Riassunto \"Attualità e inattualità di Shakespeare\" di Marenco PDF

Title Riassunto \"Attualità e inattualità di Shakespeare\" di Marenco
Author annunziata lettieri
Course Lingua e letteratura inglese
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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ATTUALITÀ E INATTUALITÀ DI SHAKESPEARE Franco Marenco è uno dei maggiori studiosi italiani di letteratura inglese, di letteratura dei viaggi e quindi anche di letteratura comparata in circolazione nel Vecchio e nel Nuovo continente, che oggi scrive questo critico su l'attualità ed inattualità di Shakespeare. L' arte di Shakespeare è creazione collettiva che si rinnova di giorno in giorno. “Collettiva” per la pratica in uso all'epoca di assegnare la proprietà di un'opera drammaturgica non ad un singolo autore, ma alla compagnia di cui faceva parte. L'opera è spesso composta a quattro o più mani. La pubblicazione a stampa del testo teatrale veniva relegata in una posizione marginale, infatti, erano gli spettacoli, la fonte di sopravvivenza, tanto che la metà del canone shakespeariano, venne pubblicata soltanto ben sette anni dopo la morte dell'autore. Fino a quel momento rimase sconosciuta a qualsiasi lettore, non certo agli spettatori. Per questo, la produzione shakespeariana deve essere considerata plurale da più punti di vista, ecco perché Melchiori insisteva su “una creazione collettiva”, che si “rinnova di giorno in giorno” : il suo pubblico originario, con la sua partecipazione interveniva fisicamente nelle modalità della messa in scena. In “Shakespeare” la continuità dei testi avviene “ogni giorno” messe in discussione dal nostro modo di leggerli, trovando sempre nuove idee, emozioni. Un esempio dell'adattabilità dell'autore è un annuncio diffuso dal National Theatre di Londra l' 11 marzo 2017, per segnalare tra le perle più brillanti la ripresa della Dodicesima notte. Nella nuova produzione addirittura si cambia il sesso del protagonista, infatti da Malvolio diventa Malvolia, subisce così un evidente aggiornamento che oggi invita al confronto fra affermazione e negazione della propria natura. Quanto fossero contigui la composizione del pubblico e la composizione dei testi si può desumere dalle condanne che quei drammi subirono nell'epoca successiva ('700), perché si distinguevano in tratti irregolari e subito si collegavano questi difetti alla necessità di compiacere un pubblico rozzo. Questo è ciò che avrebbe condannato Shakespeare ed i suoi contemporanei alla categoria di pennaioli eccessivi. Infatti, Voltaire fu il più accanito detrattore del teatro cinque e seicentesco, sia di quello spagnolo che di quello inglese, che secondo lui erano rimasti fuori dal cerchio virtuoso delle bienséances. Egli ritiene l'Amleto come “il frutto dell'immaginazione di un selvaggio ubriaco”. Alexandre Pope riteneva degno della massima disapprovazione il fatto che Shakespeare per sopravvivere dovesse svendere il proprio genio. L'accusa di “barbarie”, non avrebbe più abbandonato il pubblico elisabettiano almeno fino agli anni 20 del 900, quando studiosi del folklore e storici del teatro iniziarono a scendere nel profondo della complessa cultura che esprimeva in quei testi primordiali, rivalutandone tutta la dipendenza dai miti popolari. Ciascuno di noi ha ben presente qualche adattamento di drammi, scene e personaggi che fanno ormai parte dell'immaginario contemporaneo: Romeo e Giulietta (il musical West Side Story) , che ebbe successi strepitosi nei teatri di mezzo mondo, da Broadway a Ravenna o il film Romeo + Juliet, che metteva in campo bande di hooligans non meno rissosi dei Capuleti e dei Montecchi in una Verona Beach centro-americana, oppure Giulio Cesare deve morire fra gli attori Salvatore Striano, poi autore di un libro, La tempesta di Sasà, che racconta come Shakespeare abbia ispirato la comunità carceraria di Poggioreale. Quanto precede non è che una poverissima selezione di un repertorio ormai straripante, non più propenso alla ricostruzione filologica, ma una meditazione sul tempo presente partendo dai testi di 400 ani fa. Shakespeare stesso lo praticava a piene mani, trattando personaggi di ogni tempo e paese come se fossero altrettanti londinesi, vicini dei suoi spettatori (Anacronismo). Le trame di Shakespeare hanno raggiunto la statura di miti moderni, cioè di storie che esprimono valori collettivi. Di tutti i suoi drammi, esclusi due, Tito Andronico all'inizio e La tempesta alla fine, che sono spin-off di opere diverse, per tutti gli altri esistono fonti dominanti e molto specifiche ( drammi romani, tratti dalle vite parallele di Plutarco, Novelle italiane, tra cui quelle di Boccaccio). Dunque pochissima originalità nella scelta della storia da drammatizzare, ma una straordinaria originalità nel linguaggio, col quale esprimere quanto gli offriva la tradizione letteraria. Ecco l'origine di quello che in passato è stato chiamato “genio shakespeariano”. Un linguaggio forgiato grazie ad esperimenti sulla forma drammatica, fino ad allora divisa fra parola e azione mimica. Shakespeare con Amleto supera questa dictomia, imponendo una recitazione partecipata e realistica. Erano sorprendenti gli accostamenti fra la limitatezza del sapere umano e l'infinità del cosmo, a far respirare in grande la cultura del tardo 500, fondata sull'estensione quasi illimitata di un sistema di analogie e corrispondenze fra le varie categorie del creato. Tre esempi di questo “uso speciale del linguaggio”, tratti da episodi in cui una donna attende il suo destino, possono essere i seguenti: Giulietta, Macbeth e Cleopatra. Giulietta invoca il sopraggiungere della notte che deve portare Romeo fra le sue braccia. Da sola sulla scena, come lo sarà alla fine della tragedia e della vita, Giulietta invoca il tempo che corre, il buio della notte, la passione che libera l'innocenza, mentre incombe su di lei ogni avversità del mondo regolato dalla morale patriarcale e dell'odio tra famiglie. Ciò che importa è con quali mezzi retorici Giulietta compia questo rito di auto-consacrazione all'amore. Qui si chiude il nucleo più intimo della poesia shakespeariana, immersa nella tradizione amorosa occidentale e allo stesso tempo quel

procedere all'adattamento a un sentire tutto rinnovato, per un pubblico aristocratico e popolare. Innanzitutto, rifiuta la pura contemplazione, alla distanza che separa gli amanti nella convenzione petrarchesca si sostituisce la forza poetica di Ovidio, come l'immagine dei mitici destrieri del cielo. L'antica invocazione di un indugio per conservare un bene già posseduto viene tradotta nella sollecitazione opposta, per ottenere un bene ancora sconosciuto. Ed ecco che si designa un'infrazione nell'eredità poetica, esibita e manipolata a fini drammatici. E la trasgressione letteraria è solo il calco per altre trasgressioni (subordinazione femminile, della gerarchia familiare, dell'assetto polito, della “normalità” sessuale): Giulietta, infatti, accenna subito al nome di Romeo come ad una prigione dell'identità, nome al quale Romeo deve rinunciare per poter liberamente amare. Sono trasgressioni percepite come possibili e impossibili insieme. Il dramma ne risulta popolato da una continua dialettica di stili, tra cui la liricità raffinata contro il doppio senso volgare oppure l'amore contro la morte. Ecco la difficoltà del verso di Shakespeare, la sua intensità metaforica. Questo verso è al duo diapason anche nelle espressioni di segno contrario,di odio. La femminilità stessa delle eroine shakespeariane è in pericolo in caratteri feroci come quello di Lady Macbeth, al momento in cui il re Duncan entra nel suo castello. Anche qui abbiamo un'invocazione alla notte, ma in termini opposti a quelli di Giulietta. Per continuare il quadro della femminilità tragica aggiungiamo la dimensione eroica, rappresentata da Cleopatra nel momento di suicidarsi con l'aspide, mentre si congeda dalle sue compagne, Iras e Charmian. Quindi Giulietta rappresenta l'amore, Lady Macbeth l'odio e Cleopatra l'eroismo. Questa totalità di prospettive sul carattere umano è un'altra delle qualità che più avvicinano il Bard (Shakespeare) alla modernità. Aspira alla completezza la famosa rivendicazione della propria umanità da parte dell'ebreo Shylock, un'umanità non inferiore a quella cristiana. In tutto il teatro di Shakespeare, non si ha mai una presa di posizione unica e categorica, qualcosa di simile ad un'ideologia onnicomprensiva. Il teatro di Shakespeare è il prodotto di un sincretismo (confluenza di due o più funzioni sintattiche) formale e tematico. Il problema della finzione nel teatro è che deve convincere e farsi garante di verità da tutti condivise. È su questa problematica che si regge il dramma di Amleto. “il teatro (la finzione) è la cosa giusta”: questo il nucleo della strategia della vendetta, e infatti: Claudio non sopporta la scena, dando ad Amleto la prova che era stato lui ad uccidere suo padre; da quel momento si avvia la trama della vendetta. Ecco uno sviluppo scenicamente problematico e concettualmente importante: per raggiungere una verità morale , la colpevolezza dello zio, Amleto si affida ad un intreccio teatrale. È attraverso la finzione che il principale drammaturgo moderno intende penetrare la realtà. Naturalmente un motivo così essenziale si utilizza non solo nelle tragedie, ma anche nelle commedie. Ad esempio in Come vi piace, composta negli stessi anni di Amleto, in cui gli innamorati riescono a parlare “col cuore” grazie ai travestimenti che indossano. Una mascherata generale lascia i personaggi liberi dai problemi dell'identità propria e dell'altro come succede nei sogni. La finzione, qui come in altri drammi, si fa garante di qualità come l'immaginazione, la libertà, la sincerità, il rispetto della verità, tutte virtù che hanno a che fare con la parola. Le cose più attuali di un grande autore del passato sono anche quelle che nell'esperienza comune sono diventate le più inattuali. Nulla meglio dell'uso del linguaggio può servire a misurare la distanza che si è aperta fra il tono generale dei media e le tradizioni culturali come il teatro, nulla meglio del nostro linguaggio, che si è semplificato e impoverito attraverso decenni di fatuo appiattimento, di formule consumistiche, di politica populista. Oggi, nel limbo dell'etica in cui viviamo, mi chiedo se sia viva la distinzione fra l'erotismo innocente di Giulietta e l'erotismo smaliziato di Mercuzio e se qualcuno ancora sente entusiasmo per la caduta di potenti come Riccardo III; ma è solo recuperando la complessità di quei sentimenti, è solo così che sopravvive ciò che noi vogliamo sopravviva. È attraverso questo “sogno circondato dal sonno” che il teatro di Shakespeare ci regala ancora una splendida immagine della giustizia, di cui abbiamo una così urgente necessità SHAKESPEARE OUT OF LOVE oggi, colpisce, in effetti, che all'uomo pesino i propri piaceri, accade così spesso che tale trasporto possa essere inteso come la massima affermazione dell'ideale umano. Ci sono uomini, super-uomini secondo Nietzsche, i quali si dichiarano contrari a ogni mortificazione della carne. Per dirlo in termini Shakespeariani ci sono i Playboys e i kill-joys, secondo quella differenza che viene enunciata in Twelfh night (Dodicesima notte). Anche nel caso dei Playboys o delle Playgirls, siamo sicuri che l'altro/a ci basti. In modo brusco si può affermare che nelle commedie dell'amore si gode, si ride, mentre nelle tragedie per amore si muore. Una delle cose di cui si ride nelle commedie di Shakespeare è senza dubbio l'amore, infatti esso è comico, ridicolo. Dove ridere è inteso come godimento della vita stessa. La libido è senz'altro l'energia che alimenta e accresce la potenza naturale di accoglienza della vita stessa. L'amore è un tema complesso in Shakespeare, in quanto essa si caratterizza per essere varia e variegata, ricca e complessa. C'è il modo in cui l'amore viene concepito da Romeo e il modo in cui lo concepisce Mercuzio.... l'amore, ricapitolando, è di per sé comico, quando esso si trasforma in tragedia, è perchè prevalgono altre passioni che c'entrano con l'amore, ma non ne pervertono il senso. Nel corpus

Shakespeariano si può senz'altro individuare un gruppo di commedie, Romantic Comedies, dove il tema principale è appunto la favola dell'amore. Un critico Alexander Leggatt, raggruppa nove commedie sotto il nome di Shakespeare's comedy of love, tra cui A midsummer Night's Dream, The Merchant of Venice, The Two Gentlemen of Verona, Twelfh Night. Shakespeare riprende lo schema delle storie d'amore medioevali romantiche, facendolo suo, trasformando il motivo adattandolo alla morale dell'età elisabettiana, della sua epoca. Pensa all'amore come a un argomento festoso. Ci sono immagini che sono maschere, illusioni, in cui il sé si proietta fuori spurgando così falsi desideri. Il massimo d'illuminazione di questo meccanismo si ha nel Sogno. Come l'amore che Titania prova per Puck. Nella Commedia della Dodicesima Notte l'amore cresce nell'equivoco, e si offre secondo varie versioni, romantiche, sentimentali, ma tutte a fondo ridicolo. Ridicole perché appunti si rivelano tutte forme di inganno. Non tanto di esperienze di amore dell'altro, ma esempi di Self-love (amore di sé, che acceca il soggetto. È una delle verità sull'amore che ci regala Shakespeare. In amore si cade spesso nell'equivoco. One falls in love come in un trabochetto. Quando siamo in love scopriamo un'immagine di noi stessi e dell'altro che ci acceca e ci inganna. Già il titolo della commedia suona di per sé misterioso, poiché viene evocata la dodicesima notte, ovvero la notte della Befana, ma non c'è nessuna allusione nella commedia a tale notte. Altrettanto misteriosa è quella cosa As you Will, che potrebbe rimandare a As you like it scritta appena prima, in cui risuona un invito a seguire qualcosa che nell'aspetto della volontà inclina verso il capriccio. Già nel titolo si può avvertire un tono instabile. È come se Shakespeare dicesse: una commedia deve avere un titolo, uno vale l'altro, siete padroni di chiamarla come volete, appunto As you will, fate quel che vi piace. La commedia viene rappresentata a corte nel 1623 col titolo di Malvolio e Carlo I, che ne possedeva una copia, scrisse appunto questo nome sulla prima pagina. Per lui Twlfh Night era Malvolio. C'è anche chi ha suggerito di ascoltare in quel As you will, il nome di Shakespeare. Questa commedia in particolare apre un campo di significati in cui il termine Will scatena una ricchezza espressiva che va dall'evocazione del nomignolo Will (William) fino all'idea del free will, evocando il libero volere, il fantasma del desiderio inteso come voglia sessuale, come organo sessuale “will” nel doppio senso elisabettiano asseconda questo significato. La struttura drammatica prevede una difference (differance), che nell'inglese Shakespeariano significa disparità, disputa. Una componente essenziale della risata è l'impulso al gioco, un istinto essenziale alla natura umana. Uno dei modi in cui questo impulso si manifesta è nella mimicry, ovvero nella tendenza all'imitazione. Malvolio fa ridere perchè è incongruo. Una fonte del comico che gli antichi chiamavano epichairékakia, ovvero la gioia della beffa, una gioia maligna, un godimento malevolo del male altrui, un impulso sadico che fa dire all'uomo: rido non con te, ma di te. Al contrario della tragedia dove l'eroe invita lo spettatore ad impietosirsi, la commedia, di fronte al male dell'altro ci insegna a ridere. E quanto ai valori finali che esalta sono quelli dell'astuzia. Se Platone ha un pregiudizio contro la commedia è perché la vede come un piacere vizioso, in quanto il piacere comico è legato all'invidia. L'ignoranza dei forti è odiosa e turpe, rovinosa ai loro vicini, l'ignoranza dei deboli è invece ridicola. Falstaff, nelle Allegre mogli di Windsor fa ridere, ma quando lo tocca versi, l'aria di Falstaff ci spezza il cuore. È sempre lo stesso, ma il tono è cambiato. Ecco il problema di fondo: il problema del tono, del mood. Il problema del tono ci riporta ad una riarticolazione di quei nomi descrittivi e generici di “generi” che Shakespeare tende a trasgredire, ad alterare. Oggi è chiaramente un problema classificare i drammi di Shakespeare, come dimostra la critica. Se queste classificazioni non servono più a distinguere, forse la teoria dei generi dovrebbe trasformarsi in una teoria degli umori o dei toni. In base a quest'ultimi La Dodicesima Notte è una commedia, ma per umore assai vicina all'Amleto. Come per ogni buona commedia la catastrofe sarà nuziale. La rabbiosa vendetta di Malvolio e il senso di caducità che annebbia e spegne ogni gioia e allegria in Feste, sono le due note che insidiano questo testo comico tanto più interessante per questo. Nella Dodicesima Notte, l'atmosfera comica nasce dallo scontro fra Killjoys e Playboys, tra chi se la vuole spassare e chi si vuole divertire, tra la benevolenza di chi è leggero e la malevolenza di chi si oppone alla gioia, come il guastafeste Malvolio, nella commedia a lui degnamente si oppone Sir Thoby quando ci ricorda che l'ansia di controllo non fa bene alla vita. La battuta è una frecciata che coglie l'opposizione comica tra la preoccupazione, il rigore e la gioia. I festaioli sono poi gli stessi che tramano lo scherzo feroce ai danni di Malvolio. Cioè a dire, preso nella ricerca del proprio piacerre, l' “homo ludens”, il playboy si trasforma in homo alludens, che inganna. Da questo medesimo punto di vista anche il finale di Love's Labour's Lost è singolare. Anche qui la risata, la scarica di piacere conclude in una punizione. Nel titolo si parla di “pene perdute” è perchè in effetti i quattro nobili cortigiani si danno da fare conquistare le damigelle, ma le loro pene d'amore saranno sprecate in quanto non bastano. Di fatto la commedia si conclude con una punizione inflitta dalle damigelle ai cavalieri. La commedia finisce con la promessa di una nuova vita, che ci sarà se i playboys sapranno sopportare un anno di astinenza e accedere così ad una riforma di sé. È uno strano modo di finire per una commedia, in quanto sembri che essa torni su se stessa rinnegando quei modi rituali del discorso amoroso, quelle maniere, quella retorica del linguaggio d'amore e le appropriate convenzioni che governano la forma

comica, la risata stessa. Fa ridere e inquieta allo stesso tempo. Inquieta che siano le playgirls a punire i playboys, cioè che dall'interno stesso della festa, la festa produca i suoi antidoti. Per molti versi la commedia è una presa in gir da parte di Shakespeare della commedia amorosa come genere. Shakespeare nella sua commedia espone, impiega e rinnega le convenzioni della commedia romantica. Infatti, le dame ridono proprio di quel linguaggio cortese a cui i signori di Navarra s'ispirano. È come se il poeta confessasse che lui non ama quel tipo di retorica. Nell'opera viene esaltata l'idea della cortesia, della raffinatezza dei modi; modi e maniere che creano appunto la bellezza della vita sociale, della vita insieme. Ma alla fine i motti di Mercurio, che cantano di corna e cornuti, non saranno meglio dei canti di Apollo? Parafrasando si può dire che il petrarchismo è troppo irreale. Nella commedia torna troppe volte la parola “grazia”. Essa viene usata nel senso salvifico, per indicare la bellezza della principessa. Grazia è l'indefinibile aria che s'incarna nella distinzione del cortigiano, che sempre nel Cortigiano di Castiglione si oppone all'affermazione. Questa commedia insegue tali fragili scopi. Uno dei versi più suadenti di Shakespeare, si trova proprio in questa commedia, ovvero “si, le tempeste sono gentili e l'acqua salata è fresca e profuma d'amore”. La perturbazione da cui nasce l'intreccio comico conduce ad una catastrofe positiva. SHAKESPEARE IN LOVE: I SONETTI E GLI INNI D'AMORE il film Shakespeare in love grazie all'intreccio tra la storia d'amore di William Shakespeare e Lady Viola da una parte, e la creazione da parte di Shakespeare della storia d'amore di Romeo e Giulietta, ha rappresentato per milioni di persone il rapporto di Shakespeare con l'amore : anzi ci ha raccontato tempi e modi di come Shakespeare deve essersi innamorato, o forse dovrebbe essersi innamorato se fosse vissuto alla fine del XX sec. Invece non è andata esattamente così, non sappiamo quasi nulla della vita del drammaturo, ma sappiamo che a 18 anni sposò Anne Hathaway, di otto anni più grande. Il matrimonio fu forse affrettato dalla gravidanza della sposa. Può anche darsi che Shakespeare sia stato perdutamente innamorato di Anne, ma non ci ha lasciato nulla di scritto che testimoni questa passione. Shakespeare non ci ha lasciato nulla che riguardi la propria vita. A meno di non considerare i...


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