Polany la grande trasformazione PDF

Title Polany la grande trasformazione
Course Sociologia economica
Institution Università degli Studi di Palermo
Pages 17
File Size 279.6 KB
File Type PDF
Total Downloads 96
Total Views 134

Summary

riassunto completo del libro...


Description

Karl Polany La grande trasformazione Libro scritto negli anni della seconda guerra mondiale, frutto di una ricerca largamente fondata sui dati della storia e dell’antropologia, ci appare oggi soprattutto come un contributo che va nel senso della costruzione di una scienza unificata delle società umane. È criticata la società di mercato. Polany è nato a Vienna nel 1886 da padre ungherese e cresciuto a Budapest. In quegli anni a Vienna si discuteva di economia di mercato e di pianificazione. L’autore dichiarava la sua preferenza per il socialismo, credeva nell’integrazione dei costi naturali e sociali in un sistema di calcolo rispondente alle esigenze di un’economia socialista di transizione funzionalmente organizzata. Era ostile a un’economia dominata unicamente dal mercato, era anche contro un’economia rigidamente pianificata. Dà interesse soprattutto agli aspetti istituzionali e funzionali dell’organizzazione sociale. Nello scrivere l’opera studia i dati reali della società e della storia, sfrutta la sua esperienza, analizza la società nelle sue istituzioni e nei loro equilibri (squilibri) funzionali. Al centro della “grande trasformazione” è il capovolgimento dell’idea liberale che la società di mercato costituisca un punto di approdo naturale nella vicenda delle società umane. Il libro non è un lavoro storico, Polany ha infatti un atteggiamento antidealistico e antistorico, eppure il lavoro si apre con una sintesi della civiltà del XIX secolo. L’economia di mercato appare a Polany come un sistema controllato, regolato e diretto soltanto dai mercati, un’economia che si regge sull’aspettativa che gli esseri umani si comportino in modo tale da raggiungere un massimo guadagno monetario, dove anche la terra, il lavoro e la moneta formano il mercato e tutto ha un prezzo. Il sistema internazionale Cap I “la pace dei cento anni” La società del XIX secolo poggiava su 4 istituzioni: la prima era il sistema dell’equilibrio del potere ; la seconda era la base aurea internazionale che simboleggiava un’organizzazione unica dell’economia mondiale; la terza era il mercato autoregolatosi che produceva un benessere economico; la quarta era lo stato liberale. Due politiche e due economiche, due erano nazionali e due erano internazionali. La fonte e la matrice del sistema era il mercato autoregolato, la base aurea (Fondamento su cui poggiava il sistema monetario aureo=gold standard, dato che l’unità monetaria di un paese veniva definita sulla base della quantità di oro in essa contenuta) era un tentativo di estendere il sistema del mercato interno al campo internazionale, il sistema dell’equilibrio del potere era una sovrastruttura eretta sulla base

aurea, lo stato liberale era una creazione del mercato autoregolato. Le civiltà hanno origine dall’interazione di un gran numero di fattori. Il diciannovesimo secolo ha prodotto un fenomeno inedito: una pace di cento anni, apparte poche eccezioni. Per assicurare la pace occorre eliminare le cause della guerra. A rendere effettivo l’interesse per la pace e allontanare le guerre compare nell’epoca moderna l’alta finanza (haute finance), che operava con l’aiuto delle potenze. Era uno strumento del governo, che funzionava come il principale legame tra l’organizzazione politica ed economica del mondo, come un’organizzazione permanente. La haute finance era il nucleo di una delle più complesse istituzioni che la storia dell’uomo abbia mai prodotto; la vera motivazione della haute finance era il guadagno, per raggiungerlo era necessario essere d’accordo con i governi e solo dopo fu intesa come uno strumento di pace. La haute finance fu in grado di superare la distanza tra l’organizzazione politica e quella economica del tempo. Era importante assicurare la pace, anche perché il commercio era legato ad essa, dipendeva da un sistema monetario internazionale che non poteva funzionare nel corso di una guerra, ma richiedeva la pace. Negli anni novanta dell’800 la haute finance era al suo vertice e la pace sembrava più sicura che mai. Ad inizio ‘900 però questi equilibri cominciarono a vacillare e si arriverà ad avere soltanto due gruppi di potenze concorrenti, e dato che non vi era un più un terzo gruppo che si sarebbe unito agli altri per contrastare chiunque cercasse di aumentare il suo potere, la haute finance stava giungendo alla sua fine. Nel 1914 la pace dei cento anni vide la sua fine. Cap II “conservatorismo degli anni ’20, rivoluzione degli anni ‘30” Il conflitto del 1914-1918 fece precipitare ed aggravò una crisi che esso non aveva creato. Improvvisamente né il sistema economico, né quello politico mondiale funzionavano più. Gli ostacoli alla pace e alla stabilità del dopoguerra derivavano, in realtà, dalle stesse fonti dalle quali era nata a guerra. L’esito della guerra e i trattati di pace avevano allentato superficialmente la tensione, ma queste invero si aggravarono e gli impedimenti economici e politici alla pace accrebbero. I trattati contenevano una grande contraddizione: attraverso il disarmo unilaterale delle nazioni sconfitte, essi prevenivano qualunque ricostruzione del sistema di equilibrio del potere. Negli anni ’20 l’economia di mercato, il libero scambio e la base aurea crollarono ovunque. Il fatto che un gruppo di nazioni venisse disarmato, mentre un altro rimaneva armato era disastroso, precludeva qualunque passo verso la costruzione della pace. Il sistema economico dopo la fine del secolo e la grande guerra zoppicava e i trattati portarono ad un completo naufragio, alla crisi di questo sistema e si arrivò poi nel 1940 alla scomparsa del sistema internazionale e al rimpiazzo di questa con un sistema totalmente nuovo. Gli studiosi di politica cominciarono a raggruppare i vari paesi, non secondo i continenti, ma secondo la misura della loro adesioni alla moneta solida. La moneta era diventata il cardine della politica

nazionale, la gente cominciava a preoccuparsi dei sistemi monetari, la stabilità monetaria sembrava essere diventata per tutti la suprema necessità della società umana. L’essenzialità della base aurea per il funzionamento del sistema economico interazionale, era l’unico ed il solo principio comune a tutti gli uomini di tutte le nazioni. I governi cominciarono a strangolare il commercio, e con le loro misure impedivano ai loro paesi qualunque rapporto internazionale. Gli sforzi frenetici per proteggere il valore esterno della moneta come mezzo di commercio estero condussero i popoli, contro la loro stessa volontà, ad un’economia autarchica, questo portò al crollo della base aurea. Ciò rappresentò una completa distruzione delle istituzioni nazionali della società del XIX secolo, che accompagnò la crisi in gran parte del mondo e ovunque queste istituzioni furono cambiate e ricostruite. Lo stato liberale fu sostituito in molti paesi da dittature totalitarie e l’istituzione centrale del secolo fu sostituita da nuove forme di economie. Queste trasformazioni furono un po’ ovunque accompagnate da guerre. La società del diciannovesimo secolo si fondava ora su un nuovo motivo, cioè il guadagno. Questo secolo, fu il secolo dell’Inghilterra, essa diede avvio alla rivoluzione industriale, essa inventò le tre istituzioni: libero scambio, base aurea e economia di mercato.

Acesa e caduta dell’economia di mercato Cap III “abitazione e progresso” Nel XVIII secolo, in seguito alla rivoluzione industriale, ci fu un miglioramento degli strumenti di produzione, che fu accompagnato da un catastrofico sconvolgimento delle vite della gente comune. Heckscher, un’economista svedese, era convinto che il mercantilismo dovesse essere spiegato soprattutto attraverso un’insufficiente comprensione delle complessità dei fenomeni economici. Il ruolo dei governi nella vita economica consisteva spesso nell’alterare il ritmo del cambiamento accrescendo o rallentandolo a seconda dei casi. In Inghilterra i Tudor e i primi Stuart impiegarono il potere della corona per rallentare il processo del progresso economico, fino a che esso divenisse socialmente tollerabile, impiegando il potere del governo centrale per aiutare le vittime della trasformazione e tentando di canalizzare il processo del cambiamento in modo da renderne il corso meno distruttivo. Nel sistema sociale le macchine complesse sono costose e per questo non rendono, a meno che non vengano prodotte grande quantità di merci. Esse possono essere fatte funzionare senza che si abbia una perdita soltanto se lo sbocco delle merci è assicurato e se la produzione non è interrotta per la mancanza delle materie prime necessarie ad alimentare le

macchine. Per il commerciante questo vuol dire che tutti i fattori implicati devono essere disponibili nelle quantità necessarie a chiunque sia disposte a pagarle. In una società agricola tali condizioni non sarebbero date, ma dovrebbero essere create. La trasformazione implica un cambiamento nelle motivazioni all’azione da parte dei membri alla società: al motivo della sussistenza deve essere sostituito quello del guadagno. Una volta che questo sistema di mercato è istituito, deve essere lasciato funzionare senza inferenze esterne. I profitti non sono più garantiti e il commerciante deve realizzarli sul mercato, si deve permettere che i prezzi si regolino da soli. Polany intendeva per economia di mercato un tale sistema autoregolato. Cap IV “società e sistemi economici” L’economia di mercato implica un sistema di mercati autoregolati, ovvero un’economia diretta da prezzi di mercato, un sistema in grado di organizzare tutta la vita economica senza aiuti o inferenze esterne. Nessuna società potrebbe sopravvivere per un qualsiasi periodo di tempo senza un’economia di qualche genere. Adam Smith suggeriva che la divisione del lavoro nella società era dipendente dall’esistenza dei mercati, egli poneva il problema della propensione al baratto, al commercio e allo scambio di una cosa con un’altra; da questo doveva poi nascere il concetto dell’uomo economico. La divisione del lavoro nasce da divisioni inerenti al sesso, alla geografia e alle doti individuali. Gli economisti classici tentavano di fondare la legge del mercato sulle presunte propensioni dell’uomo allo stato di natura, quindi un richiamo all’uomo primitivo. Le generazioni di economisti successive hanno abbandonato ogni interesse per le culture dell’uomo non civilizzato, visto come irrilevante per una comprensione del loro tempo. Max Weber fu il primo tra gli storici moderni dell’economia a protestare contro quest’abitudine di mettere da parte l’economia primitiva e di considerarla come irrilevante per i meccanismi e i problemi delle società civili. Dagli studi recenti sulle società primitive emerge l’immutabilità dell’uomo come essere sociale. L’uomo non agisce in modo da salvaguardare il suo interesse individuale nel possesso di beni materiali, ma agisce in modo da salvaguardare la sua posizione sociale, le sue pretese sociali, i suoi vantaggi sociali. Le passioni umane sono dirette verso fini non economici, i motivi economici sorgono dal contesto della vita sociale . I principi del comportamento: quello di reciprocità e quello di redistribuzione, servono ad assicurare il funzionamento di un sistema economico, per mezzo della simmetria e della centricità. La struttura istituzionale della centricità fornisce una traccia per la raccolta, l’immagazzinamento e la redistribuzione di beni e servizi. Simmetria e centricità incontrano le necessità della reciprocità e della redistribuzione. Il principio di reciprocità serve a salvaguardare la riduzione e il sostentamento della famiglia. Ad esempio l’uomo che deve provvedere al sostentamento della

sua famiglia consegnerà a loro i prodotti migliori del suo raccolto, guadagnando così soprattutto credito per il suo buon comportamento, ma avrà pochi vantaggi materiali. Il principio di reciprocità opererà a beneficio di sua moglie e dei suoi bambini, per i suoi atti di virtù civica, “il dare di oggi sarà ricompensato dal prendere di domani”. Il principio di redistribuzione si ha nel momento in cui ad esempio in un villaggio una grossa parte della produzione viene consegnata al capo villaggio, che la dovrà tenere in serbo. Il centro dell’attività comunitaria è nelle feste, nelle danze e in altre occasioni, durante le quali gli abitanti del villaggio si intrattengono gli uni con gli altri, ed anche con i loro vicini di altri villaggi e gli oggetti dei commerci di lunga distanza vengono dati e scambiati e il capo distribuisce a tutti i doni. O anche ad esempio i membri di una tribù di cacciatori che consegnano la preda al capo perché la redistribuisca. In alcune tribù vi è un intermediario nella persona del capo o di altri membri preminenti del gruppo, si tratta della persona che riceve e distribuisce i rifornimenti, in ciò consiste la redistribuzione. Tutte le economie naturali erano condotte con l’aiuto del principio di redistribuzione. Domina la reciprocità nel comportamento sociale. A questi due principi (reciprocità e redistribuzione) subentrerà poi un terzo, il principio della house-holding, che consiste nella produzione per uso proprio. Fino la fine del feudalesimo nell’Europa Occidentale tutti i sistemi economici erano organizzati sui principi della reciprocità e della redistribuzione o dell’economia di mercato o di tutti e tre insieme. Questi principi furono istituzionalizzati con l’aiuto di un’organizzazione sociale che faceva uso dei modelli della simmetria, della centricità e dell’autarchia. Quindi la reciprocità trova un supporto in un modello simmetrico di organizzazione, la redistribuzione è resa invece più facile da una qualche misura di centralizzazione e l’economia domestica deve basarsi sull’autarchia. Per capire l’improvviso cambiamento verso un tipo di economia completamente nuovo nel diciannovesimo secolo, bisogna passare alla storia del mercato. Capitolo V “evoluzione del modello di mercato” Il mercato è un luogo di incontro allo scopo di barattare, o di comprare o vendere. Il principio del baratto dipende per la sua efficacia dal modello di mercato. Così come reciprocità, redistribuzione e economia domestica possono esser presenti in una società, senza essere in essa prevalenti, così il principio del baratto può avere un ruolo subordinato in una società, nella quale dominano altri principi. La simmetria, la centralità, l’autarchia erano più che altro caratteristiche rispetto al modello del mercato, non danno luogo ad istituzioni specifiche aventi per oggetto quell’unica funzione. Il modello del mercato, come modello del commercio o del baratto, è invece in grado di creare un’istituzione specifica, quale il mercato. Nella società non è più l’economia ad essere inserita nei rapporti sociali, ma sono i rapporti sociali ad essere inseriti nel sistema economico. Un’economia di mercato può esistere solo in una società di mercato. La società deve

permettere al sistema economico di funzionare secondo le proprie leggi. La presenza o assenza di mercati o di moneta non influisce necessariamente sul sistema economico di una società primitiva (quindi la moneta, al contrario di come si pensava in una credenza dell’800, non trasforma necessariamente una società creando mercati). La loro presenza o assenza non fa necessariamente la differenza, poiché i mercati non sono istituzioni che funzionano principalmente all’interno di un’economia, ma all’esterno. Essi sono punti di incontro del mercato. Il commercio di lunga distanza spesso da origine ai mercati, il che implica il baratto, e in presenza di moneta la compra-vendita. Il commercio esterno è in genere basato sul principio di reciprocità e non su quello del baratto. Successivamente i mercati diventano predominanti nell’organizzazione dei commerci esterni. Dal punto di vista economico i mercati esterni sono molto diversi sia da quelli locati, che da quelli interni; differiscono per dimensioni, istituzioni con diversa funzione ed origine. Il commercio esterno significa: trasporto di merci, poiché in quelle regioni in cui vengono trasportati sono assenti. C’è uno scambio locale tra città e campagna, tra differenti zone climatiche. Il commercio di questo tipo è detto complementare. Questo commercio esterno non implica necessariamente concorrenza, mentre quello interno è essenzialmente concorrenziale, poiché merci simili sono offerte da fonti diversi in concorrenza l’una con l’altra. Commercio esterno, interno e locale differiscono nettamente nella loro funzione economica, nella loro origine. Proprio il baratto avrebbe portato allo sviluppo di mercati locali, e questi, una volta sorti avrebbero portato alla nascita dei mercati interni o nazionali. Il commercio interno nell’Europa occidentale fu creato dall’intervento dello stato. Sul mercato locale la produzione era organizzata secondo i bisogni dei produttori, limitando la produzione ad un livello remunerativo (che dà profitto), era rigidamente controllato. Nel commercio estero gli interessi dei produttori non ponevano limiti alla produzione, era solo formalmente controllata. Nei commerci locali e di lunga distanza i cittadini ostacolavano l’inclusione delle campagne nell’area del commercio; proprio per questo lo stato territoriale propose la nazionalizzazione del mercato, crea il mercato interno, un mercato che ignorava la distinzione tra città e campagna, tra città e province. Lo stato centralizzato obbligava le popolazioni arretrate dei maggiori paesi agricoli ad organizzarsi per il commercio e per gli scambi. Lo strumento unificatore di questa nuova politica centralizzata era il capitale . L’intervento dello stato, che aveva liberato il commercio dai limiti delle città privilegiate, viene posto poi avanti a due pericoli: il monopolio e la concorrenza. Per contrastare il monopolio, che era un pericolo per la comunità, in quanto riguardava beni necessari alla sopravvivenza, si opta per una regolamentazione della vita economica su scala nazionale e non più solo su scala municipale. Il mercato nazionale, cominciava ora a sovrapporsi a quello locale ed estero. I mercati stavano diventando un semplice elemento

accessorio di un quadro istituzionale controllato e regolato dall’autorità sociale, ed era una cosa fino quel tempo del tutto sconosciuta. Fino ad allora il sistema economico era sempre stato assorbito nel sistema sociale e qualunque principio di comportamento predominasse nell’economia, la presenza del modello di mercato veniva riconosciuta compatibile con esso. Cap VI “il mercato autoregolato e le merci fittizie: lavoro, terra e moneta” Un’economia di mercato è un sistema economico controllato, regolato e diretto solo dai mercati, deve comprendere tutti gli elementi dell’industria, compreso il lavoro, la terra e la moneta. Nel sistema dei mercati la fornitura di merci e servizi disponibili ad un determinato prezzo, sarà pari alla domanda a quel prezzo. La moneta funziona come potere d’acquisto. La produzione e la distribuzione delle merci dipendono dai prezzi. L’autoregolazione implica che tutta la produzione è in vendita sul mercato e che tutti i redditi derivano da queste vendite. La rendita è il prezzo dell’uso della terra e forma il reddito di coloro che lo forniscono. I salari sono il prezzo dell’uso della forza-lavoro, e formano il reddito di coloro che lo vendono. I prezzi delle merci contribuiscono ai redditi di coloro che vendono i loro servizi imprenditoriali. L’interesse è il prezzo dell’uso del denaro e forma il reddito di coloro che sono nella posizione di poterlo fare. Il prezzo, la domanda e l’offerta non devono essere fissati e regolati. Il cardine dell’ordinamento feudale era la terra, che era la base del sistema militare, amministrativo, politico e giudiziario. Il cambiamento dai mercati regolamentati a quelli autoregolati alla fine del XVIII secolo rappresentava una completa trasformazione della struttura della società. Il mercato autoregolato richiedeva la separazione istituzionale della società in una sfera economica ed una politica. Sia nella situazione tribale, che in quella feudale o in quella mercantile non esisteva nella società un sistema economico separato. Le merci sono definiti come oggetti prodotti per la vendita sul mercato. I mercati sono definiti come contatti tra compratori e venditori. Di conseguenza, ogni elemento dell’industria viene considerato come prodotto per la vendita. Il lavoro è il termine tecnico usato per gli esseri umani nella misura i...


Similar Free PDFs