per un ulteriore decentramento. Il sistema dei controlli Art. 130 Cost. prevedeva il sistema dei controlli. Era previsto un organo della regione (Co.Re.Co.). Esercitava un controllo di legittimità sugli atti degli enti locali. In casi previsti dalla legge poteva esercitare anche un controllo di merito. Enti locali e Costituzione Alle leggi della Repubblica competenza legislativa in materia di enti locali … ma in considerazione del criterio autonomistico sancito in Costituzione. L’importanza del riconoscimento costituzionale dei principi e dei limiti. Garanzie: rigidità della Costituzione (ex. Art. 138).

La forma di Stato regionale L’Italia è divisa in 20 regioni: 5 ad autonomia differenziata; 15 di diritto comune. Regioni dotate di potestà normativa al pari dello Stato. Quelle a statuto speciale potestà legislativa esclusiva e concorrente. Quelle di diritto comune potestà concorrente. È inoltre prevista la potestà legislativa integrativo- attuativa. Esercitano altresì funzioni amministrative. Sono dotate di autonomia finanziaria. Il rapporto tra comuni e regioni e Stato Mancata attuazione del principio autonomistico sancito in Costituzione. Probabilmente il costituente avrebbe dovuto più esplicitamente condizionare il legislatore statale e quello regionale. Stato e regioni avrebbero dovuto legiferare considerando quale centrale il ruolo degli enti locali. Ciò ebbe luogo solo molti anni dopo. Il rapporto tra comuni e regioni Regione → ruolo di programmazione. Funzioni amministrative → enti locali. Coincidenza con le caratteristiche del principio di sussidiarietà, formalizzato solo successivamente nella legislazione ordinaria e in quella costituzionale. Mancata concretizzazione di tale disegno. Per una lunga fase storica la responsabilità non è attribuibile alle regioni bensì allo Stato. L’attuazione delle regioni “Stato di sospensione” delle regioni sino agli anni ‘70. Lo Stato, o forse sarebbe meglio dire i partiti di maggioranza, non hanno, infatti, attuato la Costituzione. Motivi di diverso ordine, tra questi quelli di matrice politica. L’attuazione delle regioni (segue) Legge elettorale per le regioni n. 108/1968. Statuti regionali approvati ex art. 123 Cost. nel 1971. Decreti delegati del 1972. Numerosi ritagli di competenza. Corte costituzionale avalla indirizzo statale. d.lgs. 616/1977. ‘Il disordine costituzionale’ Le regioni restano fuori dalle scelte politiche e dalle valutazioni istituzionali di diretto impatto regionale ma anche locale. Forte spinta centralista da parte dello Stato. Gli enti locali mal sopportano il ruolo centralista dello Stato. I comuni si spingono più avanti delle regioni. Esercitano funzioni amministrative in quanto enti naturalmente deputati all’amministrazione degli interessi locali.

La centralità dell’art.5 nel tempo I principi sanciti nell’articolo 5 della Costituzione. La Repubblica una ed indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali. Attua nei servizi che dipendono dallo stato il più ampio decentramento amministrativo. Adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento. Profili metodologici interpretativi L’articolo 5 è tra i Principi fondamentali della Costituzione. Centralità nel tempo e nell’evoluzione della forma di Stato. Ha consentito due letture: centralista autonomista. Interpretazione alla luce del Titolo V 2001. Analisi della Costituzione materiale. Necessità di riforma e riorganizzazione Normativa frammentaria in materia di enti locali. Lo Stato e le regioni, per quanto di propria competenza, intervenivano con proprie fonti normative Conseguenza → proliferazione delle fonti. Da un punto di vista qualitativo, inadeguatezza della normativa rispetto alle istanze che “provenivano dal basso”. Non vi fu legislatura in cui non si discusse o non si propose una riforma sistematica dell’ordinamento degli enti locali. Occorre aspettate gli anni ‘90.

Le premesse delle Riforme. Dagli anni '90 al TUEL Caratteristiche del sistema vigente ante 1990 Organizzazione Funzioni amministrative Qual’era il modello previsto dall’ordinamento antecendentemente alla riforma del 2000, a tutt’oggi vigente di cui al TUEL, e al quadro costituzionale del 2001? Occorre verificare le principali caratteristiche. Richiamare le motivazioni sottese al non più procrastinabile intervento legislativo di riordino generale → L. n. 142/1990. Fonti competenti sono quelle primarie statali, eccezione per talune regioni a statuto speciale. Organizzazione Alcune caratteristiche della (pur impropriamente definibile) “forma di governo” comunale ante 1990. Consiglio comunale → posizione centrale: unico organo eletto direttamente dal corpo elettorale. Sindaco → eletto dal consiglio. Consiglio esercitava i poteri ‘politici’ e di gestione (amministrativi). Controlli

Segretario comunale, organico del Ministero dell’interno (Stato) e ex art. 130 della Costituzione Co.Re.Co., organo regionale (controllo preventivo). Difficoltà del Consiglio ad esercitare le funzioni Eccessiva concentrazione di funzioni in capo al Consiglio con conseguenti difficoltà. Il consiglio non esercitava costantemente le funzioni. Consiglieri chiamati a esercitare le funzioni amministrative. Ma la classe politica prevalentemente non era di carriera (amministrativa) quindi non dotata delle necessarie competenze. In tale quadro normativo la Giunta avrebbe dovuto esercitare funzioni di stretta esecuzione. La correzione spontanea del sistema Considerata incapacità dei consigli di amministrare il sistema si auto corregge. Anticipazione modello poi tradotto nella L. N. 142/1990. La Giunta finisce per esercitare le funzioni amministrative. Legittimazione → sussistenza requisiti d’urgenza e successiva ratifica consiliare degli atti. Impatto istituzionale e politico → la Giunta, espressione della maggioranza del consiglio, esautorava, nei fatti, il ruolo del consiglio. Il paradosso dell’insindacabilità Il sistema funzionava. Non rispettati i principi previsti dall’ordinamento. Paradossi: assenza dei termini di vigenza dei provvedimenti adottati in attesa di ratifica; esercizio d’urgenza era considerato elemento di valutazione ex post di merito; rectius, insindacabilità da parte degli organi giurisdizionali. Eccessivo numero di delibere trasmesse dalla Giunta al Consiglio. Conseguenza→ mancanza di tempo e di competenze per l’approfondimento. Sovente ratifica automatica. Differenze fra comuni Comuni < 5.000 Ruolo decisivo del sindaco. Legame personale con consiglieri. Il consiglio si limitava a ratificare. Paradosso→ proprio in questo caso il consiglio, numericamente contenuto, avrebbe potuto operare nel rispetto dei principi dell’ordinamento. Per i comuni di grandi dimensioni (anche 80 consiglieri) era maggiormente comprensibile la “variante applicativa di sistema”. Nei comuni medi il sistema formalizzato funzionava. La giunta effettivamente era organo di stretta esecuzione. Gli anni ‘80: crisi del sistema Sistema elettorale proporzionale. Assenza di condivisione preventiva di un programma.

Ogni lista presenta un proprio programma e non dichiara collegamenti con altre liste. Necessità d’aggregazione successiva per poter governare. Elezione del sindaco e della giunta senza piattaforma politica programmatica. Il ruolo dei partiti politici Giochi di potere. Il voto segreto aumenta la disomogeneità. Il ruolo predominante dei partiti politici. Scarso rilievo delle sedi istituzionali → mera ratifica in comune. Eccezione piccoli comuni. Per gli altri → ruolo marginale del sindaco. Incisivo è il ruolo degli assessori con maggiore peso politico. Il sistema elettorale agevola tutto ciò → preferenza multipla. I controlli esterni Di natura formale. Silenzio assenso in 20 gg. Il Co.Re.Co è, in sostanza, espressione della politica e ne subisce l’influenza. È subissato dalle delibere. Valutazione del sistema → inefficiente rispetto all’unitaria azione di controllo e quindi di omogeneità. Funzioni Anni ‘70 → attivazione del modello costituzionale di decentramento amministrativo. Regione: funzione legislativa; funzioni amministrative. Ruolo delle regioni nel conferimento delle funzioni amministrative agli enti locali attraverso l’esercizio della funzione legislativa. Funzioni (segue) Fino agli anni ‘70 solo rimozione delle norme dell’ordinamento fascista in contrasto con la Costituzione → ricostituzione degli organi elettivi nei comuni e nelle province. Fallimento di proposte di interventi normativi intesi al decentramento. “Deconcentrazione”. Assoggettamento degli enti locali allo Stato. Enti locali esercitavano competenze che restavano statali. Funzioni (segue) Nel 1972 il Governo approvò una serie di decreti delegati. “Tecnica del ritaglio”. Le funzioni amministrative venivano in parte ‘trattenute’ dallo Stato e in parte attribuite alle regioni. D.P.R. n. 616/1977. Trasferimento per settori omogenei alle regioni e agli enti locali. Le regioni non proiettano verso il basso (enti locali) le funzioni. Rapporto tra decentramento e caratteristiche del ’sistema amministrativo’.

Necessità di riforme. La burocrazia locale Considerato che sia l’attività di indirizzo che di adozione dell’atto sono di competenza dell’organo politico (assessore o sindaco), è evidente la marginalità dell’apparato burocratico, soprattutto allorquando confrontato con il sistema vigente. I dipendenti esercitavano, in sostanza, attività istruttorie all’adozione del provvedimento. Confronto con l’attuale sistema: differenze della figura oltre che del ruolo del ‘burocrate’. Il ruolo di controllo interno del segretario comunale. Il regime delle entrate Non sono previsti tributi locali. Trasferimento delle risorse dal centro. Irresponsabilità degli enti locali per le spese assunte. Inefficienza del sistema e mancanza di stimoli a gestioni efficaci. Sarà utile rapportare nel tempo i diversi modelli. Anche de jure condendo → federalismo fiscale. Valutazione di sintesi Sistem...


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