Psicologia della percezione PDF

Title Psicologia della percezione
Course Psicologia della percezione
Institution Università di Bologna
Pages 11
File Size 296.7 KB
File Type PDF
Total Downloads 40
Total Views 151

Summary

Psicologia della percezione (Domanda esame)...


Description

Le due maggiori teorie della percezione sono la teoria innatista della Gestalt e quella cognitivista che si fonda su basi empiriche. La prima sostiene che gli esseri umani nascano con capacità percettive già presenti, che, dapprima incomplete, si sviluppino con la semplice maturazione del soggetto indipendentemente dall’apprendimento. Gli psicologi della Gestalt hanno formulato una serie di principi (di vicinanza, di somiglianza, di buona direzione, di chiusura, di continuazione) a conferma che certi schemi percettivi sono innati e simili in ogni essere umano. La seconda si fonda sulla costruzione dell’immagine a seguito di un confronto fra l’informazione sensoriale e le conoscenze pregresse che il soggetto ha in memoria. Il principio dell’inferenza inconscia di Helmholtz di fine ‘800 è ripreso dai costruttivisti moderni, in particolare da Gregory, che, facendo ricorso a illusioni visive (es. camera di Ames), conferma che alle informazioni raccolte dagli organi sensoriali vanno aggiunti l’esperienza, le conoscenze, le emozioni, affinché il soggetto possa giungere alla formulazione di ipotesi sulla forma reale dell’oggetto (modalità di elaborazione dell’informazione di tipo “top-down”: l’immagine conservata in memoria guida e influenza l’input sensoriale).

Le teorie della percezione sono state suddivise dai ricercatori in due gruppi opposti in base alla modalità di elaborazione dell’informazione. L’elaborazione “bottom-up” parte dal dato estero, lo stimolo sensoriale (la luce, le linee, ecc.), per arrivare ai processi di elaborazione superiore, quelli cognitivi (l’informazione viaggia all’insù e i dati guidano la percezione); l’elaborazione “top-down”, invece, parte da un’immagine mentale conservata in memoria, la quale guida e influenza l’input sensoriale (elaborazione guidata dai concetti). Tutti i teorici, compresi quelli che sostengono l’elaborazione “bottom-up”, sono arrivati alla conclusione che il riconoscimento finale dell’oggetto avvenga attraverso un processo di comparazione tra le informazioni sensoriali e le immagini presenti in memoria, ma la differenza sta nella modalità in cui avviene: per i primi il procedimento viaggia dal basso all’alto fino a giungere ad una corrispondenza,mentre per i secondi sono le conoscenze a far scattare il processo di confronto. E’ probabile che entrambi i processi intervengano nella percezione. E’ stato notato che in condizioni ottimali i processi bottom-up tendono a prevalere su quelli top-down, mentre in condizioni di ambiguità dello stimolo o presentazione veloce dello stesso,prevalgono processi di tipo top-down.

Le teorie che tentano di spiegare come l’essere umano riesca a percepire ciò che è attorno a lui in modo così rapido e fedele, sono state suddivise dai ricercatori in due

gruppi opposti in base alla modalità di elaborazione dell’informazione. L’elaborazione “bottom-up” parte dal dato estero, lo stimolo sensoriale (la luce, li linee, ecc.), per arrivare ai processi di elaborazione superiore, quelli cognitivi (l’informazione viaggia all’insù e i dati guidano la percezione); l’elaborazione “top-down” parte da un’immagine mentale conservata in memoria che guida e influenza l’input sensoriale (l’elaborazione è guidata dai concetti). La teoria della percezione diretta di Gibson è di tipo “bottom-up” perché sostiene che sia l’assetto ottico a rendere possibile il riconoscimento; i sensi sono sistemi percettivi che colgono le varianti dell’ambiente mantenendo costante l’informazione (approccio ecologico) – parallasse di movimento?-. La capacità di dare significato a ciò che vediamo è dovuta all’”affordance” dell’oggetto, che dipende da fattori fisici, psicologici e fisiologici legati al soggetto. La teoria costruttivista di Gregory non nega il lavoro di Gibson, ma sostiene che gli input esterni non siano sufficienti per arrivare alla percezione: questi sono usati come punto di partenza per elaborare la migliore interpretazione dei dati (controllo delle ipotesi).

La teoria innatista della scuola di Berlino sostiene che gli esseri umani nascano con capacità percettive già presenti che, dapprima incomplete, si sviluppino con la semplice maturazione del soggetto indipendentemente dall’apprendimento. Per gli psicologi della Gestalt (= forma) la percezione è un processo primario e immediato, risultante dall’organizzazione interna delle forze che si vengono a creare fra le diverse componenti di uno stimolo: la totalità viene prima del singolo elemento. Essi approfondirono le ricerche sull’articolazione figura-sfondo, cioè il modo in cui il nostro sistema percettivo decida quali sono le figure e le forme riconoscibili distinguendole dallo sfondo (furono utilizzate immagini reversibili come il “vaso di Rubin”). I gestaltisti formularono una serie di principi (leggi dell’unificazione formale) per descrivere la modalità di unificazione degli elementi in una totalità percettiva: legge della vicinanza, della somiglianza, della buona direzione, della chiusura, del destino comune, della pregnanza o della buona forma. Queste leggi sembrano ovvie perché riflettono la nostra tendenza a percepire il mondo. Hanno esercitato una profonda influenza sugli studi successivi, ma gli esempi esplicativi presi in esame sono molto semplici, non conformi alla quotidianità, più complessa; inoltre sono vaghe e a volte si può creare un conflitto fra loro.

Gli psicologi della Gestalt (che in tedesco significa “forma”) formularono una serie di principi (leggi dell’unificazione formale) per descrivere la modalità di unificazione degli elementi in una totalità percettiva: legge della vicinanza e legge della somiglianza (elementi vicini e simili tendono ad essere raggruppati), legge della buona direzione (elementi ordinati secondo una retta tendono ad essere visti come unità), legge della chiusura(tendiamo a chiudere figure anche se non lo sono), legge del destino comune (elementi che si muovono nella stessa direzione sono percepiti come unità), legge della pregnanza o della buona forma(nelle organizzazioni geometriche percepiamo quella che ha la forma più semplice). Queste leggi sembrano ovvie perché riflettono la nostra tendenza a percepire il mondo. Hanno esercitato una profonda influenza sugli studi successivi, ma gli esempi esplicativi

presi in esame sono molto semplici, non conformi alla quotidianità, più complessa; inoltre sono vaghe e a volte si può creare un conflitto fra loro.

Esperimenti condotti su bambini hanno dimostrato che alcune capacità percettive (ad es. il riconoscimento dei volti e la percezione della profondità) sono presenti già entro i primi mesi dalla nascita, mentre altre si sviluppano successivamente (es. la costanza di forma).

Le teorie cognitiviste, che si oppongono a quella innatista della Gestalt, si fondano sulla costruzione dell’immagine a seguito di un confronto fra l’informazione sensoriale e le conoscenze pregresse che il soggetto ha in memoria. Il principio dell’inferenza inconscia di Helmholtz di fine ‘800 è ripreso dai costruttivisti moderni, in particolare da Gregory, che, facendo ricorso a illusioni visive (es. camera di Ames), conferma che alle informazioni raccolte dagli organi sensoriali vada aggiunta l’esperienza, affinché il soggetto possa giungere alla formulazione di ipotesi sulla forma reale dell’oggetto (modalità di elaborazione dell’informazione di tipo “top-down”: l’immagine conservata in memoria guida e influenza l’input sensoriale). Anche la teoria del New Look dà importanza al soggetto, ritenendo che i suoi bisogni, i suoi stati emotivi e le sue aspettative alterano e condizionano la percezione (es. croce nazista mostrata a soggetti perseguitati o meno induce diversi effetti). Gibson ha rivoluzionato lo studio della percezione sostenendo che ci sia un legame fra organismo e ambiente (approccio ecologico). La percezione è diretta, i sensi colgono le varianti nell’ambiente mantenendo costante l’informazione. La sua teoria è di tipo “bottom-up” perché i dati viaggiano all’insù, ovvero si parte dall’assetto ottico per raccogliere informazioni sensoriali che rendono possibile il riconoscimento. La posizione di Neisser media tra i due estremi. Egli sostiene che la percezione parta dall’input e, attraverso schemi cognitivi, sia guidata nel confronto delle aspettative e nella selezione finale. Se gli elementi ambientali sono sconosciuti o non conformi agli schemi, questi saranno modificati in funzione dei feedback ambientali.

La teoria della percezione diretta di Gibson e quella innatista della Gestalt partono entrambe dal presupposto che la percezione avvenga a partire dallo stimolo sensoriale che è riconosciuto e individuato senza bisogno di conferme e confronti. I gestaltisti sostengono che la capacità percettiva sia innata in ogni essere umano e che, dapprima incompleta, vada affinata con la maturazione del soggetto indipendentemente dall’apprendimento; nelle leggi dell’unificazione formale principi (di vicinanza, di somiglianza, di buona direzione, di chiusura, di continuazione) si avvalgono di esempi semplici per dimostrare che la percezione avvenga secondo principi determinati e uguali in ogni persona. Gibson, invece, considera rilevante anche il contesto ambientale (approccio ecologico) sostenendo che i sensi sono sistemi percettivi che colgono le varianti dell’ambiente. Attraverso il gradiente di tessitura, il flusso ottico e il rapporto di orizzonte, l’informazione è percepita correttamente. La capacità di dare significato a ciò che

vediamo è dovuta all’”affordance” dell’oggetto, che dipende da fattori fisici, psicologici e fisiologici legati al soggetto.Gibson, quindi, contestualizza e soggettivizza la percezione mentre i gestaltisti la ritengono il risultato di leggi e principi (a volte vaghe e in conflitto fra loro) che non tengono conto di fattori esterni, fattori che nella quotidianità complicano la percezione.

La teoria costruttivista di Gregory sostiene che gli input esterni non siano sufficienti per arrivare alla percezione: questi sono usati come punto di partenza per elaborare la migliore interpretazione dei dati (controllo delle ipotesi). Nelle sue ricerche ha fatto ricorso alle illusioni visive distinguendone quattro tipi differenti: figure ambigue, figure paradossali, figure fittizie e distorsioni. Le ultime due hanno suscitato molto interesse negli studiosi. Le figure fittizie sono chiamate anche “contorni illusori” per la tendenza a vedere figure semplici e famigliari anche laddove non vi sono in realtà. L’idea sembra confermare la legge della pregnanza della Gestalt, ma vi sono contestazioni sulla modalità percettiva (top-down o bottom-up?). La distorsione di maggior interesse è quella di Muller-Lyer: Gregory sostiene che sia dovuta ad una errata applicazione della costanza di grandezza e che l’illusione non sia altro che un’errata interpretazione del fenomeno prospettico usato per la rappresentazione della tridimensionalità. Le sue teorie sono state contestate, data l’artificiosità degli esperimenti. In ogni caso egli non spiega come la gran parte dei soggetti (occidentali) continuino a percepire l’illusione di Muller-Lyer, nonostante ne siano a conoscenza.

Diretta e indiretta, bottom up e top down, teoria ecologica e illusioni

Gli indizi che ci danno informazioni sulla profondità e sulla distanza si distinguono fra quelli riproducibili in pittura e quelli non pittorici. Questi ultimi dipendono dalla visione binoculare (diversità di posizione delle immagini che ciascun occhio riceve), che permette al cervello di calcolare la profondità. Con gli spostamenti entra in gioco la parallasse di movimento grazie alla quale gli oggetti più vicini sembrano muoversi più velocemente di quelli lontani. A prescindere dalla disparità binoculare e dagli effetti del movimento, ci sono altri indizi che sono usati in pittura per simulare la tridimensionalità. In base alla cultura e all’epoca sono stati privilegiati alcuni indizi piuttosto che altri. Già nell’arte egizia troviamo indizi di sovrapposizione e altezza rispetto all’orizzonte per la rappresentazione dello spazio e in quella greco-romana l’ombreggiatura dà chiari effetti illusionistici di profondità. Nel ‘300 si utilizzano nuovi indizi pittorici per rappresentare la profondità, ma è solo nel 1426 che la prospettiva rinascimentale entra in pittura (Trinità del Masaccio): per avere corrispondenza fra la scena rappresentata e quella reale, però, l’opera va guardata dal vertice della piramide. Leonardo attribuisce un ruolo chiave alla prospettiva aerea per rappresentare la distanza nelle scene all’aperto. Michelangelo e Raffaello cominciano e percepire i limiti della prospettiva e si rendono conto che in certe situazioni è necessario applicare delle correzioni per evitare anomalie e distorsioni: avevano capito che costanza di grandezza (il fenomeno che, entro distanze brevi, ci permette di attribuire la stessa

grandezza agli oggetti anche quando essi si allontano) e costanza d’angolo (o prospettiva lineare) devono essere ben dosate per non creare paradossi. Gli indizi pittorici di profondità possono essere usati anche per creare effetti illusori (trope-l’oeil), che diventano molto efficaci nei dipinti destinati ad essere visti da grandi distanze e da un punto di osservazione fisso, come il caso del soffitto della chiesa di S. Ignazio a Roma dipinto da Pozzo. Bisogna ricordare che nella visione di un dipinto gli indizi pittorici sono in parte contraddetti dalla visione binoculare e dalla parallasse di movimento, che ci confermano la bidimensionalità del quadro: per avere una maggiore illusione tridimensionale è consigliato guardare l’opera con un occhio solo. L’avvento della fotografia, che riproduce automaticamente la prospettiva, ha modificato gli interessi degli artisti (ad es. i cubisti), i quali hanno cominciato a scoprire nuovi spazi, meno fedeli alla realtà, ma nei quali il pensiero è fondamentale.

indizi di profondità che non sono riproducibili in pittura

Costanze percettive: • costanza di grandezza è il fenomeno che, entro distanze brevi, ci permette di attribuire la stessa grandezza agli oggetti anche quando essi si allontano, es. orologio al polso • costanza di forma: la forma percepita rimane la stessa anche in situazione di cambiamento di angolazione; grazie alla nostra memoria: es. porta rettangolare e piatto rotondo • costanza di bianchezza dipende dalla percentuale di luce riflessa e non dalla quantità (es. foglio bianco sia all’aperto che alla luce artificiale) • costanza cromatica stesso colore anche con diversa lunghezza d’onda della luce che colpisce oggetto • costanza di posizione immagini ferme anche quando camminiamo Indizi di profondità: • non pittorici: - la visione binoculare è dovuta alla distanza degli occhi fra loro che fa percepire gli oggetti in posizioni diverse, caratteristica che rende possibile la percezione della profondità e della distanza; - la parallasse di movimento entra in azione quando ci muoviamo e accade che gli oggetti più vicini sembrano muoversi più velocemente di quelli lontani (es. treno) • pittorici: distanza rispetto all’orizzonte, gradiente di tessitura, convergenza di rette parallele, grandezza relativa, prospettiva lineare (prospettiva aerea,trasparenza ombreggiatura sovrapposizione) distanza nei quadri

Il colore è una delle due qualità della luce (l’altra è l’intensità) ed è il risultato di processi che avvengono nell’occhio e nel cervello. La capacità di vedere i colori dipende da uno dei due tipi di fotorecettori presenti nella retina: i coni, che per entrare in funzione hanno bisogno di un alto livello di illuminazione. Nel buio entrano in azione i bastoncelli, che però, hanno uno stesso tipo di pigmento, quindi vedono in bianco e nero. Il colore dipende dalla lunghezza d’onda delle radiazioni emesse dalla sorgente illuminante e dai corpi illuminati. Facendo passare un fascio di luce attraverso un prisma, Newton osservò che i colori assumono gradazioni che dal rosso (lunghezza d’onda maggiore) passano all’arancio, giallo, verde, blu, indaco, e violetto (minore lunghezza d’onda); il bianco è la combinazione di questi sette colori. Saturazione o purezza (maggiore o minore percentuale di luce), intensità (chiaro-scuro) e tinta (che dipende dalla lunghezza d’onda) sono variabili che li distinguono e che permettono la riproduzione in pittura. Queste tre variabili hanno portato alla deduzione che nella percezione visiva fossero presenti tre tipi di recettori, i quali danno luogo ad una visione tricromatica. È stato dimostrato che nella retina esistono tre tipi di coni che assorbono le radiazioni luminose in percentuali diverse: sono i coni L (rossi), M (verdi) e S (blu).

Le tre variabili dei colori (tinta, saturazione e intensità), hanno portato alla intuizione che nella percezione visiva fossero presenti tre tipi di recettori, i quali danno luogo ad una visione tricromatica. È stato dimostrato che nella retina esistono tre tipi di coni (fotorecettori deputati alla percezione del colore) che assorbono le radiazioni luminose in percentuali diverse: sono i coni L (rossi), M (verdi) e S (blu). I coni L e M contribuiscono alla sensazione di intensità luminosa, mentre i coni S sono importanti per determinare la tinta e la saturazione. I colori degli oggetti dipendono dalla diversa percentuale di radiazione monocromatica che essi riflettono e assorbono. Il colore è caratterizzato da una tinta, una saturazione e una luminosità, tre elementi, che combinati assieme, danno infinite variazioni di colori. Ad es. il marrone fa parte della banda dei rossi-arancioni-gialli, ma avendo bassa riflettenza, risulterà più scuro di questi. I pittori miscelano colori chiari con il nero per ottenere il risultato. + teorie colore

Le teorie che spiegano come avvenga la percezione dei colori sono due: sintesi additiva e sintesi sottrattiva. La prima utilizza radiazioni dei 3 colori primari: rosso, verde, blu (RGB). La sovrapposizione di fasci luminosi di questi tre colori, di pari intensità, dà luogo al bianco. La sovrapposizione di solo due colori darà luogo ad un altro colore, che diventerà il complementare di quello non utilizzato: ad es. la sintesi di blu e rosso darà vita al magenta, complementare del verde. Abbassando l’intensità di uno dei tre colori, la somma si avvicinerà al suo complementare: se abbassiamo la luce verde, il colore risultante si avvicinerà al magenta, che è il suo opposto. Nella sintesi sottrattiva le radiazioni solari passano attraverso filtri colorati, al fine di sottrarre colore alla luce bianca e rigenerare i colori fondamentali. In questo caso i colori

fondamentali sono: giallo, magenta, ciano. Ad es. il filtro magenta lascerà passare le radiazioni delle zone rosse e blu, quindi il risultato sarà il colore magenta. La combinazione additiva è utilizzata negli schermi della TV, del PC o per l’illuminazione di un palco; quella sottrattiva è la base della tavolozza dei pittori e si usa per le stampe a colori a cui viene aggiunto il nero per migliorare la gamma dei colori e ottenere così la stampa in quadricromia.

I colori, se dominanti in un ambiente, possono suscitare emozioni diverse: ciò è dovuto ai meccanismi di percezione del colore. La maggiore distinzione è fra colori caldi (gialloarancione-rosso) e freddi (blu-verde-viola). Nelle varie epoche e culture i colori assumono simbologie diverse: nella Roma imperiale il porpora era simbolo dell’autorità imperiale, nel Cristianesimo il verde è assegnato alla nuova vita che risorge, nell’Ottocento nasce la distinzione fra bianco per la purezza e pulizia e nero riservatezza e lutto. I colori riproducibili in pittura sono ordinati secondo le variabili di tinta, saturazione e luminosità. Il pittore cerca l’equilibrio attraverso l’uso ponderato e consapevole dei colori e dei contrasti. È comune accettare che i colori complementari (es. rosso e verde) diano un accostamento gradevole, ma è importante che siano dosate anche luminosità e contrasto: al contrasto cromatico può sommarsi quello di luminosità al fine di dare più efficacia alla rappresentazione. Il contrasto chiaro-scuro di giallo e viola favorisce il distacco fra figura e sfondo e dà maggior senso di profondità, il contrasto fra colori caldi e freddi nella pittura rinascimentale simboleggia la dualità fra il terreno...


Similar Free PDFs