Psicologia evoluzionistica Bruni PDF

Title Psicologia evoluzionistica Bruni
Course Psicologia evoluzionista
Institution Università degli Studi di Messina
Pages 19
File Size 237.5 KB
File Type PDF
Total Downloads 60
Total Views 119

Summary

Dal cervello del Pleistocene alla mente moderna...


Description

1 Che cos’è la psicologia evoluzionistica La profezia di Charles Darwin Con On the Origin of Species nel 1859 Darwin ha cambiato il corso della scienza moderna. Darwin era un naturalista, uno scienziato dedito innanzitutto all’osservazione e alla descrizione dei fenomeni naturali viventi. Non sapeva alcunché di genetica del DNA eppure il suo “meccanismo” è ancora oggi alla base della biologia. La teoria della selezione naturale riguarda innanzitutto il cambiamento della morfologia degli esseri viventi, spiegandoli come il risultato di lunghe pressioni ambientali e di mutazioni che si sono rivelati favorevoli. Almeno dapprima non si tratta di affrontare problemi di tipo culturale, come quelli che sorgono dal tentativo di spiegare il modo in cui sono organizzate le società umane e come queste ultime sono animate dalle strutture simboliche che le innervano. Herbert Sperncer in The Principles of Psychology aveva fornito una spiegazione in termini evolutivi del ragionamento, dell’attenzione, della percezione e di altre funzioni sociali e anche dei fenomeni sociali. Darwin fa riferimento a Sperncer per educazione scientifica, ma implicitamente vuole suggerire che il suo “meccanismo” è in grado di fornire una base sperimentale per il futuro della psicologia che fino ad allora era mancata. Quindi si parla di una sorta di “psicologia evoluzionistica”, ossia di una scienza delle funzioni cognitive che si basa sulla teoria della selezione naturale e che considera ogni capacità mentale come frutto di una storia naturale di pressioni ambientali e mutamenti degli organismi. La teoria della selezione naturale è una teoria del mutamento delle strutture morfologiche; Darwin, successivamente ipotizza che essa regoli il cambiamento non solo delle strutture morfologiche ma anche delle funzioni ad esse correlate. Darwin in primo luogo afferma che il nostro sistema nervoso e quello degli altri animali presentano strutture specializzate per le risposte di natura emotiva essenziali per la sopravvivenza; egli dimostra come le emozioni e di conseguenza le loro espressioni siano “oggetti naturali” ossia un prodotto della selezione naturale, sono funzioni innate e determinate biologicamente. Le emozioni rappresentano un importante un ponte tra gli esseri umani e gli altri animali, esse sono comunicate e comprese da chi le osserva e per questo utili alla sopravvivenza, ma sono al tempo stesso fenomeni corporei e cognitivi, culturali e sociali. Nonostante i suggerimenti darwiniani negli anni 60 e 80 del 900 si pensava che le emozioni fossero apprese culturalmente e che le espressioni facciali usate dagli individui per manifestare gli stati emotivi dipendessero dalle convenzioni sociali. In questi anni, negli Stati Uniti, Tomkins e Plutchik hanno sviluppato una concezione psicoevoluzionistica delle emozioni. Secondo tale prospettiva le emozioni sono associate a una struttura fisiologica specie-specifica e psicologica che è innata; esse sono funzionali alla sopravvivenza dell’individuo e della specie in quanto consentono una risposta adattativa ad alcuni input ambientali. Tomkins ha proposto l’esistenza di affetti positivi e negativi: sorpresa, interesse, gioia, e , tra quelli negativi, angoscia, vergogna, paura, disgusto e rabbia. Lo studio comparato delle emozioni umane a animali è stato il primo campo di applicazione della psicologia evoluzionistica. È utile distinguere 2 sensi dell’espressione di “psicologia evoluzionistica”: - in senso largo essa cerca di rendere conto delle facoltà mentali in una cornice evoluzionistica. - in senso stretto si riferisce a una direzione di ricerca iniziata nei primi anni degli anni 90 e che vede Tooby e Cosmides, Pinker e Buss alcuni dei suoi esponenti principali. Questo libro si riferisce in particolare a questo uso. 19

La sociobiologia è l’antecedente più diretto della psicologia evoluzionistica; è lo studio sistematico delle basi biologiche di ogni forma di comportamento sociale. Wilson, Trivers sono esponenti di tale ricerca e considerano il comportamento sociale dipendente dall’interazione tra genotipo e ambiente. La sociobiologia è nota per il suo atteggiamento riduzionista e determinista. I comportamenti sociali presi in considerazione sarebbero dipendenti dalle cause biologiche che li determinano. Quando si pensa a questo approccio si fa riferimento a Dawkins e alla sua espressione “gene egoista”. Secondo tale prospettiva gli organismi non sarebbero altro che macchine per la sopravvivenza utili a replicare geni che veicolano. Per dare vita ai comportamenti che possiamo osservare in natura non occorre una mente che indirizzi e guidi alle scelte. La cognizione secondo Wilson è riconducibile alla neurobiologia, la quale fornirà alla sociobiologia un insieme di principi primi. La cannibalizzazione della psicologia conduce alla “memetica”, la scienza dei memi, ossia dei replicatori culturali che svolgerebbero nella propagazione delle idee lo stesso ruolo che i geni svolgono nella propagazione dei tratti biologici. Tale concetto venne introdotto da Dawkins in The Selfish Gene. Il meme è l’unità minima di selezione della cultura (arte, cerimonie, cibo, morale). La cultura rappresenta il tratto di unicità e specialità della natura umana e si pone su un livello di analisi distinto dalla biologia. L’etologia cognitiva ha riscontrato forme di trasmissione culturale anche nel caso delle società degli altri animali; benchè naturalmente più rudimentali. Secondo Dawkins si tratterebbe solo di stranezze, di comportamenti privi di significato generale. Spesso la sociobiologia viene confusa con la psicologia evoluzionistica. Entrambe si propongono di studiare in modo sistematico il comportamento sociale alla luce della teoria darwiniana della selezione naturale. Tuttavia, mentre per la sociobiologia il comportamento manifestato dagli esseri umani sarebe il prodotto diretto della selezione naturale, secondo lo schema: input->output comportamentale per la psicologia evoluzionistica il comportamento umano non è stato modellato direttamente dalla selezione naturale, ma è il prodotto dell’interazione di meccanismi psicologici e di vincoli biologici: input->meccanismi psicologici->output comportamentale Perché è psicologia Tutte le forme di vita possiedono delle caratteristiche distintive, hanno una natura che deriva dall’insieme dei problemi adattivi che hanno affrontato nel corso della loro storia evolutiva e che può essere spiegata, esaminata e descritta. La selezione naturale è il meccanismo causale mediante il quale le specie evolvono. I coniugi Tooby e Cosmides, antropologo il primo e psicologa la secondo, rappresentano i pionieri della psicologia evoluzionistica degli ultimi decenni. Secondo questi due studiosi l’uomo porta non solo nella sua struttura fisica ma anche in quella mentale (quindi psicologica) il marchio indelebile della sua origine. In The Adapted Mind propongono l’integrazione tra psicologia cognitiva e la biologia evoluzionistica, ciò dà inizio al programma di ricerca della psicologia evoluzionistica nel senso stretto del termine. Il nucleo della disciplina è costituito dalle idee darwiniane, alle quali si affiancano l’antropologia, l’etologia, la fenetica, la paleoantropologia e l’intelligenza artificiale. L’obiettivo degli psicologi evoluzionisti è creare una cartografia universale della natura umana. L’universalità dipende dal modo in cui è fatta la nostra mente. A che tipo di mente si interessa la psicologia evoluzionistica? Tra la fine degli anni 50 e l’inizio degli anni 80 del 900 troviamo le basi della scienza cognitiva classica. Dall’insieme dei contributi teorici di quegli anni è possibile individuare 3 linee guida che caratterizzano lo studio dei processi cognitivi: la teoria rappresentazionale-computazionale, l’indipendenza del sostrato materiale e la presenza di vincoli strutturali all’interno della mente (moduli). Dunque, i processi mentali 19

sono elaborazioni di informazioni codificate nel cervello e paragonabili ai programmi di esecuzione di un computer. Questa posizione è nota come “funzionalismo computazionale”. I processi mentali sono computazioni su rappresentazioni mentali. Le computazioni, o algoritmi, sono procedimenti affettivi (ossia che producono un output, un risultato), la rappresentazione mentale è il modo principale per avere accesso alla realtà esterna. L’idea che l’elaborazione delle informazioni del mondo esterno sia a carico di specifiche strutture cognitive viene definita come “teoria della modularità” (architettura cognitiva disposta in strutture verticali che hanno il compito di trasformare gli input in rappresentazioni), quest’ultimo è opposto al connessionismo (modello che si basa sulle reti neurali, la mente lavora in maniera distribuita). Jerry Fodor in The Modularity Of Mind descrive la mente come un insieme di moduli, ossia di meccanismi computazionali, specializzati nell’elaborazione degli input provenienti dal mondo esterno. Ad essere modulari, secondo Fodor, sarebbero i sistemi periferici e non quelli centrali. I sistemi periferici, come la percezione rappresentano il mondo in modo tale da renderlo accessibile al pensiero e forniscono ai sistemi centrali le informazioni utili sul mondo in un formato idoneo. I moduli, localizzabili anche da un punto di vista neurologico, non sono in grado di scambiare alcun tipo di informazioni né tra essi né con la cognizione centrale. Elaborano, quindi, un solo tipo di informazione. Questa caratteristica garantisce ai moduli la velocità di processamento delle informazioni, l’automaticità e l’obbligatorietà del percorso. La tesi di Fodor è nota come “tesi della modularità ristretta”. I dati sperimentali sul funzionamento della mente, provenienti dalla neuroscienza cognitiva, continuarono ad accumularsi e sembravano confermare tale ipotesi. A partire dagli anni 90 l’attenzione si spostò sulla possibilità di estendere la specificità di dominio, tipica dei sistemi di output fodoriani, ai processi centrali. Ciò ha portato ad una teoria della modularità che riguarda anche la cognizione centrale, nota come “modularità massiva”. L’idea che la mente sia una collezione di organi specializzati per un compito sembrava essere favorevole per coloro fossero interessati a una spiegazione evoluzionistica dell’architettura cognitiva della mente umana. La psicologia evoluzionistica si presenta come l’unione delle due prospettive. Secondo gli psicologi evoluzionistici le leggi della selezione naturale guiderebbero il modo di strutturarsi dei sistemi cognitivi in meccanismi psicologici che sono la causa dei comportamenti sociali e culturali dell’uomo. Perché è evoluzionistica Il quadro teorico generale delle scienze sociali e comportamentali precedente alla nascita della psicologia evoluzionistica, definito da Cosmides e Tooby come “modello standard delle scienze sociali” adotta una visione dell’architettura della mente di tipo dominio-generale. Secondo tale modello l’architettura della mente umana scaturita dall’evoluzione è caratterizzata da processi indipendenti dal dominio, di numero limitato e con finalità “generali”; questi meccanismi con finalità generali sono l’apprendimento, l’imitazione, il ragionamento, le capacità culturali. Si assume che questi meccanismi operino senza riguardo al contenuto, all’argomento o al dominio di esperienza su cui operano. Per tale ragione tali procedure sono dette indipendenti dal dominio, prive di contenuto o dominio-generali. Questo modello considera le creature umane come il risultato dell’interazione tra cultura e società e il comportamento come un frutto socioculturale, tale modello si riferisce ad una mente ideale e astratta che non ha alcun legame con la reale architettura cognitiva. Quindi, la mente non conterrebbe nulla, sarebbe priva di circuiti; al contrario, secondo i sostenitori della modularità massiva, la mente sarebbe un insieme di moduli separati ognuno dei quali deputato alla risoluzione di un determinato problema adattivo. L’individuazione delle pressioni selettive e, dunque, dei problemi adattivi potrebbe offrire una possibile spiegazione dei processi cognitivi e consentire il riconoscimento delle basi neurofisiologiche. Il dibattito innescato dalla psicologia evoluzionistica non riguarda solo al tipo di modularità che caratterizza la mente, ma, soprattutto, sulla comprensione dei processi che nel corso della filogenesi hanno consentito il 19

modellamento dell’architettura cognitiva. L’evoluzione per selezione naturale è un processo casuale contingente che ha prodotto la natura umana. La presenza della pluralità delle manifestazioni culturali umani indica come i moduli mentali non impongono schemi rigidi di comportamento ma, interagendo con il contesto selettivo storico e ontogenetico, consentono allo sviluppo individuale di imboccare alcune strade piuttosto che altre. Ciascun modulo mentale è, dunque, un adattamento all’ambiente, generato come risposta agli input presenti nell’ambiente di adattamento evoluzionistico. >

Ciascuna specie ha il suo ambiente adattivo evoluzionistico. L’AAE degli esseri umani coincide con il Pleistocene, epoca geologica che va da un milione e ottocento mila anni fa a circa unici mila anni fa e corrisponde alla fine dell’ultima glaciazione. L’architettura della mente formatasi nel Pleistocene è rimasta così come oggi la conosciamo. Quindi, gli strumenti utilizzati dalla mente moderna di fronte ad un problema sono stati plasmati dall’interazione tra nostri antenati del Pleistocene e l’ambiente circostante. La mente di Homo Sapiens è in grado di scegliere automaticamente senza alcuno sforzo cognitivo le euristiche più opportune alle circostanze. L’input processato da un meccanismo cognitivo si trasforma nell’output giusto attraverso le regole di decisione che indirizzano l’organismo a imboccare una dele possibili vie seguendo la procedura decisionale “Se, allora” Input -> regole decisionali -> output Se -> Allora Gingerenzer, Cosmides e Tooby paragonano l’architettura cognitiva ad un coltellino svizzero. Infatti, come il coltellino svizzero contiene tanti utensili utili per vari compiti, così la mente è ricca di adattamenti psicologici per varie attività. I meccanismi psicologici che hanno portato all’individuazione di soluzioni efficaci nel corso della nostra storia evolutiva possono rivelarsi più utili oggi (es. la nostra preferenza per i cibi grassi era sicuramente adattiva in passato, quando il grasso era una risorsa di calorie ma scarsa). Il motivo per cui esistono oggi alcuni adattamenti psicologici che non sono utili consiste nel fatto che mediamente nel passato essi hanno garantito un buon successo riproduttivo o per la sopravvivenza. La mente è un dispositivo opportunistico, capace di utilizzare di volta in volta le migliori risorse a disposizione per gli scopi diversi che si trova ad affrontare. L’evoluzione funziona allo stesso modo. I metodi di indagine della psicologia evoluzionistica Gli adattamenti cognitivi sono tratti presenti nel nostro cervello a causa di un vantaggio selettivo offerto nel nostro passato ancestrale, in un ambiente (EEA) che era profondamente diverso da quello a cui oggi siamo immersi. Dal momento in cui l’ambiente, all’interno del quale è stato selezionato un tratto, può essere diverso da quello attuale, . Verificare l’ipotesi che il tratto sia un adattamento per il passato è un compito difficile, che consiste in un insieme di ipotesi sul modo in cui sono andate le cose nel passato. Tooby e Cosmides per compiere questa impresa intraprendono una strada nota come “analisi funzionale”, la quale richiede 6 passi: 19

1. Il primo passo usa considerazioni evolutive per formulare un modello dei problemi adattativi del passato che la mente umana ha dovuto affrontare. 2. Il secondo passo produce delle ipotesi su come questi problemi dovrebbero manifestarsi sotto le pressioni selettive presenti nell’ambiente evoluzionistico dei nostri predecessori. 3. Il terzo passo formula una teoria computazionale che specifica un catalogo dei problemi relativi all’elaborazione di specifiche informazioni che devono essere risolti per affrontare i problemi adattativi individuati nel passo numero due. 4. Il quarto passo usa la teoria computazionale come un’euristica per generare ipotesi sulla struttura dei programmi cognitivi che risolvono i problemi adattivi in questione. 5. Il quinto passo esclude le prospettive alternative riguardo i meccanismi cognitivi che non li considerano come il risultato della evoluzione per selezione naturale. 6. Il sesto passo mette alla prova le ipotesi adattative cercando di capire se Homo sapiens moderno possiede proprio quei meccanismi cognitivi postulati nel quarto passaggio. Se questa prova ha successo, gli psicologi evoluzionisti affermano che è probabile che i meccanismi cognitivi siano adattamenti per risolvere i problemi identificati nel passo numero uno. Focalizzare l’attenzione sul comportamento umano e cercare di inferire storie evoluzionistiche si chiama anche “ingegneria inversa”. Dato un “oggetto”, si cerca di scomporlo andando a ritroso per comprenderne i vari passaggi che hanno portato alla sua costruzione. La psicologia evoluzionistica è una scienza che procede per ipotesi, le quali vengono verificate attraverso varie metodologie. Il metodo più usato è quello comparativo che consiste nell’individuare la presenza di un tratto con la funzione adattativa a cui si è interessati in specie che si trovano ad avere a che fare con una particolare pressione selettiva e in specie che non sono sottoposte alla stessa pressione ambientale. Al metodo comparativo si affiancano i metodi della genetica del comportamento e di quella molecolare. Importanti sono anche i metodi di indagine crossculturale, basata sul confronto delle varie culture prese in considerazione. Questo tipo di analisi viene utilizzata sia verificare se gli adattamenti ritenuti universali (es. strategie riproduttive, emozioni, comportamenti prosociali) siano davvero tali, sia per verificare se, invece, non siano il frutto di variabili ecologiche presenti nei vari ambienti. Nell’ultimo decennio è aumentato l’uso delle tecniche di visualizzazione cerebrale come la risonanza magnetica funzionare, per verificare ad es. le ipotesi sulla presenza di basi neurali di meccanismi psicologici come amore, gelosia, linguaggio ecc. Le fonti da cui gli psicologi evoluzionisti attingono i dati per l’elaborazione di ipotesi sono molteplici, dalle opere umane, ai self reports, alle osservazioni personali, ai reperti archeologici e paleontropologici. Attraverso queste fonti gli psicologi evoluzionisti elaborano le loro ipotesi da cui deducono delle previsioni verificabili sperimentalmente.

19

2 Come funzione l’evoluzione L’intelligenza degli orologi e quella degli organismi Nota è l’argomentazione di William Paley, conosciuta come “analogia dell’orologio”. Paley nella sua Natural Theology (1802) cerca di dimostrare che la natura è stata creata da un’intelligenza superiore. . Seguendo il ragionamento di Paley, la complessità sarebbe la prova dell’esistenza di un designer che progettato il mondo così come noi lo conosciamo. Una delle poche certezze che abbiamo riguardo la natura è rappresentata dal fatto che gli animali, piante e cellule sembrano essere progettati proprio per la vita che conducono. (es. il fennec, una volpe che vive nei deserti del Nordafrica, possiede lunghe orecchie che servono a disperdere il calore e la sua pelliccia riesce respingere la luce del sole durante il giorno e a conservare il calore durante la notte). Darwin parlò di “mirabili adattamenti reciproci” : >. Il mistero delle “infinite forme” della vita Qual è il mistero della vita e delle sue infinite forme? Per rispondere a questa domanda si fa riferimento ad una “grande idea” o meccanismo, ovvero l’evoluzione per selezione naturale. Si tratta di un’idea molto semplice e forse anche per questo ancor più sconvolgente. La risposta alla nostra domanda arriva dallo stesso Darwin, dai suoi taccuini compilati al suo ritorno in Inghilterra nel 1836. Darwin amava scrivere delle diverse forme dei fiori e delle piante, raccontava storie di creatura viventi legate in un’unica rete che aveva i contorni della storia. È più o meno dagli anni Ottanta del 900, in particolare negli Stati Uniti, che insegnare la teoria dell’evoluzione è un’impresa niente affatto pacificata. Anzi, ha assu...


Similar Free PDFs