Psicologia della formazione PDF

Title Psicologia della formazione
Author eliana Dinaro
Course Psicologia della formazione
Institution Università degli Studi di Verona
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Psicologia della formazione – l’approccio psicologico alla formazione come intervento Prima lezione Mentre la psicoterapia è intervento di tipo psicologico che soltanto medico o psi o chi ha fatto i 4 anni può eseguire. Non chiunque. L’orientamento e la formazione che pure possono essere visti come interventi di tipo psicologico. a) Non sono appannaggio esclusivo dello psicologo, possono farlo i non psicologi b) Esistono diversi approcci per fare orientamento, alcuni dei quali non sono per nulla psi Tema del cambiamento Tra formazione e psicoterapia, sia la formazione come intervento psicologico, sia la psicoterapia che è intervento psicologico, entrambi gli interventi mirano a un cambiamento. Qualsiasi intervento psicologico mira a un cambiamento. Ma, anche l’organizzazione si aspetta un cambiamento, perché ci ha chiamato, ci paga, perché qualcosa cambi in meglio. Se le aziende si convincono a fare ciò è perché un cambiamento se lo aspettano, se poi non sono intimamente convinti (le aziende lo sono meno, convinti di noi) per il semplice fatto che ci pagano comunque si aspettano un cambiamento. Come si realizza un cambiamento nella persona? Far fare esperienza alle persone. La formazione psico sociale è una esperienza sociale, che fa sperimentare alle persone un certo tipo di situazione, in ambiente controllato, nel qui e ora, attivare processi di riflessione. Esperienza e riflessione, quindi. Non è l’esperienza di per sé ad essere formazione, è l’esperienza unita alla riflessione . Se io passo per una alta esperienza formativa senza aver attivato processi riflessivi, l’esperienza non lascia alcun segno. La differenza è che le persone in genere vanno spontaneamente in psicoterapia. Lo psicoterapeuta si trova davanti una persona che ha scelto di essere lì davanti. La persona che va spontaneamente è intrinsecamente motivata. Il formatore il più delle volte entrerà in aula e avrà a che fare con persone che non hanno chiesto di essere spontaneamente lì. È raro gli si dia anche la formazione che richiedono. Anzi, si ha a che fare con persone che non volevano essere lì. La somiglianza sta nel fatto che sia nel caso della psicoterapia dove si ha una persona davanti intrinsecamente motivata ad essere li e sia nel caso di persone non motivate, in entrambi in casi, lo psicoterapeuta e lo formatore, si troverà a che fare con il fenomeno della resistenza al cambiamento. Fenomeno psico relazionale, che interferisce negativamente con la possibilità di attuare un cambiamento, eppure noi siamo lì per attuare, un cambiamento. Perché le persone resistono al cambiamento anche quando sono loro stesse a chiederlo? Ogni cambiamento costa. Facciamo fatica a tollerare un cambiamento emotivo. Cambiare costa sforzo cognitivo, emotivo, anche fisico. La psicoterapia non ha un tempo definito. La formazione invece ha un tempo definito, ed è cruciale. Noi lavoratori psicosociali siamo chiamati a fare un tot di ore, un intervento già definito in partenza, cosa che non è presente nella psicoterapia. C’è un limite temporale in cui ci si aspetta che noi agiamo per attuare un cambiamento psicosociale. Ciò significa che il formatore psicosociale se accorto, negozierà la domanda di formazione con il mittente per quello che è. Per raggiungere gli obiettivi di cambiamento ci vuole tempo. Perché la formazione

psicosociale non è una formazione sui contenuti, non si tratta di erogare contenuti, ma di lavorare sul processo. Ovvero su quelle che Lewin chiamava le dinamiche di gruppo. Psicoterapia: quando funziona, realizza un cambiamento di tipo personale o al massimo relazionale. La formazione psicosociale non può e non deve avere questo obiettivo. Anche se a volte può capitare che la ricaduta sui formandi sia positiva. Anche se dovesse accadere però, bisogna tenere conto che non è questo l’obiettivo. Il formatore psicosociale incontro dei ruoli, lo psicoterapeuta incontra persone. Altra differenza tra psicoterapia e formazione psicosociale. Lo psicoterapeuta lavora con la mancanza, il disagio, il disturbo, cosa non c’è e dovrebbe esserci. L’ottica della formazione lavora sulle risorse, su quello che c’è, in ottica di potenziamento delle risorse, di quelle caratteristiche che meglio ci fanno assumere il nostro ruolo. Lo psicoterapeuta ha bisogno di individuare il deficit, per colmare questo deficit. Il formatore psicosociale non ha bisogno di cercare il deficit. Quando parliamo di cambiamento in psicologia, parliamo di cambiamento a livello di costrutto. La psicologia è l’unica disciplina che assume che il nostro comportamento sia il riflesso di costrutti psicologici non osservati. Suppone che il nostro comportamento sia manifestazione, dato osservabile, di costrutti psicologici non osservabili di tipo opponitivo o emotivo. Nessun cambiamento a livello comportamentale resiste nel tempo se non vi è stato cambiamento di costrutto. Anche in formazione è un cambiamento di costrutti, quello che cerchiamo di realizzare. Un cambiamento a livello comportamentale, può essere solo una visione superficiale spinta dall’esterno. Tolte le condizioni nelle quali siamo monitorati. Modello tripartito della competenza Affinché una persona si possa dire competente rispetto a un certo campo d’azione, quella persona deve possedere le conoscenze riferibili a quel campo, possa manifestare abilità riferibili a quel campo, non solo sapere ma anche fare, e infine che sappia assumere gli atteggiamenti adeguati rispetto al proprio ruolo professionale. FORMAZIONE 1. SAPERE – CONOSCENZA 2. SAPER FARE – ABILITA’ 3. SAPER ESSERE – ATTEGGIAMENTI Se questa cosa che chiamiamo formazione, si limita ad erogare conoscenze, secondo questo modello tripartito della conoscenza, non si può chiamare formazione, bensì insegnamento. Quando si forniscono solo abilità, se ci sono solo lezioni pratiche, si parla più che altro di addestramento. Un’altra similitudine tra psicoterapia e formazione, in psicoterapia la persona è isolata dal contesto sociale, fa un lavoro circoscritto nel tempo e nello spazio, la metafora dell’aula, del gruppo, viene riflessa nella formazione per fare un certo tipo di lavoro su di sé.

Lezione due Per dinamiche intrapsichiche (non osservabili, perlopiù inconsce) si intendono i rapporti le relazioni che esisterebbero tra le tre istanze psicologiche che la psicoanalisi ha postulato: es, io, super io. La psiche è costituita da questi tre diversi elementi. Sono tra di loro in relazione, in rapporto, più o meno consci, che vanno a costituire una sorta di mondo interno dell’individuo fatto di movimento. La psicoanalisi li chiama dinamiche intrapsichiche. È possibile risalire alla loro esistenza soltanto attraverso un lavoro di analisi che faccia emergere quanto avviene nel nostro interno ma di cui non siamo consapevoli. Per la psicoanalisi il nostro comportamento manifesto, sarebbe il riflesso di queste dinamiche intrapsichica. Per quanto riguarda la formazione psicosociale, anche questa si fonda sul concetto di dinamica. Ma le dinamiche che tratta la formazione psicosociale non sono le dinamiche intrapsichiche ma di gruppo. Termine coniato da Lewin. Cosa sono le dinamiche di gruppo, parallelamente alle dinamiche intrapsichiche sono rapporti, relazioni che si stabiliscono tra i membri di un gruppo e che possono essere di vario tipo, come quelle intrapsichiche. Le differenze sostanziali tra le due: 1. Le nostre dinamiche intrapsichiche, ammesse che esistano, non sono osservabili direttamente, di conseguenza restano un prodotto dell’inferenza psicologica, cioè il concetto di dinamica intrapsichica è stato introdotto da Freud, poi accettato, per spiegare il comportamento osservabile, è una inferenza in questo senso. Poi per poter meglio spiegare e cogliere certi comportamenti osservabili, Freud ha sentito l’esigenza di postulare l’esistenza di queste dinamiche intrapsi, ma non sono osservabili direttamente. 2. Le dinamiche di gruppo, così come le ha postulate Lewin, sono dinamiche direttamente osservabili proprio perché si riferiscono ai rapporti tra persone 3. Quando parliamo di dinamiche intrapsichiche ne parliamo come causa del comportamento, le dinamiche intrapsi sono state postulate per spiegare certi comportamenti, i quali altrimenti sarebbero diventati poco interpretabili. Sono quindi la causa del comportamento osservabile. 4. Le dinamiche di gruppo, queste sono al tempo stesso causa ed effetto, nel senso che le dinamiche instaurate all’interno di un gruppo di lavoro, di formazione, sono causa del fatto che il gruppo nel su insieme funzioni o non funzioni in un certo modo, o anche, sono causa del fatto che all’interno di un gruppo vi sia o non vi sia un certo clima. D’altra parte, queste dinamiche di gruppo, sono l’effetto di come il gruppo stesso sia gestito, nel senso che ad esempio la cultura, o il modo in cui il gruppo è gestito da ll esterno, influenza le dinamiche osservabili all’interno di quel gruppo. Quindi Mentre le dinamiche intra psi sono sempre trattate come causa del nostro comp. Le dinamiche di gruppo sono al tempo stesso causa ed effetto. Terza differenza: le dinamiche intrapsi sono sempre necessariamente, obbligatoriamente, dinamiche conflittuali, l’es in conflitto con l’io che a sua volta è in conflitto col super io etc. le dinamiche di gruppo sono anche di tipo conflittuale. Ma il conflitto non è l’unica dinamica di

gruppo osservabile, nei gruppi, ovviamente. Ce una maggiore varietà quando ci collochiamo a livello di dinamiche di gruppo, rispetto a quando ci collochiamo a livello di dinamiche intrapsi. Specifichiamo meglio il concetto di dinamiche di gruppo. Cosa non è Non è qualsiasi rapporto che si stabilisca tra membri di un gruppo. Le dinamiche di gruppo non si riferiscono alle emozioni relative a quel gruppo. Infine per arrivare a dire cosa sono: le dinamiche di gruppo sono relazioni definibili secondo due opposti. Esempio: dinamica di competizione versus competizione. Esempio: inclusione versus esclusione Esempio: centralità vs marginalità Esempio: attacco versus difesa Il formatore psicosociale Terza fase: dovrà riuscire ad attivare processi di riflessione relativi all’esperienza appena vissuta, perché il formatore psico sociale non insegna nulla. Non eroga contenuti, non da conoscenza. Le persone sviluppano nuovi repertori comportamentali, attraverso la formazione psicosociale. Che tradotto significa che le persone da prima della formazione a dopo, sono dotate di maggiori strumenti di gestione di eventi relazionali disfunzionali o spiacevoli. Ripetiamo 1. Non stiamo scardinando il rapporto tra formazione e apprendimento. Gli apprendimenti della formazione psicosoc non si collocano nell’area delle conoscenze. Il formatore non entra in aula per fare lezione. 2. In aula di formazione le persone ottengono nuovi repertori psico socialli, dotati quindi di maggiori strumenti di gestione di eventi relazionali disfunzionali o quantomeno spiacevoli, come ad esempio i conflitti. Inoltre siccome l’obiettivo è che le persone escano dalla formazione con maggiori strumenti della gestione degli eventi relazionali, allora si capisce di più perché il formatore stimola le dinamiche in aula. Da qui discende che la formazione psicosociale si inserisce dentro al più vasto contenitore della consulenza di processo. La formazione psicosociale non è una consulenza di contenuto, ma di processo. Che a partire dalla stimolazione delle dinamiche di gruppo, passando dalla riflessione, a nuovi repertori strumentali, consenta alle persone che hanno usufruito della formazione psicosociale di tornare nel mondo reale maggiormente dotate degli strumenti di gestione degli eventi relazionali disfunzionali.

In una eventuale domanda all’esame : avanza ipotesi di coinvolgimento d’attività tra formazione e processo. Dire che il formatore entra in relazione, non che fa lezione, mai!

La formazione psicosociale ha bisogno dei suoi tempi, tempi che in genere le aziende non danno. Il tempo minimo stimato è dalle 40 ore in su. È molto difficile che un’azienda finanzi 40 ore di formazione. Può essere che uno riesca ad ottenere qualcosa in 8 ore. L’importante è la tenuta del cambiamento. A distanza di 6 mesi un anno vi è una regressione inevitabile verso repertori comportamentali noti, precedenti alla formazione psicosociale ma anche in psicoterapia. Gli obiettivi formativi riuniscono i risultati che si intende raggiungere esplicitati fin dall’inizio. Gli esiti formativi è ciò che si ottiene e non sempre coincidono. Alle volte gli esiti formativi sono anche di più. Sono esiti collaterali, non previsti, non necessariamente inclusi. Ma che sono positivamente percepiti dalle persone coinvolte nella formazione. Anche la formazione psicosociale ha l’obiettivo di far sviluppare competenze. Competenze relazionali e trasversali, non competenze tecnico specialistiche. Perché la formazione psicosociale è di processo non di contenuto. Non c’è niente di più pratico di una buona teoria – Kurt Lewin (1890-1947) La probabilità che il mio intervento formativo sia coronato da successo, evento non certo ma la cui probabilità può essere aumentata, aumenta se il nostro intervento formativo è guidato da una teoria. TESI APPROCCIO PSICODINAMICO La modifica del comportamento manifesto è possibile solo con la presa di coscienza ei motivi inconsci che ci spingono all’azione. Dove c’è L’ES ci sia l’IO ANTITESI APPROCCIO COMPORTAMENTISTA La modifica del comportamento manifesto è possibile solo agendo sugli stimoli che determinano le nostre risposte. Cambia l’ambiente non cercare di cambiare l’uomo. SINTESI APPROCCIO PSICO SOCIALE La modifica del comportamento manifesto è possibile agendo tanto sulle caratteristiche individuali (psico) quanto sulle condizioni esterne (sociali). Hic et nunc – qui e ora. La formazione che si basa su approcci psicologici, proprio perché ha bisogno di continuità, non è attuabile con gruppi di 20 30 40 persone. La formazione psico sociale si sostanzia in attività di relazione, dinamiche che sono possibili soltanto nel cosidetto piccolo gruppo psico sociale. Quanto piccolo? Non troppo piccolo. Nel senso che se ci sono poche persone in aula, tipo 4 o 6, e hai intenzione di attuare un intervento psicosociale, quindi stimolando dinamiche di gruppo, fai fatica. Diciamo sugli 8. Non sopra i 15. Meglio 12. Affinché una persona possa cambiare, deve prendere coscienza di ciò che è inconscio.

Bion, psico analista classico, si occupa delle manifestazioni che le reclute mostrano al ritorno dal fronte. Per la prima volta crea dei gruppi, non li tratta più singolarmente. Da li nasce il gruppo analisi. Dalle sue esperienze nasce un libro “esperienza dei gruppi”, inventa il gruppo analisi, una sorta di trattamento di dinamiche tra gruppi come se avesse trattato una singola persona. -Devo aggiungere la lezione tre-

Lezione quarta Gli assunti di base sono inconsci, i tre assunti sono compresenti, ma ce n’è sempre uno che è dominante. La seconda cosa è che in tempi diversi i gruppi possono funzionare secondo un assunto dominante diverso, ovvero la teoria dei gruppi di Bion, prevede anche uno sviluppo del gruppo stesso, per cui è possibile che tu consulente, formatore, analista, incontri il gruppo che si trova in un certo assetto perché dominato da un certo assunto di base, ma che attraverso il lavoro analitico il gruppo modifichi il proprio assetto, e quindi si trovi dominato da un altro assunto di base. Qual è l’obiettivo finale secondo Bion con un lavoro con i gruppi che si basa su questo tipo di teoria? E’ QUELLO di liberare il gruppo dall’assunto di base. Cioè rendere consapevoli i gruppi dell’assunto di base secondo il quale funzionerebbero – secondo la teoria di Bion – servono come punto di partenza su cui lavorare per potersi liberare dell’assunto di base. Gli assunti di base quindi sarebbero elementi inconsci. La gruppo analisi è soltanto un esempio di come dovrebbe funzionare un approccio psicodinamico applicato alla gestione dei gruppi in contesti formativi. La prima caratteristica è che un approccio psicodinamico presentato attraverso Bion, rischia di essere un approccio passivizzante, porta il rischio di essere vittime passive di qualcosa che sta sempre nell’inconscio. Se la prospettiva da cui noi guardiamo un gruppo, è quella secondo il quale il gruppo sta funzionando su assunti di cui il gruppo non è consapevole, allora sta implicitamente immaginando che queste persone si muovano passivamente rispetto a forze che agiscono nell’ombra e che inducono il gruppo a comportarsi in un certo modo, ma il gruppo non sa perché. L’approccio psicodinamico da un lato rappresenta i formandi da un punto di vista passivo, e il formatore si pone un pò troppo come la persona che sa, che è consapevole e che può guidare il gruppo verso la luce della consapevolezza. Prima caratteristica: l’approccio vede i formandi passivi Seconda: il formatore si come come Guru, una guida, che porta il gruppo alla consapevolezza. Terza: questo approccio si basa su idea di fare emergere ciò che è inconscio. Il cambiamento secondo la prospettiva psicodinamica tu ce l’hai solamente quando il gruppo raggiunge consapevolezza rispetto elementi e forze inconsce che finora hanno guidato il loro comportamento. Questo presuppone che solo il formatore nell’aula è quella persona che porterà il gruppo a questa consapevolezza, il lavoro è in mano al formatore. Ora trattando di elementi inconsci di cui il gruppo non ha coscienza; lo strumento principe in mano al formatore è l’interpretazione. Tipico strumento nato all’interno della cornice psicoanalitica. È quella mossa che il terapeuta in terapia o il formatore attuano per dire a te che non sai cosa in realtà stai

dicendo, cosa in realtà stai facendo e perché provi certe emozioni e non altre. L’interpretazione trova giustificazione soltanto quando le persone che incontri per definizione “non sanno”. L’interpretazione non può essere rifiutata sempre, viene sempre accettata perché se venisse rifiutata verrebbe letta in chiave psicoanalitica come un meccanismo di difesa e repulsione, quindi l’unica soluzione è accettarla. Conseguenze: qualsiasi fallimento formativo verrà attribuito ai formandi. Ogni teoria psicoanalitica si basa su elementi che non si prestano su indagine empirica. La seconda conseguenza è che proprio seguire una teoria in maniera così pedissequamente, che non è un male di per sé, ma aderire dogmaticamente che contiene elementi non indagabili, porta con sé la spiacevole conseguenza che i fenomeni di opposizione in aula aumentano significativamente, per cui paradossalmente il modus operandi del formatore bioniano, aumenta la probabilità che in aula si manifesti rabbia, opposizione, negazione, resistenza. Con la conseguenza che il formatore attuerà ulteriori riflessioni, diventa un circolo vizioso. A Nessuno di noi piace “tu fai cosi perché”. Ma se la teoria prevede una interpretazione da attuare, è possibile che questa non la senti tua, non la senti accettabile. Di conseguenza, ecco la terza conseguenza: una formazione basata strettamente, dogmaticamente su approcci psicodinamici tende al fallimento. Se l’obiettivo è aumento della consapevolezza di gruppo rispetto agli assunti di base. Freud disse: il solo far emergere dall’inconscio elementi che teoricamente dovrebbero determinare il nostro comportamento, non è sufficiente per il cambiamento. Questi sono i rischi nell’affezionarsi troppo a una teoria. Siamo partiti quindi dall’esperienza bioniana, che è esperienza prototipica, ossia l’approccio psicodinamico alla formazione, però esistono anche altre declinazioni dell’approccio psicodinamico-analitico al mondo della formazione. Dopo Bion, trattiamo un altro autore. Moreno. Inventore dello psicodramma. Esattamente come le esperienze dei gruppi di Bion che erano di tipo clinico, hanno permesso poi di riflettere attivare riflessioni guidando il gruppo in un certo modo, lo stesso dicasi per lo psicodramma. Il quale metodo nasce in ambiente clinico, recupera elementi psicoanalitici che hanno a che fare con la psicologia del profondo. O psicologia analitica. Si basa sull’inconscio collettivo, di cui saremmo tutti portatori insieme alall’inconscio personale; postulato da Yung, l’inconscio individuale ha a che fare con la tua storia di individuo, contiene elementi della propria esperienza individuale. Esempio: elementi rimossi, elementi che prima ho esperito, esperi...


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