Poesia 1200-1300 PDF

Title Poesia 1200-1300
Author Federica Spinelli
Course Letteratura italiana
Institution Università per Stranieri di Siena
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Poesia 1200-1300...


Description

LA POESIA ITALIANA DEL DUECENTO E DEL TRECENTO La poesia volgare italiana venne condizionato dalla frammentazione politica e culturale. Esistevano, quindi, le produzioni regionali che solo in casi eccezionali riuscirono ad imporsi oltre i confini. 









LA POESIA RELIGIOSA  si è sviluppata tra il XII e XIII secolo in Umbria, nel periodo in cui i movimenti religiosi pauperistici e penitenziali si stavano diffondendo. I temi centrali erano: la Lode a Dio e del creato, l’esaltazione della povertà e la rievocazione della passione di Cristo. Il maggior esponente era Francesco d'Assisi con la sua opera il Cantico delle Creature (1224-1226), essa costituisce la prima testimonianza poetica in volgare italiano e l’esempio più antico di preghiera in forma lauda. La forma principale della poesia religiosa era la lauda in volgare. In origine, le laudi erano utilizzate come preghiera all'interno dei conventi dove venivano raccolte poi in manoscritti detti laudari. Poi, divennero di uso pubblico. La lauda si trasforma in lauda drammatica grazie a Jacopone da Todi. LA SCUOLA SICILIANA (poesia lirica)  si sviluppò dal 1230 al 1250 ed era formata da un gruppo di poeti che si incontravano nella corte palermitana di Federico II di Svevia. I rappresentanti di questa scuola siciliana erano Federico II, i funzionari imperiali e Jacopo da Lentini. Il tema principale era la poesia amorosa, in particolare l'amore come dedizione alla donna amata, l'amore fino e l'amore di lontano e gli effetti dell'amore sul poeta. La forma poetica era il sonetto, inventato da Jacopo da Lentini. La lingua con cui si scrivevano le opere era il volgare siciliano, in cui venivano apportate alcune modifiche dando così origine al siciliano illustre. La fine della scuola siciliana avvenne con il crollo della dinastia Sveva. LA POESIA SICULO-TOSCANA  Dopo la morte di Federico II il modello siciliano approda in Toscana. La poesia siculo-toscana si diffonde nei liberi comuni della Toscana nella seconda metà del XIII secolo. Gli autori di queste opere erano poeti toscani attivi anche nella vita pubblica e nella vita civile. Le opere trattano di amore ma anche di tematiche morali, politici, civili e culturali. Le opere vengono scritte in toscano con inflessioni dialettali. Il principale esponete è Guittone d’Arezzo. LO STILNOVO  Lo Stilnovo si sviluppò a Bologna tra il 1260 e il 1275, grazie a Guido Guinizzelli si diffonde a Firenze nel 1280. La novità più importante introdotta è la gentilezza, che si identifica come la virtù dell’animo, amore e nobiltà d’animo coincidono. I temi principali di questo movimento letterario erano la donna come figura Angelica, l'amore come fonte di purificazione ma anche come fonte di sofferenza. La lingua con cui venivano scritte queste opere era dolce ed elegante e anche ricca di musicalità. I principali esponenti erano Guido Cavalcanti e Dante Alighieri. LA POESIA COMICO-REALISTICA  La poesia comico realistica venne praticata soprattutto in Toscana nella seconda metà del XIII secolo, da poeti di professione. Trattava di aspetti della vita quotidiana ma anche di polemica sociale e parodia. Il linguaggio era comico, ricco di termini del gergo popolare e dialettale. Il maggior esponente fu Cecco Angiolieri.

FRANCESCO D’ASSISI – IL CANTICO DELLE CREATURE Francesco nasce ad Assisi nel 1182 da una ricca famiglia di mercanti. Dopo aver compiuto studi letterari si avvia alla carriera militare, ma tra il 1206 e il 1207 viene una profonda crisi spirituale che lo spinge a rinunciare alle ricchezze e a vivere di elemosina, assistendo poveri e lebbrosi. Nel 1210 fonda l'Ordine dei Frati minori e inizia a predicare il Vangelo tra il popolo, giungendo fino

in Egitto e in Palestina: il suo insegnamento si basa sull'imitazione della povertà e della carità di Gesù Cristo. Le sue idee si diffondono rapidamente, ma all'inizio vengono guardate con sospetto dall'alto clero per l'insistenza di Francesco sulla necessità di vivere in povertà: solo nel 1223 Papa Onorio III approva definitivamente la regola francescana. Dopo aver organizzato numerose comunità che vivono secondo questa regola, Francesco trascorre gli ultimi anni della sua vita in alcuni eremi (conventi situati in luoghi isolati) nei pressi di Assisi, dove muore semicieco nel 1226. Il Cantico delle creature di San Francesco d'Assisi è uno dei più antichi testi poetici di tutta la letteratura italiana. Composto negli anni vicini al 1224, il Cantico delle creature è conosciuto anche come Cantico di Frate Sole. Il componimento poetico di Francesco d'Assisi è una preghiera che il Santo rivolge a Dio, lodandone le sue opere.Nel Cantico si possono notare le trasformazioni che dal latino hanno portato alla nascita dei volgari. Esso appartiene al genere delle laude, si tratta cioè di un componimento di argomento religioso destinato soprattutto alle classi popolari e recitato durante le processioni con l'accompagnamento di una melodia semplice.In questo modo tutte le creature sono subordinate alla figura di Dio. San Francesco intona l’inno al Signore per gli uomini, ma non tutti gli uomini sono ugualmente degni di lode, solo quelli capaci di perdonare il male, di conquistare la pace e la serenità dello spirito. Il frate con il Cantico si oppone a tutte le eresie medioevali. Egli infatti affermava che Dio deve essere lodato attraverso le sue creature. Un aspetto fondamentale del cantico è sicuramente la semplicità. Il Cantico non è una preghiera solitaria ma è più riconoscibile come un salmo in volgare indirizzato a coloro che non sanno il latino, esso infatti era destinato ad essere cantato in pubblico, ma la base musicale composta dallo stesso San Francesco è andata perduta. La finalità del Cantico è quella di riconoscere nelle creature la grandezza di Dio e ringraziandolo bisogna accettare con gioia e serenità la condizione di sofferenza tipica dell’uomo in terra. JACOPO DA LENTINI – AMOR È UNO DESIO CHE VEN DA CORE Jacopo da Lentini visse tra il 1210 e il 1260, su di lui non si hanno notizie certe, ma faceva parte in quanto notaio della corte di Federico II. A lui è attribuita l’invenzione del sonetto. Nel sonetto più celebre Amor è uno desio che ven da core l’argomento centrale è l’Amore (con la “a” maiuscola perché è la personificazione del sentimento), di cui Jacopo da Lentini propone questa definizione: è un desiderio che viene dal cuore ed è stimolato dalla vista della persona amata. Gli occhi generano l’amore, poiché trasmettono al cuore l’immagine di ciò che vedono. La spiegazione dell’amore di Jacopo si rifà alle teorie e concezioni psicologiche della tradizione lirica cortese che i poeti della “scuola siciliana” hanno derivato dai provenzali. Il sonetto si apre con la risposta al problema che il poeta intende affrontare: Amore è un desiderio che viene dal cuore ed è alimentato dal piacere ispirato dalla persona amata. Ma Amore nasce dagli occhi e poi viene nutrito dal cuore. Qualche volta si può provare un sentimento d’amore anche per una persona che non si è mai vista, ma l’amore vero è quello generato dalla vista della persona amata, perché sono gli occhi che fanno da tramite al cuore, trasmettendogli l’immagine delle cose ed informandolo su quanto di naturalmente buono o cattivo ci sia in esse. Il cuore recepisce il messaggio inviato dagli occhi e prova piacere nel desiderare l’oggetto della sua attenzione. Questo è l’amore che regna fra gli uomini: così conclude il poeta. Il sonetto è composto da versi endecasillabi, in rima secondo lo schema ABAB, ABAB, CDE, CDE. CECCO ANGIOLIERI – S’I’ FOSSE FOCO, ARDEREI ‘L MONDO.

Cecco Angiolieri nasce a Siena nel 1260, si sa poco della sua vita. Venne esiliato e dimorò in diverse città tra cui Firenze e Roma. Polemizzò contro i poeti stilnovisti. Muore nel 1313 circa. È il sonetto più famoso di Cecco Angiolieri ed è uno dei testi più rappresentativi della poesia comico realistica. Troviamo al suo interno una serie di anafore (ripetizione di una o più parole all’inizio del verso) che continuano con un periodo ipotetico con cui il poeta, in tono ironico e allo stesso tempo provocatorio, dice ciò che vorrebbe. È sostanzialmente votato all’anarchia, alla distruzione. Il senso del sonetto è molto chiaro: il poeta vorrebbe un completo sovvertimento, una totale anarchia, che vada al di sopra di ogni tipo di autorità. Il linguaggio ha un potere molto forte e la scelta dei vocaboli è decisamente studiata. Cecco Angiolieri vuole in questo modo sottolineare il potere evocatore della parola: la parola può rappresentare la distruzione del mondo.

LA PROSA ITALIANA DEL DUECENTO E DEL TRECENTO La prosa volgare si afferma in Italia solo alla fine del XIII sec. e dunque con netto ritardo rispetto alla poesia, il cui "canone" appare già fissato a metà del secolo con l'opera dei Siciliani e dei siculotoscani. Le ragioni vanno ricondotte anzitutto all'egemonia del latino opere di argomento storico e dottrinale, diffuse soprattutto nelle regioni del Nord, mentre l'uso del volgare nella prosa si diffonde a partire dalla Toscana nel fiorire dell'età comunale, sia per l'affermarsi della poesia che costituiva un importante precedente culturale, sia per l'emergere della società mercantile e della contesa politica che faceva della retorica e dell'uso del linguaggio uno degli strumenti di lotta, mentre il volgare era ormai largamente utilizzato nei documenti legali e notarili. Importanza decisiva ebbero inoltre i volgarizzamenti, ovvero le traduzioni in lingua volgare di varie opere latine e soprattutto francesi (tra queste i romanzi cortesi, che conobbero una grande diffusione in prosa nel tardo Duecento e furono conosciuti e apprezzati anche da Dante), nonché le artes dictandi, ovvero i trattati in latino in cui si insegnava agli scolari l'arte di scrivere in perfetto stile delle epistole di tipo oratorio (anche con attenzione al cursus, cioè al ritmo e agli artifici di suono). L'ars dictandi fu presto applicata anche alla redazione di documenti e discorsi in lingua volgare e come tale aiutò non poco a formalizzare un linguaggio per sua natura mutevole e privo di una grammatica rigida, per cui quando i grandi scrittori di inizio XIV sec. si dedicarono a scrivere opere in prosa raccolsero i frutti di un lungo lavoro iniziato nel secolo precedente, che sfociò soprattutto nei generi della storiografia, della narrativa, delle cronache di viaggio. La nascita delle prosa volgare non soppiantò affatto la prosa latina, che anzi proseguì fiorente e produsse alcune opere importantissime per tutto il XIV sec. (soprattutto con i trattati e le epistole di Dante, poi con l'opera di Petrarca e in parte di Boccaccio) e ancora in pieno Umanesimo, quando addirittura fu il latino ad oscurare in parte il volgare nell'ambito della letteratura umanistica....


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