Rappresentanza e rappresentatività sindacale PDF

Title Rappresentanza e rappresentatività sindacale
Course Management
Institution Sapienza - Università di Roma
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Non saprei cos'altro scrivere per cui mi limito a dire che sono gli appunti delle video lezioni...


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RAPPRESENTANZA E RAPPRESENTATIVITA’ SINDACALE Si intende per rappresentanza sindacale la attitudine a svolgere un’attività di tutela dell’interesse collettivo dei lavoratori. La rappresentanza di interessi. La definizione tecnica richiama i concetti civilistici, che è la possibilità del sindacato di esercitare un potere di azione in nome e per conto del lavoratore, sul riconoscimento da parte del singolo lavoratore di questo potere demandato al sindacato (delega all’agire sindacale). La nozione tecnica serve a legittimare il potere del negoziatore sulla trattazione collettiva. Nella dottrina questa nozione fa riferimento ad alcune impostazioni per spiegare l’esercizio del potere dell’autonomia collettiva, ad esempio una molto diffusa nella prima parte della elaborazione teorica post costituzionale è quella che fa capo alla scuola civilistica del diritto sindacale da parte del diritto privato: Francesco Santoro Passarelli, alla sua ricostruzione del mandato sindacale, definisce che il sindacato quando stipula il contratto collettivo spende il potere che deriva dal mandato del lavoratore espresso dal consenso del lavoratore stesso. Ciò pur avendo dei limiti perché spesso a livello giuridico la teoria del mandato non riesce a spiegare degli effetti che la contrattazione collettiva produce nella sfera di coloro che non sono iscritti al sindacato, oppure non spiega le ipotesi nelle quali l’accordo collettivo non determina un miglioramento dalle condizione dei lavoratori o un abbassamento del bene e quindi come si spiega l’esercizio del potere che la legge conferisce all’organizzazione sindacale in quelle condizioni che evadono dal perimetro della regolazione del rapporto giuridico del lavoro e della sua gestione. Negozia situazioni anche generali, che attengono alla vita politica e sociale del paese, o istituti che non hanno riferimento nel rapporto giuridico del lavoro. Questa è la critica civilista sulla delega. Un altro autore, Antonino Cataudella, ha proposto per superare queste critiche la teoria mediatoria secondo cui il sindacato spende spesso in tavoli di trattativa un potere proprio e autonomo da ricostruire in termini di collegamento con l’autonomia individuale (potere dispositivo) che ogni lavoratore ha e che delega al sindacato, spogliandosi di quel potere e sottomettendo la propria sfera giuridica alla gestione dell’organizzazione della sfera collettiva sindacale. Tesi che però non supera totalmente l’impasse della delega. Il professor Persiani suggerisce l’ancoraggio del potere del sindacato all’abolizione del singolo su delega legalmente riconosciuta (art. 39, primo comma, della Costituzione). La nozione di rappresentanza sindacale analizzata è ancora però incapace di descrivere a pieno la rappresentanza. Con la mancanza dell’attuazione dell’articolo 39 della Costituzione, si è andata affermando una nuova nozione, quella della rappresentatività sindacale, cioè una qualità che ha il sindacato

capace di rappresentare in linea di massima l’interesse dei lavoratori, definizione meno raffinata ma efficace perché consente di selezionare i soggetti sindacali. Essendoci molte sigle, come distinguere quelle con più seguito? Il legislatore, dovendo distribuire potere, facoltà e prerogativa e discernere rappresentanti all’interno di una commissione o un collegio tecnico, ha il problema di capire a quale sigla attribuire il potere. In questi casi fa una scelta sul sindacato maggiormente rappresentativo degli interessi del lavoratore (qualità più manifesta): il problema si sposta su una graduatoria dove il legislatore non entra in merito ma delega alla giurisprudenza che elaborerà i criteri. Il contenzioso che emerge per il sostegno del legislatore genera una serie di indici presuntivi che possono far immaginare al giudicante che quel sindacato è da preferire:   



Consistenza numerica (indice fondamentale per la Costituzione) Presenza in un ampio arco di settori (a differenza di un sindacato di mestiere presente solo in uno) Estensione nazionale (criterio che oggi crea problemi in riferimento ad organizzazioni sindacali che si riconoscono in dimensioni territoriali specifiche- sindacati verdi del nord est Italia-) Partecipazione continuativa alla contrattazione collettiva (avere quindi una tradizione forte e capace storicamente)

La dottrina ha però sostenuto che questi criteri definiscono un assetto inerziale (CGIL, CISL, UIL) della maggior rappresentatività che magari col tempo non risponde più all’effettiva valenza in specifici settori merceologici. Rimprovera a questi criteri di essere di fatto selettivi, ma di non consentire l’accesso a nuove sigle sindacali a quei poteri attribuiti alle maggiori sigle. In sostanza si introduce la tematica della crisi della nozione di maggiore rappresentatività, nozione utile per definire i sindacati post-costituzionali all’evolversi del contesto sindacale e per l’affermarsi di competotirs sindacali (autonomo, di base, cobas, sindacati di mestiere molto forti- gilda della scuola, orsa nel trasporto ferroviario ad es.-, sigle che quando scioperano creano abbastanza disservizi e che l’azienda vuole avere anche il loro appoggio per governare con efficienza). Molti operatori iniziano a lamentare un deficit di sostenibilità da parte del legislatore, polemica della metà degli anni 80 (deficit di effettività), che ha condotto all’elaborazione del concetto di rappresentatività effettiva in contrapposizione a quella formale o presunta di quelle sigle che godono, secondo loro, del beneficio di posizione. In realtà i critici della nozione di maggior rappresentatività sindacale è stata oggetto di analisi da parte della corte costituzionale (sent. 54 del 1974 -non costituisce privilegio a discapito di altre rappresentanze sindacali- e nel 1998 con sent. 334, legittimando il criterio che va a premiare le maggiori sigle non essendo in violazione della costituzione ricercando questi criteri oggettivi nelle sigle sindacali –sindacato

più razionale e responsabile su trattative scomode grazie alla legislazione di sostegno evitando l’appiattimento su posizioni micro corporative o agitatorie-). Queste due sentenze hanno impostazioni di favore per la gestione del sistema sindacale (esaltata nell’art.19 della legge 300/1970 -statuto dei lavoratori-) da parte della corte costituzionale e su questa nozione si è costruita la teoria del professor Ferraro secondo cui questi continui riconoscimenti al sindacato maggiormente rappresentativo conferiscono quel potere di autonomia collettiva e quell’investitura continua di funzioni, attività e poteri; lettura criticata poi messa in discussione dal referendum dell’11 giugno del 1995, cui poi è seguita la misurazione effettiva della capacità del sindacato. L’articolo 19 della legge n.300/1970, tralasciando il discorso della rappresentatività sindacale, sancisce il criterio selettivo della Costituzione delle rappresentanze sindacali costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva nell’ambito –a, delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale (sulla base dei 4 indici menzionati prima)- delle associazioni sindacali – b, non affiliate alle predette confederazioni- che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro –nazionali o provinciali- applicati nell’unità produttiva. Questa disposizione selettiva è stata oggetto di critiche perché si è affermato che limitasse la possibilità di avere questo strumento di rappresentatività all’interno di un’azienda se non a seguito di un collegamento endo-associativo alle maggiori sigle o alla stipula di un contratto provinciale. Questa critica è stata il motivo per il quale fu chiesto il referendum a seguito del quale è stata abrogata la lettera a nonché l’art. 19, primo comma, lettera b e alle parole “nazionali e provinciali”. Bastava quindi un unico criterio, cioè quello di sottoscrivere tramite firma di un contratto collettivo, nazionale, provinciale o anche aziendale (norma di risulta della corte costituzionale n.244 del 1996, la cosiddetta firma tecnica). Secondo alcuni, la possibilità di costituire una rappresentanza era legata al fatto che ci voleva duplicità di firme, quella delle RSA e quella del datore di lavoro, era fortemente limitante (il dubbio era quello che il datore di lavoro si potesse scegliere il sindacato con cui firmare); di fronte a questo dubbio legittimo la corte si è pronunciata nuovamente, definendolo rischio calcolato in quanto la disposizione serve a fare un salto in avanti da meccanismo di definizione presuntiva ad effettiva del sindacato che vuole organizzare il consenso dell’azienda. In realtà ciò che conta è che il sindacato si debba conquistare il posto di rappresentanza tramite l’azione sindacale come atto di forza contro il datore di lavoro per piegarlo alla volontà di accettazione della rappresentanza sindacale, quindi secondo la 244/1996 non è sufficiente la firma tecnica ma la partecipazione attiva alla sottoscrizione di un contratto applicabile all’unità produttiva e soprattutto normativo. La disciplina delle RSA ha un rilievo essenziale delle relazioni sindacali con le unità produttive ma seppur svecchiata dal referendum é figlia di un’impostazione degli anni 70 che privilegiava un riconoscimento del sindacato

in base a criteri presuntivi e non di misurazione precisa e rigorosa del consenso (art. 39 della Costituzione). Di fronte a queste critiche il sistema intersindacale ha iniziato ad organizzarsi intorno a regole condivise, facendosi carico e ridefinendo con un accordo interconfederale del 20/12/1993 con confindustria, CGIL, CISL e UIL il sistema elettivo definibile come spurio, prevedendo le rappresentanze sindacali unitarie con un nuovo sistema elettivo mediante elezione a suffragio universale e a scrutinio segreto, aperto anche a coloro che non sono aderenti ad alcun sindacato. Una volta eletto il rappresentante risponde a tutta l’unità produttiva che l’ha eletto. L’articolo 2 (Alla costituzione della r.s.u.) definisce questo meccanismo, mentre l’articolo 4 definisce il rapporto con le R.S.A., affermando che gli eletti delle R.S.U. subentrano prendendo il posto dei dirigenti delle R.S.A. nella titolarità dei diritti, permessi e libertà stabiliti dal titolo III dello Statuto. Possono votare tutti i lavoratori, tranne quelli in prova, mentre le liste vengono e possono essere presentate dalle associazioni firmatarie e altre organizzazioni sindacali che accettano gli accordi interconfederali elettorali presentando le firme di almeno il 5% degli elettori. La legislazione di sostegno sindacale ha definito i contorni del sindacato maggiormente rappresentativo al quale conferire il potere. Il problema però si ripropone anche quando occorre scegliere un contratto poiché presenti più contratti firmati da più sindacati. Diviene quindi complicato per il legislatore individuare quale contratto parametro applicare, soprattutto quando le sigle sindacali non sono d’accordo tra loro, poiché magari più contratti sono applicabili a medesimi istituti di settori merceologici d’interesse (ad esempio i cosiddetti contratti pirata, accordi definiti per diminuire i diritti e le tutele dei lavoratori –aliquote, retribuzione, multiperiodo per il calcolo dell’orario di lavoro- seppur formalmente legittimi). Il legislatore tenta di risolvere la problematica comparando i contratti e dichiarando che possono essere validi più contratti ma il riferimento può essere fatto sulla stipula da parte di sindacati comparativamente più rappresentativi (cioè comparando non solo i contratti ma le sigle sindacali che li hanno sottoscritti). Il gioco è facile se si hanno sigle sindacali forti da una parte e sindacati sconosciuti dall’altra, si complica quando da entrambe ci sono sigle sindacali forti e contratti validi. Dal 1995 in poi si hanno rinvii su contratti collettivi sottoscritti dai sindacati più comparativamente significativi; secondo alcuni autori il legislatore voleva superare il problema dell’unità sindacale distinguendo (dal 2001 in poi) non più “dai –da tutti i- sindacati maggiormente e comparativamente rappresentativi” ma “da alcuni sindacati maggiormente e comparativamente…” quale parametro sufficientemente affidabile per definire il trattamento-parametro da prendere in considerazione dalla legislazione di volta in volta in esame....


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