Riassunto arte PDF

Title Riassunto arte
Course Archeologia e storia dell’arte romana
Institution Università degli Studi di Milano
Pages 13
File Size 310.1 KB
File Type PDF
Total Downloads 104
Total Views 149

Summary

Riassunto discorsivo, mancante l'ultiomo capitolo...


Description

ROMA. L'ARTE ROMANA NEL CENTRO DEL POTERE R. Bianchi Bandinelli Nascita di una città, di una società e di una cultura Roma non nasce sul palatino ma nel punto in cui oggi è l’isola Tiberina, dove vi era una possibilità di attraversare il fiume. Essa nasce non tanto come centro agricolo ma come centro di traffico e commercio. Nel punto più favorevole viene costruito il ponte Sublicium vicino al quale nasceranno i mercati del bestiame e quello della verdura, ma il ponte congiungeva anche Roma con l’Etruria e per questo era in legno per poter essere disfatto velocemente. Sulla sponda del fiume la via per il ponte incontrava quella della via Salaria. Roma si trovava proprio nel, mezzo dei traffici commerciali tra Etruria e campagna e di questo se ne servì per aumentare le proprie risorse. Ma inevitabilmente Roma fu anche influenzata da queste due culture dal punto di vista artistico e culturale. Il contatto con la Grecia per Roma fu precoce infatti a Pratica di Mare a sud di Roma vi sono 13 altari che testimoniano già dal VI secolo la presenza della cultura greca era radicata nella cultura romana con la venerazione dei Penati, di Vesta e dei Dioscuri. La cultura romana ebbe però i suoi maggiori rapporti con quella etrusca anche se non ne fu la sua diretta continuatrice. Nasce poi l’ellenismo latino che era una koinè dialektos, un linguaggio artistico comune, venato di dialetti in cui l’arte greca faceva scuola. Ancora per tutto il IV e III secolo l’arte romana non si distinguevano da quelle dell’Etruria e della Campagna. La prima volta che troviamo il nome di Roma sopra un manufatto artistico sarà sopra la Cista Ficoroni. La storia figurata sulla parete della cista era una variante italica della storia degli Argonauti trattata con lo stile della pittura greca del V e IV secolo e il gruppo in bronzo sul manico deriva le sue forme dalla scultura dei maestri greci del IV secolo. La cista non è quindi una testimonianza dell’arte romana del periodo ma è piuttosto una testimonianza dell’arte che si produceva a Roma in quel periodo. Roma si restringe materialmente e culturalmente nel V secolo, dopo la cacciata dei re Etruschi e l’interruzione dei commerci tra Etruria e Magna Grecia. In questo periodo rischia di tornare ad essere una città povera e sottomessa alle altre potenze, ma inizia ad allacciare rapporti con le altre potenze e ad incanalare le proprie forze nel commercio marittimo e infatti quando nel V secolo si ha la prima monetazione lo stemma di Roma sarà una prua. Il V secolo fu quindi per Roma un secolo per la riorganizzazione interna ma anche per i primi contatti a lungo raggio con Cartagine infatti iniziò proprio alla fine di questo secolo. Poi Roma intraprese una politica espansionistica che vide Veio come sua prima conquista anche se per tutto il IV secolo l’orizzonte di Roma resta limitato all’Italia centrale. Il primo grande contatto con gente perfettamente ellenizzata Roma lo ebbe quando intraprese la guerra con Pirro nel 280 a.C, ma anche se poi i contatti continuarono con le molte guerre questi non determinarono ancora mutamenti sostanziali nella cultura romana, infatti il sarcofago di Scipione Barbato del 260 a.C. mostra la diretta derivazione da esemplari di Sicilia. Il ritratto di Giunio Bruto non è facile da collocare stilisticamente, certamente non appartiene all’arte greca e non è dell’arte romana ma piuttosto sembra appartenere all’arte medio-italica che si differenzia dall’arte greca importata in Sicilia e Magna Grecia, sia dall’arte etrusca e che ha contatti e riceve suggerimenti da l’una e dall’altra, ma si nutre di quella austerità propria dei contadini delle montagne. Essa riceve il contatto con l’eleganza dell’arte romana di età ellenistica, accogliendone le iconografie e le composizioni ma non il linguaggio formale. La cultura medio-italica forma il presupposto necessario dell’arte romana, è in seno a questa cultura infatti che possiamo riconoscere un accento diverso, un accento romano. A questa cultura appartengono frammenti di architettura e di scultura in pietra calcarea appartenenti ad un sepolcro sull’Esquilino databile tra la fine del II e gli inizi del I secolo, L’Orfeo e gli animali che riveste di rustica pesantezza un’iconografia ellenistica di movenze eleganti. Anche la moneta coniata dagli associati nella guerra del 91-88 contro Roma nella quale appare per la prima volta il nome Italia, appartiene alla cultura medio-italica. Vi è poi tutta un’area laziale in cui la produzione è ancora in terracotta ad essa appartengono busti e statue documentate nei santuari laziali, ne è un esempio la stipe votiva di Ariccia in cui vi sono le statue di Kore di Persephone e di Demetra e un busto di questa dea. Questo busto deriva ancora da modelli siciliani nei quali è ancora visibile un riflesso dell’espressione della Demetra di Cnido. Queste plastiche sono da collocare nella metà del II secolo. Non bisogna però dimenticare che a Roma nello stesso tempo vi erano artisti di educazione ellenistica o greci, che eseguirono opere come un ritratto di Pompeo. Una conseguenza decisiva per il diretto contatto in Roma con l’arte ellenistica aveva avuto la presa di Siracusa nel 212. È quindi dalla fine del III secolo che a Roma s’incomincia a scoprire che l’arte è qualcosa

di più che una tecnica, ma c’è anche da dire che secoli dopo i romani non avevano fatto grandi progressi in materia, infatti il generale Mummio a Corinto nel 146 metteva all’asta un quadro e lo fece ritirare dalla vendita solo dopo che erano stati offerti molti soldi per acquistarlo. Le guerre contro Filippo di Macedonia e contro Antioco III portarono a Roma una grande quantità di opere d’arte, queste vittorie a detta di Plinio e Livio segnarono la fine a Roma dei simulacri di legno e di terracotta nei templi, rimpiazzati da opere d’arte importanti. La grande mescolanza di opere di età e di stile diversi non poteva creare che un gusto assai eclettico, rivolto al raro e al singolare e che non era aperto realmente al valore della forma artistica. L’ultimo secolo della repubblica fu un’età terribile, nella quale la lotta politica era combattuta senza esclusione di colpi. Fu in quell’ambiente che si formò una civiltà artistica a Roma. Se le conoscenze e il contatto delle opere d’arte greca erano esistiti anche in antico, adesso era la possibilità di possederle. Ogni ricco romano volle gareggiare con quello che era stato il lusso delle sorti dei sovrani ellenistici. Una situazione originale romana di fronte al problema artistico non ci fu mai, tanto meno in questi secoli, tra il II e il I secolo a.C. , che vede la crisi finale del mondo ellenico e il sorgere dell’imperialismo Romano. Nascono a Roma le imitazioni e i pasticci che erano costituiti da diverse parti copiate da diverse opere, oppure erano la copia di una divinità ma con il volto ad imitare il ritratto di chi la commissionava. Nella prima metà del I secolo lo scultore Pasiteles, nativo della Magna Grecia, era attivo a Roma e fece scuola nel campo della statuaria, ma nessuna sua opera è stata identificata ma si sono conservate alcune opere della sua scuola come il giovane Efebo, nel pieno gusto retrospettivo classicista e L’Elettra che accoglie Oreste in stile accademico. Un altro scultore greco fu Arkesialo, ma anche di lui sappiamo poco e non ci rimane niente. Tradizione Plebea e tradizione patrizia, il rilievo onorario e il ritratto. Rilievo onorario Il II secolo a.C. sarà decisivo per quello che poi nei secoli sarà Roma, con la guerra vittoriosa contro Filippo V di Macedonia i romani mettevano piede in Grecia e l’anno seguente emisero la dichiarazione di libertà che fu un’abile mossa politica di penetrazione. Durante questo tempo, tutto quel mondo che si muoveva intorno all’arte esprime una intensa attività al servizio della nuova ricchezza. L’eclettismo è la prima caratteristica che distingue l’erte romana da quella medio-italica che aveva sopperito fino ad allora alle necessità artistiche di Roma Il più antico dei monumenti pubblici adorni di sculture che possediamo per l’arte romana è l’Ara di Domizio Enobarbo. I rilievi provenivano da un palazzo vicino ai ruderi del tempio di Nettuno dove alcuni membri della famiglia degli Enobarbi effettuarono dei lavori di ampliamento, alcuni archeologi allora accostarono le n notizie creando l’ara di Domizio Enobarbo, alla morte del proprietario del palazzo la sua collezione si divise in diversi musei e i rilievi vennero separati. Una parte dei rilievi finì al museo di Monaco e hanno come soggetto un corteo di divinità marine realizzate nel gusto tardo-ellenico, altri rilievi invece finirono al Louvre e hanno come soggetto la presentazione di animali per il sacrificio, un altare davanti al quale sta Marte, soldati in corazza e scudi ovali, e 4 cittadini in toga che stanno effettuando un’operazione di registrazione. Quest’ultimo rilievo è diverso dagli altri e può essere inteso come il primo di stile romano. I rilievi con le figure marine è stato eseguito da Skopas minore operante tra la fine del II e l’inizio del I secolo a.C. E’ da notare la commistione eclettica di due stili, l’ellenismo per il soggetto mitologico e quello romano per il soggetto civico. La maggiore grandezza degli animali per il sacrificio è dovuta al fatto che si voleva esaltare la vittima per dare importanza all’atto religioso compiuto, che sanciva il trattato politico, non è quindi una raffigurazione realistica tipica dell’ellenismo ma di una raffigurazione simbolica. In alti casi invece l’animale offerto è molto piccolo come nell’ara dei 4 magistrati delle strade (vicomagistri), per indicare e caratterizzare l’azione che si compie, esso è ancora un simbolo e nient’altro, ma con il ridurre le sue dimensioni si acquista spazio per rendere evidenti i magistrati che sono i protagonisti del monumento. Di questo deliberato abbandono delle regole del naturalismo ellenistico a profitto della evidenza ella figura del committente abbiamo numerosi esempi in monumenti funerari romani appartenenti a piccoli magistrati, servi affrancati. Monumenti che vanno dalla tarda repubblica all’età Flavia e che continuano l’arte medioitalica, con quel tanto di ellenismo che essa aveva assorbito e con in più qualche elemento appreso dall’arte ufficiale. E’ naturale che le testimonianze di questa corrente artistica plebea si siano conservate soprattutto nei municipi, ma questi documenti ci palesano molti dati importanti per la storia dell’arte romana:

1) le eleganze e raffinatezze del neoatticismo di età augustea rimasero un fenomeno culturale di èlite, rimanendo limitate alla capitale o alle opere provenienti da essa 2) nella corrente artistica plebea troviamo già nel I secolo consuetudini iconografiche e regole formali come il valore simbolico delle proporzioni non naturalistiche, la frequente presentazione frontale delle figure più importanti( ara di Anghera), la composizione delle figure sopra un piano uniforme che evita scorci e illusioni prospettiche. Queste cose devono essere tenute presenti, perché noi riconosciamo qui il germe fondamentale di taluni aspetti artistici che prevarranno quando l’apporto ellenistico si sarà esaurito e quando le classi plebee formeranno la nuova ossatura dell’impero nel III secolo. Un monumento sepolcrale di San Guglielmo al Goleto è un’ esempio dello stile artistico che deriva dai precedenti medio-italici, il monumento della fine dell’età repubblicana mostra una donna la cui austerità l’avvicina alla scultura romanica del XII secolo. Un altro rilievo da Amiternum descrive gli episodi di un funerale rinuncia a ogni composizione prospettica e l’allineamento delle figure su piccole strisce di base mostrano bene l’intento sopratutto rappresentativo, espositivo di questa scultura. Quest’arte deve soprattutto adattarsi ad esprimere il desiderio di affermazione individuale chepervade tutta la cultura antica. E’ facile comprendere quanto questo desiderio di affermazione fosse smanioso in individui che diventati liberi potevano aspirare a rivestire talune magistrature minori. Tratto caratteristico di quest’arte è l’aderenza alla vita reale, quotidiana, che si manifesta in molti modi: per esempio nel preferire sulle pareti dei monumenti sepolcrali la presentazione degli utensili del mestiere invece che raffigurazioni mitologiche. Queste raffigurazioni non differiscono da analoghi rilievi votivi o da quelli servivano come insegne di botteghe e officine. Per la sua aderenza con la vita quotidiana e per il fatto di rivolgersi soprattutto a soggetti simili, quest’arte è stata chiamata “arte popolare”. E’ più opportuno però chiamarlo “arte plebea” intendendolo solo come classificazione e non come opposizione polemica verso l’arte ufficiale. Anche la pittura partecipa a questa corrente d’arte e Pompei conserva molti documenti del genere. Sono scene illustrate con la preoccupazione di rendere ben evidenti gli avvenimenti e per raggiungere questo fine si distorce la prospettiva come nella scena dell’anfiteatro dove si svolge una rissa tra Pompeiani e nocerini, avvenuta nel 59 d.C. Plebei arricchiti con le forniture agli eserciti durante le guerre civili, come il fornaio Marcus Virgilius Eurysaces, eleveranno per se stessi sontuosi sepolcri. Il fregio, nella tomba del fornaio, che rappresenta le varie fasi di una panificazione su scala industriale, appartiene ancora a questa corrente d’arte e non cede alle grazie dei repertori ellenistici. l’esistenza di questa corrente d’arte genuina, legata sia alla mentalità civile e la rito religioso dei romani che ai precedenti dell’arte medio-italica, ha però anche una conseguenza immediata. Dalla fusione di essa con il naturalismo ellenistico nella sua forma oggettiva, nasce uno stile narrativo, storico, che è la prima vera manifestazione del costituirsi di uno “stile romano”. Appartengono a questo stile alcuni rilievi del I secolo d.C., come il fregio del tempio di Apollo Sosiano con i preparativi di un corteo trionfale, e il fregio della cancelleria di una grande base di altare con processione per un sacrificio. Il fregio del tempio di Apollo si riferisce al trionfo celebrato da C.Sosiano nel 34 a.C. Il fregio della cancelleria rappresenta una processione in cui si vedono animali per il sacrificio, assistenti, sacerdoti, musicanti con lunghe trombe dritte e i 4 magistrati delle strade dietro ai quali stanno assistenti che reggono ciascuno una statuetta dei Lari, sembra inserirsi nello stile Giulio-Claudio fra il 30 e il 50 d.C.

Ritratto Il ritratto storico non è un’invenzione romana, tuttavia, il “rilievo storico”, assume nell’arte romana un’importanza eccezionale e uno sviluppo che appare fondamentale nella caratterizzazione di questa civiltà artistica. L’altro tipo di produzione artistica che caratterizza in modo particolare l’arte romana, è il ritratto. Entrambi vengono concepiti come manifestazione di un forte legame terreno oggettivo dalle quali esula ogni costruzione metafisica. Se il rilievo storico ha le sue radici concettuali nell’arte plebea di derivazione medio italica, il ritratto romano è stato invece creato in un ambiente patrizio; è anzi, la più tipica creazione della mentalità e del costume del patriziato romano. D’altra parte, si può esser certi che i creatori del tipico ritratto romano di età repubblicana furono artisti di educazione greca posti al servizio di un’ideologia tipicamente romana e patrizia. Nessun ritratto fisiognomico, realistico, si trova nell’arte etrusca e italica prima della metà del IV secolo, cioè prima che il ritratto fisiognomico si affermi in Grecia. I tratti delle figure che prima di tale epoca si trovano distese sui

sarcofagi o dipinte nelle tombe sono del tutto generici non ritratti individuali, ma niente altro che tipi di condizioni umane. A quella produzione medio italica appartiene la testa del Bruto e la testa in bronzo proveniente dagli Abruzzi. Il tipico ritratto romano repubblicano nasce nella sfera privata e precisamente in quella del culto familiare, piuttosto che in quella funeraria. Il culto del defunto assume in Roma un aspetto tutto particolare nelle famiglie patrizie. L’immagine è una maschera di cera che raffigura con notevole fedeltà la fisionomia e il colorito del defunto. In occasione di pubblici sacrifici espongono queste immagini e le onorano con ogni cura; e quando muore qualche illustre parente le portano in processione nei funerali, applicandole a persone che sembrano somiglianti al defunto. Il ritratto assume nella vita romana un’importanza del tutto particolare ma del tutto politica e di casta ben prima e piuttosto che artistica. È evidente che questa importanza del ritratto come espressione dell’aristocrazia senatoriale dovette venire esaltata in un periodo di ripresa del patriziato e delle sue prerogative, quale fu il periodo della reazione aristocratica dell’età di Silla. Nell’età Silliana nasce il tipico ritratto repubblicano romano come una particolare variante del realismo ellenistico. Il particolare stile ritrattistico che sorge a Roma in questo tempo si distingue per un minuzioso realismo. Si pone attenzione piuttosto all’analisi che all’effetto d’insieme. Ma, soprattutto, in contrasto voluto con la mondana e intellettuale eleganza del cittadino ellenistico, qui si intende celebrare l’austerità e la forza di volontà di una stirpe di contadini e politici pieni di fierezza sul passato della propria stirpe. Nello stesso tempo noi troviamo in Roma anche il riflesso del ritratto ellenistico patetico o quello naturalistico. Il togato Barberini riassume in se il particolare ambiente nel quale nasce il ritratto romano. Un uomo in toga che porta due busti, il busto ritratto era sconosciuto all’arte greca invece nell’ambiente etrusco e romano una testa isolata rappresenta già l’intera personalità. I due busti della statua non appartengono allo stile peculiare del ritratto patrizio di età Sillana, ma all’oggettivo razionalismo di tradizione ellenistica e medio italica. Il ritratto di tipo oggettivo ha la sua matrice nell’ellenismo medio italico e se ne trovano umili precedenti nelle generiche teste votive provenienti dai santuari del Lazio. Da questo ambiente, escono pezzi di qualità, come una testa virile a Tarquinia, una dolce testa femminile di Berlino o del busto femminile del Museo Gregoriano. Il ritratto romano del primo secolo a.C. non può dunque comprendersi sotto una sola etichetta o definizione. La base di una comune ricerca di realismo ha un fondamento piuttosto ideologico che artistico e prende aspetti assai diversi, che possono riportarsi ad almeno quattro correnti formali, che hanno provenienza diversa, ma che in Roma si incontrano e si mescolano. Accanto alle correnti del ritratto semplice oggettivo di ascendenza medio italica e al ritratto della tendenza patrizia che nasce attorno all’età sillana, abbiamo ritratti schiettamente ellenistici ricchi di modellato e di un plasticismo un po’ barocco (monete di Flaminio) e ritratti che derivano ancora dalla tradizione medio italica ma hanno anche assorbito il più recente insegnamento ellenistico. Essi conservano taluni espedienti formali che, anche nell’esecuzione in pietra o in marmo, ricordano il modello della creta. Uno degli esempi più tipici di questa commistione di elementi ellenistici e romani è la statua del Generale di Tivoli. La statua ci mostra una figura nuda, panneggiata all’eroica, come venivano raffigurati gli eroi della leggenda greca, ma con un panneggio più abbondante e collocato con maggior riguardo al pudore personale. La corazza è posta da un lato, come un attributo e serve da puntello alla statua. Il volto così plastico deriva il suo ricco modellato e le labbra leggermente aperte dalla ritrattistica ellenistica, ma quel tanto di patetico che viene da essa è attenuato dalla eccessiva ricerca di dettaglio che è un elemento della ritrattistica sillana. Con l’età augustea la prevalenza del gusto neoattico negli ambienti della società più elevata attenua molto la corrente del plasticismo ellenistico e introduce da Alessandria alcune raffinatezze che porteranno al ritratto di Ottavia e al fresco, delicato busto di giovinetta della collezione Torlonia. La tipologia del ritratto patrizio austero e sdegnoso non viene più accettata da una società che tiene a mostrarsi più duttile, e partecipe alle eleganze ellenistiche. Ma il tipo del ritratto patrizio continua in ritardo nelle stele funebri dei liberti e dei pi...


Similar Free PDFs