Psicologia della bellezza PDF

Title Psicologia della bellezza
Author Chiara Novelli
Course Psicologia generale II
Institution Università di Bologna
Pages 32
File Size 260.4 KB
File Type PDF
Total Downloads 11
Total Views 142

Summary

riassunto dettagliato del libro di Leonardo Corazza;...


Description

CAPITOLO UNO: E’ BELLO CIO’ CHE E’ BELLO Concordanza nei giudizi di bellezza “Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace” è un luogo comune diffusissimo che viene tramandato di generazione in generazione e che alla fine viene considerato corrispondente al vero. Tradotto, questo motto significa che le persone hanno idee diverse su ciò che è bello e che se potessero scegliere tutti sceglierebbero persone diverse. Tuttavia tutte queste affermazioni si sono rivelate in larga misura false. Confrontando i dati di più di un centinaio di studi, in cui a gruppi di soggettivi di età e provenienza geografica diversa, veniva chiesto di valutare la bellezza dei volti si è visto che vi era una concordanza molto alta nei giudizi di ciò che era “bello”. Il grado di concordanza dato da individui appartenenti alla stessa cultura è risultato in media di 0,90 che tradotto dalla statistica significa una concordanza quasi totale. I giudizi di bellezza concordano non solo negli adolescenti o negli adulti ma anche nei bambini i quali, si è dimostrato, sono in grado di giudicare il grado di bellezza dei volti già a pochi anni d’età. La bellezza secondo i neonati I neonati sono in grado di discriminare tra persone più o meno belle volgendo lo sguardo preferibilmente e per un tempo maggiore su quelle più attraenti. In una ricerca realizzata da Slater et al. (98) ai neonati di età compresa tra le 14 e 151 ore, privi quindi di qualsiasi influenza socioculturale, venivano mostrate le fotografie di 16 volti di donne bianche, metà delle quali erano state giudicate, precedentemente, da osservatori adulti attraenti e l’altra metà non attraenti. Le foto venivano mostrate in coppia ( un volto attraente con uno non attraente). Il criterio utilizzato per valutare il giudizio positivo dei neonati era il tempo di fissazione, cioè il tempo trascorso a fissare ciascun volto. I risultati hanno mostrato una preferenza maggiore per i volti attraenti con un maggior tempo di fissazione ( 61,5% del tempo totale contro il 38,5 dei non attraenti). Quindi bambini e adulti presentano metri di giudizio simili. Nell’insieme questi rsultati fanno quindi presupporre l’esistenza di standard di bellezza non appresi. Altri esperimenti, come quelli di R. Henss hanno riportato risultati simili. Ciò dimostra che i giudizi sulla bellezza delle persone non sono influenzati dal contesto. Le veneri preistoriche Alcuni criticano l’attività di voler studiare la bellezza perché, sostengono, essa è da sempre stata influenzata dalle varie epoche storiche. In particolare questi critici portano come esempio la Venere di Willendford, una statuetta preistorica che raffigura una donna evidentemente in sovrappeso le cui misure sono 240-213-240. Sembra sensato concludere che in que periodi l’ideale femminile fosse quello di donne in sovrappeso, tuttavia questa statuetta non deve trarci in inganno. L’errore che viene spesso fatto è quello di attribuire un carattere estetico e di bellezza alla donna rappresentata, invece questo potrebbe essere stato un tentativo di riproduzione di una donna patologicamente obesa; di fatto un’obesità patologica viene ritenuta sgradevole e contraria alla percezione di bellezza in tutte le culture e periodo storici.

CAPITOLO DUE: GEOMETRIA DELLA BELLEZZA Canoni estetici di bellezza Fin dall’antichità si è cercato di individuare i criteri che possono definire la bellezza. In particolare fu la cultura greca a porre l’accento sui canoni estetici intesi come rapporti geometrici tra i vari elementi fisiognomici. Gli scultori Policleto e Fidia definirono un canone di bellezza derivato dall’utilizzo della cosiddetta “sezione aurea”. I rapporti aurei che si aggirano intorno a 0,618 e 1,618 sono esteticamente molto gradevoli e vengono percepiti come attraenti. Un bel viso rispetta i rapporti aurei, il formato classico delle fotografie si avvicina al rapporto aureo, nelle arti figurative la sezione aurea si traduce nella “regola dei terzi”, perfino le tessere magnetiche che ci passano ogni giorno tra le mani, come carte di credito e bancomat, sono anch’esse dimensionate su un rapporto aureo. Questa geometrizzazione delle proporzioni ideali è nata, ma non si è esaurita con la cultura greca. E’ celeberrima la rappresentazione di Leonardo Da Vinci che iscrive il corpo umano all’interno di un cerchio e di un quadrato. Gli effetti della simmetria Un fattore geometrico importante nella percezione della bellezza è quello della simmetria. Non vi è dubbio, infatti, che manifestazioni eclatanti di asimmetrie nel corpo e nel volto si traducano in una percezione di assenza di bellezza. Nella maggior parte dei casi, comunque, le asimmetrie umane sono di piccola entità, un occhio leggermente più grande di un altro, un sopracciglio più alto … Vale la regola generale per cui la simmetria tende a decrescere con l’età: i bambini hanno volti molto simmetrici, mentre col procedere degli anni i tratti cominciano ed esibire asimmetrie sempre maggiori. Diverse ricerche hanno dimostrato che maggiori sono gli stress, sia ambientali che psicologici, maggiore è anche lo sviluppo di tratti asimmetrici. La simmetria dei caratteri morfologici può essere fluttuante o sistematica. Fluttuante: quella che non risulta sistematica nella popolazione: il sopracciglio destro, ad es, tende a essere più alto nel 50% dei casi. Sistematica: è il contrario dell’altra, cioè quando ci si allontana da quel 50%. Ad es, nel 90% dei casi è la mano destra ad essere più abile della sinistra. La simmetria può essere studiata con vari metodi fra cui il più famoso è quello delle facce chimeriche: si traccia una linea che taglia il viso a metà, in questo modo si ottengono due emifacce una destra e una sinistra. Poi da queste due emifacce si ricavano due volti, ciascuno dei quali è composto da una sola emifaccia. Quindi da un volto se ne ricavano due perfettamente simmetrici. Se il volto originario è simmetrico i due volti chimerici saranno simili fra loro, mentre se il volto originario è asimmetrico le due facce chimeriche risulteranno molto diverse. Gli effetti della simmetria Non sempre le lievi asimmetrie sono associate a bassi indici di bellezza. Infatti contrariamente a quanto si pensava agli inizi degli anni ’90 i volti simmetrici non sono percepiti in assoluto come più attraenti anzi la perfetta simmetria sembra essere controproducente. Ci sono addirittura dei casi in cui l’asimmetria viene percepita come attraente. Uno dei più noti ed enigmatici casi è quello che

riguarda un leggero strabismo divergente, noto come “ strabismo di Venere”, oppure il neo presente solo in un lato del volto, definito così attraente da indurre molte donne a disegnarselo. Nella percezione di un volto le due emifacce destra e sinistra non rivestono la stessa importanza. L’emisfero destro è specializzato nella percezione ed elaborazione dei volti. Questa lateralizzazione ha delle conseguenze anche nella percezione dell’avvenenza dei volti. Quando valutiamo la bellezza di un viso è particolarmente l’emifaccia sinistra ( dal punto di vista di chi guarda) quella che viene presa in considerazione dal nostro cervello. CAPITOLO 3: PROTOTIPO MEDIO E STIMOLO SUPERNORMALE. TECNICHE DIGITALI DI AVERAGING Nella seconda metà dell’ottocento Francis Galton, nel tentativo di provare che i criminali hanno tratti del volto caratteristici che li distinguono dai non criminali, fece ricorso alle nascenti tecniche fotografiche. Mentre lavorava su questo procedimento di ricerca del criminale standard, Galton notò che le fotografie finali erano più attraenti dei singoli ritratti che le avevano composte. Fu così che prese forza l’idea che il volto “proto tipico” medio o rappresentativo, fosse quello che veniva percepito come “bello”. Oggi si sono fatti svariati tentativi , tecnicamente ben più raffinati e precisi di quelli di Galton, per verificare questa ipotesi della bellezza come “valore medio”. La tecnica usata da Langlois e Rogman fu successivamente perfezionata attraverso l’identificazione di punti chiave. In questo caso, la media viene fatta tenendo conto di marker che individuano i punti fisionomici più importanti del volto. Simile a questa tecnica, vi è anche quella di adattare una maglia di linee alle caratteristiche più importanti del volto. Ciò che emerge è che lo standard di “bellezza media” sembra superare i criteri di appartenenza etnica ed imporsi a livello transculturale. Pollard creò un volto femminile che era la sintesi dei volti originari. Tutti valutarono come maggiormente attraente l’immagine composita. L’esperimento è stato poi ripetuto e i risultati ottenuti hanno replicato i precedenti: il “volto medio” è stato quello giudicato come maggiormente attraente. IL VOLTO MEDIO Sulla base di quale meccanismo il “volto medio” può essere considerato attraente? Alcuni autori hanno cercato di rispondere ipotizzando che la preferenza per il volto medio sia conseguenza diretta della familiarità. Altri, come Karl Grammer, ritengono invece che ci siano componenti universali, indipendenti dalla maggiore o minore familiarità. Nel 2002 Grammer costruì l’immagine media del corpo e del volto di donne americane giapponesi. Poi fece giudicare queste immagini medie ad un campione di americani e di giapponesi. L’immagine media fu giudicata più attraente delle singole immagini componenti, sia da parte degli americani che dei giapponesi. Sulla base di questi risultati, Grammer concluse che i principi di base della percezione della bellezza devono essere considerati universali. Il metodo della media digitale di volti presenta tuttavia degli artefatti di cui occorre tenere conto. La maggior attrattiva del volto medio sia dovuta all’assenza di ogni imperfezione a livello dermatologico e non necessariamente al fatto di essere medio.

Se il prototipo medio suscita reazioni positive in termini di fascino e bellezza, i volti che si scostano da questa norma per caratteristiche particolari, possono essere considerati ancora belli? Da una ricerca effettuata da Perret e colleghi è emerso che il volto giudicato come più bello era il volto composito ottenuto dai volti più belli. Cioè: se i volti originari non sono attraenti, il volto medio non risulta un campione di bellezza. Il solo processo di media non basta. I LIMITI DELLA TEORIA DEL PROTOTIPO MEDIO Se il prototipo del volto medio è giudicato attraente , non è certo che sia il più attraente: forme che esulano dall’originario possono attirare l’attenzione più di forme che rientrano nella media. Perret e colleghi hanno elaborato un’immagine accentuando le caratteristiche dei volti giudicati come maggiormente attraenti: la nuova immagine era valutata più attraente dell’altra nel 70% dei casi. Se si vanno ad esaminare volti molto attraenti, ben presto ci si accorge che ciò che li contraddistingue è un tratto enfatizzato ed esagerato rispetto alla media della popolazione. Ciò non vale solo nel campo della bellezza dei volti, ma in ogni dominio estetico. Non è forse vero che di una città ci colpiscono soprattutto quelle parti in cui vengono esagerate le caratteristiche di altezza, di imponenza e di estensione? Ciò significa che non sono gli individui ordinari o prototipici quelli che attraggono di più. Anche nei singoli tratti somatici si possono trovare esempi che contraddicono l’idea che la bellezza sia indissolubilmente legata al valore medio. LO STIMOLO SUPERNORMALE Queste osservazioni ci conducono al concetto, di origine etologica, di “stimolo supernormale”. Con questa espressione si intende uno stimolo che supera in una dimensione uno stimolo biologicamente normale e che come tale evoca una risposta maggiore. L’importanza dello stimolo supernormale appare evidente nella selezione sessuale e nelle modificazioni morfologiche che ne conseguono. La selezione sessuale è quella che viene operata dalle femmine quando scelgono il partner. Essa può andare anche nella direzione opposta rispetto a quella della selezione naturale, che normalmente prevede la sopravvivenza dell’individuo più forte e più abile. Nella nostra specie la selezione sessuale ha portato a cambiamenti morfologici. I primi ominidi avevano un’altezza di gran lunga inferiore rispetto all’altezza media attuale. Dal punto di vista della sopravvivenza biologica, i corpi bassi sono avvantaggiati. Malgrado questo, la nostra storia evolutiva è segnata da un progressivo aumento dell’altezza. La spiegazione sta nella selezione sessuale , per cui le donne tendono a percepire come più attraenti i maschi più alti della media della popolazione. POTENZA E LIMITI DEGLI STIMOLI SUPERNORMALI Lo stimolo supernormale ha un suo limite, raggiunto il quale l’organismo tende ad orientarsi verso stimolazioni meno estreme. Molto interessanti al riguardo sono alcuni esperimenti sulla generalizzazione. Se, ad esempio si deve eseguire un compito di riconoscimento di volti, la caricatura tende ad essere riconosciuta meglio e più velocemente rispetto all’originale. Lo stimolo

supernormale accentua le caratteristiche distintive , permettendo una migliore identificazione. Ma , anche in questo caso, entro certi limiti. Se, ad esempio, si accentuano troppo certe caratteristiche fisiche , come la grandezza degli occhi o la forma delle labbra, ciò che percepiamo non è un volto più attraente, ma un volto deforme. Esempi nella pubblicità femminile, dove la figura della donna appare oggi esageratamente stilizzata e pericolosamente magra , nei materiali destinati ai bambini , con bambole dalle fattezze quanto meno improbabili. Troviamo stimoli supernormali anche non visivi, ma strettamente emozionali, come quelli attivati, ad esempio, da certe forme di divertimento (come le montagne russe). STIMOLI SUPERNORMALI NEI RITRATTI ARTISTICI In un recente esperimento, Costa e Corazza hanno dimostrato l’effetto della creazione di stimoli supernormali nei ritratti artistici. Ad un gruppo di studenti dell’Accademia di Belle Arti che non conoscevano lo scopo della ricerca, è stato chiesto di disegnare due autoritratti, il primo a memoria e il secondo davanti a uno specchio. A ciascuno di questi studenti è poi stata fatta una fotografia del volto, per confrontarla con gli autoritratti. I risultati hanno dimostrato che i soggetti, nel trasformare un volto reale in uno artistico, pur avendo uno specchio a disposizione, apportavano modifiche in funzione di un miglioramento estetico. Eventuali difetti del volto erano camuffati. In generale , nell’intera storia dell’arte vi è stata una tendenza significativa da parte degli artisti ad aumentare la dimensione degli occhi, la loro rotondità, l’altezza e la carnosità delle labbra e a rendere affusolata la parte inferiore del volto, rappresentandola meno rotondeggiante di quel che ci si dovrebbe aspettare se il ritratto fosse una riproduzione fedele dei tratti antropometricamente appropriati. OCCHI LABBRA E ROTONDITA’ DEL VOLTO In un’altra ricerca è stato chiesto ad un numero di soggetti di modificare la larghezza del volto di immagini digitali, fino a trovare la larghezza corrispondente alla massima bellezza. I risultati hanno mostrato come i volti dei bambini , caratterizzati in partenza da una notevole rotondità, venissero in media ristretti del 6,29%, al fine di renderli più attraenti. Il volto delle adolescenti femmine tendeva ad essere ristretto dell’8,21%. Le ragazze tendono infatti ad avere un volto più rotondeggiante rispetto ai maschi per la mancata azione dell’ormone sessuale maschile, il testosterone, che è responsabile delle modificazioni craniofacciali durante l’adolescenza. Naturalmente l’entità della modificazione dipende dalla rotondità originaria del volto. Un’analisi di regressione ci ha permesso di scoprire qual è la rotondità del volto percepita come più attraente, cioè che non viene modificata. Un esempio di questo rapporto perfetto, risultato uguale a un rapporto fra le diagonali dell’ellisse di 0,77. In sostanza, dato un viso, il soggetto che partecipava all’esperimento poteva progressivamente aumentare o diminuire la dimensione degli occhi, o delle labbra, o della conformazione della parte inferiore del volto fino ad individuare tre punti: quello di massima bellezza, quello in cui quella caratteristica del viso cominciava ad apparire patologicamente piccola e il punto in cui invece cominciava ad apparire patologicamente grande.

CAPITOLO 4: BELLEZZA MASCHILE, FEMMINILE, INFANTILE MASCOLINITA E FEMMINILITA: Mentre per le femmine un’esagerazione dei tratti femminili si traduce in maggior bellezza, nei maschi questa regola non vale. Il volto maschile, per essere giudicato bello, deve offrire una giusta commistione di tratti maschili(zigomi alti,mascella robusta)e tratti più propriamente femminili(occhi grandi,naso piccolo,labbra pronunciate). Le donne tendono a preferire volti maschili che presentano tratti prettamente adolescenziali. Diverse ricerche hanno esplorato questo fenomeno. In uno studio del 1998 condotto dall’equipe di David Perrett si vede che i volti di ragazze erano preferiti quando erano stati esagerati i tratti femminili, mentre i volti maschili preferiti erano quelli che erano stati leggermente femminilizzati. Anche un eccesso di peli sul torace è percepita come non attraente. Come abbiamo già avuto modo di dire, uomini glabri, che quindi sotto questo profilo hanno un corpo femminilizzato,tendono ad essere percepiti dalle donne come più attraenti. Ciò non vale per le calvizie. Un viso ipermascolizzato viene generalmente percepito come molto dominante e aggressivo, per questo molte pratiche cosmetiche tendono a mascherare alcune caratteristiche tipiche del volto maschile;basti pensare alla rasatura. La regola della demaschilizzazione non vale nel caso della muscolatura. IL FACCISMO: Il volto, contrariamente a quello che si potrebbe immaginare,ha un importanza estetica maggiore per l’uomo che per la donna. Negli sport viene mostrato il volto dell’uomo nel 65% dei casi, mentre per la donna si preferisce dare maggiore enfasi alle forme del corpo rispetto al viso. Si tratta molto probabilmente di un’ennesima forma di discriminazione nei confronti delle donne,che il fenomeno del cosidetto “faccismo” può aiutarci a svelare. Con faccismo si fa riferimento : 1) All’attribuzione di qualità positive come bellezza,ambizione,dominanza,intelligenza,cultura ecc… , alle persone che sono inquadrate dalla telecamera o dalla macchina fotografica in primo piano. 2) Al fatto che gli uomini sono rappresentati dai media in questo modo ravvicinato molto più delle donne. Per quantificare il gradi di faccismo,si calcola il rapporto fra l’altezza del volto e l’altezza della parte di persona rappresentata. L’indice di faccismo può dunque variare da un minimo di zero(la fotografia non rappresenta la faccia) a un massimo di uno(la fotografia rappresenta solo la faccia e nessu’altra parte del corpo). La scelta dell’inquadratura ha delle implicazioni psicologiche. Archer(1983) è stato il primo a dimostrare che individui fitografici in primo piano tendono ad essere valutati,indipendentemente dal sesso,come più intelligenti,ambiziosi,fisicamente attraenti,di quelli rappresentati mediante piano più distanti. Nelle trasmissioni di qualche decennio fa le persone venivano raramente inquadrate in primo piano, mentre oggi, specie nei programmi di intrattenimento dove vengono amplificati i vissuti emotivi, l’uso del primo piano,anche spinto, è frequentissimo. Ciò crea nello

spettatore un forte grado di coinvolgimento emotivo, quindi i piani ravvicinati hanno una maggiore valenza emotiva rispetto a quelli più o meno distanziati. Costa e Ricci Bitti(2000) hanno verificato il grado di preferenza per immagini proprie o di altri. I risultati hanno dimostrato che quando valutiamo nostre fotografie preferiamo piani lontani, dal mezzo busto in poi,mentre quando valutiamo fotografie di altri tendiamo a scegliere come inquadratura migliore il primo piano. BABY FACE: Nell’uomo e in molte specie di mammiferi le caratteristiche morfologiche infantili di un volto sono simili: occhi grandi,naso piccolo,guance arrotondate,labbra pronunciate,pelle liscia e testa rotondeggiante. I bambini che hanno lineamenti del volto che sottolineano in modo chiaro le caratteristiche infantili evocano nell’adulto più attenzione e un atteggiamento di maggiore cura e protezione rispetto a coetanei dall’aspetto meno infantile. Padri e madri,in generale,rispondono in maniera più positiva a figli at...


Similar Free PDFs