Riassunti Procedura Civile Mandrioli PDF

Title Riassunti Procedura Civile Mandrioli
Author Giovanni Bianchi Sidoni
Course Giurisprudenza
Institution Università degli Studi di Teramo
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Riassunti di procedura civile (Mandrioli) per fuoricorso a Teramo ...


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DIRITTO PROCESSUALE CIVILE LIBRO PRIMO- NOZIONI INTRODUTTIVE CAPITOLO I- L'ATTIVITA' GIURISDIZIONALE L'art. 24 Cost. afferma che: “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. La Costituzione prefigura quindi un “giudizio”, un'attività, che procede verso la tutela di diritti e interessi sul presupposto della obiettiva meritevolezza di tale tutela. Il diritto processuale civile è quella branca della scienza giuridica che studia la disciplina del processo civile, contenuta in quel gruppo di norme che sono contenute nel codice di procedura civile. Tali norme verranno studiate sotto un duplice profilo: funzionale (a cosa servono?) e strutturale (come operano? quali effetti producono?). Sulla coordinazione di questi due elementi si poggia infatti l'aspetto sistematico del diritto processuale civile. m

Nozione di giurisdizione dal punto di vista funzionale Partiamo dalla nozione di attività giurisdizionale dal punto di vista funzionale, dunque per prima cosa cerchiamo di capire a cosa serve. Una prima risposta la possiamo attingere ex art. 24 Cost. quando configura l'agire in giudizio per la tutela di diritti e interessi, sul presupposto della meritevolezza di quest'ultima. In perfetta correlazione con questa norma Costituzionale sta l'art. 2907 cc, rubricato sotto il titolo “attività giurisdizionale”, il quale afferma che “alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l'autorità giudiziaria”. La funzione globale dunque dell'attività giurisdizionale è la tutela dei diritti in genere (NB. L'attributo “civile” solo serve solo ad escludere dall'attività in argomento alcuni settori come quello penale ed amministrativo). Ma cosa vuol dire tutela dei diritti? Nel linguaggio comune è la “reazione” ad un pericolo o un attacco. Di conseguenza la tutela giurisdizionale dei diritti consisterà in una reazione ad una loro violazione, tutela volta ad impedire quest'ultima o ad eliminarne gli effetti. Vengono così alla luce le due caratteristiche fondamentali dell'attività giurisdizionale: la sua strumentalità e la sua sostitutività. 1. L'attività giursid. è strumentale rispetto ai diritti che vuole tutelare, poiché consiste nello strumento della loro attuazione se questa non si verifica spontaneamente. Il diritto strumentale, o formale, si contrappone dunque a quello sostanziale. Quest'ultimo disciplina infatti direttamente, cioè in via primaria, quei comportamenti umani idonei a soddisfare interessi che il legislatore ha ritenuto meritevoli di protezione. In poche parole, dettando le norme sostanziali, il legislatore ha valutato alcuni comportamenti con i criteri di doverosità, liceità o illiceità, ed ha configurato i diritti soggettivi, che già implicano una tutela semplicemente giuridica. Se però questa tutela primaria si rivela insufficiente, l'ordinamento ricorre alle norme strumentali, o processuali, che apprestano i mezzi per l'attuazione della

tutela giurisdizionale e, appunto, secondaria. 2. L'attività giurisd. è sostitutiva rispetto alla tutela primaria nel senso che, attraverso la prima, gli organi giurisdizionali si sostituiscono a coloro che avrebbero dovuto tenere il comportamento previsto dalla norma sostanziale. Tale “sostituzione” è imposta dal divieto dell'autodifesa: poiché l'ordinamento vieta al singolo di farsi giustizia da solo, gli offre una protezione, appunto, sostitutiva. In conclusione possiamo definire, sotto il profilo funzionale, l'attività giur. come attuazione, in via secondaria e sostitutiva, dei diritti sostanziali.

Giurisdizione costitutiva necessaria e accertamento mero Esistono casi in cui la legge configura l'attività giurisdizionale indipendentemente dal fatto che si sia o meno verificata una violazione di norme. 1. Questo avviene in primo luogo quando l'ordinamento ritiene di dover sottrarre all'autonomia dei singoli la piena disponibilità di certe situazioni giuridiche, la cui modifica può avvenire solo attraverso l'organo giurisd. In poche parole la generale autonomia negoziale viene limitata laddove investa interessi non esclusivi del singolo, poiché in qualche modo riguardanti l'intera collettività (es. non si può disporre del rapporto di filiazione, rinunciare alla capacità di agire ecc. Si può però ottenere il disconoscimento di paternità, l'inabilitazione ecc.). E' necessario che l'organo giur. verifichi in primo luogo l'esistenza di tali particolari circostanze, le quali sono condizione necessaria per la determinazione di certi effetti, che appunto sono attuabili solamente dal giudice. Proprio per questo, tale attività prende il nome di “giurisdizione costitutiva necessaria”. [Art. 2908 cc: “Nei casi previsti dalla legge (2932) l'autorità giudiziaria può costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa]. Accanto a questa, l'art. 2908 cc pone un'altra attività giurisdizionale sempre costitutiva (determina comunque l'estinzione o la modificaz. di una situazione giur. soggettiva) ma non necessaria, poiché gli effetti costitutivi avrebbero potuto essere attuati anche senza l'intervento del giudice, per cui egli interverrà solamente in caso di mancata attuazione spontanea o in caso di violazione di un preesistente diritto alla modificazione giuridica (es. si pensi ad un contratto preliminare rimasto ineseguito ed attuabile con sentenza costitutiva ex. art. 2932). Data la non necessarietà dell'attività, tale fenomeno può essere ricondotto alla regola generale secondo cui l'intervento del giudice ha funzione sostitutiva e secondaria, in quanto presuppone una violazione. 1. Altro tipo di attività che prescinde dall'esistenza di una violazione è l'accertamento mero. Tale fenomeno si ha in caso di contestazione di un altrui diritto che il titolare considera esistente o di vanto di un proprio diritto nei confronti di un soggetto che lo considera inesistente (es. Tizio

contesta il diritto di proprietà di Caio, definendosi proprietario esso stesso). In tal caso non vi è ancora una violazione, ma potrebbe esservi in futuro in caso non venga risolta la situazione di incertezza circa l'esistenza o meno del diritto. Ed è proprio questo l'obiettivo dell'accertamento, in tal caso definito mero, poiché tale funzione, che è caratteristica fondamentale dell'intera attività giurisdizionale , solo qui si presenta allo stato puro (senza la sovrapposizione con altre funzioni). La definizione definitiva, dal punto di vista funzionale, di attività giurisd., è quella di attuazione del diritto sostanziale, che avviene perlopiù in via secondaria e sostitutiva (sanzionatoria), ma talvolta anche in via primaria.

Nozione di giurisdizione dal punto di vista strutturale Abbiamo visto a cosa serve l'attività giurisd., ora vediamo che cosa essa è. Il codice di procedura disciplina diversi tipi di attività giurisd., a ciascuna delle quali corrisponde una funzione particolare, che s'inserisce in quella più ampia che abbiamo già visto. Vediamole una per volta. Attività di cognizione: è il tipo di attività più importante e la sua disciplina è quasi interamente contenuta nel libro secondo del codice (intitolato ) e ovviamente nel libro primo (disposizioni generali). Partiamo ricordando che l'attività in generale consiste nell'attuazione dei diritti, cioè di regole concrete di diritto sostanziale (la regola in astratto, cioè quella enunciata dal legislatore, diviene concreta quando si verifica uno di quei comportamenti valutati in astratto dalla norma stessa). Per attuare una regola concreta bisogna prima di tutto interpretare la volontà legislativa contenuta nella norma e poi riscontrare che, essendosi verificati i fatti ipotizzati da quest'ultima, da essa è scaturita una norma concreta che, per essere attuata, deve prima essere enunciata. Enunciando la regola concreta di fatto si afferma o si nega l'esistenza di un diritto e tale enunciazione deve godere di un certo grado di certezza. La funzione dell'attività di cognizione è allora quella di determinare la certezza sull'esistenza o meno di un diritto (accertare, appunto). Parliamo, ovviamente, di una certezza comunque relativa, ma fatta propria dall'ordinamento e tale da permettere l'imposizione della regola. Attraverso l'attività di accertamento la certezza di uno o più soggetti diventa certezza obiettiva. Il soggetto il cui convincimento può divenire certezza obiettiva è ovviamente il giudice, il quale dovrà, per l'appunto, rendere un giudizio sull'esistenza di un diritto, attraverso l'interpretazione della norma astratta e il riscontro circa l'accadimento dei fatti che vanno a costituire il diritto stesso. Ma in che modo il convincimento del giudice può divenire certezza fatta propria dall'ordinamento? Ovviamente quest'ultimo potrà dirsi certo solo quando si sia esaurita qualunque possibilità di contestazione, cioè quando la pronuncia del giudice sia divenuta 1.

incontrastabile. Nel nostro ordinamento, così come in moltissimi altri, si è imposta l'idea di non accontentarsi di un solo giudizio e si è contemplata la possibilità di un suo riesame attraverso un altro giudizio, ad opera di un altro giudice, attribuendo poi l'incontrovertibilità a questa seconda pronuncia. Ed infatti i gradi di giurisdizione sono due (primo grado e appello), oltre ad un ulteriore riesame di solo diritto (Cassazione). Tale incontrovertibilità viene designata come “cosa giudicata” e consiste nella situazione per cui nessun giudice può più pronunciarsi su un diritto sul quale è già intervenuta una pronuncia che abbia esaurito la serie di possibili riesami (la cosa giudicata può aversi sia nel caso in cui i diversi gradi di giudizio si siano svolti, sia nel caso in cui si sia rinunciato ad essi). L'attività di cognizione è dunque strutturata in modo da concludersi con una pronuncia assoggettata ad una serie limitata di riesami del giudizio, il cui esaurimento dà luogo all'incontrovertibilità propria della cosa giudicata. Questa caratteristica strutturale è contenuta nell'art. 324 cpc: “ S'intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per Cassazione né a revocazione ex art 395”. Tale norma è rubricata “cosa giudicata formale” (cioè è una norma di diritto processuale, poiché stabilisce che nessun giudice può ulteriormente giudicare) e si contrappone alla “cosa giudicata sostanziale”, contenuta nel codice dei diritti sostanziali, cioè quello civile, all'art. 2909, il quale afferma che l'accertamento passato in giudicato “fa stato a ogni effetto” tra le parti: in questo modo il diritto sostanziale viene reso conforme al risultato dell'accertamento incontrovertibile. In poche parole il diritto processuale, attraverso l'accertamento, formula la regola concreta, che appartiene al diritto sostanziale (caratteristica funzionale). In correlazione con la caratteristica strutturale e quella funzionale sta il principio della imparzialità del giudice, contenuto nell'art 111 Cost. (“ogni processo si svolge […] davanti al giudice terzo ed imparziale”). È richiesta cioè un'assoluta equidistanza dagli interessi coinvolti. Il giudice non deve far altro che formulare concretamente la volontà della legge, alla quale soltanto è soggetto. 1. Attività di esecuzione forzata: è il secondo tipo di attività in ordine di importanza e la sua disciplina è contenuta nel libro terzo del codice, nelle disposizioni generali e in alcune leggi speciali (es. legge fallimentare). Sempre nell'ambito della generale funzione di attuazione dei diritti, mentre la cognizione vuole conseguire la formulazione concreta della regola di diritto, l'esecuzione forzata vuol conseguire l'attuazione pratica di quest'ultima in via coattiva o forzata, cioè attraverso l'impiego della forza, effettiva o potenziale. Poiché qui l'obiettivo principale è quello di eseguire, la figura di maggior rilievo non è il giudice ma l'ufficiale giudiziario (organo esecutivo). Le attività di esecuzione possono essere di vari tipi ma sono accomunate dal possibile impiego della forza in caso di resistenza da parte del soggetto che subisce l'esecuzione. Anche l'organo esecutivo dev'essere imparziale, cioè non può essere mosso da alcun interesse,

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neppure pubblico. Attività cautelare: è disciplinata da disposizioni sparse nel codice e dal libro quarto, dedicato ai . Tale attività non ha una funzione autonoma, ma strumentale rispetto a quella di cognizione o di esecuzione o ad entrambe, per cui le sue caratteristiche strutturali saranno, a seconda dei casi, uguali alla prima o alla seconda. Possiamo comunque dire che la funzione dell'attività cautelare è quella di ovviare ai pericoli che, durante il tempo necessario per ottenere la tutela giurisdizionale, possono comprometterne il risultato o l'effettività (es. pensiamo al pericolo che Caio, mentre Tizio rivendica nei suoi confronti la proprietà della cosa, la alieni ad un terzo). L'attività cautelare consiste dunque nel predisporre una serie di misure (sequestri, provvedimenti d'urgenza ecc) che possono impedire o rendere inefficaci le alienazioni e tutti quegli inconvenienti che minacciano l'effettività della tutela giurisdizionale. Giurisdizione volontaria: disciplinata in alcune norme del quarto libro, dedicato ai procedimenti speciali, ed in altre sparse nel codice. Tale attività ha una funzione che si avvicina molto a quella dell'attività amministrativa: non attua diritti, ma integra o realizza la fattispecie costitutiva di uno stato personale /familiare (es. la separazione consensuale dev'essere omologata dal tribunale), di un potere (es. autorizzazione del giudice all'alienazione di beni appartenenti al minore) o della vicenda costitutiva, modificativa o estintiva della persona giuridica. A differenza dell'attività amministrativa, però, la giurisdizione volontaria non tutela interessi immediati dello Stato, ma interessi dei privati che investono lo Stato in maniera mediata. A questa funzione corrispondono due caratteristiche strutturali, una delle quali rende simile la giurisdizione volontaria all'attività giurisdizionale, mentre l'altra la distingue nettamente da essa. La prima consiste nel fatto che nell'attività in esame gli organi giurisd. sono nella posizione d'imparzialità propria di quella giurisdizionale, mentre la seconda è che le forme procedimentali della giurisdizione volontaria si concludono con provvedimenti revocabili e modificabili. Si tratta quindi di un'attività strutturalmente e funzionalmente amministrativa svolta da organi giurisdizionali che va comunque ad incidere su situazioni sostanziali più sfumate rispetto ai diritti.

Vediamo ora quali sono i rapporti tra le diverse tipologie di attività giurisdizionali appena viste. Quanto alla cognizione e all'esecuzione, sappiamo che l'una accerta il diritto e l'altra attua la regola concreta, l'una risponde all'esigenza di certezza l'altra di attuazione pratica. Queste due attività si pongono, generalmente sulla stessa linea; in particolare ciò accade quando la cognizione si volge in funzione (è ed è preparatoria) della successiva esecuzione: in tal caso il procedimento che conclude la prima si chiama condanna. Può anche accadere, però, che la tutela giurisdizionale si realizzi o solamente

attraverso la cognizione o solamente attraverso l'esecuzione. Il primo caso è quello che racchiude le ipotesi in cui l'esigenza di tutela non tocca il mondo materiale, cioè quelle di: cognizione costitutiva necessaria (che realizza la tutela con la modificazione giuridica, attuabile solo dal giudice), cognizione di accertamento mero (la tutela si realizza con mera determinazione della certezza, a seguito di una contestazione) cognizione costitutiva non necessaria (in cui la mancata attuazione della modificazione giuridica può essere operata dal giudice in via coattiva, ma senza operare nel mondo materiale. Es. esecuzione coattiva non forzata). Il secondo caso si verifica nei casi in cui l'ordinamento consente l'esecuzione forzata prescindendo dalla certezza obiettiva che determinare l'incontrovertibilità e ritenendo sufficiente un grado di certezza minore. In questi casi l'esecuzione di fonda su “titolo esecutivi stragiudiziali” che attestano l'esistenza di un diritto con sufficiente certezza (assegni, cambiali, atti notarili ecc.). Ovviamente non è esclusa la possibilità di un giudizio di cognizione sull'inesistenza del diritto, che può svolgersi su iniziativa di chi subisce l'esecuzione al fine di “paralizzare” quest'ultima: in tal caso il giudizio prende il nome di “opposizione all'esecuzione”. Altra ipotesi di possibile contemporaneo svolgimento della cognizione e dell'esecuzione si ha quando il giudizio di cognizione ha già condotto ad una condanna sulla quale non è ancora sceso il giudicato, perchè è in corso o perchè può essere proposto. Mentre prima del 1990 era, in linea di massima, esclusa l'esecutività per le sentenze di primo grado, salve alcune ipotesi, ora l'art. 282 cpc enuncia che “la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti” (tale norma si applica a tutte le sentenze suscettibili di esecuzione forzata e mira soprattutto ad evitare il moltiplicarsi delle impugnazioni). Di contro l'art. 283 prevede la possibilità per il giudice di appello, su istanza di parte, qualora sussistano gravi motivi anche circa il rischio d'insolvenza di una delle parti, di sospendere l'efficacia esecutiva o l'esecuzione della sentenza. È chiaro che chi intraprende l'esecuzione, senza che sussista il giudicato, lo fa a suo rischio e pericolo, nel senso che un'eventuale pronuncia definitiva in senso contrario fonda l'obbligo di rimessioni in pristino e/o di risarcimento dei danni e di rifondare le spese.

CAPITOLO II- IL PROCESSO E I SUOI REQUISITI Concentriamoci ora su quali sono i “congegni giuridici” attraverso cui si realizza il procedere giuridico (cioè il processo), congegni collegati al modo di operare delle norme giuridiche. Sappiamo che queste ultime consistono in una valutazione di comportamenti astratti e pongono coloro che vi si trovano in una certa situazione giuridica, cioè la situazione di dover tenere quel comportamento o di poterlo tenere. In quest'ultimo caso ciò può accadere nel doppio senso che, da un lato, per quel soggetto è lecito quel comportamento (situazione di liceità) e, dall'altro, nel

senso che se il soggetto tiene quel comportamento, ciò produce determinati effetti giuridici. Con riferimento a quest'ultima ipotesi, gli effetti giuridici prodotti dal comportamento, nel quale si estrinseca il potere, produrranno nuove situazioni giuridiche di liceità, di dovere e soprattutto di potere (possibilità di produrre nuove situazioni giuridiche). Dunque se chiamiamo atti giuridici (processuali) le attuazioni dei comportamenti previsti come fattispecie dei poteri, il procedere giuridico (cioè il processo) si realizzerà attraverso una successione alternata di poteri e di atti [I poteri introducono gli atti, che danno luogo a situazioni di liceità, dovere e potere; quelle di potere consentono a loro volta altri atti, e così via fino all'atto conclusivo, cioè l'atto di accertamento definitivo nel processo di cognizione e l'atto che realizza il diritto del creditore in quello di esecuzione]. Vediamo quali sono queste situazioni giuridiche, prodotte dagli atti. 1) Facoltà: sono rare nel processo e si esauriscono in se stesse senza dar luogo a modificazioni giuridiche (es. facoltà del ritiro del fascicolo di parte). 2) Doveri: anch'essi non contribuiscono alla dinamica del processo. Ciononostante, molti atti doverosi contribuiscono alla dinamica processuale poiché valutati anche come poteri ed è, questa, un situazione tipica degli organi del processo ( ufficiale giudiziario che notificando l'atto di citazione, esercita un potere, poiché l'atto compiuto dà luogo ad altre situazioni giuridiche, ma al contempo assolve ad un dovere). Quanto alle parti, gli autentici doveri consistono in alcune limitatissime figure. In tutti gli altri casi in cui la legge dice che la parte “deve” fare qualcosa, la situazione di dovere è solo apparente. Si tratta di veri e propri poteri, rispetto ai quali la legge vuole sottolineare che il relativo comportamento è necessario per conseguire il risultato voluto (es. se vuoi far valere un diritto in giudizio, devi proporre la doman...


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