Prima delle due parti di riassunti di tutti i canti dell\'inferno della Divina Commedia, un poema allegorico-didascalico di Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate di endecasillabi in lingua v PDF

Title Prima delle due parti di riassunti di tutti i canti dell\'inferno della Divina Commedia, un poema allegorico-didascalico di Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate di endecasillabi in lingua v
Course Beni culturali
Institution Università degli Studi di Verona
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Summary

Inferno. Prima delle due parti di riassunti di tutti i canti dell'inferno della Divina Commedia, un poema allegorico-didascalico di Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate di endecasillabi in lingua volgare fiorentina....


Description

INFERNO I peccatori dell’inferno sono distribuiti in cerchi, cioè in aree che corrispondono a una sezione della voragine infernale, e in ciascun cerchio viene punito un differente peccato. Aristotele, nell’Etica Nicomachea (IV secolo a.C.), aveva classificato i vizi e le colpe di cui si può macchiare l’uomo e Dante riprende in maniera abbastanza fedele questo ordinamento. Si possono fare anzitutto due osservazioni. 1)La prima è che le colpe sono distinte in due grandi gruppi: ~quelle causate dalla propria indole (si è, per esempio, lussuriosi oppure avari) ~quelle causate da azioni offensive perpetrate ai propri danni (il suicidio) o ai danni di altri (la violenza, il furto): Si può cioè essere peccatori (quindi peccare per come si è) e si possono compiere azioni peccaminose (quindi peccare per ciò che si fa). 2)La seconda cosa da osservare è che a mano a mano che si scende verso il centro della Terra i peccati si fanno più gravi e le pene più crudeli. Gerusalemme è la città attraverso cui si accede all’Inferno: dopo una porta che reca una scritta minacciosa incisa sopra si apre una zona detta Antinferno. Nell’antinferno (una zona dell’oltretomba che precede la valle infernale) si trovano gli “ignavi”, cioè anime di coloro che, incapaci durante la loro vita di scegliere il bene o il male, sono «a Dio spiacenti e a’ nemici sui» (Inferno, III, 63), cioè vengono respinti tanto da Dio quanto da Satana; per questo formano un gruppo a parte, ai confini dei regni ultraterreni. Successivamente si trova un fiume, l’Acheronte, dove un traghettatore, Caronte, porta sulla sua barca le anime dei dannati verso la riva opposta. Qui troviamo una zona detta Limbo – in cui scopriamo le anime dei non battezzati e tra loro, quei pagani che, pur avendo vissuto virtuosamente, non hanno avuto modo di conoscere Dio. Questo è anche il luogo in cui risiede Virgilio, che da lì si è mosso per andare in aiuto di Dante smarritosi nella selva. – oltre la quale si accede finalmente al vero e proprio Inferno. L’Inferno di Dante è formato da nove zone, nove “cerchi”, cioè dei cornicioni giganteschi, uno più in basso dell’altro come in una macabra arena, che continuano verso il basso fino a raggiungere il centro della Terra dove si trova conficcato Lucifero dal tempo della sua caduta. Seguono dopo il limbo, gli incontinenti (cioè coloro che non sanno controllare le loro passioni, e ne diventano schiavi), distribuiti in quattro cerchi: lussuriosi, golosi, avari e prodighi (il peccato di incontinenza può infatti dare origine a troppo o troppo poco amore per il denaro), iracondi e accidiosi (l’incontinenza consiste nel non aver saputo vivere una vita ispirata alla moderazione, nel non essersi saputi contenere, appunto). La zona più cupa dell’Inferno comincia a partire dal sesto cerchio, dopo il fiume Stige, ovvero gli eretici, i violenti, i fraudolenti e i traditori. La Città di Dite è il nome della zona più profonda dell’Inferno che si apre dopo il quinto cerchio. Questa zona è ulteriormente ramificata: il settimo cerchio (dove sono punite le anime dei violenti) conta tre diversi “gironi” al suo interno, l’ottavo cerchio (dove sono punite le anime dei fraudolenti) è a sua volta ripartito in dieci zone diverse dette “bolge”. Dopo le dieci bolge si apre il tetro pozzo dei giganti dopo il quale giungiamo nell’ultima e più tragica zona dell’Inferno: il nono cerchio, dove sono puniti i traditori ripartiti in quattro zone diverse. Si trovano

tra i traditori, più in basso di tutti perché più colpevoli di tutti: Lucifero (confitto al centro della Terra) che tradì Dio, Giuda che tradì Gesù, Bruto e Cassio che tradirono Cesare. Inferno canto I Luogo: selva oscura Personaggi: Dante e Virgilio Tempo: notte del giovedì santo del 7 aprile 1300-mattina del venerdì sante dell'8 aprile 1300. Dante, a metà della propria vita, dopo essersi smarrito si ritrova in una selva buia, intricata e spaventosa. Dopo avervi trascorso la notte, in preda alla paura, giunge ai piedi di un colle illuminato dal sole e, una volta tranquillizzatosi e riposatosi, inizia l'ascesa. Ma ecco all'improvviso comparire una lince che gì impedisce il cammino. Il poeta, che sta per tornare sui suoi passi, si sente tuttavia confortato dalle circostanze temporali particolarmente favorevoli (è l’'alba ed primavera). Ma prima un leone affamato, e poi una lupa lo inducono a tornare nella selva, sulla strada del ritorno, Dante chiede aiuto a un'anima, che si rivela essere quella del poeta latino Virgilio, il quale lo invita a riprendere il cammino verso il colle che é all'origine della felicità e della beatitudine. Dopo essersi profuso in elogi per colui che ritiene il suo maestro e autore preferito, Dante chiede aiuto a Virgilio stesso, che gli rivela come sia necessario, per raggiungere il colle, seguire un altro itinerario, poiché quella lupa spaventosa uccide ogni persona che si ponga nel suo cammino, fino a quando non giungerà un cane da caccia che la farà morire con dolore. Quindi il poeta latino gli offre come guida attraverso i tre regni dell'oltretomba. Dante accetta e inizia il suo straordinario viaggio. Le tre fiere: significato letterale e allegorico Le bestie feroci che si oppongono al cammino di Dante si differenziano per certe loro peculiarità: la lonza agile e elegante, il leone statuano che incute paura; la lupa inquietante per l'impressionante magrezza, la voracità, l'irrequietezza. Il significato prevalente però è allegorico. Al riguardo le interpretazioni sono molteplici. Riportiamo le principali per dare l'idea della complessità del testo dantesco e dei problemi interpretativi che esso comporta. L'interpretazione degli antichi e dei moderni. • I commentatori più antichi identificarono le 3 fiere rispettivamente con la lussuria, la superbia e l’avarizia o cupidigia (cioè l'avidità di ricchezze e di beni materiali) che rappresenterebbero i vizi più diffusi tra gli uomini. Del resto il leone era simbolo tradizionale della superbia, la lonza con il suo aspetto di piacevolezza e mobilita rimanda facilmente alla lussuria e la lupa affamata alla cupidigia • Alcuni commentatori moderni invece preferiscono identificare le fiere con “le tre faville, c’hanno i cuori accesi” (Inferno IV, V.75), cioè superbia, invidia, avarizia. In questo caso la lonza sarebbe l’invidia. Infatti Dante nel canto VI incontra, tra i golosi, un personaggio a noi poco noto, Ciacco, al quale pone alcune domande sul futuro politico di Firenze. Il dannato risponde con un’oscura profezia, attribuendo le cause dei mali della città a questi tre vizi. Tale interpretazione sarebbe suffragata da un altro passo in cui Brunetto Latini, maestro di Dante, accusa i fiorentini di essere gente “avara, invidiosa e superba”. Bisogna ricordare a questo proposito l’episodio che coinvolse, a quando afferma la Bibbia, Adamo, Eva e il serpente tentatore. Il primo avrebbe peccato per superbia, la seconda per ingordigia (in quanto mangiò la mela proibita), il terzo per invidia. • Alcuni commentatori moderni identificano la lonza, il leone e la lupa con le “tre disposizion che ‘l ciel non vuole (Inferno, XI, V.81), cioè con la frode, la violenza e l’incontinenza (vale a dire il non sapersi moderare) che sono le tre categorie di peccato proprie dell’etica di Aristotele, sulle quali Dante fonda la tripartizione della tipologia dei peccati nell’inferno. Però in questo caso la peggiore delle bestie feroci (la lupa rappresenterebbe il peccato meno grave (l’incontinenza). • Altri studiosi ancora hanno preferito una interpretazione politica oltrechè morale, di conseguenza nella lonza sarebbe da vedere Firenze, nel leone la reale Casa di Francia, raffigurata soprattutto dalla persona di Carlo di Valois, il principe francese inviato da Papa Bonifacio VIII nel 1301 a Firenze per mettere pace tra i Guelfi bianchi e quelli neri, favorendo alla fine questi ultimi. La lupa infine sarebbe da identificare con la Curia Romana di Bonifacio VIII. • Da ricordare infine le fonti dantesche a questo riguardo: in primo luogo un passo della Bibbia (Geremia 5,6) ove si parla di un leone, un lupo e un leopardo; poi i numerosi bestiari medievali, dove le tre belve sono menzionate con le loro presunte caratteristiche. La lonza è stata identificata con un felino simile a

un leopardo o a una pantera o a una lince. A tal proposito c’è quasi sicuramente un’esperienza diretta di Dante, che avrebbe visto propria una lonza tenuta in gabbia a Firenze, nel 1285 nel palazzo del Comune. Inferno canto II Luogo: pendio che è collocato tra la selva oscura e il colle luminoso Personaggi: Dante e Virgilio Tempo: tramonto del venerdì santo dell'8 Aprile 1300 Il canto II si apre con invocazione alle muse, all'ingegno e alla memoria; questa invocazione è tradizionale nella poesia classica, considerato un topos letterario, in quanto le muse sono considerate un'ispirazione per i poeti. Verso il tramonto, mentre si accinge a intraprendere l'arduo cammino dopo aver invocato le Muse, Dante è assalito da angoscianti dubbi e timore: egli teme di non essere all'altezza di compiere una tale impresa, compiuta prima di lui da Enea, progenitore dell'impero romano e da San Paolo, testimone della fede cristiana. ("è vero che già Enea e San Paolo ebbero il privilegio di compiere un viaggio nell'aldilà, l'uno in quanto "padre" di Roma e del suo impero e l'altro al fine di rafforzare la fede degli uomini ma Dante perchè dovrebbe compiere lo stesso viaggio? Non si tratta di un eccessivamente presuntuoso e temerario?") Dante quindi non vede per quale merito dovrebbe essere concesso anche a lui un simile beneficio. Virgilio, non senza averlo prima accusato di viltà, rivela a Dante come per intercessione della stessa Beatrice sia corso in suo aiuto e come la beata donna sia stata sollecitata da Santa Lucia, alla quale si era rivolta per il medesimo motivo la Madonna stessa. Dopo tali rassicurazioni Dante si sente rinvigorito e confortato, proprio come accade ai fiori piegati e chiusi dal gelo notturno che, dopo essersi riscaldati dal sole, si drizzano sul loro stelo, ed è definitivamente pronto a inoltrarsi lungo un sentiero difficile e selvaggio. Inferno canto III Luogo: anti inferno peccatori e pena: ignavi. Corrono senza sosta dietro a una bandiera e sono punzecchiati da mosconi e vespe. Personaggi: Dante, Virgilio, Caronte Tempo: sera del Venerdì Santo dell'aprile 1300 Dante giunge davanti a una porta sulla cui sommità di un'iscrizione (“lasciate ogni speranza voi ch’ intrate”) che preannuncia le caratteristiche del luogo, regno dell'eterno dolore senza speranza. Confortato da Virgilio, che lo induce ad abbandonare ogni viltà, viene introdotto nel regno dei morti. Dante ode subito, nelle tenebre, un clamore infernale, un misto di gemiti, bestemmie, imprecazioni, battiti di mani, a tal punto da essere indotto al pianto. Il maestro gli spiega che sono le anime degli ignavi, cioè di coloro che vissero senza meritare infamia nè lode, e la schiera degli angeli che, quando Lucifero si ribellò a Dio non si allearono con nessuna delle due parti. Ignavi quindi sono coloro che non si schiararono né dalla parte del bene né da quella del male e vissero così senza prendere una decisione, inutili a se stessi e alla società. Tutti costoro si lamentarono per essere oggetto del disprezzo, di Dio come del demonio; perciò non è il caso di ragionare oltre. La loro pena consiste nel correre senza sosta dietro a una bandiera che si muove velocemente e nell'essere continuamente stimolati da mosconi e vespe. Tra le anime Dante riesce a vedere quella di Celestino V, colui che per vigliaccheria aveva ceduto alla carica papale lasciando il posto a Bonifacio VIII, che il poeta ritiene responsabile del male di Firenze e del suo esilio. Questo papa ha permesso la vittoria dei neri di Firenze e voleva che la chiesa avesse anche il potere temporale. Giunto in prossimità di un fiume, Dante scorge una grande moltitudine di anime desiderose di passare sull'altra via. Un vecchio con una barca lancia loro orribili minacce, e invita lo stesso Dante ad andarsene. In difesa di quest’ultimo interviene Virgilio, che fa presente a Caronte (questo il nome del vecchio) come il viaggio di Dante sia voluto da Dio stesso. Successivamente ha luogo il traghettamento delle anime, mentre il maestro spiega al discepolo che si tratta di quelle dei dannati che attraversano il fiume infernale Acheronte. Segue un improvviso terremoto che insieme a un forte vento e a una luce rossa fa perdere i sensi a Dante e provoca lo svenimento. Per contrappasso (ma in Dante si trova con una sola p), s'intende la corrispondenza, la relazione fra la colpa e la pena attribuita ai vari peccatori. Il primo esempio lo abbiamo incontrato nel canto III: gli ignavi non presero mai posizione, non si schierarono nè da una parte nè dall'altra non abbracciarono mai una fede politica o religiosa, non esultarono per una bandiera simbolo dell'idea, e allora sono condannati per

l'eternità a correre senza sosta dietro un vessillo, loro che se ne stettero inerti e inattivi, in disparte; sono anche punzecchiati da insetti ripugnanti, loro che furono insensibili a ogni stimolo. In questo caso la relazioni è chiaramente di opposizione, in altri è di somiglianza (come per i lussuriosi ). Fiume

Collocazione

Acheronte: Delimita l'inferno e si trova subito dopo la porta d'ingresso. Lo attraversano i dannati traghettati da Caronte (inferno III V.78) Flegetonte: Fiume di sangue bollente ove stanno immersi i violenti contra il prossimo, settimo cerchio, primo girone (inferno, XII vv.46-48) Stige: Fiume paludoso che circonda la città di Dite (la parte compresa fra i sesto e il nono cerchio) in esso sono immersi gli iracondi e accidiosi (Inferno, VII, vv.100-108) Cocito: E’ il lago ghiacciato ( dal vento delle ali di Lucifero) che occupa il nono cerchio dell’ inferno, quello dei traditori (inferno, XXXI, V.123). Letè: scorre sulla cima del purgatorio, nel Paradiso terrestre. Le sue acque cancellano il ricordo dei peccati e ridonano la purezza originaria. (purgatorio, XXVIII, vv.121,133) Eunoè: scaturisce dalla stessa sorgente del Leté. Le sue acque fanno tornare alla memoria il bene compiuto (purgatorio, XXVIII, vv.121-128). Tutti i fiumi infernali hanno origine dalle lacrime del veglio (gigantesca statua composta di vari materiali, che rappresenterebbe il declino dell'umanità a causa del peccato; inferno XIV, vv.94-120) collocata nell’isola di Creta. I due fiumi purgatoriali hanno invece origine da Dio. Caronte Si tratta di una divinità ctonica (che vive cioè sotto terra) minore, figlio di Erebo (nella mitologia, la personificazione delle tenebre) e della Notte; egli aveva il compito di traghettare le anime sull'altra riva dell'Acheronte, dietro il pagamento di un obolo, cioè di una moneta. Una descrizione del personaggio si ha pure nell' Eneide (VI, vv.298-304), dove viene rappresentato con una lunga barba bianca, gli occhi come fiamma e un lurido mantello che gli pende dalle spalle, nell'atto di traghettare i morti manovrando la barca ferrigna con un'asta. Dante ha ripreso il personaggio dall'antichità classica, ma lo ha trasformato in demone cristiano, secondo l'interpretazione dei padri della chiesa, per i quali gli dei e i demoni pagani erano personificazioni del diavolo. Inoltre il Caronte dantesco è presentato in maniera più drammatica, più dinamica rispetto a quello virgiliano. L'ingresso del nocchiero infernale sulla scena, infatti, avviene in maniera irruenta, inattesa; alle caratteristiche fisiche demoniache si uniscono anche una gestualità minacciosa e le invettive gridate ("Guai a voi, anime prave!/ Non isperate mai veder lo cielo"). E' un personaggio sinistro che incute timore, livido come il paesaggio che lo circonda, che mette in atto la giustizia di Dio in maniera decisa e sbrigativa ("batte col remo qualunque s'adagia"). Questo personaggio è stato raffigurato spesso in pittura. Tra le riproduzioni del Caronte dantesco, notevoli quelle di Luca Signorelli, pittore cinquecentesco, nel Duomo di Orvieto (cappella di San Brizio) e di Michelangelo nel giudizio universale (Cappella Sistina in Vaticano). In quest'ultimo affresco il demonio viene ritratto in forme erculee, mentre si scaglia col remo contro i dannati. I trasportatori/Passi della Commedia/Luogo e Funzione Caronte: Inferno, canto III, vv.76-129, antinferno: traghetta le anime dei dannati da una sponda all'altra dell'Acheronte Flegiàs: Inferno, canto VIII, vv.1-30 V cerchio: Traghettatore nella Palude stigia (anche probabile guardiano degli iracondi). Gerione: Inferno canto XVI, vv.106-136, canto XVIII, v.v 1-36 e 76-136, spazio compreso tra il VII e l'VIII cerchio: Mostruosa creatura immagine della frode, che trasporta in volo Dante e Virgilio. Angelo nocchiero: Purgatorio, canto II, vv.10-51 spiaggia della montagna del purgatorio. Trasporta, dalla foce del Tevere, con "un vasello snello e leggero" le anime destinate al purgatorio sulla spiaggia della montagna omonima. Inferno canto IV luogo: primo cerchio (limbo) peccatori e pena: i bambini morti senza aver ricevuto il battesimo; i grandi spiriti dell’antichità che non poterono ricevere il battesimo. Non subiscono una pena vera e propria, ma desiderano Dio senza avere la speranza di vederlo.

personaggi: Dante, Virgilio, Omero, Orazio, Ovidio, Lucano, Ettore, Enea, Cesare, Camilla, Cornelia, il Saladino, Aristotele, Socrate, Platone, Democrito, Talete, Empedocle, Eraclito, Cicerone, Seneca, Euclide, Tolomeo, Ippocrate, Avicenna, Galeno, Averroè e altri. tempo: sera del venerdì santo dell’8 aprile 1300. Dante rinviene improvvisamente e si trova ormai sull’altra riva dell’Acheronte. Insieme a Virgilio, discende nel primo cerchio. Qui è colpito da intensi sospiri, provocati da una sofferenza solo spirituale, che coinvolge una grande quantità di bambini, donne e uomini. Virgilio sente allora il dovere di dare spiegazioni su quelle anime, di cui lui stesso fa parte, non colpevoli di peccati ma di non essere state battezzate o di non aver adeguatamente adorato Dio, in quanto vissute prima del Cristianesimo. Per tale motivo sono condannate in eterno a vivere nel desiderio di Dio, senza però alcuna speranza di vederlo. Virgilio narra anche di quando nel limbo venne Cristo e portò via i patriarchi dell’Antico Testamento (Adamo, suo figlio Abele, Noè, Mosè, Abramo ecc..). Mentre continuano a camminare Dante scorge una luce che illumina le tenebre e si rende conto che quel luogo è abitato da gente degna d’onore. Sono infatti personaggi famosi che hanno lasciato grande fama nel mondo. Il poeta latino gliene indica alcuni: i poeti Omero, Orazio, Ovidio, Lucano, che accolgono anche Dante tra loro. In tale nobile compagnia giungono successivamente ai piedi di un castello, racchiuso da sette cerchi di mura e difeso da un fiume. Da un’altura a Dante vengono mostrati gli spiriti magnanimi, tra cui nobili guerrieri, filosofi, medici ecc. Il viaggio prosegue poi tra le tenebre. Inferno canto V Luogo: secondo cerchio Peccatori e pena: lussuriosi. Sono travolti incessantemente da un vento impetuoso. Personaggi: Dante, Virgilio, Minosse, Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena, Achille, Paride, Tristano, Francesca da Rimini e Paolo Malatesta. Tempo: sera del venerdì santo dell’8 aprile 1300. Dante scende nel secondo cerchio dell’inferno dove incontra Minosse, il giudice infernale che esamina le colpe dei dannati assegnando loro il luogo della pena. Al giudice, che mette in guardia Dante dal varcare quella soglia, Virgilio risponde invitandolo a non ostacolare il cammino del poeta voluto da Dio. Nel buio fitto le anime dei lussuriosi (questo è il peccato punito nel secondo cerchio) sono travolte senza sosta da un vento impetuoso, mentre si abbandonano a lamenti e grida. Virgilio mostra a Dante, alcuni noti personaggi: l’imperatrice Semiramide, Didone regina di Cartagine, Elena di Troia ecc. Mentre Dante è sopraffatto dalla pietà, nota una coppia a cui rivolge la parola, Si tratta di Francesca da Rimini e del cognato di lei Paolo Malatesta. La donna rievoca la loro tragica storia, il reciproco fatale innamoramento (enunciato secondo la teoria dell’amore cortese), l’uccisione di entrambi da parte del marito di lei. Dante nell’udire tale vicenda, si turba fortemente, poi chiede ancora in quali circostanze si manifestò quel fatale amore. Francesca ricorda allora la lettera comune con Paolo della storia...


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