Riassunto - Alla ricerca del famigliare. Il modello relazionale-simbolico PDF

Title Riassunto - Alla ricerca del famigliare. Il modello relazionale-simbolico
Author Anonymous User
Course Psicologia della Famiglia
Institution Istituto Universitario Salesiano Venezia
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riassunto del libro
prof. Giacopini ...


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CAPTITOLO 1 Fare famiglia: nella galleria del tempo 1.1 Introduzione La famiglia è un soggetto sociale vivente di alta complessità che interagisce attivamente con il contesto sociale e la cultura nei quali è immerso. Di qui la necessità di un inquadramento storico, mitologico e antropologico utile a fornire idee feconde per chi si interessa di psicologia dei legami famigliari.

1.3 ideali di famiglia e vita di famiglia La nostra idea di famiglia come entità distinta e costituita fondamentalmente dalla coppia e dai suoi figli è frutto di un progressivo distacco dell’aggregato domestico dalla comunità sociale che avviene a partire dal XI secolo circa. Secondo Herlihy già dall’alto medioevo sia le famiglie ricche che quelle povere seguivano le medesime regole sessuali e di condotta domestica anche se le prime sono più ampie e più complesse. Dobbiamo tenere conto della differenza tra i modelli ideali di famiglia e vita di famiglia, allo stesso tempo dobbiamo tenere conto della differenza tra le organizzazioni famigliari.

1.4 dalle trasformazioni al modello Il nostro modello di ricerca e di intervento di cura in merito ai legami familiari, che verrà esposto successivamente, legge le trasformazioni delle relazioni famigliari privilegiando una visione trinitaria. Si tratta dei rapporti tra i generi, generazioni e stirpi, tra doni e doveri paterni, materni e fraterni e nei rapporti simbolici tra fiducia speranza e giustizia. Sposarsi significa oggi spesso, convivere con un’altra persona vista come colui o colei che soddisfa i propri bisogni sentimentali e affettivi, piuttosto che costruire un noi impegnato in una realizzazione futura. In sintesi da un lato c’è un alto investimento affettivo nel rapporto di coppia con l’attesa di una condivisione che potenzialmente coinvolge tutti gli aspetti della vita, dall’altra si affievolisce l’aspetto sociale e istituzionale del vincolo. Le alte aspettative dei coniugi, il contemporaneo calo del controllo sociale, la ricerca della felicità individuale fanno si che oggi assai più facilmente che in passato, la coppia non riesca a dare continuità al legame. Il divorzio perciò è causa di nuove forme di povertà, sia di donne sia di uomini, ma è anche un effetto dell’impoverimento di risorse materiali e relazionali. Nonostante l’aumento delle separazioni e dei divorzi in tutti i paesi occidentali, il matrimonio rimane, soprattutto per i giovani, secondo quanto evidenziano numerose ricerche, una meta ideale altamente desiderabile e la vita adulta delle persone è comunque rappresentata entro una relazione di coppia/famiglia. In un periodo di svalutazione del legame coniugale l’unico legame in cui valga la pena investire in un certo modo continuativo è il legame o vincolo di filiazione. Si tratta di un rovesciamento culturale e mentale, non è tanto la coppia coniugale genitoriale a essere stabile di fronte alle inevitabili crisi, la stabilità è infatti trasferita nella relazione che il singolo genitore instaura con il figlio. Infatti molto spesso nasce il bimbo prima dell’instaurazione del legame coniugale, in questo caso è il figlio il costituente del legame coniugale. Allo stesso tempo la diminuzione delle nascite e il suo carattere di avvenimento scelto e fortemente voluto fanno si che il bambino sia un alto concentrato emozionale.

CAPITOLO 2 Il modello relazionale-simbolico e il suo idioma: radici, pilastri, principi, metodo

MODELLO

PRINCIPI CHE LO FONDANO: -

Generatività Relazione Transizione

PRINCIPI CHE LO GUIDANO: -

Organizzativo Dinamico Simbolico

Riguardo alla cultura dell’occidente è di tutta evidenza una serie di trasformazione cruciali, specie in relazione allo scambio di coppia e tra genitori e figli. D’altra parte le trasformazioni possono essere lette come un cambio di natura delle relazioni, oppure come agenti entro una matrice invariante. Noi ci collochiamo entro questo secondo filone individuando una comune e originaria natura dei legami familiari basata sulla presenza di triangoli del carattere organizzativo, dinamico e simbolico.

2.2 il modello: dall’unitas multiplex all’idioma Considerare il sistema come unitas multiplex ci permette di cogliere sia la presenza di una doppia natura, sia la presenza della biforcazione. Ne deriva che applicandolo alle relazioni familiari dovremo tenerne conto. Stiamo cercando l’anima del famigliare o, se si vuole, il suo idioma, cioè la sua lingua originaria e specifica: si tratta, ovviamente, di un orizzonte di ricerca diverso da quello di coloro che partono da una prospettiva di relativismo culturale.

2.3 i pilastri del modello: relazione, transizione e generatività I pilastri su cui si appoggia il modello ispirato alla famiglia come unitas multiplex sono quelli di relazione transizione e generatività. Il primo pilastro è quello di relazione che intendiamo come legame reciproco sia come riferimento di senso. La psicologia della famiglia ha fatto dell’osservazione dell’interazione il suo principale strumento di conoscenza fin dagli anni sessanta del novecento, quanto maggiori erano gli sforzi di sviluppare misure precise e operazionalizzabili dell’interazione, tanto più si faceva lontano l’obiettivo di identificare categorie psicologiche utili a capire la famiglia come totalità organizzata. In sintesi l’analisi dell’interazione ci permette di accedere alla conoscenza circa lo scambio famigliare a proposito dei confini, alleanze, coalizioni, esclusioni, stili di comunicazione, affetti prevalenti e processo di negoziazione. L’analisi della relazione ci permette di accedere alla conoscenza dei legami famigliari (risorse e deficit) e dei valori (il senso) che li attraversavano; si tratta della matrice antropologico-storica della vicenda famigliare che incide sullo scambio interattivo. La transizione è il luogo elettivo nel quale è possibile cogliere e far emergere la dinamica della relazione, le transizioni sono i passaggi critici. Vi sono transizioni che si impongono con la forza dell’accadimento (nascita, adozione, morte, matrimonio) e transizioni sfuocate. Nelle transizioni viene alla luce qual è il tipo di legame che connette i membri della famiglia tra loro e guida i tentativi che essi mettono in atto per affrontare le sfide che la vita comporta. La transizione non è dunque da concepirsi come un semplice passaggio da una condizione all’altra, come viene sottolineato dai modelli puramente descrittivi della vita famigliare, essa riguarda qualcosa che va lasciato e implica il raggiungimento di un obiettivo-scopo che si declina in precisi compiti. In sintesi la transizione non va pensata in termini meramente fattuali in

relazione ad un accadimento. Diremo piuttosto che l’accadimento mobilita e agita le menti dei membri famigliari così come le relazioni tra loro, esso prefigura nuovi scenari e rimanda a scenari antichi. Così non abbiamo mai a che fare con un singolo accadimento, ma con una trama in cui l’evento accade. Genere, generazione, generatività familiare significa dare spazio a ciò che accade nello scambio tra generi, generazioni e stirpi. Innanzi tutto va detto che generare mette a rischio la relazione, non a caso le ricerche psicosociale sul passaggio dalla coppia alla famiglia evidenziano cali di soddisfazione e apertura a rischi non prevedibili. Se infatti i pilastri che sono ciò che lo fonda, a partire dalla radice dell’unitas multiplex, i principi sono ciò che lo guida. Potremmo anche dire che i principi sono la parte alta della casa, il suo tetto. Erik Erikson ha evidenziato la relazione che c’è tra generatività e mortalità, è infatti l’accettazione della propria condizione mortale a renderci generativi. Nell’atto generativo sono infatti compresenti aspetti self expansion (creare qualcosa uguale a noi) e di cura come dono per la nuova generazione, finalizzato a renderla autonoma e responsabile, che implica anche il sacrificio di sé a favore dell’altro.

2.4 i principi del modello (organizzativo, dinamico, simbolico) i tre principi rispondono alle seguenti domande: esiste un principio organizzativo della relazione famigliare? Qual è la sua matrice di senso? Qual è la dinamica cruciale che dà vita o morte alla relazione?

2.4.1 il principio organizzativo: la struttura della relazione famigliare Secondo la definizione di Strauss famiglia è “l’unione più o meno durevole, socialmente approvata, di un uomo e di una donna e dei loro figli”. Secondo tale prospettiva la famiglia è una forma sociale primaria. Come possiamo formulare il principio della famiglia che ne identifichi la sua specifica struttura identitaria e che ci consenta di distinguerla da altri gruppi sociali? Possiamo considerare la famiglia come un’organizzazione di relazione primarie fondata su tre differenze, quella tra gender, tra generazioni e tra stirpi, e che ha come obiettivo e progetto intrinseco la generatività. Generare menti, generare legami: ecco la funzione del famigliare, ma ciò non può che avvenire all’interno del conflitto e dei drammi che sempre accompagnano le relazioni famigliari e la salvaguardia delle loro differenze e da cui fuoriescono anche varie forme di violenza. Il termine organizzazione è preferibile a gruppo con storia o a quello assai generico di sistema poiché la capacità organizzativa è propria dei sistemi socioculturali; la famiglia organizza le relazioni. Due sono i cardini della relazione famigliare: quello coniugale e quello intergenerazionale. La relazione coniugale si basa sulla differenza di gender, questo termine si riferisce all’identità socioculturale del sesso maschile e femminile. La delineazione di genere implica infatti il riconoscimento del limite personale e il bisogno dell’altro. La relazione coniugale si struttura e si esplicita nel matrimonio, questo nella nostra cultura vive ai confini tra contratto e patto, in entrambi i casi ciò che è ricercato è un vincolo benefico anche se di frequente esso assume un senso ben differente. La relazione intergenerazionale implica la differenza di generazione e la conseguente responsabilità di quella che precede nei confronti di quella che segue. La differenza tra stirpi è comunque presente anche nelle famiglie culturalmente omogenee perché ognuno dei membri della coppia attinge e porta nella relazione ciò che gli proviene dal suo albero genealogico. Possiamo quindi rispondere all’interrogativo iniziali: per quanto vi siano forme differenti di famiglia culturalmente segnate vi è un principio organizzativo comune: si tratta della presenza di una triplice differenza, quella tra generi, tra generazioni e tra stirpi. Ciò che chiamiamo il famigliare è proprio costituito dalle modalità con cui tali differenze vengono affrontate, curate e significate. Inoltre è comune lo scopo della relazione famigliare: generatività. Essa lega indissolubilmente i due generi che non potranno più uscire dalla relazione genitoriale e attraverso di loro lega le famiglie di origine producendo una differenza di generazione e un legame tra le stirpi che si perde nel tempo. Esso parte dalla differenza, introducendo così, la possibilità di conflitto e della sua gestione e perviene al suo scopo che è quello della generatività.

2.4.2 il principio simbolico: la matrice di senso della relazione famigliare La matrice simbolico è formata da qualità basilari sia sul versante affettivo, sia su quello etico. La famiglia infatti è il luogo per eccellenza degli affetti. Crediamo che le qualità etico-affettive costituiscano la struttura portante sia della relazione di coppia, sia della relazione genitori-figli, sia della relazione tra stirpi.

Identifichiamo queste qualità come fiducia, speranza, giustizia. Queste vanno intese in senso dialettico, esse quindi convivono con il loro opposto. Relazione fiduciaria: possiamo dividerla in due accezioni differenti, la condizione incerta cioè rischiosa e la condizione di interdipendenza cioè il suo fondamento relazionale. La relazione fiduciaria ha come codice prevalente quello affettivo. Fiducia e giustizia non hanno solo un valore fattuale, ma anche un valore ideale. Gli autori distinguono in una giustizia distributiva (prefissata, legata al destino e ciò che si eredita dalle generazioni precedenti) e una giustizia retributiva (data dalla bilancia tra il dare e il ricevere nello scambio generazionale). È la giustizia a generare affetto e fiducia. La lealtà è un impegno preferenziale nei confronti delle persone alle quali si è legati da un vincolo primario. Essa ha una configurazione triangolare: la persona che stabilisce la preferenza, la persona oggetto della preferenza, chi è escluso dalla relazione preferenziale. Il sistema di lealtà è quindi altamente conflittuale in quanto si è combattuti tra il dare preferenza al coniuge o al figlio. Il superamento del conflitto si ha se chi agisce non cade nella trappola della scelta che divide (o… o…). ci è infatti richiesto di essere leali sia con i figli che con i coniugi che con i genitori, ognuno è destinatario di una preferenza differente. La speranza è l’attesa di un desiderio o meglio l’attesa di un compimento, la speranza è un vertice della relazione ed è ciò che da senso a giustizia e fiducia. In sintesi il principio simbolico che attraversa la relazione famigliare vive in un rapporto trinitario di mutua influenza tra fiducia speranza e giustizia.

2.4.3 il principio dinamico: la relazione famigliare tra dono ed obbligo (dare, ricevere, ricambiare) Abbiamo fondamentalmente 3 tradizioni a proposito di dinamica dello scambio: una prevalentemente sociologica e psicosociale, una psicodinamica generazionale e un tipo antropologico-etnologico. La prima vede lo scambio tra dare e ricevere in termini utilitaristici. La teoria dello scambio applica di fatto alle relazioni umane la logica mercantile dello scambio. Secondo tale teoria, nella famiglia i membri si muovono alla ricerca di ricompense e le relazioni familiari sono basate su un contratto in vista di una gratificazione reciproca, e tale reciprocità deve essere a breve termine. La seconda tradizione quella psicodinamica transgenerazionale concepiscono lo scambio come avente base etica, anche quando o scambio è asimmetrico esso è motivato da un principio di giustizia che si fonda sul diritto del bambino a ricevere cure per la sua stessa condizione di dipendenza che nell’uomo è molto prolungata. Secondo questi teorici mettere al mondo una nuova generazione è il fondamento stesso del codice etico che lega tra loro le generazioni. In questa concezione la reciprocità non è a breve termine, ma differita nel tempo. La terza tradizione si rifà alla prospettiva di stampo antropologico-etnologico. Il dono è la categoria principale di questo approccio, inteso come l’espressione di un atto fiduciario che è all’origine del legame, sia esso interpersonale che sociale. Occorre però dare complessità alla dinamica del dono, esso convive anche con l’altra faccia della medaglia che è il debito, l’obbligo. Si ritiene che la dinamica del dono-obbligo possa dar conto dello scambio entro la famiglia se si mantiene vivo il triangolo del dare, ricevere, ricambiare. Il dare richiede un’apertura gratuita nei confronti dell’altro, il ricevere richiede l’apertura nei confronti dell’altro e il riconoscimento di quanto l’altro ha fatto e fa per me e quanto per questo gli devo. Infine il ricambiare non è tanto e non solo un fare tornare i conti pareggiando, ma richiede di saper donare e attuare compiti a propria volta. la verità generazionale è dunque quella che genitori e figli sono tra loro simili, cioè accumunati sia dal dono che dal debito. In sintesi il principio dinamico dello scambio tra generi, generazioni e stirpi fa riferimento alla compresenza della logica del dono e del debito e si basa sulle azioni del dare, ricevere e ricambiare. Eccoci quindi a figurare il principio dinamico e la sua doppia natura di dono e di obbligo, questa sua doppia natura che fonda la dinamica generazionale e il suo carattere asimmetrico fanno si che facilmente il triangolo dare ricevere ricambiare si blocchi in varie forme di stasi dando così luogo a forme degenerative della relazione famigliare.

CAPITOLO 3 I contesti della relazione famigliare: legame coniugale, fraterno, generazionale e comunitario. 3.1 introduzione Abbiamo scelto di pensare e di fare ricerca secondo un modello prototipico. Cerchiamo di definire, utilizzando oltre alla psicologia anche fonti antropologiche, filosofiche, storiche e artistiche, un modello creativo di funzionamento familiare che ha una sua realtà e si differenzia da altre forme di funzionamento. Le caratteristiche del prototipo sono desumibili proprio da tre principi: quello organizzativo, quello simbolico, quello dinamico. Il core del prototipo è costituito dal riconoscere la differenza molteplice, attivare, sostenere le qualità simboliche della relazione e vivificare la dinamica dono-debito. I contesti di relazione famigliare si accorpano attorno al concetto di cura. Essa non va confusa con l’accudimento, essa ha cioè una semantica etico-affettiva che però abbisogna di essere figurata in maniera specifica a seconda degli ambiti di rilevazione.

3.2 il legame coniugale e il patto fiduciario Ci sono due concetti attraverso cui significare il vincolo, uno è quello di contratto e l’altro è quello di patto. Il contratto fa riferimento ad una lunga tradizione di scambio tra famiglie che a seguito di negoziazioni più o meno elaborate stabiliscono i termini del medesimo. Il concetto invece di patto fa riferimento sia ad una differenza originale e cruciale che si esprime nell’appartenenza di genere, sia ad una tensione verso la pace, questo concetto mette anche in luce l’esistenza di una norma di reciprocità che regge l’incontro di coppia. L’individualismo espressivo che domina da tempo le relazioni sociali ha notevolmente influenzato si la rappresentazione delle relazioni di coppia sia il tipo di intervento psicologico attuato nei suoi confronti. Solo negli anni più recenti è stato assegnato maggior spazio anche alle componenti etiche del legame, quali l’impegno e la fedeltà, il supporto reciproco, lo spirito di sacrificio ecc. Il perdono è un atto di dono fiducioso che attinge al serbatoio della speranza e fa leva sugli aspetti incondizionati della relazione. In assenza di perdono tutti gli errori e i limiti sia propri che dell’altro vengono accuratamente catalogati e conservati logorando lentamente il legame sino ad arrivare al momento della resa dei conti in cui la dissoluzione del legame appare come soluzione inevitabile. Everett Worthington ha costruito un modello piramidale focalizzato sulle caratteristiche del processo di perdono. È orientato al trattamento delle emozioni negative così da sostituirle con emozioni positive, l’autore evidenzia che per il processo di perdono sono necessarie più riprese e di una convinzione profonda, inoltre evidenzia il ruolo cruciale che giocano empatia e umiltà nella realizzazione del processo di perdono.

3.3 il legame generazionale e la sua duplice natura: cura responsabile e cura dell’eredità Il famigliare è centrato sulla procreazione biologica e adottiva che si configura la generatività. Per occuparsi del legame generazionale occorre considerare sia la relazione tra genitori e figli sia la relazione tra stirpi. In questo senso presenta una duplice natura, è la coppia generante e generata al centro di questo movimento avanti e indietro: focalizzeremo l’attenzione sia sul tema della cura e della responsabilità e poi sul tema della cura delle eredità.

3.3.1 cura responsabile Essa è inscritta nel fatto che la relazione genitori – figli è di tipo gerarchico, tocca alle generazioni precedenti rispondere delle condizioni mentali e comportamentali delle generazioni successive. La coppia ha interamente la cura responsabile a carico, tuttavia possiamo attribuire il polo affettivo alla madre e il polo etico al padre. Nel nostro caso si tratta dell’unione simbolica di questi due poli che costituisce il core del principio simbolico. Consideriamo il primo polo: la fiducia con la sua tensione ideale data dalla speranza

sono l’elemento cardine della funzione materna, sono infatti il corrispettivo psichico di dare e trasmettere la vita. L’altro polo della relazione è i...


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