Elementi di diritto costituzionale dogliani massa pinto PDF

Title Elementi di diritto costituzionale dogliani massa pinto
Author gloria suppo
Course Diritto costituzionale
Institution Università degli Studi di Torino
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Diritto costituzionale Cap. I (parte 1) Dal gruppo politico alla costituzione in senso materiale e al compromesso costituente (1-10) “Come intenderemo il diritto?” “Come intenderemo la costituzione?” “Psicologi di razza”: riuscivano a capire il mondo degli uomini cosi • Ferdinand Lassalle Gaetano Mosca => com’è e capire che tale mondo è fatto di sfumature più che di tagli netti; • cercarono di capire che cosa stia “sotto al diritto” o “prima del diritto” • Costantino Mortati ! Oggi noi abbiamo bisogno di capire il mondo così com’è, con le sue sfumature e le sue contraddizioni; di capire “che cosa presupponga” il diritto, quali situazioni di fatto lo condizionino e al contempo richiedano di essere regolate. Dominio-> qualsiasi forma di potere, di qualsiasi soggetto nei confronti di qualsiasi altro, attraverso qualsiasi mezzo e per qualsiasi scopo. Il diritto costituzionale pretende di dare forma a quel fenomeno sociale che è il dominio ma anche alla libertà, all’uguaglianza, alla limitazione del potere e la sua responsabilità, alla sua distribuzione, alla partecipazione dei cittadini… Questi sono tutti profili di un unico tema: la istituzione e la regolazione/limitazione del dominio. Il diritto costituzionale è il diritto sul dominio. Forze dominanti-> l’insieme dei soggetti (di qualunque tipo) che esercitano il dominio (attraverso qualsiasi mezzo e per qualsiasi scopo) Costituzione (come insieme di norme) eserciti la propria “presa regolatrice” sul dominio (in tutte le sue forme) e sulle forze dominanti (in tutte le loro articolazioni) attraverso l’azione della classe politica. Dominio politico-> forma specifica di dominio esercitata all’interno di un “gruppo politico”. Il concetto di politica (intesa come una specifica attività umana) si definisce a partire dal contesto (il gruppo politico) che rende necessaria quella particolare attività.

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Max Weber definisce il concetto di gruppo politico (o comunità politica) attraverso cui ne risulta il concetto di dominio politico. (pagg.7-8) il minimum concettuale della comunità politica è il una comunità “politica” esiste come formazione distinta soltanto se la comunità non è pure “comunità economica” e cioè se disciplina materie diverse rispetto alla copertura comune del fabbisogno di beni e servizi la comunità politica persegue oltre alla dominazione violenta di un territorio e di uomini, contenuti diversi. Il gruppo politico ha la capacità specifico di avocare a sé tutti i contenuti possibili di un agire di gruppo l’agire della comunità politica che implica la coercizione si rivolge tanto ai soggetti estranei alla comunità quanto ai partecipanti stessi 1

- quando la comunità politica cessa di agire in modo puramente occasionale, essa si trasforma in un’associazione istituzionale a carattere continuativo

- questa trasformazione comporta che il carattere immediato dei suoi mezzi coercitivi si congiunga

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con la possibilità di un razionale ordinamento casistico: predisposizione razionale in quanto razionalmente conoscibile dai partecipanti, che potranno così prevedere le conseguenze delle proprie azioni i gruppi politici acquisiscono un Il loro agire non viene più percepito come un mero, occasionale ed arbitrario esercizio di forza fisica, ma come un agire “giuridico” (un agire “conforme al diritto”): da cio deriva lo che si riferisce a questo potere in quanto ritenuto certe comunità politiche sono considerate capaci di fondare un esercizio “conforme al diritto” della coercizione fisica da parte di qualsiasi altra comunità per l’esercizio e la minaccia di questa coercizione esiste perciò un sistema di regolamenti casistici ai quali si è soliti attribuire quella specifica “legittimità” (la legittimità del potere, in quanto si è reso conoscibile e prevedibile attraverso un sistema di regole, rende legittime le regole stesse; la legittimità delle regole, in quanto rendono conoscibile e prevedibile l’esercizio del potere, rende legittimo il potere stesso) => Essi costituiscono l’ “ordinamento giuridico”, che si ritiene oggi ritrovare la sua origine nella comunità politica, in quanto ha conquistato il monopolio della coercizione fisica necessaria per fare osservare quell’ordinamento la spiegazione della natura dello Stato ha la necessità di fondarsi su legami emotivi durevoli: legami che sono dunque un elemento essenziale, imprescindibile, per l’esistenza del gruppo politico e quindi dello Stato. tali legami possono essere riassunti con il concetto di “nazione”. Comuni destini politici fondano “comunità di memorie” che costituiscono l’elemento decisivo della “coscienza della nazionalità” Coscienza che costituisce Partendo dalla definizione di Stato come gruppo politico si arriva alla conclusione che la politica sia l’elemento generatore, la matrice dello Stato, della costituzione ma anche del diritto. (pag.11) Per definire il concetto di “forze politicamente dominanti” conviene contaminare la teoria della classe politica con quella della costituzione in senso materiale (pag.12-13). La costituzione documento sarebbe l’esplicitazione e il suggello di una serie di principi che già prima della scrittura della costituzione-documento erano riusciti ad essere mediamente effettivi nella vita politica; e ciò in quanto erano i principi sostenuti dall’insieme delle forze che proprio intorno a quei principi hanno dato vita al compromesso costituente, inteso come compromesso sui metodi e sui fini dell’attività politica futura. Forze che erano portatrici di principi diversi e conflittuali e che traevano il loro peso, la loro autorevolezza e la loro temibilità proprio da questa loro capacità di essere rappresentative di quei bisogni, di quelle attese, di quei valori, di quelle visioni del mondo già per questo radicati in parti consistenti della società e dunque non solo effettivi come elementi identitari delle diverse “parti” sociali in conflitto ma effettivi nella società intera.

=>La classe politica è quella frazione delle forze dominanti composta da quelle che sono state autrici-e poi continuatrici, sostenitrici, portatrici-del compromesso costituente. La costituzione è un compromesso-più o meno vicino all’ “accordo” o solo all’ “armistizio”, un covenant, un patto, un contratto-stipulato tra forze politiche diverse (che nel loro insieme formano la classe politica) che fissano delle regole, e dunque degli obblighi per i loro comportamenti futuri. 2

Per questa via si esce dal campo della politica e si entra nel campo delle regole, cioè del diritto. Si esce dal campo dei fatti e si entra nel campo delle norme. Si esce dal campo dell’ “essere” e si entra nel campo del “dover essere”. La costituzione come insieme di norme che impongono un insieme di “obblighi” può essere scritta (costituzione documentale, costituzione atto, carta costituzionale) o non scritta (costituzione consuetudinaria). In un caso o nell’altro si tratta di costituzioni-norme, cioè di costituzione composte di norme giuridiche, per definizione già stabilmente radicate nella mente dei cittadini, i quali le seguono e rispettano con i loro comportamenti avendo perso la stessa cognizione della possibilità di comportamento contrari.

Cap. I (parte 2) Il diritto: regolarità, regole, regole giuridiche (16-29) La parola regola significa regolarità, cioè continuità, costante ripetitività. Le regolarità caratterizzano gli essere viventi. Tuttavia l’uomo possiede l’arbitrio che è caratteristica propria dell’uomo e che gli consente di non vivere unicamente secondo le regole naturali, biologiche, proprie della sua specie ma anche secondo altre regole, che egli stesso di pone consapevolmente. La coscienza comporta la capacità di giudizio (libera, per lo meno in quanto vastissima) e la capacità di formulare anche giudizi generale (altrettanto liberi). => formulare giudizi generali è la premessa per formulare regole Tuttavia la regola esprime una regolarità, non è più fondata sulla osservazione di comportamento costanti, ma anche un dovere, una prescrizione, vuole “imporre” una regolarità, è fondata su un giudizio. Le società umane sono disciplinate da una pluralità di ordini di regole, diverse per origine e qualità. Il diritto è uno dei numerosi sistemi di regole che disciplinano la vita degli uomini insieme a quelle imposte dalla natura, dai costumi, dalla morale, dalla religione, dalla moda, dall’autonomia delle organizzazioni sociali… Chi stabilisce le regole che compongono il diritto? La storia mostra un continuo oscillare tra la concezione del: • Giusnaturalismo-> le regole fondamentali del diritto (da cui le altre derivano) sono inscritte nella natura dell’uomo, sono scolpite nel profondo dell’animo (o dalla struttura psichica); la ragione di tutti le può ritrovare in interiore homine. • Giuspositivismo-> l’intero diritto non è mai un fatto “naturale”, ma sempre e solo “culturale”. Quindi il diritto è un fenomeno “artificiale” interamente costruito dall’uomo, dalle società umane e dunque non esiste altro diritto se non quello “posto” cioè “fatto”, entro una certa società. ! Punto di contatto: anche il più radicale positivista non può negare che l’esistenza della società umana o, se si vuole, della civiltà umana, dipende da una regola “naturale”: quella che impone che un diritto “positivo” esista, venga stabilito per evitare la totale anarchia e dunque la fine della stessa specie umana. 3

Noi seguiremo la concezione positivistica del diritto rielaborata da Hans Kelsen e dai fondatori della scuola “analitica” del diritto. Hans Kelsen ha inteso “purificare” la teoria del diritto da ogni riferimento (interno) a elementi filosofici, storici, sociologici, antropologici, morali e politici per individuare il carattere proprio e specifico del diritto e cioè quello della validità degli ordinamenti giuridici. Il diritto (positivo) consiste nell’insieme delle regole/prescrizioni poste dal gruppo politico in quanto utili, funzionali, ai propri fini (al tipo di ordine che il gruppo politico vuole imporre e mantenere su un determinato territorio e su suoi abitanti) e da questo garantire (cioè fatte rispettare) con la forza. Per “forza” si deve intendere la “coercizione fisica legittima” esercitata dal potere statale in quanto monopolista della forza, e come tale, unico potere in grado di, proprio in quanto monopolista, di pre-disciplinarne l’uso attraverso un sistema di regole. Le regole di diritto vengono usualmente chiamate regole giuridiche e contengono degli obblighi voluti e imposti dal gruppo politico e che vincolano i cittadini perché lo Stato minaccia di applicare con la sua forza un “male” a chi non le rispetta. ! Le differenze tra i diversi ordini di regole non possono essere stabiliti in base a rispettivi contenuti tipici, o propri. A seconda dei diversi contesti culturali e storici una stessa regola può essere percepita, e dunque definita, dal gruppo sociale come di costume, o morale, o religiosa, o giuridica. Com’è fatto il diritto? Vi sono due definizioni: • Definizione del diritto attraverso la sua struttura: il diritto è l’insieme di regole fatte in un certo modo. • Definizione del diritto attraverso la sua struttura e la sua funzione: il diritto è l’insieme delle regole che, fatte in un certo modo, servono a una certa cosa, a un certo scopo La più importante delle teorie che vogliono definire il diritto attraverso la sua struttura è la teoria della norma giuridica come giudizio ipotetico che stabilisce un nesso di imputazione tra un fatto e una sanzione Le regole del diritto (regole giuridiche o norme giuridiche o norme) si differenziano da tutte le altre regole sociali perché prevedono una sanzione cioè prevedono: a) che il contenuto proprio del diritto sia stabilire dei divieti b) che sia applicata una conseguenza negativa (un male) all’autore del comportamento vietato dalla norma stessa. Secondo questa teoria il contenuto proprio e specifico della norma giuridica è la disciplina della sanzione. Quindi la norma conterrebbe un “giudizio ipotetico”. Il nesso tra il verificarsi del fenomeno ipotizzato e l’applicazione della sanzione è un nesso di “imputazione” cioè un nesso artificiale che sorge attraverso la “imputazione” (stabilita da una norma) di un “dovere”: il dovere di applicare la sanzione. I soggetti in capo ai quali è imputato il “dovere” (cioè i destinatari della norma) non sono i membri della società nel loro complesso ma coloro cui è demandato il compito di applicare le sanzioni. Il nesso di imputazione opera il passaggio dall’essere (il mondo dei fatti, del rapporto di casualità) al dover essere (il mondo delle norme e della doverosità).

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Tuttavia accanto alle norme che prevedono sanzioni negative sono sempre più numerose le norme che prevedono c.d. sanzioni positive. Si parla di “diritto premiale” e di concezione non più (solo) strutturale ma anche funzionale del diritto. La teoria che stiamo esaminando rispetto a questa nuova situazione: - è adattabile sotto il profilo logico: la struttura tipica nella regola di diritto non cambia per nulla se la sanzione y consiste in un male o in un bene - non è adattabile sotto quello storico: il diritto come incentivo, come promessa di un premio, è fuori dall’orizzonte del diritto inteso come strumento di mantenimento, di preservazione di un ordine dato ma è dentro l’orizzonte del diritto come strumento di trasformazione, di sostegno dei comportamenti virtuosi e socialmente benefici, da incentivare perché promotori e anticipatori di un futuro migliore. La teoria del diritto premiale rappresenta dunque un punto di svolta nella concezione del diritto poiché lo svincola dal nesso divieto/minaccia di un male garantita dalla forza. La prospettiva funzionalistica è una riconsiderazione del diritto dal punto di vista dei compiti dello s Stato sociale. Le concezioni strutturale e funzionale sono diverse ma non contrarie né contrarie. Se si guarda al diritto come “tecnica” per l’esercizio della forza è infatti agevole constatare che anche il modello di diritto che incorpora la sua funzione “promozionale”, realizzata attraverso la applicazione di “sanzioni positive” cioè di “beni” è in ultima analisi anch’esso una tecnica che utilizza l’esercizio della forza. !Le regole costituzionali traggono la loro validità dalla loro effettività. Se le norme costituzionali vengono violate apertamente e sistematicamente significa che non sono più valide. Quindi le norme costituzionali o sono effettive e conseguentemente valide, o non sono. => non si può dire che le norme costituzionali siano prive di sanzione. Il diritto è una tecnica assolutamente neutra per quanto riguarda i “fini penultimi”, cioè i fini concreti del concreto gruppo politico. Non è invece neutra per quanto riguarda i “fini ultimi”, cioè i fini di quella particolare tecnica che è il diritto: organizzare l’uso delle forza mediante regole preventive che la rendano efficace e che la legittimino, legittimando la classe politica e l’ordine che essa intende mantenere. • Dire che è assolutamente neutra per quanto riguarda i “fini penultimi” significa dire che tali fini sono assolutamente variabili (cioè fungibili). Si tratta dei fini che danno sostanza specifica, contenuto storico, all’idea di ordine, al modello di società, che il gruppo politico sostiene. Il diritto è dunque una tecnica che può servire qualunque fine, come è nella sua struttura “pura”, e come la storia dimostra. . Vi è la consapevolezza che i “valori” che il diritto può realizzare non sono intrinseci al diritto stesso, ma vengono da fuori, sono valori esterni. Dipendono dalla mano di chi detiene lo scettro: e dunque dalla nostra libertà, e dalla nostra responsabilità di guidare quella mano. • E’ effettivamente possibile rintracciare in tutte le società un nucleo di regole che rispondo agli stessi scopi: regole che ovviamente saranno non solo diversamente percepite ma anche più o meno articolate e diversificate, ma che tutte disciplinano: 5

a) La posizione reciproca dei membri della società. E’ evidente che le primissime regole organizzative di ogni società sono quelle che stabiliscono in quale rapporto reciproco stiano tra loro gli individui che lo compongono. La primissima divisione è quella tra gli appartenenti al gruppo politico e gli abitanti del territorio sul quale il gruppo stesso vuole imporre il proprio ordine (la distinzione tra gruppo dominante e moltitudine dominante) b) L’organizzazione dei poteri pubblici (cioè di quelli ai quali sono assoggettati tutti i membri della società). Qualunque organizzazione sociale comporta, oltre alle regole sulla posizione reciproca dei suoi membri, l’esistenza di regole che stabiliscono chi esercita il potere pubblico e come debbano essere individuate e le persone fisiche cui viene in concreto attribuito tale potere c) La repressione dei comportamenti pericolosi per il mantenimento dell’ordine sociale. Poggia sulla necessità di reprimere, per evitare che si diffondano, dei comportamenti contrari ai fini della classe politica, e dunque pericolosi per il loro mantenimento. . E’ un’evidente conferma del fatto che i divieti giuridici e morali vengono prodotti non per consolidare tendenze generali spontanee a “non fare” qualcosa, ma al contrario, per contrastare tendenze fortissime a “fare” proprio ciò che la norma intende vietare. Il comportamento “naturale” non è l’astensione dal comportamento vietato, ma, appunto quel comportamento stesso. d) L’attribuzione dei beni ai membri della società. Il diritto insieme alla tradizione e al mercato è uno dei modi possibili per attribuire (allocare) i beni fra i membri di una società. Vi è l’elaborazione di teorie che possono essere distinte in due gruppi per quanto riguarda il rapporto tra diritto e società. I.

Teorie che considerano il diritto come il filetto dell’organizzazione sociale. Quindi prima esiste l’organizzazione sociale e poi quell’organizzazione viene tradotta in un insieme di regole che ne trascrivono, ne esplicitano, ne formalizzano i caratteri. Il diritto è l’espressine della situazione sociale di fatto e le regole giuridiche sono sempre e necessariamente la manifestazione dei caratteri concreti, reali, effettivi di un’organizzazione sociale che abbia raggiunto la stabilità. Il diritto viene cosi concepito come una tecnica che serve solo a garantire, cioè a difendere e ulteriormente stabilizzare, un’organizzazione sociale già stabilizzata di fatto: così come essa è. !Il difetto di questa teoria è che mette sullo stesso piano tutti i fattori dell’organizzazione sociale e non distingue la specificità “politica” di tale organizzazione. II. Il diritto è l’indispensabile strumento per la costruzione dell’organizzazione sociale stessa. Nessuna organizzazione stabile esiste di per sé, come un dato di fatto, perché i poteri spontanei sono distruttivi nei confronti di qualunque aggregazione. Nessuna organizzazione è pertanto possibile, a meno che gli uomini non si accordino, di fatto, intorno a un sistema di regole che salvaguardino reciprocamente lavoro sopravvivenza pacifica. Queste teorie assumono la stabilità dell’organizzazione sociale come un problema che dev’essere risolto con il diritto. Il diritto è cosi chiamato a rendere innanzi tutto possibile la (relativa) pace stabile tra i membri della collettività. I. Il fondamento ultimo del diritto è la forza. Vi è l’obiettiva necessità naturale (per la forza stessa delle cose) che quella organizzarne consista nella diversificazione della parte forte dei membri del gruppo rispetto a quella debole. 6

Il diritto viene così essenzialmente concepito come il mezzo attraverso cui viene organizzata ed esercitata la forza dei gruppi dominanti. In altre parole, il diritto è la regolamentazione della forza così come distribuita tra le varie componenti dell’organizzazione sociale data (ovviamente, secondo la forma di dominio in essa concretamente esistente, che cambia da situazione a situazione) II. Il fondamento ultimo del diritto è la convinzione: la convinzione generale della sua utilità. Il diritto è sì una regolamentazione della forza (cosa questa, in sé, indubbia, se si pensa al fatto che le sanzioni non sono he applicazioni della forza regolate dalla forza), ma di una forza che non necessariamente corrisponde (solo) a quella dei gruppi dominanti. Piuttosto si tratta di una f...


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